In questa grande sessione dedicata alle aritmie cardiache (primitive e secondarie) ci soffermeremo per più capitoli a comprendere cosa sono le aritmie, quali sono le peculiarità di ciascuna aritmia e, soprattutto, come agire rapidamente per un adeguato trattamento in urgenza di tali condizioni fisiopatologiche. Non si tratterà di un manuale interamente dedicato alle aritmie ed alle specificità approfondite che i cardiologi e gli elettrofisiologi in particolare devono conoscere, ma si tratta di un'adeguata comprensione di meccanismi che, se non rapidamente riconosciuti, possono portare a morte il paziente. Inizieremo in questo capitolo a trattare dei principi di elettrofisiologia (per info più dettagliate si rimanda come sempre alle referenze oppure ad un testo specifico di elettrofisiologia cardiaca), per poi continuare parlando delle tachiaritmie e delle bradiaritmie (Capitolo 2.5.2), per poi parlare specificatamente della Fibrillazione Atriale (Capitolo 2.5.3) ed infine parlare dei farmaci anti-aritmici e del loro uso specifico (Capitolo 2.5.4).
SISTEMA DI CONDUZIONE CARDIACO:
Il sistema di conduzione cardiaco è un insieme eterogeneo e complesso di strutture che permettono la formazione e la trasmissione dell’impulso elettrico all’interno del miocardio, ripetutamente ad ogni ciclo cardiaco. Tutte le cellule del sistema di conduzione derivano direttamente dalla cresta neurale, e durante l’embriogenesi vanno ad inserirsi all’interno del miocardio, interdigitandosi con le normali cellule cardiache. Lo studio elettrofisiologico ed embriologico di tale sistema nasce successivamente al 1876, quando Harvey scopre la circolazione cardiaca, ipotizzando che non esista alcun punto di comunicazione elettrica fra atri e ventricoli e Paladino scopre un piccolo tessuto muscolare che unisce atri e ventricoli, poi riconfermato nel 1895 da His, da cui prende il nome (fascio di His-Paladino). Nel 1907 viene scoperto da Keith e Flack il nodo SA e nel 1922 Papè scopre il fascicolo omonimo, fino ad arrivare alle conoscenze attuali in materia anatomico-funzionale.
MORFOLOGIA DEL SISTEMA DI CONDUZIONE
Nodo seno-atriale (SA):
Dal punto di vista morfologico il nodo SA ha una struttura a forma ovoidale, con dimensioni di circa 1-2 cm * 3-5 mm, disposto in sede sottoepicardica (per circa 1 mm), che si pone fra il solco terminale e l’emergenza della vena cava superiore. La sua irrorazione è data per un 85-90% dall’Arteria del nodo del seno (primo ramo della coronaria destra) e per un 15% dall’Arteria circonflessa (entrambe visibili in coronarografia); una sua ipoperfusione comporta bradicardia. E’ una struttura anatomicamente estremamente variabile, dato che esiste un 10% di pazienti che hanno un nodo SA a forma “anelloide” che circonda la vena cava superiore.
Dal punto di vista istologico si compone di cellule di 3-10 µm, compatte, grosse, con miofibrille raggiate, ad aspetto irregolare (chiamate cellule P), poco colorabili in ematossilina ferrica, positive all’immunoistochimica per la presenza di connessine CX40-45. La comunicazione fra il nodo SA e l'atrio avviene alla “testa” del nodo (vicino al solco terminale), tramite le “cellule di transizione”, che fungono da mediatori di contatto fra il sistema di conduzione e i miociti atriali. Tutto il resto del nodo SA ha terminazioni ben sigillate elettricamente, che posseggono la “depolarizzazione diastolica” permettendo a queste cellule di avere un impulso elettrico spontaneo che permette il funzionamento continuo del ciclo cardiaco (parleremo successivamente delle Funny Current del recettore If). La frequenza di base si attesta attorno a 60 bpm, ed è la più altra frequenza del sistema di conduzione (esiste una correlazione nella gerarchia anatomico-funzionale), tale per cui tutte le altre cellule, seppur dotate di capacità depolarizzante autonoma, sono sottomesse all’automatismo del nodo SA.
FIBRE INTERNODALI:
Dal punto di vista morfologico non sono altro che dei percorsi di cardiomiociti (quindi non delle fibre dedicate come a livello ventricolare) che collegano molto rapidamente il nodo SA con il nodo atrio-ventricolare (nodo AV), la cui costituzione è data da miociti atriali disposti in serie, così da offrire un percorso “preferenziale” all’impulso elettrico per arrivare a destinazione al nodo AV. Non sono percorsi riconoscibili o studiabili tramite ECG esterno, ma sono tutti visualizzabili mediante ECG intracavitario.
