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Ventilazione meccanica non invasiva - interazione macchina/paziente (Capitolo 3.3.5)




La ventilazione non invasiva (VNI) è diventata una terapia classica nella cura dei pazienti con esacerbazioni acute della BPCO. Nella BPCO stabile, l'ipercapnia è correlata ad una minotre forza muscolare respiratoria ed un maggiore carico muscolare, con progressivo scompenso renale; nei pazienti BPCO decompensati può essere indicata una ventilazione meccanica con VNI oltre alla terapia con ossigeno per prevenire un peggioramento dell'ipercapnia, ridurre la mortalità, ridurre il rischio di intubazione e migliorare la qualità del sonno e la qualità della vita. Studi epidemiologici sulla VNI hanno dimostrato che la tolleranza del paziente alla VNI è uno dei fattori chiave per prevedere il successo o il fallimento terapeutico; l’obiettivo è quello di migliorare gli scambi gassosi e scaricare il lavoro muscolare respiratorio. Il successo finale della VNI è correlato a molteplici fattori, uno dei più importanti dei quali è l'interazione paziente-ventilatore, di cui importanti determinanti sono la pressione intrinseca di fine inspirazione (la PEEPi), la pressione generata dai muscoli inspiratori, il trigger del ventilatore e la sincronia del paziente-ventilatore.


INTERAZIONE MACCHINA-PAZIENTE:
RISPOSTA DEL PAZIENTE:
Con la VNI, i respiri iniziati dal paziente sono seguiti da un livello prestabilito di pressione assistita; in questo caso, il sistema respiratorio del paziente può rispondere alla ventilazione assistita in due modi: in primo luogo, il ventilatore viene utilizzato per aumentare la ventilazione, mentre l'attività muscolare respiratoria si mantiene invariata; in un secondo caso, il lavoro del ventilatore viene utilizzato per scaricare i muscoli respiratori ad un livello costante di ventilazione. Diversi studi eseguiti su pazienti con BPCO esacerbata e con BPCO grave stabile hanno dimostrato che, nella pratica clinica, entrambi gli effetti sono combinati. I gas sanguigni sono migliorati aumentando la ventilazione, mentre l'attività muscolare respiratoria viene ridotta; la deregolazione dell'attività respiratoria muscolare si pensa sia attribuibile a meccanismi di retroazione che vengono attivati ​​sia scaricando i muscoli (feedback non chimico) che riducendo la pCO2 (feedback chimico).

Le risposte comportamentali possono anche influenzare l'interazione paziente-ventilatore; in caso di esacerbazione della BPCO, la dispnea e l'ansia provocano tachipnea con respirazione poco profonda, promuovendo l’iperinflazione dinamica e lo sviluppo di una PEEPi (PEEP intrinseca), che influenzano la sensibilità dei trigger ed il comfort del paziente (si veda il capitolo dedicato alla PEEP nel paziente BPCO, Capitolo 3.4.3). Di conseguenza, il paziente può lottare contro il ventilatore piuttosto che accettarne il supporto; in questi casi una sedazione adeguata al livello di comfort del paziente può aiutare ad avviare la VNI. 

Infine durante il sonno, l’attività respiratoria è ridotta e la dipendenza del controllore respiratorio sulla pCO2 è aumentata; l’effetto potenziale della VNI per aumentare il volume corrente e diminuire la pCO2 può indurre apnea ed respirazione periodica con conseguenze sull'interazione paziente-ventilatore. Infatti, in questi casi si assiste ad un aumento degli sforzi inefficaci; Le impostazioni del ventilatore - generalmente regolate durante la veglia - porebbero non essere appropriate per la ventilazione meccanica notturna ed andrebbero pertanto adattate.

