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Fisiologia e Fisiopatologia della pressione intracranica (Capitolo 1.1.1)



L’aumento della pressione intracranica (ICP) è un problema clinico relativamente comune in ICU, potenzialmente quotidiano in qualsiasi reparto di terapia neuro-intensiva; l’ipertensione endocranica può essere un'emergenza iperacuta che deve essere invertita se si vogliono evitare danni cerebrali permanenti ed addirittura la morte. Ad oggi ci sono stati molti progressi nella comprensione della fisiologia della dinamica intracranica. Anche se l’armamentario clinico rimane ancora abbastanza limitato, possiamo cominciare a immaginare un suo utilizzo su un razionale fisiopatologico. Purtroppo, troppo poco si sa ancora per prevedere esattamente quali interventi saranno esattamente efficaci nei diversi stadi della malattia. Per i limiti della nostra tecnologia attuale, ed anche per una carenza di studi clinici in tale ambito, la pratica clinica si basa sulla limitata comprensione della fisiopatologia. L'obiettivo di questo capitolo è quello di fornire prima una panoramica dei modelli fisiopatologici legati alla pressione intracranica; questo capitolo si inserisce nel contesto del trauma cranico, dato che uno dei problemi maggiori del trauma cranico é proprio legato alla gestione dell’ipertensione endocranica, ma si può tranquillamente applicare a tutto un gruppo di patologie (vedi oltre) che possono anche complicarsi con un aumento della pressione intracranica.


ELASTANZA INTRACRANICA:
In tutti i normali esseri umani i cui le fontanelle intracraniche sono chiuse, il contenuto intracranico - cioé il cervello, il sangue ed il liquido cerebrospinale (CSF) - sono racchiusi in una scatola rigida; nei neonati ed in altri pazienti con chiusura incompleta della cranico, l’espansione cerebrale è limitata dalla dura. Nel maschio adulto medio, il cranio racchiude un volume di circa 1450 mL, suddiviso in 1300 mL di cervello, 65 mL di LCR, e 110 ml di sangue. Per la dottrina di Monro-Kellie «il volume della scatola cranica è immutabile, per cui qualsiasi procedimento che aggiunge volume a questo sistema deve quindi spostare tale volume da altre parti del sistema». Quale dei componenti di cui sopra viene spostato per ospitare più volume sarà considerato più avanti. 

Nelle prime fasi vi è una resistenza minima di questo spostamento; quando però i limiti di spostamento vengono raggiunti, un’ulteriore aggiunta di volume incontra una resistenza e questa aggiunta deve essere «spremuta» nel contenitore rigido. Ciò si traduce rapidamente in un aumento del pressione all'interno del sistema, portando ad un aumento della ICP, che varia normalmente tra 5 e 15 mmHg (oppure 7,5 e 20 cmH2O). Questo rapporto di ICP ad aumentare il volume dei contenuti intracranici (in un paradigma sperimentale, un pallone subdurale espansione) può essere espressa da un grafico che mette in relazione pressione e volume. Questo modello è solo un modello, e la curva di pressione-volume genera differisce in alcuni aspetti da quella prodotta da altri processi fisiopatologici, ma la forma di base della curva assume una forma sempre più pendente in tutti i casi. La pendenza rappresenta la variazione della pressione prodotta da una determinata variazione di volume: P/V, definito come elastanza. Inizialmente, con bassi volumi che vengono aggiunti, il liquor ed il sangue venoso sono facilmente spostabili, per cui la pressione si alza poco (l’elastanza è bassa). Con un maggiore volume aggiunto, però, spostamenti ulteriori di liquidi incontrano un aumento della resistenza, e la pressione si alza sempre più precipitosamente (l’elastanza aumenta). Una similitudine si ha con una fascia elastica: una trazione iniziale sulla banda suscita poca resistenza, ma con l'aumento della trazione, l'elastico esercita una resistenza sempre maggiore. 



Per ragioni semantiche e storiche, la maggior parte dei medici descrive lo stato del sistema intracranico in termini di V/P, cioè di  «compliance» che é l'inverso dell’elastanza: un sistema che ospiterà variazioni significative di volume con un piccolo aumento della pressione presenta un’alta compliance (perché esercita poca resistenza elastica, quindi ha una bassa elastanza), mentre un sistema che ha esaurito i suoi meccanismi di compensazione può ospitare poco volume supplementare senza grandi variazioni di pressione ed ha una bassa compliance (quindi con un aumento dell’elastanza).