Dal punto di vista anatomico esistono le fibre internodali superiori (chiamati fasci di Bachmann e James) che circondano superiormente la fossa ovale, le fibre internodali medie (chiamati fasci di Weckenback) che circondando inferiormente la fossa ovale e le fibre internodali inferiori (o fasci di Thorel) che passano al limite inferiore dei muscoli pettinati. Esistono inoltre delle vie interatriali, a decorso sottoepicardico (per evitare processi di sommazione atrio-ventricolare) che accelerano la contrazione simultanea dei due atri.
NODO ATRIO-VENTRICOLARE (AV):
Dal punto di vista morfologico presenta una forma ovoidale, con dimensioni di circa 1 * 3 * 5 mm, ed é posto sia a livello sottoepicardico che sottoendocardico; è facilmente identificabile una volta identificato il “triangolo di Kock”: questo si localizza tramite il tendine di Tòdero (che va dalla cresta terminale alla membrana atrio-ventricolare), lateralmente all’ostio atrio-ventricolare e sopra allo sbocco del seno venoso coronarico.
Dal punto di vista istologico il nodo AV (di Tawara) è ricoperto da cellule di transizione che raccolgono e convogliano l’impulso al/dal nodo stesso; si identifica una zona atrio-nodale (o zona A-N) che é composta da fibre di conduzione atriali che entrano nel nodo AV, una zona nodale (o zona N) ed una zona nodale-His (o zona N-H) composta da fibre che lasciano il nodo AV ed entrano nel fascio di His. Le cellule della zona A-N e N-H hanno la proprietà di depolarizzazione diastolica, quindi presentano automatismo, mentre le cellule della regione N non sono capaci di generare una scarica automatica e formare impulsi; inoltre le cellule della regione N possiedono la proprietà di una bassa velocità di conduzione, che spiega il normale ritardo della trasmissione del nodo AV.
FASCIO DI HIS:
Dal punto di vista morfologico si compone di una zona non perforante, che va dal nodo AV alla porzione fibrosa del setto AV, di una zona perforante che si localizza nel setto membranoso interventricolare e di una zona ramificante, che decorre sopra la cresta sovraventricolare. Dal punto di vista istologico il fascio di His-Paladino si compone di cellule del sistema di conduzione, ed è rivestito da fibroblasti, così da essere isolati dal tessuto cardiaco circostante.
BRANCHE CARDIACHE:
Le branche cardiache sono strutture del sistema di conduzione che iniziano dopo la porzione ramificante del fascio di His, a decorso subendocardico; la branca destra decorre nella cresta sovraventricolare, entra nella trasecola setto-marginale e si divide nel fascio settale e nel fascio moderatore; la branca sinistra decorre sotto la cuspide aortica posteriore, poi si biforca in due porzioni, superiore ed inferiore (ulteriormente divisi in due). Le due branche arrivano ad innervare, in maniera termino-terminale, i muscoli papillari, anche se da ogni punto della branca fuoriesce l’impulso elettrico (che decorre a velocità molto più bassa che all’interno del sistema di conduzione). Le due branche infine terminano con cellule di transizione (chiamate cellule del Purkinje), che sono fibrocellule giganti, scarsamente colorabili in ematossilina-eosina per un grosso accumulo dei granuli di glicogeno, materiale che permette una sopravvivenza maggiore in caso di ischemia locale, con la possibilità di generare scariche ectopiche.
Dopo che abbiamo accennato alla struttura anatomica ed istologica del sistema di conduzione, ci concentreremo a parlare di come questo sistema funziona. L’ECG rappresenta la manifestazione elettrica dell’attività cardiaca visualizzata su supporto grafico, per la cui comprensione è richiesta la conoscenza di alcune definizioni sulle proprietà elettriche nei tessuti biologici. Iniziamo dando alcune definizioni che poi saranno utili in questo e nei capitoli successivi.
- Volume conduttore: è il volume esterno alla fibra nervosa/muscolare, ricco di acqua e sali. Nel generare un potenziale d’azione il volume esterno accumula cariche inverse a quelle che entrano nella stessa cellula e si creano campi elettrici che possono essere misurati da elettrodi posti tangenzialmente alle linee di forza del campo, dato che tra due punti di una linea di forza del campo elettrico si crea una d.d.p. registrabile. Gli elettrodi dell’ECG sfruttano i campi elettrici generati dal cuore e trasmessi all’esterno dal corpo (volume conduttore) per poter studiare il ciclo cardiaco.