RISPOSTA DEL VENTILATORE:
Il modo in cui il ventilatore risponde agli sforzi inspiratori ed espiratori è determinato dalla meccanica del sistema respiratorio del paziente e dalle proprietà della macchina (trigger, cycling e pressurizzazione). La meccanica respiratoria nella BPCO grave è compromessa per la presenza di iperinflazione statica e dinamica, con rischio di sviluppo di PEEPi. In questi casi per attivare il ventilatore, il paziente deve prima eseguire una certa quantità di attività muscolare inspiratoria per controbilanciare la PEEPi e quindi indurre una pressione alveolare subatmosferica. Tale ritardo richiede una pressione di ispirazione ed una ottima sincronia paziente-ventilatore, che spesso può essere gravemente disturbata. Inoltre, un’attività muscolare respiratoria extra appare necessaria per attivare il ventilatore. A volte, uno sforzo del paziente potrebbe non essere anche abbastanza forte da abbassare la pressione all'apertura delle vie aeree sotto la PEEPi ed innescare il ventilatore (in alcuni studi hanno riscontrato valori di PEEPi fino a 13 cmH2O); in questi casi l’applicazione di una pressione esterna all'apertura della via aerea (PEEPe o EPAP) può ridurre efficacemente l'attività di respirazione e migliorare l'attivazione della macchina. EPAP può essere applicato come maschera CPAP (pressione continua positiva per via aerea), ma la tolleranza e lo scarico muscolare respiratorio sono più efficaci in combinazione con l’IPAP; pertanto la combinazione di IPAP e EPAP aumenta anche la ventilazione alveolare. Nella pratica clinica, la PEEPi in un paziente non intubato e curarizzato non può essere misurata, pertanto il livello ottimale di EPAP viene applicato in modo pragmatico. Un modo appropriato è iniziare con 0-2 cmH2O e aumentare lentamente l'EPAP fino a quando non si identifica la scomparsa degli sforzi inefficaci. Inoltre, la terapia broncodilatatrice efficace può ottimizzare l'interazione paziente-ventilatore riducendo la limitazione del rischio di iperinflazione dinamica e PEEPi.

Le perdite aeree che si hanno attraverso la bocca o intorno alla guarnizione della maschera possono interferire con l'attivazione del ventilatore; in uno studio sull'interazione paziente-ventilatore, sono state osservati gravi asincronie nei pazienti ventilati con VNI fino al 43% dei pazienti; le perdite d'aria sono state identificate come un fattore determinante per lo sviluppo di respiri inefficaci ed un cycling tardivo. Un cycling ritardato o prematuro sono un'altra fonte di asincronia paziente-ventilatore: idealmente, il supporto pressorio dovrebbe essere strettamente accoppiato all’attività inspiratoria del paziente; il ventilatore rileva la transizione dall'ispirazione alla espirazione con una diminuzione predeterminata dell'inspirazione. Nella BPCO, il ciclo ritardato è un problema comune: l’ostruzione della via aerea è accompagnata da un appiattiamento della curva. L'effetto finale per il ciclo respiratorio comporta un ritardo, che a sua volta abbrevia il tempo di espiratorio, diminuisce lo svuotamento del polmone e contribuisce ad un’iperinflazione dinamica ed allo sviluppo di una PEEPi. Un importante vantaggio della VNI rispetto alla ventilazione invasiva, è che il paziente é cosciente, per cui gli si può chiedere quanto sia confortevole il suo respiro ed il suo rapporto con il ventilatore. La valutazione visiva dello sforzo respiratorio e del ritmo respiratorio del paziente è un altro mezzo importante per ottimizzare la sincronia ventilatore-paziente.