A) CERVELLO
Il cervello è un solido viscoelastico; esso può essere spostato di pochi millimetri gradi per accogliere una massa in espansione; masse lentamente in espansione possono raggiungere dimensioni notevoli, prima di diventare sintomatiche, purché non siano in primo luogo distruttive del parenchima cerebrale, anche se invadono luoghi strutturalmente sensibili, come ad esempio l’incisura tentoriale o il forame magno. Il cervello pertanto é la fonte dell elastanza intracranica; le sue intrinseche proprietà elastiche possono essere modulate da cambiamenti nella composizione cervello (soprattutto in caso di edema cerebrale) oppure per aggiunta di effetto massa nell parenchima cerebrale stesso (come ad esempio in caso di  tumori o ascessi).

Mentre la matrice glico-proteo-lipidica del cervello produce la sua integrità strutturale e le proprietà elastiche, il cervello rimane comunque composto per l’80% circa di acqua, suddivisa in due scomparti. Il vano extracellulare rappresenta circa il 15% dell’acqua cerebrale ed è in comunicazione con lo spazio del liquor; lo spazio intracellulare comprende l'altro 85% della composizione acquosa. È comunemente ritenuto che nessuno di questi spazi è sensibilmente comprimibile, mentre uno o entrambi questi spazi possono espandersi in diversi stati di malattia portando ad una espansione del volume cerebrale. Se tale espansione supera i meccanismi di compensazione, si sviluppa ipertensione endocranica. Il cervello pertanto è minimamente comprimibile, minimamente spostabile e può in alcune circostanze espandersi. Il sangue venoso ed il liquor, al contrario, sono molto più spostabili e rappresentano i meccanismi compensativi per l’aumento del volume intracranico.

B) LIQUIDO CEFALO-RACHIDIANO
Il liquor cefalo-rachidiano circonda il cervello e lo attutisce dall’ambiente circostante; esso è prodotto come ultrafiltrato del plasma, con uno stretto controllo del contenuto per elettroliti e proteine; la maggior parte della sua produzione (80-90%) è data dal plesso coroideo, con il resto prodotto dai capillari cerebrali. Circa 500 cc di liquor viene prodotto e riassorbito ogni giorno. Il riassorbimento avviene nei villi nei seni venosi cerebrali (sagittale superiore e trasversale) da un meccanismo che rimane poco compreso. La produzione è praticamente lineare ed indipendente dalla pressione intra-cranica, mentre la velocità con cui il liquor viene riassorbito, tuttavia, è strettamente legato alla ICP: il riassorbimento è trascurabile per ICP inferiori a 6-8 mmHg mentre aumenta in maniera lineare quando le pressioni superano valori di 6-8 mmHg. La sovrapproduzione di liquor, quindi, è molto raramente una fonte di ipertensione endocranica.

Un gradiente di pressione è riscontrabile fra lo spazio subaracnoideo ed i sinusoidi cerebrali, indipendentemente dalla posizione del corpo (sia in posizione eretta, che supina che in Trendelenberg), con una pressione leggermente inferiore nei seni venosi. Un’ostruzione venosa, con conseguente aumento della pressione venosa, aumenta la pressione e quindi aumenta la pressione subaracnoidea. Ciò ha portato alla presumere che l’assorbimento alterato del liquor giochi spesso un ruolo nell’aumento della pressione intracranica; tuttavia, poiché il meccanismo di assorbimento ​​non è ancora completamente compreso, questo non può essere considerato come ufficiale.

A differenza del cervello, il liquor è facilmente spostabile dal compartimento intracranico, attraverso il foro occipitale e nella cisterna lombare, in compensazione per aggiunta di volumi in altre sedi; la compensazione dell’aumento di pressione intracranica è profondamente compromessa se questo percorso è bloccato in un modello sperimentale tramite un pallone epidurale, in alcuni stati patologici come da ernie tonsillari, in caso di spondilosi cervicale o da blocco epidurale spinale. Dei tre stati della materia, il liquor la pressione nel modo più efficace: il liquor trasmette la pressione in tutto lo spazio intradurale intracranico e nel midollo. Con la postura eretta, spostando il fluido dalla testa attraverso il foramen magnum, diminuisce la pressione intracranica e aumenta la pressione lombare; la posizione Trendelenberg fa viceversa. Il liquor quindi, è cruciale nei casi in cui la pressione intra-cranica aumenti; il riassorbimento intatto probabilmente gioca un ruolo ancora più importante nella regolazione della pressione intracranica; infine il mantenimento delle normali vie spinali è di vitale importanza per i meccanismi di compensazione dell’incrementi di pressione intracranica.