- Dipolo equivalente: è quel dipolo creato dalla media di tante cariche positive/negative. Se alcune cariche X sono positive e direzionate in un verso e le cariche negative Y all’opposto, si avrà un dipolo equivalente positivo/negativo. Del dipolo equivalente si può misurare l’intensità (valore delle cariche), la direzione (distanza minima fra i due poli) ed il verso (da negativo a positivo). In ogni istante del ciclo cardiaco esiste un dipolo equivalente, e gli elettrodi si basano su tale dipolo per la misurazione.
- Durata della depolarizzazione: la durata della fase di depolarizzazione è minore all’endocardio che all’epicardio, così come è minore all’apice rispetto alla base. Questo fa sì che nell’istante di ripolarizzazione, i tessuti depolarizzati per ultimi sono i primi a ripolarizzarsi. Se depolarizzazione/ripolarizzazione sono opposte, il risultato finale è un dipolo identico in entrambi i casi; questo spiega il perché l’onda R e l’onda T abbiano lo stesso verso.
ELETTRODI:
Gli elettrodi vengono posizionati al braccio destro e sinistro e alla caviglia sinistra, con la messa a terra alla caviglia destra. Sulla gabbia toracica sono poste 6 derivazioni precordiali. Il triangolo di Einthoven ha come apici la spalla destra, sinistra ed il pube, ma il posizionamento agli arti non modifica la lettura del triangolo, dato che la lettura del volume conduttore di un arto corrisponde a quella che avverrebbe a livello del cingolo congruente. Sono derivazioni che leggono l’attività cardiaca sul piano frontale. Ogni derivazione bipolare ha una sua direzionalità; posto come punto di riferimento DI (a 0°), tutte le altre derivazioni hanno una loro direzione e verso, utile per poter determinare l’asse cardiaco e saper leggere al meglio le attività elettriche cardiache.
La derivazione 1 (DI) si situa a 0° ed é composta da RA – LA (right arm minus left arm); la derivazione 2 (DII) si situa a 60° ed é composta da RA – LF (left foot), mentre la derivazione 3 (DIII) si posiziona a 120° ed é composta dall'analisi LA – LF. La derivazione DII è quella più vicina al reale asse cardiaco, per cui è quella che si utilizza maggiormente per leggere il ciclo cardiaco; tutte queste sono derivazioni bipolari, per cui in ogni istante si effettua un’analisi differenziale fra i due elettrodi, in cui la risultante dipende da come sono posti gli elettrodi rispetto all’impulso: il segnale é massimo se sono posizionati in maniera parallela all'impulso, il segnale é minimo se sono posizionati in maniera perpendicolari all'impulso.
La derivazione 1 (DI) si situa a 0° ed é composta da RA – LA (right arm minus left arm); la derivazione 2 (DII) si situa a 60° ed é composta da RA – LF (left foot), mentre la derivazione 3 (DIII) si posiziona a 120° ed é composta dall'analisi LA – LF. La derivazione DII è quella più vicina al reale asse cardiaco, per cui è quella che si utilizza maggiormente per leggere il ciclo cardiaco; tutte queste sono derivazioni bipolari, per cui in ogni istante si effettua un’analisi differenziale fra i due elettrodi, in cui la risultante dipende da come sono posti gli elettrodi rispetto all’impulso: il segnale é massimo se sono posizionati in maniera parallela all'impulso, il segnale é minimo se sono posizionati in maniera perpendicolari all'impulso.
Sempre da triangolo di Einthoven sono anche calcolate altre derivazioni; la derivazione aVR, che si situa a 210° é composta dal seguente calcolo (LA+LF) – RA; la derivazione aVL, che si pone a -30° é composta dal seguente calcolo (RA + LF) – LA; infine la derivazione aVF, che si localizza a 90° si compone tramite il seguente calcolo (RA + LA) – LF. Sono derivazione aumentate (da cui la “a” anteposta) per poter leggere il segnaleità elettriche cardiache.
Le derivazioni unipolari sfruttano la registrazione della differenza di potenziale della depolarizzazione che si ha in un solo elettrodo (collegato ad un elettrodo di riferimento. Si ha un segnale positivo quando l'impulso é in avvicinamento, un segnale negativo quando l'impulso é in allontanamento oppure un segnale bifasico quando l'impulso é in avvicinamento, seguito da un allontanamento. Le derivazioni precordiali sono poste sul torace e leggono l’attività elettrica cardiaca sul piano coronale (o quasi, dato che il cuore ha un asse che tende a farsi antero-inferiore andando verso sinistra); generalmente vengono poste secondo un particolare ordine: V1 sulla seconda articolazione costo-sternale destra, V2 sulla seconda articolazione costo-sternale sinistra, V3 a metà fra V2 e V4, V4 sull’itto della punta (quinto spazio intercostale sinistro lungo la linea emiclaveare), V5 al quinto spazio intercostale, lungo la linea ascellare anteriore e V6 al quinto spazio intercostale, lungo la linea ascellare media.
