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Ventilazione meccanica non invasiva - devices e modalità ventilatorie (Capitolo 3.3.4)




Dopo che abbiamo accennato ai sistemi per una ventilazione di tipo non meccanico, in questo capitolo analizzeremo una prima parte dei concetti riguardanti la ventilazione meccanica non invasiva. La ventilazione a pressione positiva non invasiva (NPPV o VNI) è diventata parte integrante del supporto ventilatore nei pazienti con insufficienza respiratoria acuta o cronica, dimostrando d'essere in grado di ridurre l’uso della ventilazione meccanica invasiva, ridurre le complicazioni associate ad essa ed infine facilitare il successo dell'estubazione nei pazienti con BPCO che mostrano parametri di svezzamento marginali. Alcuni studi inoltre hanno dimostrato che la NPPV migliora la sopravvivenza rispetto alla ventilazione meccanica invasiva nei pazienti con insufficienza respiratoria acuta ed in pazienti con forme selezionate di BPCO (ed in alcuni casi in pazienti con forme restrittive di grado lieve) la NPPV si é dimostrata essere una modalità efficace per la corretta ventilazione del paziente.  



Rispetto alla ventilazione invasiva, la NPPV ha ridotto il rischio di polmonite associata al ventilatore e ottimizzato il comfort del paziente; a causa però del suo design, il successo dipende in larga misura dalla cooperazione e dall'accettazione del paziente. Vedremo difatti come alcuni fattori che possono limitare l'uso della NPPV possano essere problemi legati alla maschera (o all'interfaccia) come le perdite d'aria, l'intolleranza della maschera a causa della claustrofobia e l'ansia o il cattivo setting maschera. Circa il 10-15% dei pazienti non riesce a tollerare la NPPV a causa dei problemi associati all'interfaccia della maschera, nonostante le regolazioni nella tensione della cinghia, il riposizionamento e la prova di diversi tipi di maschere. Altri problemi legati alla maschera comprendono la presenza di fratture e lacerazioni cutanee del viso, l'aerofagia, l'incapacità di gestire le secrezioni delle vie aeree superiori e la instabilità del posizionamento della maschera. Le interfacce più comuni in entrambe le impostazioni acute e a lungo termine sono maschere nasali o naso-orali, dette anche total-face

INDICAZIONI:
La NPPV deve essere considerata nei pazienti con disturbi respiratori; i segni clinici generalmente includono la dispnea, la tachipnea e l'uso di muscoli accessori della respirazione e l’emogasanalisi  arteriosa generalmente rivela acidosi, ipercapnia e/o ipossemia. Numerosissimi studi randomizzati controllati hanno dimostrato i benefici della NPPV nei pazienti con insufficienza respiratoria ipercapnica dovuta ad una grave esacerbazione della BPCO ed ai benefici della NPPV nei pazienti con edema polmonare (cardiogeno o di altra origine). L’uso della NPPV si é dimostrata in grado di migliorare i pazienti con compromissione immune, febbre e infiltrati polmonari che presentano insufficienza respiratoria ipossiemica acuta. Come accennato precedentemente, la NPPV si é anche dimostrata facilitare il passaggio dalla ventilazione invasiva alla respirazione spontanea in pazienti selezionati (BPCO, intubati per oltre 14 giorni ed anziani). Al momento non ci sono trials clinici sufficienti per raccomandare l’uso della NPPV nella gestione di gravi esacerbazioni di asma, polmonite, insufficienza respiratoria postoperatoria ed insufficienza respiratoria nei pazienti con malattia terminale, ma ad oggi la NNPV viene applicata a questi pazienti, in attesa che studi randomizzati controllati possano arrivare a chiarirne il beneficio d’uso.

La curva A rappresenta una normale curva PV di un sistema respiratorio sano; P1 é la pressione necessaria per generare un determinato Tidal Volume (TV). Uno spostamento della curva verso destra, porta ad una riduzione della capacità funzionale residua, con un incremento del lavoro respiratorio, dato che per generare lo stesso TV é necessaria una pressione maggiore (P2). L’applicazione di una PEEP a 10 cmH2O porta nuovamente a volumi normali, riducendo il lavoro respiratorio (P3 diventa uguale a P1).

CONTROINDICAZIONI:
La NPPV richiede la cooperazione del paziente, sia per poter iniziare l'atto respiratorio che per poter adeguatamente proteggere le vie aeree; le sole controindicazioni assolute alla NPPV sono l’arresto cardiaco e l’arresto respiratorio, mentre le controindicazioni relative comprendono il disagio della maschera che non possa essere risolto con gli opportuni adeguamenti (vedi oltre), un elevato rischio di broncoaspirazione a causa dello stato mentale compromesso (ad eccezione di quando la compromissione è dovuta all'ipercapnia), un grande volume di secrezioni, la presenza di vomito ricorrente e recente chirurgia gastrointestinale del tratto superiore (esofago-gastrico).