C) SANGUE
Flusso arterioso
La regolazione del flusso arterioso nel cervello si ottiene tramite la regolazione del calibro delle arterie ed arteriole arteriole per ammettere meno sangue nel SNC; il calibro arterioso si regola spontaneamente in risposta a diversi parametri quali la pressione arteriosa sistemica, la pressione parziale di ossigeno (pO2), e la pressione parziale di anidride carbonica (pCO2). Ad una pressione arteriosa media fissa (PAm), il flusso ematico cerebrale (il flusso ematico cerebrale) varia quasi linearmente con valori pCO2 tra 20 e 80 mmHg; tale variazione produce una variazione di volume ematico cerebrale di 0,04 ml/100 g cervello/mmHgCO2. Con un cambiamento di pCO2 fra 30-40, un cervello di 1200 g vedrebbe una diminuzione di 4-8 cc del volume del sangue arterioso. Attraverso il normale intervallo fisiologico di pO2, al contrario, il flusso ematico cerebrale è costante. Tuttavia, con un calo pO2 inferiore a 50 mmHg, il flusso ematico cerebrale (e quindi il volume ematico cerebrale) aumenta rapidamente.

Le risposte alla pO2 ed alla pCO2 sono indipendenti dalla pressione intracranica. Quindi, sia l’ipercapnia che l’ipossia possono aggravare drammaticamente un’ipertensione endocranica pre-esistente, aggiungendo ulteriore volume di sangue arterioso al settore intracranico. La variazione da 4-8 cc di volume cerebrale di cui sopra può produrre un cambiamento nella ICP da 20 a 40 mmHg in un paziente con una ridotta compliance. Per contro,  l’ipocapnia può essere utilizzata per ridurre il volume ematico cerebrale e quindi diminuire la pressione intracranica sia spontaneamente che come mezzo terapeutico. Con pressioni di gas mantenute costanti, il volume ematico cerebrale rimane costante attraverso una vasta gamma di pressioni sistemiche, fra circa 50 - 150 mmHg. Con PAm fuori da questa "autoregolazione", i meccanismi regolatori arteriosi sono sopraffatti ed il volume ematico cerebrale forzatamente aumenta; con PAm inferiori a questo intervallo si produce ischemia. In molti processi patologici neurologici (com ad esempio un grave trauma cranico, l’ischemia cerebrale, lo stato epilettico, ecc…) il meccanismo di autoregolazione fallisce, ed il flusso di sangue diventa lineare in risposta alle PAm. 

La pressione arteriosa sistemica deve essere quindi mantenuta ad un livello sufficiente per fornire un'adeguata perfusione al cervello; questa dipendenza viene estratta attraverso il concetto di "pressione di perfusione cerebrale" (CPP), che dipende dalla pressione endocranica e dalla pressione sistemica attraverso una relazione fondamentale:
CPP = MAP - ICP

dove MAP é la pressione arteriosa media (la PAm), la ICP é la pressione intracranica e la CPP é la pressione di perfusione cerebrale. Con PAm tipiche di 75-90 mmHg e PIC di 5-15 mmHG, la perfusione cerebrale è raramente minacciata in salute; la sincope si verifica quando la pressione sistemica cade a livelli insufficienti per mantenere la CPP. Con l'elevazione della pressione intracranica,la PAm deve aumentare per mantenere un’adeguata CPP. Se il sistema cardiovascolare non può produrre un sufficiente aumento della pressione arteriosa, si sviluppa ischemia.

Flusso capillare
Il volume del sangue capillare è difficile da studiare, e poca attenzione è stata posta nella letteratura per il suo ruolo secondario in termini di volume e pressione intracranica.

Flusso venoso
Le vene cerebrali sono significativamente dilatabili; l’evacuazione di sangue dal seno venoso cerebrale durale è pensato per rappresentare un altro meccanismo di compensazione pressione-volume, simile al LCR. È evidente che se esiste una maggiore resistenza al drenaggio venoso (come per un’aumentata PEEP, una trombosi venosa centrale, ecc…) con conseguente aumento della pressione venosa, si avrà un aumento della pressione intracranica. Lo spostamento di sangue venoso può quindi rappresentare il secondo meccanismo compensativo per valori aumentati di pressione intracranica. Ciò che è chiaro è che il drenaggio venoso non deve essere ostacolato nei pazienti con dinamica intracranica squilibrata.