ASINCRONIA:
L'adattamento e la sincronia paziente-ventilatore è sempre stato uno dei primi obiettivi dell’intensivista con un paziente ventilato meccanicamente; la dissincronia (o asincontronia) viene pertanto definita come la mancata corrispondenza tra l’attività ventilatori del paziente, il tempo inspiratorio del ventilatore e gli sforzi secondari sprecati o inefficaci. L’asincronia provoca un forte disagio per il paziente, con una maggiore sensazione di dispnea e compromissione della qualità del supporto ventilatorio. In questi casi è quindi importante fornire una precisa identificazione della causa dell’asincronia per valutarne la rilevanza clinica ed i suoi meccanismi fisiopatologici per poterla correggerla, soprattutto grazie ad adeguamenti delle impostazioni del respiratore ed un'attenzione particolare ai trigger inspiratori ed espiratori. D'altra parte, l’asincronia rilevata e analizzata durante il giorno, può significativamente aumentare durante la notte, generando frammentazione del sonno, quindi fatica e sonnolenza diurna. 

Nei pazienti affetti da fibrosi cistica, nei pazienti con BPCO con inflazione polmonare ed altre pneumopatie si possono verificare scade interazioni paziente/ventilatore durante la VNI, con sforzi inspiratori ineffettivi. Tali sforzi sono più frequenti durante il sonno e con l’aumento del livello di assistenza ventilatoria, portando a peggioramento degli scambi gassosi (soprattutto durante il sonno con frammentazione del sonno stesso). Un metodo semplice e non invasivo per rilevare tali sforzi inspiratori ineffettivi durante VNI è spesso ricercato; il monitoraggio della pressione esofagea (Pes) è comunemente usato come standard clinico per rilevare l'inizio degli sforzi inspiratori, anche se alcuni autori hanno utilizzato l'elettromiografia diaframmatica, tecnica che però é gravata dalla necessità di elettrodi esofagei o superficiali e non può essere eseguita su base routinaria durante il sonno. Di conseguenza, la maggior parte degli studi sugli sforzi inspiratori ineffettivi si sono basati valutato le variazioni di Pes o della pressione transdiaframmatica (Pdi) per identificare la relazione tra i singoli sforzi inspiratori e l'attivazione del respiratore. Tuttavia, le registrazioni esofagee non sono pratiche come misura routinaria nella maggior parte dei centri e sono insufficienti per valutazioni prolungate o a lungo termine nei pazienti trattati con ventilazione domestica, che richiedono una reale indagine della frequenza e della durata di tali eventi e che non possono essere correttamente identificati, segnati ed adeguatamente trattati. Per questo motivo, un nuovo asse di ricerca è in fase di esplorazione attraverso lo sviluppo di algoritmi che integrano la pressione delle vie aeree e le variazioni necessarie per rilevare automaticamente tali sforzi inspiratori ineffettivi in tempo reale. Questa metodologia di rilevazione, basata su semplici dati fisiologici, al momento appare molto sensibile e specifica rispetto al metodo standard (cioè le misurazioni delle variazioni di Pes). 

I criteri standard utilizzati comunemente per definire gli sforzi inspiratori ineffettivi si basano su una riduzione della Pes di oltre 1 cmH2O con un calo simultaneo della pressione o cambiamento del flusso. Questo approccio è accurato nei pazienti intubati ed una sottostima accettabile di tali eventi si può tollerare in caso di asincronie severi ventilatore/paziente. Tali algoritmi potrebbero quindi essere di interesse clinico per identificare gli sforzi inspiratori ineffettivi durante il sonno o durante la ventilazione domiciliare, evitando le difficoltà intrinseche e il disagio associato alle valutazioni della pressione esofagea.


RICIRCOLO DI ANIDRIDE CARBONICA:
La re-inalazione parziale di anidride carbonica (CO2) precedentemente esalata può compromettere l'efficacia della ventilazione meccanica VNI nel miglioramento della rimozione e dello scarico dei muscoli ventilatori. Con una continua ventilazione alveolare, qualsiasi concentrazione di CO2 superiore allo zero nei gas inalatorii provoca un aumento della pCO2 arteriosa di una pari quantità. Di conseguenza, una significativa reintegrazione di CO2 aumenta i requisiti di una buona ventilazione alveolare per mantenere la pCO2 ai livelli desiderati, limitando gli effetti favorevoli dell'assistenza inspiratoria fornita dalla VNI. 