DEVICES DI VENTILAZIONE NON INVASIVA:
MASCHERA TOTAL-FACE:
Una vasta gamma di maschera total-face sono disponibili per eseguire la NPPV; i devices più comunemente utilizzati sono le maschere nasali e naso-orali (total-face). Questa maschera copre tutta la superficie anteriore del viso e fornisce una ventilazione efficace attraverso le vie nasali e orali. Alcuni gruppi hanno confrontato l'efficacia della NPPV tramite maschera total-face contro maschere nasali nei pazienti con insufficienza respiratoria cronica, dimostrando che la NPPV tramite total-face in pazienti selezionati con insufficienza respiratoria cronica può migliorare il comfort, minimizzare le perdite d'aria dall'interfaccia maschera-paziente e migliorare la ventilazione alveolare. La NPPV é stata anche studiata in forme di insufficienza respiratoria acuta, mostrando come la somministrazione d’aria tramite total-face in pazienti che non erano stati in grado di tollerare NPPV tramite le maschere nasali migliorava lo scambio di gas con un miglioramdno del pH, dei livelli di ossigenazione del gas ed una diminuzione dell'ipercapnia. Nella maggior parte dei pazienti, la NPPV veniva ben tollerata senza dislocare la maschera o senza significativi bisogni di aggiustamenti. Le complicanze del trattamento erano minime e generalmente non portarono ad una interruzione della terapia. Questo tipo di maschera è stato anche valutato dai pazienti come più comodo della maschera a faccia a faccia standard in un rapporto preliminare. Dato che la maschera total-face copre l'intera faccia, inizialmente si pensava che questo peggiorasse la sensazione di claustrofobia piuttosto che migliorarla; tuttavia, diversi studi hanno osservato che questa sensazione è stata ridotta proprio con l'uso di tale maschera in pazienti non in grado di tollerare una maschera standard. Le spiegazioni potenziali potrebbero essere un migliore campo di visione senza ostacoli per il paziente; la capacità di comunicare verbalmente in maniera più facile e la sensazione di aria che esercita l'intera faccia durante l'uso della maschera.



Sono state sollevate alcune preoccupazioni circa l’uso di tale maschera: poiché questa forma di maschera ha un volume di spazio maggiore, la maschera ha anche una quantità significativamente maggiore di spazio morto. Le altre complicazioni, come l'irritazione oculare e la distensione gastrica sarebbero più comuni durante l’esecuzione di una NPPV con una maschera total-face, ma all’atto pratico un aumento d’incidenza di questi problemi non è mai stato riportato in nessuno degli studi. L'efficacia delle maschere nasali e total-face è stata confrontata in uno studio controllato in pazienti con BPCO e di malattie toraciche restrittive: le maschere total-face si sono dimostrate più efficaci nell'abbassamento dei valori di pCO2, forse a causa della maggiore perdita d'aria associata alla maschera nasale. Generalmente queste maschere si sono quindi dimostrate più efficaci in termini clinici, ma la tolleranza e l’adattabilità dell’interfaccia varia da paziente a paziente; si deve pertanto essere pronti a provare diverse maschere e tipologia di maschere con lo scopo di migliorare il comfort del paziente e quindi l’efficacia della ventilazione. In sintesi, pertanto, la NPPV eseguita attraverso una maschera total-face in pazienti selezionati con insufficienza respiratoria acuta o cronica può migliorare il comfort, ridurre al minimo le perdite d'aria dall'interfaccia maschera-paziente e migliorare la ventilazione alveolare, in particolare in quei pazienti che ventilati in NPPV non completamente efficace che posseggono un’interfaccia nasale o orale convenzionale.

ELMETTO:
L'interfaccia ad elmetto (o “a casco”) è stata concepita per fornire elevate concentrazioni di ossigeno durante la terapia iperbarica; dagli anni '90 poi è stata sempre più utilizzata, in particolare nei paesi dell'Europa meridionale, per fornire una ventilazione non invasiva. Il casco è costituito da una morbida cappa in plastica trasparente costruita su un anello di plastica duro. Un collare morbido di silicone/polivinilcloruro costruito sull'anello fornisce una guarnizione pneumatica al collo, mentre la cappa contiene l'intera testa del paziente. La presenza di due o più uscite e prese consente la connessione di tubi di ventilazione standard e l'inserimento di tubi e canne nasogastriche. Il collare fornisce una buona tenuta senza una grande compressione nei punti di contatto. La mancanza di punti di pressione sul volto evita inoltre la necrosi della pelle e il dolore, riducendo i disagi e migliorando la tolleranza del paziente. La guarnizione attorno al collo consente l'utilizzo del casco anche nei pazienti con situazioni anatomiche difficili che non consentono comunemente l'uso di una maschera facciale, come ad esempio nei pazienti edentuli, nei pazienti con una barba piena o nei pazienti con traumi facciali. Inoltre l’elmetto consente ai pazienti di vedere, leggere, parlare e interagire più facilmente rispetto ad altri dispositivi.