CERVELLO ACQUA - CERVELLO EDEMA:
Il fluido intracranico può essere concettualizzato come diviso negli stessi tre spazi come in qualsiasi altro tessuto del corpo in interstiziale, intravascolare e intracellulare con un’ulteriore elaborazione che il cervello contiene un vano specializzato di liquido interstiziale, il liquor. Una corretta regolazione di fluidi nel cervello richiede l’integrità conservata delle barriere tra ogni spazio in cui si trovano questi fluidi; la più importante e meglio studiato di queste barriere è la barriera emato-encefalica.

BARRIERA EMATO-ENCEFALICA:
Le pareti dei capillari somatici possono essere suddivisi in tre categorie principali: continui, fenestrati e sinusoidali; i capillari sinusoidali, trovati nella milza e nel midollo, contengono ampie aperture senza ostacoli tra le cellule endoteliali, atte a favorire il massimo scambio di elementi cellulari e proteici tra sangue e tessuti. I capillari finestrati trovati nei reni e nell'intestino, hanno spazi ristretti inter-endoteliali che contengono una membrana che controlla più strettamente i costituenti del plasma (l’orlato a spazzola). I capillari continui che si trovano nel cervello, nei nervi, nei muscoli scheletrici, nel cuore, nel polmone non hanno spazi tra le cellule endoteliali; questo permette il massimo controllo su quali componenti del plasma sono consentiti entrare nel tessuto.

La barriera emato-encefalica è altamente restrittiva per il passaggio molecolare trans-endoteliale; per questa ristrettezza prende il nome di barriera. Le giunzioni strette endoteliali sono raddoppiate rispetto al resto del corpo, lasciando praticamente senza spazio le membrane cellulari. A causa della mancanza di spazio tra gli endoteli, la diffusione passiva attraverso la parete capillare è limitata ai gas e sostanze altamente lipofile, in grado di passare direttamente attraverso il doppio strato lipidico. A differenza di quasi tutti gli altri tessuti del corpo, c'è poco o nessun trasferimento di fase fluida attraverso l'endotelio via vescicole pinocitotiche. Le cellule endoteliali dei capillari cerebrali contengono un numero molto elevato di mitocondri, suggerendo che le funzioni necessarie per mantenere la barriera sono altamente energetico-dipendenti. Questa barriera, tuttavia, è suscettibile di apertura da vari mediatori infiammatori, nonché da meccanismi meccanici, traumatici e farmacologici.

LA COROIDE:
La coroide produce circa l'80-90% del LCR, che ammonta a circa 500 ml al giorno, e raramente la sovrapproduzione é la fonte ipertensione endocranica. Come discusso nella sezione apposita, l’Acetazolamide, tramite inibizione dell’anidrasi carbonica, può diminuire il tasso di produzione di liquor presso la coroide, ma in alcuni stati patologici è questo sufficiente a migliorare l’iperproduzione di pressione intracranica.

LA GLIA:
La regolazione del volume cerebrale nello spazio intracellulare è in gran parte responsabilità delle cellule gliali, in quanto rappresentano la maggior parte del volume del cervello; i processi cellulari gliali si estendono dall’ependima agli spazi subaracnoidei, e circondano i capillari del cervello a tutti i livelli. È evidente che la glia può servire a traffico d’acqua nel cervello spostandola da ciascuna di queste posizioni ad altre. Studi recenti hanno dimostrato che l'acqua attraversa le membrane a doppio strato lipidico in tutti i tessuti attraverso una classe di canali di membrana collettivamente denominati aquaporine. Solo una isoforma, AQP-4, è espressa nel parenchima cerebrale; la proteina è molto concentrata negli astrociti e nei processi astrocitari a contatto con gli spazi subaracnoidei e ventricolari. La congettura è che l’astroglia gioca un ruolo nella omeostasi dei fluidi che comportano il trasporto di acqua tra ciascuna di queste tre superfici. 


MECCANISMI DI EDEMA CEREBRALE:
L’edema cerebrale può essere definito come un accumulo anomalo di fluido all'interno del parenchima cerebrale che produce un ingrandimento volumetrico del tessuto cerebrale; come accennato in precedenza, un edema del solo tessuto cerebrale, se di intensità sufficiente, può spostare abbastanza LCR e sangue per produrre elevati valori di pressione intracranica. In alternativa, una lesione con effetto massa di modeste dimensioni può essere in grado di produrre un effetto drammatico sulla pressione intracranica solo se produce sufficiente edema circostante.