Durante la VNI, i flussi inspiratori ed espiratori condividono la parte distale del circuito respiratorio ed il volume interno dell'interfaccia di collegamento paziente-ventilatore, sia esso maschera o casco. La CO2 eliminata satura questo spazio "comune" e viene nuovamente spinta dal ventilatore nelle vie aeree del paziente durante la successiva fase di inspirazione. Comunque, questo spazio non è realmente equivalente allo spazio morto che abbiamo durante la ventilazione meccanica invasiva. 

Durante la ventilazione con maschera, la CO2 contenuta nello spazio morto é direttamente correlata con l’etCO2 del paziente; allo stesso tempo però le concentrazioni di CO2 possono essere abbassate al di sotto di tali valori per un “effetto” washing generato dal flusso di gas freschi amministrati dal ventilatore. Alti valori di PEEP, perdite d’aria fra la maschera e la faccia del paziente ,circuiti ad un solo braccio, aumento dei flussi di gas fresco sono alcuni dei sistemi per garantire una riduzione delle concentrazioni di CO2 nello spazio morto della maschera.

RICIRCOLO CON ELMETTO:
Abbiamo già visto come l’uso di un elmetto sia meglio per il comfort e la tollerabilità del paziente nei confronti della VNI, ma come questo possa essere associato ad un aumento dell’ipercapnia, per l’importante spazio morto, dato che ad ogni respiro non tutta la CO2 lascia completamente il casco, ma si diluisce con il gas che viene somministrato dal ventilatore, aumentando il rischio di re-inalazione.

In questi casi, si può dimostrare che la quantità di CO2 che viene re-inalata dal paziente dipende principalmente da due fattori: la produzione di CO2 ed il flusso di gas totale che passa attraverso l’elmetto. Difatti ,quando si raggiunge un equilibrio e la CO2 é stabile nell’elmetto, la quantità di CO2 che entra nell’elmetto ogni minuto é uguale alla quantità di CO2 che lascia il device allo stesso tempo (o meglio la somma dei flussi in uscita, FTOT). L’equazione delle concentrazioni di CO2 nell’elmetto (hCO2) é pertanto la seguente:

V'CO2 = hCO2 × Ftot oppure, una volta riarrangiata, hCO2 = V'CO2 / Ftot 

Il flusso totale del gas che passa attraverso il casco è equivalente al volume erogato dal ventilatore ogni minuto. Questo flusso può essere suddiviso in tre componenti: uno che raggiunge il sistema respiratorio del paziente; uno che distende l’elmetto in maniera intermittente; infine l’ultimo che corrisponde allo spazio che c’é all’interfaccia fra il collare morbido e la cute del paziente. L'equazione derivata teoricamente del contenuto di CO2 è stata completamente confermata da dati sperimentali ottenuti differenti tipologie di ventilazione non invasiva. 


Registrazione continua delle concentrazioni di CO2 all’apertura delle vie aeree (linea nera), nella Y del circuito del ventilatore (linea tratteggiata) e nell’elmetto (linea grigia), con un flusso di 16.5 l/min e 350 ml/min di produzione di CO2.


Durante la VNI con casco è necessario monitorare il ricircolo di CO2: nei pazienti ventilati meccanicamente, il rebreathing è di solito valutato con la misura dell’etCO2; purtroppo, la CO2 inalata all'interno del casco può essere grossolanamente sottovalutata da questo valore a causa della lentezza della concentrazione di CO2 durante la fase di inspirazione della ventilazione del casco. Il valore di CO2 misurato in un punto "silenzioso" all'interno del casco (non influenzato da urti e direttamente dai flussi, da e verso il paziente) è invece stabile e corrisponde esattamente alla CO2 inalatoria. Quando non è possibile ottenere un valore stabile all'interno del casco, il valore di CO2 finale misurato in corrispondenza del pezzo Y o della porta espiratoria rappresenta una stima corretta del rebreathing di CO2.


(continua…)


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