Alcuni gruppi hanno confrontato l'efficacia dell’elmetto contro la maschera facciale nell’eseguire una ventilazione CPAP ad otto volontari sani; una combinazione di tre livelli PEEP (5, 10 e 15 cmH2O) e tre prove di gas sono state testate in ordine casuale. L'aumento nel volume polmonare di fine espirazione, le oscillazioni nella pressione delle vie aeree durante il ciclo respiratorio ed il lavoro respiratorio erano simili ad ogni livello PEEP tra le due interfacce, dimostrando così che la CPAP tramite elmetto è almeno efficace come la CPAP eseguita tramite maschera facciale. Va notato però che, a causa della sua configurazione, i caschi fungono da serbatoio; anche se il picco inspiratorio del paziente supera la velocità del gas fresco, la pressione al suo interno rimarrà quasi costante. Ciò non avviene quando si utilizza una maschera facciale, che richiede la presenza di un serbatoio in grado di scaricare l'oscillazione della pressione o la presenza di un ventilatore meccanico in grado di generare tanto quanto richiesto dal paziente.

LIMITI DELLA TECNICA:
Una delle principali preoccupazioni quando il capo del paziente è in un sistema chiuso è il potenziale ricircolo di CO2, che viene ovviamente evitato fornendo un adeguato tasso di aria fresca. Il problema può essere maggiore con l’uso dell’elmetto: infatti, rispetto alla ventilazione con maschera facciale, l’uso dell’elmetto é stato associato ad una concentrazione più alta di CO2 inspirata, in particolare quando il tasso della somministrazione dei gas veniva ridotto al di sotto di 30 l/min. Si é studiato il potenziale pericolo derivante dalla sospensione del gas naturale fresco con il rischio di ricircolo di CO2; uno studio clinico ha testato tre diversi modelli di casco: uno dei caschi aveva una valvola antisoffocamento ed in questi casi dopo soli 4 minuti dalla disconnessione del gas fresco, la FiO2 è scesa rapidamente, con un incremento di CO2 inspiratoria è a livelli estremamente elevati, con un aumento quadruplicato della ventilazione minuto. Questi effetti sono stati notevolmente diminuiti in presenza di una valvola antifiamma. Si é pertanto concluso che alcune caratteristiche del design del casco possono effettivamente limitare e ritardare le conseguenze dell'interruzione del rifornimento di gas fresco e che, all’impostazione di un elmetto CPAP é necessario includere un sistema di monitoraggio e di allarme con un controllo clinico.

Un altro problema come possibile fonte di disagio per i pazienti é la questione del rumore derivante dall'ingresso turbolento del gas nell’elmetto o nella maschera. I livelli di rumore riportati nel casco durante la ventilazione non invasiva sono pari a 100 dB e il rumore percepito dai soggetti (valutato da una scala analogica visiva) è stato significativamente maggiore con l’elmetto che con una maschera facciale (anche se l’elmetto era soggettivamente più tollerato della maschera). Infine, la presenza di un semplice strumento di scambio termico ed un umidificatore sulla linea di ingresso ha significativamente ridotto la percezione soggettiva del rumore. 

Monitoraggio della pressione e generatori
Un fattore importante che influenza la pressione interna all’elmetto è porre un'attenzione particolare  per fornire un adeguato flusso di gas ed evitare grandi perdite nel sistema; un modo semplice per valutare se la pressione all'interno del casco non scende al di sotto del PEEP è accertarsi che il gas attraverso la valvola espiratoria sia presente per tutto il ciclo respiratorio: se durante l'ispirazione il gas si arresta, ciò indica che la pressione nel casco è inferiore alla PEEP e che è necessaria una maggiore velocità di gas fresco. Inoltre, si potrebbe raccomandare di misurare frequentemente la pressione all'interno del casco, specialmente quando si esegue una ventilazione in un ambiente altamente tecnologico, come ad esempio una ICU.


APPLICAZIONI CLINICHE:
Durante l’applicazione di pressione continua positiva non invasiva (CPAP) il sistema respiratorio del paziente viene mantenuto per tutto il ciclo respiratorio ad una pressione costante, superiore alla pressione atmosferica, solitamente chiamata PEEP (Positive End-Expiratory Pressure); la CPAP non invasiva è priva di qualsiasi supporto attivo per il lavoro respiratorio del paziente e pertanto non può essere considerata una forma di "ventilazione".