EQUAZIONE DI STARLING:
L'accumulo di liquido nello spazio interstiziale può essere prodotto mediante mal-funzionamento della barriera emato-encefalica; il flusso d’acqua dallo spazio  intravascolare allo spazio interstiziale può essere modellato in tutti i tessuti dall'equazione Starling: 

Movimento del fluido = Lp (Pc - Pi) + ∑σ(i - c)

dove per Lp si intende conducibilità idraulica della parete capillare, per Pc la pressione idrostatica del capillare, per Pi la pressione idrostatica nell'interstizio, per σ il coefficiente di riflessione della parete capillare per ciascun soluto, con c la pressione oncotica per ogni soluto all'interno del capillare e per i la pressione oncotica per ogni soluto nell'interstizio. 

Il primo termine, Lp (Pc - Pi) riflette il contributo della pressione idrostatica che favorirà il flusso di acqua nel tessuto. Nel cervello, questo gradiente è tenuto sotto controllo dalla impermeabilità del muro endoteliale di acqua molto basso (Lp); un aumento della pressione intravascolare (Pc), una diminuzione della pressione del tessuto (Pi) o un’aumentata conduttanza di acqua attraverso la parete del serbatoio (Lp) sarà tutto a favore di un maggiore accumulo di acqua interstiziale. Molteplici mediatori infiammatori sono stati implicati nel favorire un aumento di Lp tra i quali le bradichinine, la serotonina, l'istamina, i nucleotidi ATP, ADP e AMP, il fattore aggregante piastrinico, l’acido arachidonico, le prostaglandine, i leucotrieni, le IL-1, IL-1, IL-2, l’ossido di azoto ed i radicali liberi. Il ruolo specifico di ciascuno di questi sistemi in processi patologici specifici non è ancora noto, ma si pensa che la via finale comune sia l'apertura delle tight-junction endoteliali. Non sembra esserci un aumento della pinocitosi attraverso l’endotelio come meccanismo sottostante all’aumentato di Lp. Apertura delle giunzioni strette può anche essere anche provocata da alterazioni intravascolari dell’osmolarità (c) oppure da un aumento acuto della pressione intravascolare (Pc).

Il secondo termine nell'equazione di cui sopra - ∑σ(i - c) - rappresenta il contributo della pressione oncotica; a causa della bassa permeabilità d’acqua nei capillari cerebrali, quindi, gli spostamenti di fluidi sono il risultato di forze oncotiche. Solo i soluti che hanno un gradiente di concentrazione apprezzabile (i - c) attraverso la parete capillare hanno il potenziale per creare un gradiente osmotico; se lo fanno, questo dipende dalla permeabilità della parete capillare di ogni soluto. Un soluto cui la parete è liberamente permeabile attraverserà il muro lungo la sua pendenza e produrre alcuna pressione osmotica; questo è rappresentato dal un vicino allo zero. Un soluto con un vicino 1, invece (per esempio, sodio e mannitolo), produrrà un gradiente osmotico sostanziale se i e c sono disuguali. Il gradiente osmotico netto è la somma (∑σ) del gradiente di ogni singolo soluto.



EDEMA VASOGENICO
L’edema cerebrale vasogenico può essere inteso in termini legati all'equazione di Starling: se le tight-junctions si aprono, aumenta la Lp favorendo il flusso nell'interstizio; se le giunzioni rimangono aperte abbastanza a lungo per le proteine ​​plasmatiche (come l'albumina) a fuoriuscire nell'interstizio, anche i sarà aumentato per un’elevato carico di proteine ​​interstiziali, favorendo un ulteriore accumulo di acqua. Per evitare l’edema vasogenico, la barriera emato-encefalica deve rimanere intatta. Una volta formato, l’edema vasogenico funziona da richiamo nel LCR  a seguito di un gradiente di pressione da parte del cervello edematoso allo spazio del LCR.