La CPAP non-invasiva viene spesso utilizzata per migliorare lo scambio di gas in pazienti cooperativi con una funzione neuromuscolare intatta che mostrano insufficienza respiratoria acuta, incluso l'edema polmonare acuto cardiogeno. Se da un lato l'uso di tecniche con un supporto attivo all'ispirazione (come la ventilazione a supporto di pressione) potrebbe determinare ulteriori vantaggi ai pazienti con insufficienza respiratoria acuta, dall'altro la CPAP è facilmente erogata da semplici sistemi continui senza bisogno di un ventilatore meccanico, anche al di fuori delle unità di terapia intensiva. In passato, la CPAP non-invasiva è stata per lo più associata a maschere facciali, combinate con un circuito CPAP "tradizionale", dotato di una grande borsa del serbatoio sulla via inspiratoria (al fine di ridurre al minimo le oscillazioni di pressione) e di una valvola PEEP. Quando si utilizza una maschera di protezione per evitare perdite, mantenendo così una pressione costante della via aerea, é cruciale una tenuta molto stretta tra il viso del paziente e il dispositivo (anche se spesso é difficile da ottenere), in particolare in alcuni pazienti con caratteristiche peculiari, come pazienti edentuli, pazienti con molta barba. Inoltre, l’elevata pressione esercitata dalla maschera sul viso del paziente può potenzialmente portare a lesioni cutanee, condizione che si può prevenire  limitando l'applicazione di tali dispositivi con brevi trattamenti ed applicazioni periodiche. La corretta applicazione della maschera facciale richiede quindi un team esperto ed un paziente collaborativo.

Edema polmonare cardiogeno:
Durante edema polmonare cardiogeno, l'applicazione di una CPAP migliora l'ossigenazione arteriosa e la meccanica respiratoria, riducendo lo sforzo respiratorio del paziente. Poiché lo sforzo inspiratorio diminuisce la pressione intratoracica, aumenta il post-carico del veicolo sinistro: ad esempio, se la PAs è di 120 mmHg e la pressione intratoracica (che quindi circonda il cuore) è di -20 mmHg, il ventricolo deve generare una pressione di 140 mmHg. Per questa ragione, una riduzione dello sforzo di ispirazione implica una riduzione del carico del ventricolo sinistro (si veda il capitolo dedicato agli effetti emodinamici della PEEP, Capitolo 3.4.2). Inoltre, la CPAP riduce il ritorno venoso e le dimensioni del ventricolo sinistro, diminuendo la tensione della parete ed il consumo di ossigeno miocardico. Probabilmente a causa di questi multipli meccanismi la CPAP si dimostra efficace nel ridurre la necessità di intubazione e la morte di pazienti con edema polmonare acuto. Alcuni studi hanno dimostrato che l’uso precoce di una CPAP porta ad un’ora ad una riduzione della frequenza respiratoria ed un miglioramento dello scambio gassoso.

Edema polmonare acuto non cardiogeno:
Nei pazienti con insufficienza respiratoria acuta di origine non cardiogena, la CPAP, aumentando il volume polmonare e prevenendo il collasso alveolare, può migliorare lo scambio di gas e la meccanica respiratoria, riducendo il lavoro respiratorio. L'efficacia della CPAP nei pazienti con insufficienza respiratoria acuta è stata dimostrata in molti studi, in particolare in nelle insufficienze respiratorie acute che complicano la malignità ematologica, data l'importanza in questi pazienti di evitare l'intubazione endotracheale. Uno studio clinico interessante ha provveduto a fornire una PEEP (tramite elmetto) durante un episodio di ipossia respiratoria dopo un importante intervento di chirurgia addominale: pazienti con un rapporto PaO2/FiO2 inferiore a 300 mmHg (27 kPa) durante la respirazione attraverso maschera Venturi con una frazione inspiratoria di 0.3, sono stati assegnati in modo casuale per essere trattati per 6 ore con ossigeno attraverso una Maschera Venturi ad una FiO2 di 0.5 (pazienti di controllo) o con ossigeno ad una FiO2 di 0.5 e una PEEP di 7.5 cmH2O, fornita tramite elmetto. I pazienti trattati con CPAP hanno mostrato un tasso di intubazione inferiore (1% vs 10%) e una durata più breve di soggiorno in ICU. Infine, nei pazienti con BPCO, la CPAP si é dimostrata in grado di ridurre sostanzialmente il lavoro respiratorio per compensare la PEEP intrinseca del paziente.


TECNICHE DI VENTILAZIONE NON INVASIVA:
La ventilazione non invasiva (VNI) si riferisce alla fornitura di ventilazione meccanica attraverso le vie aeree superiori del paziente mediante una maschera senza l'uso di una via invasiva (tubo endotracheale o tracheostomia). La VNI è da tempo utilizzata come metodo standard per curare pazienti con insufficienza respiratoria cronica secondaria a malattie della parete toracica, disturbi neuromuscolari o ipoventilazione centrale; si é inoltre dimostrata efficace nel trattamento di diverse forme di insufficienza respiratoria acuta. L'insufficienza respiratoria dipende da due processi principali: il fallimento del polmone che porta principalmente all'ipossemia ed alla rottura della pompa che porta principalmente all'ipercapnia. Le cause di insufficienza respiratoria ipossemica possono essere il cedimento delle vie aeree, il recupero alveolare, il basso rapporto di ventilazione/perfusione (V/Q) e lo shunt (ne abbiamo già parlato precedentemente nelle 5 cause di ipossia, Capitolo 3.1). Le cause di insufficienza respiratoria ipercapnica possono essere la depressione dell'azionamento centrale inspiratorio (ipoventilazione alveolare centrale, diminuzione della chemosensitività, ipotiroidismo, uso di diuretici, alcalosi metabolica, abuso di narcotici), un aumento del carico inspiratorio (per aumento delle resistenze delle vie respiratorie, modifiche alla conformità polmonare o iperinflazione dinamica) o infine un’insufficienza muscolare inspiratoria (iperinflazione statica o dinamica, debolezza muscolare, ecc…).

PRESSURE-SUPPORT VENTILATION (NIV):
La PSV è caratterizzata dalla somministrazione di una pressione costante (PEEP) e la somministrazione di un aiuto respiratorio (chiamata “Pressione di Supporto”) quando il paziente inizia la respirazione. E`una tecnica limitata dalla pressione ed innescata dal paziente, e per il suo uso corretto si presuppone che il paziente possa iniziare uno sforzo inspiratorio. La PSV consente ai pazienti di controllare tempi inspiratori ed espiratori mentre il ventilatore fornisce una pressione prestabilita; questo meccanismo, in concomitanza con lo sforzo del paziente e la meccanica respiratoria, determina la forza respiratoria ed il volume corrente. Lo sforzo ispiratorio viene rilevato da un sensore di pressione o da un sensore con sensibilità di flusso regolabile (ne parleremo in merito al ventilatore, si veda il capitolo 3.4.1). La PSV è generalmente in ciclo, il che significa che il grilletto espiratorio è determinato da una diminuzione della forza di ispirazione e quando il livello di soglia è inferiore a un livello di soglia determinato dal ventilatore, l'esalazione inizia. Alcuni ventilatori hanno la possibilità di impostare un limite di tempo per l'ispirazione, al momento in cui il dispositivo entrerà in scadenza indipendentemente dalla funzione. La PSV ha l'obiettivo principale di assistere i muscoli respiratori, migliorando l'efficacia dello sforzo inspiratorio e riducendo il carico di lavoro (e quindi il consumo di ossigeno).

L’effetto della ventilazione PSV su (dall’alto al basso): il flusso, la pressione delle vie aeree, la pressione esofagea, la pressione trans-diaframmatica ed il Tidal Volume.

Nei pazienti con insufficienza respiratoria acuta, la PSV riduce il lavoro respiratorio aumentando la pressione transpulmonare, l'aumento di Volume Corrente e la riduzione del carico di lavoro muscolare inspiratorio. La PSV migliora lo scambio di gas principalmente aumentando la ventilazione alveolare e aumenta la capacità residua funzionale, aprendo gli alveoli collabiti, riducendo lo shunt e migliorando il rapporto ventilo/perfusorio. I pazienti con BPCO severa devono superare la presenza di una pressione intrinseca positiva espiratoria (PEEP) per attivare il ventilatore: l'attività di respirazione viene ulteriormente ridotta dall'aggiunta di una PEEP applicata all’apertura della bocca che equilibra la PEEP intrinseca, riducendo il lavoro diaframmatico; i risultati sono il miglioramento della dispnea e la riduzione della frequenza respiratoria, della ritenzione di CO2 e dell'attività muscolare dello sternocleidomastoideo. Il successo con la ventilazione assistita è fortemente correlato all'adattamento della ventilazione meccanica alle esigenze del paziente; questo è particolarmente vero per la VNI perché il paziente è cosciente e la ventilazione è inefficace o scomoda quando il paziente la rifiuta o si adatta in malo modo.

Interazione paziente-ventilatore:
La sincronia del paziente-ventilatore è fondamentale per il successo della ventilazione non invasiva; la presenza di asincronia aumenta il disagio del paziente (con sensazione soggettiva di dispnea ed aumento dell’ansia), aumenta inutilmente il lavoro respiratorio e rende meno efficace la ventilazione. L'interazione paziente-ventilatore è stata descritta in alcuni studi come espressione di due controllori: il ventilatore (controllato dal medico) e la pompa muscolare respiratoria del paziente. Questi controllori devono essere in armonia per ottenere una ventilazione appropriata per il paziente. 