IDROCEFALO OSTRUTTIVO
Esiste un altro meccanismo attraverso il quale il liquido in eccesso può accumularsi nello spazio interstiziale. Il LCR procede normalmente dalla coroide, dove viene prodotto, per lo spazio subaracnoideo, dove viene riassorbito, tramite il sistema ventricolare. Con un’ostruzione del sistema ventricolare in qualsiasi punto tra il ventricolo laterale ed il forame del quarto ventricolo, l'unico percorso alternativo del LCR per fluire è attraverso il parenchima cerebrale. Quando si verifica ciò, il flusso avviene attraverso lo stesso spazio che l’edema vasogenico utilizza nel suo percorso dal parenchima al LCR. Questa fonte di liquido interstiziale in eccesso differisce fisiopatologicamente da quella descritta sopra, che porta molti autori di utilizzare il termine di edema interstiziale per fare distinzione a livello fisiopatologico. Il gradiente di pressione necessaria per forzare il pieno volume ventricolare flusso del LCR attraverso il parenchima cerebrale anziché attraverso l'acquedotto cerebrale produce profonde alterazioni nella funzione del cervello. Un’improvvisa ostruzione completa del sistema, come nel meccanismo a valvola di un forame di Monro ostruito da cisti colloide, é in grado di produrre un gradiente di pressione sufficiente per portare ad  arresto circolatorio e morte. 

EDEMA CITOTOSSICO:
La maggior parte dei meccanismi dell’edema citotossico sono legate ad una disfunzione della pompa Na-K ATPasi a causa della carenza di ATP, con accumulo di sodio intracellulare e conseguente gonfiore delle cellule. Il nome è stato inizialmente scelto per sottolineare la presunzione che l'alterazione del metabolismo cellulare è la causa di fondo che genera l’edema. Lo stroke ischemico è il prototipo tipo. Il parenchima cerebrale è in grado di resistere alle variazioni della pressione osmotica intravascolare (principalmente per funzionamento della glia). Le evidenze indicano che le cellule di mammifero utilizzano piccole molecole organiche, conosciute come osmoliti organici per regolare il gradiente osmotico transmembrana. Questi includono polioli come il sorbitolo, alcuni aminoacidi come l’alanina e la taurina, e metilamine quali la colina. Cadute della pressione osmotica interstiziale (Pi) sono il risultato di un flusso di questi osmoliti fuori della cella per mantenere il bilancio idrico. Tale flusso verso l'esterno di questi osmoliti richiede l’espressione di un canale ATP-dipendente e questo fornisce una spiegazione concettuale per il gonfiore cellularein circostanze di compromissione della fabbricazione d’energia. Evidenze dirette per questo meccanismo in vivo, tuttavia, sono ancora carenti. A differenza dell’edema vasogenico, l’acqua intracellulare in eccesso non può "sprofondare" nel liquor. La risoluzione dell’edema citotossico dipende dalla risoluzione del fattore scatenante. Le cellule non irreversibilmente ferite torneranno al loro stato pre-patologico.

EDEMA OSMOTICO
Iponatriemia sistemica di gravità sufficiente può anche causare l'accumulo di acqua lar intracellu- travolgendo la capacità delle cellule 'per accogliere al extracellulare ipotonico ambiente. In dicotomia originale Klatzo, questo è rigonfiamento cellulare, e quindi edema "citotossico". Trovare l'implicazione che l'acqua è un "tossina" problematico, alcuni autori (39) hanno etichettato hyponatremia- indotto edema intracellulare "edema osmotico" per distinguerlo da edema citotossico.


DINAMICA DELLA PRESSIONE INTRACRANICA
Molti processi che portano all’accumulo di acqua in eccesso nel cervello sono in grado di produrre un sufficiente effetto massa per portare ad ipertensione endocranica. La pressione intracranica non è monolitica; sia in condizioni patologiche che di salute, la pressione intracranica è altamente variabile. Alcuni particolari modelli di cambiamento, tuttavia, sono caratteristici della patologia.

ONDE CARDIACHE:
Gli impulsi della pressione intracranica si hanno con ogni onda di pressione cardiaca; la normale onda di pressione intracranica contiene tre picchi consecutivi, in ordine di grandezza decrescente: P1 rappresenta la trasmissione pulsata dell'arterie al cervello (prende il nome di onda di percussione), P2 è legata alla compliance cerebrale (onda di ripercussione) ed aumenta con la riduzione della compliance cerebrale; P3 è provocata dalla chiusura della valvola aortica (dicrotic wave). I valori di pressione intracranica correlano con la sopravvivenza; in caso di pressioni intracraniche inferiori a 20 mmHg la mortalità media è del 18%, in caso di pressioni intracraniche superiori a 20 mmHg la mortalità è del 45%, mentre se sono superiori a 40 mmHg è del 74% e se superiori a 60 mmHg è del 100%. 

ONDE POLMONARI:
Una variazione (ma ad ampiezza minore) della pressione intracranica può essere rilevata anche in risposta al ciclo di pressione intratoracica. Le Onde A (per prima dimostrate da Lundberg) sono anche chiamate onde altopiano oppure onde Lundberg A sono considerate essenzialmente patognomoniche di ipertensione endocranica. Sono onde sostenute (da 5-20 min), di elevata ampiezza (50-100 mmHg) e tipicamente si riscontra in pazienti con ridotta compliance intracranica; sono comunque stati osservati in individui sani. Le onde A sono provocate da attività mentale o fisica, dal dolore, o dal sonno, che spesso producono mal di testa, confusione, nausea, vomito, o iperventilazione, ma possono essere asintomatiche. Il pericolo di un'onda A è il potenziale di abolizione della CPP (come discusso in precedenza); sostenute onde A possono produrre un danno ischemico globale o la morte. La  fisiopatologia probabile che può spiegare tutto questo è una vasodilatazione arteriosa per compensare una caduta della pressione arteriosa sistemica, con un conseguente incremento del volume ematico cerebrale provocando un ulteriore aumento della pressione intracranica ed un circolo vizioso. Onde A severe (per intensità e durata) devono essere invertite, o rotte, tramite i soliti passi intrapresi in tal senso come il drenaggio di LCR, una breve iperventilazione, e boli di diuretici osmotici.

Le onde B e C sono altre oscillazioni periodiche della pressione intracranica descritte da Lundberg, ma sono molto meno comprensibili dal punto di vista fisiopatologica. Le onde B durano 1-2 min, sono ampie 20-50 mmHg  e sono spesso normali, soprattutto nel sonno. Le onde C durano 4-5 minuti minimo, sono meno di 20 mmHg, sono prive di alcuna conseguenza patologica, e probabilmente rappresentano l’estensione intracranica delle onde vasomotrici di Traube-Hering, una variazione ciclica poco compresa nell’emodinamica.



IL SISTEMA INTRACRANICO:
La pressione endocranica è in funzione dell'interazione tra caratteristiche del volume ematico (volume ematico cerebrale arterioso, il flusso ematico cerebrale, il flusso venoso), caratteristiche del liquor (produzione, riassorbimento e la redistribuzione) e caratteristiche del cervello (resistenza, compliance cerebrale). La forma esatta della curva P/V per ogni paziente è una funzione complessa di ciascuna di queste variabili. I modelli al computer del sistema intracranico utilizzano delle equazioni differenziali per descrivere ciascuno di questi fattori, con parametri derivati ​​da dati clinici e modelli animali, raggiungendo una capacità rimarchevole grado di riprodurre il comportamento del sistema intracranico in ogni particolare. 

EZIOLOGIE DELLA IPERTENSIONE ENDOCRANICA:
Qualsiasi processo con la possibilità di incidere in una dei seguenti meccanismi può elevare la pressione intracranica: (1) aggiunta di volumi intracranici sufficienti per sopraffare i meccanismi di compensazione, (2) la compromissione della normale regolazione intracranica di flusso ematico cerebrale a livello arterioso, capillare o venoso oppure (3) un deterioramento della produzione del normale liquor o del suo assorbimento. Un elenco di condizioni note potenzialmente elevare la pressione intracranica può essere trovato nella tabella qui sotto. 




PERCORSI FINALI COMUNI DEL DANNO CEREBRALE
Le manifestazioni cliniche delle condizioni di cui abbiamo accennato sono variegate perché sono funzione sia dei valori di pressione intracranica generale che di eventuali aree focali di disfunzione cerebrale a causa di processi patologici (emorragie, neoplasie, ascessi, ecc…). Le manifestazioni cliniche essenziali legate all’ipertensione endocranica sono le stesse, indipendentemente dalla causa: mal di testa, nausea, vomito, visione offuscata e sonnolenza procedendo fino al coma. Masse con espansioni acute che hanno un minimo effetto diretto sulla corteccia o tratti di sostanza bianca, come ad esempio un ematoma epidurale, possono produrre nessun deficit focale prima di elevare la pressione intracranica in maniera drammatica. Al contrario, le lesioni altamente distruttive, come una metastasi cerebrale spesso producono deficit neurologici focali molto tempo prima che raggiungano dimensioni sufficienti per elevare la pressione intra-cerebrale. Lesioni meno distruttive, come ad esempio un ematoma subdurale, possono produrre solo segni localizzati più diffusi (ad esempio, una lieve debolezza con la sensazione alterata sul corpo controlaterale) prima di produrre dei sintomi aspecifici di ipertensione endocranica. La perdita di coscienza è un'espressione finale comune in più di un meccanismo; serie di pazienti hanno dimostrato che lo stato mentale correla moderatamente all’ipertensione endocranica ed al grado di spostamento della linea mediana, dimostrando che altri meccanismi devono essere operativi.