Uno studio che ha valutato la prevalenza di cattivo adattamento ventilatore/paziente in pazienti con VNI per insufficienza respiratoria acuta ha mostrato che nel 13% dei pazienti si ha un autotriggering, un doppio innesco nel 15%, dei respiri inefficaci nel 13% dei pazienti, un cycling prematuro nel 12% dei pazienti ed un cycling tardivo nel 23%. L’autotriggering si verifica quando un ciclo respiratorio viene falsamente innescato da un segnale non prodotto dall'impegno del paziente; le cause più frequenti di autotriggering durante PSV sono le perdite dalla maschera, l’impostazione di un trigger troppo sensibile, il movimento del paziente o il movimento di acqua nel circuito. L'autotriggering può essere difficile da rilevare sulle curve del ventilatore, generalmente é suggerito da un improvviso aumento di pressione o da una frequenza respiratoria elevata e persistente. Il doppio innesco si verifica quando la richiesta o lo sforzo del paziente superano il valore di consegna impostato sul ventilatore; se il livello di supporto della pressione non è sufficiente, uno sforzo inspiratorio pronunciato riaccende il ventilatore dopo la fine della pressurizzazione. Ciò avviene se l'impostazione del ventilatore non è stata regolata per soddisfare la necessità del paziente o se la richiesta del paziente aumenta improvvisamente superando l'impostazione del ventilatore. In pazienti con BPCO è probabile un triggering inefficace, ed è spesso dovuto al carico di soglia inspiratoria supplementare associato alla PEEP intrinseca. La presenza di PEEP intrinseca infatti crea un maggiore degrado di pressione tra la pressione del polmone e la pressione del circuito del ventilatore. Se lo sforzo del paziente non è sufficiente per superare questo gradiente, non può essere trasmesso al sensore per attivare il ventilatore. Come spiegato, questa asincronia può essere ridotta applicando una PEEP esterna (si veda il capitolo 3.4.2 e 3.4.4 per maggiori dettagli). Il triggering inefficace può essere rilevato sulla pressione delle vie aeree o sulle curve come irregolarità durante la fase di espiratoria, con tentativo della curva di arrivare a zero. Il cycling prematuro è principalmente correlato a meccanismi polmonari restrittivi: é caratterizzato da un tempo inspiratorio che dura meno di un tempo inspiratorio durante la respirazione spontanea, per cui gli stimolatori si spengono prima della fine dell'attività neurale dei muscoli espiratori. Il cycling prolungato si verifica quando c'è una differenza tra l’attività neuronale del paziente e l'arresto del ventilatore, per cui il ciclo di ventilazione viene disattivato solo dopo l'attivazione dei muscoli espiratori. Durante la PSV, le perdite dalla maschera si sono state mostrate essere le cause principali del cycling prolungato.

Esempio grafico di un tracciato con respiro inefficace durante ventilazione PSV; in alto si identifica un paziente che respira con respiri inefficaci, mentre in basso é rappresentato lo stesso paziente dopo che é stato adeguato il setting della macchina (si veda il testo per maggiori dettagli).

Compensazione delle perdite d'aria
A causa del tipo di interfaccia utilizzata, le perdite d'aria sono quasi una caratteristica costante della NPPV e possono interferire con il comfort del paziente, la sincronia paziente-ventilatore ed eventualmente ridurre la probabilità di successo ventilatorio sia nei pazienti acuti che nei pazienti cronici. Possono verificarsi perdite non intenzionali attraverso la bocca durante la ventilazione nasale o tra l'interfaccia e la pelle con maschere nasali ed oronasali. Dall'altro lato, il tentativo di stringere con cautela sulle cinghie del copricapo per ridurre le perdite d'aria dovrebbe essere evitato, in quanto ciò può ridurre la tolleranza del paziente e predisporre i danni alla cute facciale. Di conseguenza, è importante avere un ventilatore capace di compensare bene le perdite d'aria durante la NPPV; la compensazione delle perdite d'aria è maggiore se si utilizza il ventilatore bilevel piuttosto che i ventilatori domestici a target di volume: quando si hanno delle adeguate compensazioni, la caduta del Volume Corrente appare inferiore al 10% grazie ad un adeguato aumento dell'inspirazione e del tempo inspiratorio. Tuttavia, gli effetti delle perdite d'aria durante la NPPV sono più complessi rispetto alla semplice caduta di IPAP e Volume Corrente, a causa del ruolo svolto da ulteriori variabili, quali il tempo inspiratorio, il cycling espiratorio e la sensibilità del trigger inspiratorio. 



CONTINUOS POSITIVE AIRWAY PRESSURE (NIV):
La pressione continua delle vie aeree (CPAP) è una tecnica di ventilazione respiratoria applicabile a pazienti ventilati sia in maniera invasiva che non invasiva, in cui la pressione delle vie aeree è mantenuta al di sopra della pressione atmosferica a un valore costante durante l'ispirazione e l’espirazione. L'efficacia della CPAP è stata studiata in condizioni cliniche comuni come l'edema polmonare cardiogenico, la BPCO ed i traumi della parete toracica. La CPAP può essere generata con generatori continui, ventilatori d’unità di terapia intensiva (ICU) - definiti come ventilatori ad alta pressione - ventilatori progettati per somministrare ventilazione a pressione positiva non invasiva (con o senza altre modalità) ed altri dispositivi medici, quali la bubble-CPAP o la Boussignac-CPAP.