SINDROME ERNIARIA:
Per erniazione ci si riferisce al passaggio di un organo o parte di esso oltre un limite o in uno spazio dove quell'organo non dovrebbe essere; l’effetto di massa nel cervello, non si traduce di rado nel posizionamento di pressione sulle aree strutturalmente sensibili, producendo costellazioni specifiche di sintomi e segni.

  • Uncale: Per ernia uncale ci si riferisce all’ernia del lobo temporale mediale (uncus) oltre il bordo del tentorio e verso il basso, con impatto sul terzo nervo cranico, generalmente causato dal gonfiore o dall’effetto massa nel lobo temporale o della giunzione temporo-parietale. Quando é di grandezza sufficiente, spinge il mesencefalo dalla parte opposta, impattando il peduncolo cerebrale controlaterale sul bordo tentoriale controlaterale, con conseguente debolezza piramidale; questo fenomeno è un falso segno lateralizzante perché la debolezza è omolaterale all'effetto di massa generale.
  • Tonsillare: l’ernia tonsillare si riferisce all’effetto massa che dall'alto sposta la giunzione ponto-midollare verso il basso attraverso il foro occipitale. Con l’occlusione delle tonsille cerebellari, il midollo viene compresso, con conseguente disregolazione e collasso dei sistemi respiratorio e cardiovascolare. Questo pressione preclude anche un ulteriore flusso di luquor ​​fuori del cranio nelle cisterne della colonna vertebrale, con conseguente dissociazione fra la pressione del LCR intracranica (che spesso va incontro ad un ulteriore aumento) dalla pressione del LCR lombare (che può tornare alla normalità).
  • Subfalcina: l’ernia subfalcina si riferisce ad un effetto di massa in sede latero-frontale o del lobo parietale, costringendo il giro cingolato contro e poi sotto e davanti alla falce cerebrale. Questo produce un cambiamento di personalità ed una debolezza alla gamba controlaterale, che diventa più evidente se l'ernia è di entità sufficiente a comprimere l'arteria cerebrale anteriore (ACA) contro la falce e causare un infarto cerebrale anteriore.
  • Centrale trans-tentoriale: l’ernia centrale transtentoriale si riferisce ad un edema emisferica bilaterale diffuso con progressivo declino dello stato mentale e scompenso della funzione respiratoria, correlando in qualche modo con il grado di spostamento verso il basso del mesencefalo attraverso lo iato tentoriale. Quando é di grado sufficiente si genera un impatto dei lobi temporali mediali nella incisura tentoriale, creando un blocco al LCR ​​a tale livello.
  • Transcalvariale: l’ernia transcalvariale si riferisce alla presenza di segni focali corticali a causa della presenza di un’ernia di corteccia attraverso un difetto del cranio. È una condizione rara ed i pazienti con tali difetti sono generalmente inconscii, come risultato di lesioni diffuse se il difetto è traumatico o sono in anestesia generale se il difetto è chirurgico.

ISCHEMIA:
Le ernie producono danni focali ai tessuti dove il cervello impatta o danni vascolari contro strutture rigide; l’altro processo fondamentale con cui l’edema cerebrale o l’effetto massa possono produrre danni cerebrali è aumentando la pressione endocranica al punto che la pressione di perfusione cerebrale, appare compromesso. Se la pressione intracranica supera la pressione di perfusione, le arterie cerebrali si dilatano, nel tentativo di preservare il flusso di sangue flusso, il volume ematico cerebrale aumenterà, e la ICP aumenterà ulteriormente, peggiorando la pressione intracranica e generando ischemia cerebrale. Nella sua forma più estrema, questo processo procede fino ad avere una pressione intracranica uguale alla PAm, con CPP praticamente a zero, con assenza di flusso intracranico di sangue e morte cerebrale. I gradi intermedi di compromissione CPP producono un danno ischemico cerebrale, con conseguente deficit neurologico dopo la guarigione. Nel tentativo di consentire un margine di sicurezza sopra ad un’ischemia imminente, la CPP deve essere mantenuta a 70 mmHg se possibile. Questo margine di sicurezza permette lo sviluppo di un gradiente di pressione all'interno del cervello.

(continua…)


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