I generatori a pressione positiva continua sono dispositivi indipendenti dall'elettricità che utilizzano un sistema venturi azionato dall'ossigeno per attirare aria atmosferica, producendo elevate quantità di gas fresco. La miscela di ossigeno-aria risultante entra in un circuito respiratorio con un solo braccio ed esce attraverso una valvola con resistenza (la valvola CPAP) nella maschera o nel casco. Le valvole CPAP hanno un design variabile a molla, che si apre ad una pressione prestabilita e deve mantenere costante la pressione a monte. Il tasso di guadagno del gas e la frazione inspiratoria di ossigeno generato dal generatore continuo sono regolabili utilizzando quadranti non calibrati. I costruttori affermano un valore fino a 140 l/min, ma sono descritti anche livelli superiori. Per compensare la riduzione della pressione durante l'ispirazione, ad un generatore continuo a pressione positiva é generalmente associato un serbatoio inspiratorio. I vantaggi di questa tipologia di ventilatori sono il semplice utilizzo, l'elevata portabilità, l'indipendenza dell'elettricità ed i costi minori. Gli svantaggi sono la presenza di rumore elevato percepito dai pazienti (e dal personale), la mancanza di monitoraggio o di allarmi e soprattutto le prestazioni ridotte (come la diminuzione della pressione durante l'ispirazione o l’incapacità di raggiungere la pressione prestabilita). 

I ventilatori della ICU offrono la modalità CPAP, ma sono progettati per essere utilizzati in pazienti intubati, quindi non è contemplata la perdita d'aria, una condizione generalmente ubiquitaria in caso di NPPV. Tuttavia, i ventilatori ICU possono fornire un CPAP soddisfacente poiché non sono presenti perdite d'aria maggiori e sono dotati di alcune regolazioni: trigger di sensibilità regolabile per prevenire l'autocycling, meccanismi per limitare il tempo di inspirazione e evitare inversioni di rapporto respiratorio-espiratorio, ecc…. A seconda del ventilatore di cura selezionato, la ventilazione CPAP può essere somministrata usando tecniche “on demand", "continue", ecc... con un differente lavoro imposto in maniera differente rispetto ai pazienti intubati. Negli anni sono stati creati ventilatori NPPV progettati per essere utilizzati in presenza di perdite d'aria; sono sistemi microelaborati, azionati a turbina e con un circuito a singolo arco con valvola di non-respirazione. Sono sistemi dotati di allarmi e di un sistema di monitoraggio e, in teoria, dovrebbero essere migliori rispetto ad altri dispositivi per offrire una ventilazione CPAP in maniera non invasiva.

La CPAP di Boussignac è ​​un sistema semplice per la creazione di una ventilazione CPAP e permette l’utilizzo del sistema su una maschera facciale, basandosi sulla generazione di pressione positiva per via aerea tramite un getto d’aria a pressione. Tale pressione è generata dall'iniezione di gas che attraversano quattro microcapillari (situati attorno al dispositivo CPAP), aumentando la velocità dell’aria e generando turbolenze, creando così una "valvola virtuale". Il livello CPAP risultante varia dai 2.5 ai 10 cmH2O secondo la velocità del gas. Il dispositivo ha due porte: una per iniettare gas e un altro per controllare la pressione attraverso un manometro, monitorare CO2 o aggiungere ossigeno. Grazie alla sua semplicità, al peso ridotto ed alle piccole dimensioni, la CPAP Boussignac è ​​un dispositivo portatile; uno studio clinico ne ha riportato l'efficacia durante l’esecuzione di broncoscopie nei pazienti ipossessici e nel trattamento dell'edema polmonare cardiogenico acuto, generalmente extra-ICU. Nel tempo é stato proposto un miglioramento della CPAP di Boussignac, chiamandola la Super-Boussignac: l’inserimento di un “pezzo a T” tra la valvola Boussignac e la maschera facciale, ed il collegamento del pezzo a T ad un palloncino che funge da serbatoio (che riceve l'ossigeno da una fonte indipendente) ha consentito una diminuzione minore della pressione delle vie aeree durante l'ispirazione.



La CPAP a bolle può essere creata utilizzando apparecchiature esistenti (come un miscelatore di ossigeno) ed utilizzando il circuito di un ventilatore; l’interfaccia con il paziente è una maschera o gli occhialini. La PEEP viene generata mettendo il braccio espiratorio del sistema espiratorio sotto l'acqua, dove il numero di centimetri al di sotto dell'acqua cui si trova il tubo corrisponde al livello di PEEP. Nel circuito è possibile incorporare una connessione con un dispositivo di monitoraggio a pressione e un analizzatore di ossigeno. Il suo uso è sostenuto soprattutto nei neonati dato che la colonna d'acqua provoca una lieve oscillazione nella forma d'onda di pressione che si pensa possa ridurre l'incidenza della danni al sistema broncopolmonare.





PROCEDURA PRATICA:
Quando un paziente è in distress respiratorio, bisogna fornire il supporto ventilatorio iniziale e richiedere l'aiuto di un intensivista respiratorio addestrato, che possa impostare il ventilatore e risolvere eventuali problemi tecnici. Bisogna inoltre ottenere una misurazione basale della gasometria. Il ventilatore deve essere preparato, selezionando la modalità in base alla situazione clinica, immettendo le impostazioni iniziali ed iniziando con pressioni basse (da regolare in seguito verso l'alto, se necessario) per aumentare la tolleranza e ridurre l’ansia del paziente. 

A seguire, é necessario mettere la maschera sul paziente, assicurandosi che le cinghie siano sufficientemente strette per fissare la maschera ma non causare disagio inutile, e spiegando al paziente quello che potrebbe percepire e la normalità di questo (rumore, flusso d’aria, ecc…). La maschera dovrebbe rimanere comodamente sopra il naso/bocca senza allargarsi al di là del mento. Se il paziente è a disagio o se si nota una perdita d'aria notevole, bisogna riposizionare la maschera o utilizzare una maschera di diversa dimensione o tipologia. A seguire si regolano gli allarmi in base allo scenario clinico e alle impostazioni del ventilatore. 

A 15, 30 e 60 minuti si monitorano attentamente i sintomi ed i segni vitali del paziente, associandovi un’emogasanalisi in funzione dello stato clinico e dell’evoluzione del paziente, adattando la FiO2 per ottenere la saturazione d’ossigeno desiderata. In base ai cambiamenti nell’ossigenazione on nella capnia si agira di conseguenza in merito alla PEEP o FIO2, alla ventilazione ed ai parametri di supporto. Se il paziente mostra disturbi respiratori persistenti nonostante le regolazioni del ventilatore o della maschera, o se si sviluppa una controindicazione alla NPPV (come il vomito) é indicato eseguire rapidamente un’intubazione endotracheale tramite Rapid Sequence Intubation (RSI). Al contrario, se l’insufficenza respiratoria è revertita con la NPPV, il livello di supporto ventilatorio può essere mantenuto e successivamente ridotto finché il paziente non sia pronto a respirare in maniera spontanea.

VNI E PAZIENTI IMMUNOCOMPROMESSI:
Nei pazienti immunocompromessi, la necessità di intubazione a causa di insufficienza respiratoria acuta è associata a mortalità particolarmente elevata, che può sfiorare il 100%. In passato 2-3 studi randomizzati controllati hanno valutato l'efficacia della VNI per prevenire l'intubazione in questa tipologia di pazienti. Rispetto all'ossigeno standard, l'uso della VNI è stato associato a risultati migliori, riducendo la necessità di intubazione e persino la mortalità; tuttavia, due di questi studi includevano un piccolo campione di pazienti e alcuni di loro presentavano a posteriori segni di edema polmonare cardiogeno, una condizione per cui i benefici della ventilazione non invasiva sono già stati supportati da numerose evidenze. In un ampio studio multicentrico randomizzato controllato comprendente 374 pazienti immunocompromessi con insufficienza respiratoria acuta da lieve a severa, l'uso della VNI non era associato a risultati migliori rispetto alla sola ossigenoterapia. Nel gruppo di controllo trattato con solo ossigeno, circa il 60% dei pazienti riceveva ossigeno standard, ma quasi il 40% riceveva ossigeno mediante ossigenoterapia con cannula nasale ad alto flusso (optiflow, si veda il capitolo dedicato).


Un altro studio multicentrico ha dimostrato che l'uso della cannula nasale ad alto flusso era associato a risultati migliori in pazienti con insufficienza respiratoria acuta rispetto alla VNI o all'ossigeno standard. In questo studio, i pazienti trattati con VNI alternata con cannula nasale ad alto flusso tra le sessioni di VNI mostravano una maggiore mortalità rispetto a quelli trattati con la sola cannula nasale ad alto flusso, suggerendo potenziali effetti deleteri della VNI. Sebbene i pazienti con neutropenia grave siano stati esclusi da questo studio, più di un quarto dei pazienti mostrava segni di immunocompromissione. Uno studio retrospettivo post-hoc del 2016, mostrerebbe un aumento della mortalità ed un aumento dei giorni al ventilatore per i pazienti con insufficienza respiratoria ed immunocompromissione rispetto all’uso dell’optiflow, suggerendo un potenziale effetto negativo (o una scarsa compliance e tollerabilità da parte del paziente) della VNI. Sono ancora necessari studi randomizzati prospettici per poter confermare questo trend, dato che lo stesso gruppo, all’inizio degli anni 2000 non aveva riscontrato lo stesso effetto e questa analisi avviene come post-hoc su un precedente registro.


(continua...)


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