LETTURA DELL'ECG:
L’ECG non é altro che la registrazione grafica dell’attività elettrica cardiaca, valutata istante per istante come dipolo elettrico che viene trasmesso al corpo (che agisce come volume conduttore) e viene captato da alcuni elettrodi posti sulla superficie del corpo, sia bipolari (come lettura coronale), che unipolare (come lettura assiale). Il supporto cartaceo/digitale utilizza carta millimetrata con valori prefissati: l'altezza del segnale generalmente é 1 cm = 1mV, mentre la lunghezza del segnale é generalmente 25 mm = 1 sec. Sul supporto cartaceo vengono lette delle “onde” intese come deflessioni positive/negative rispetto alla linea isoelettrica, di differente ampiezza/durata. La linea isoelettrica è quella linea che si ha quando il dipolo equivalente è pari a 0.
Un concetto estremamente importante da ritenere é il seguente: nell’ECG non esiste una corrispondenza univoca fra il nome dell’onda e la fase del ciclo cardiaco (tranne a livello di onda P che corrisponde alla depolarizzazione atriale e l’onda T che corrisponde alla ripolarizzazione ventricolare). Il nome delle onde è definito con alcuni criteri: l'onda R è l’onda a deflessione positiva, l'onda Q è l’onda negativa che può esistere prima di un’onda R, l'onda S è l’onda negativa che può esistere dopo un’onda R, l'onda R’ (si dice erre-primo) è l’onda positiva che può esistere dopo un’onda S. Ogni onda viene scritta in maiuscolo se è di normali dimensioni (Q-R-S-R’) o viene scritta in minuscolo se è di dimensioni minori (q-r-s-r’). Nell’esempio di un blocco di branca destra, in V1 si ha di solito un complesso rSR’, dove l’onda r è minore dell’onda R’.
FASI DEL CICLO CARDIACO
La prima fase é la depolarizzazione atriale che ha inizio dal nodo SA, continua tramite le fibre internodali ed arriva fino al nodo AV; mentre l’impulso viaggia rapidamente lungo queste vie preferenziali, può diffondere anche nell’atrio sinistro tramite i miociti atriali (che presentano una maggior resistenza elettrica e quindi sono più lenti).
A questo segue una pausa (corrispondente al segmento PR): l’atrio è completamente depolarizzato a + 20mV (corrispondente alla contrazione atriale), mentre il ventricolo è ancora in fase di telediastole (polarizzato a -70mV); l’impulso viene rallentato nel nodo AV (di circa 0,07 sec) e passa successivamente nel fascio di His-Paladino.
La depolarizzazione setto avviene lungo le due branche; essendo la branca sinistra molto più spessa di quella di destra, l’impulso incontra meno resistenza e viaggia più veloce; ne risulta un dipolo equivalente che va da sinistra a destra (all'interno del setto), dal basso verso l’alto (dato che a sinistra è molto più rapido). In DII risulta una piccola onda Q, su DIII l’onda Q è variabile con gli atti del respiro (che modifica la posizione cardiaca).
La depolarizzazione ventricoli avviene simultaneamente a destra e sinistra, dall’apice verso la base; date le maggiori dimensioni del ventricolo sinistro, ad ogni depolarizzazione ventricolare sincrona il segnale elettrico a destra appare coperto dal segnale sinistro. E’ più facilmente visualizzabile se si scompongono le due contrazioni simultanee (come in caso di un blocco di branca). La depolarizzazione dei muscoli papillari non ha riflesso sull’ECG esterno, anche se permette di porre in tensione i papillari stessi per generare la continenza valvolare. Le aree attivate per ultime sono la regione postero-basale del ventricolo sinistro, il cono della Arteria polmonare e la porzione superiore del setto inter-ventricolare.
Durante la pausa (tratto ST) i ventricoli sono depolarizzati (rappresenta la sistole ventricolare) e non esiste un dipolo elettrico locale (tutto il tessuto è depolarizzato a +20mV), per cui il segnale ECG torna sulla linea isoelettrica. La ripolarizzazione ventricolare avviene dall’endocardio all’epicardio (in senso opposto alla depolarizzazione), il che spiega lo stesso verso dell’onda T con l’onda R. Viene valutata la morfologia e l’orientamento. E’ molto importante e critico il picco dell’onda T (chiamato “periodo di vulnerabilità dei ventricoli”) ed anche l’intervallo QT per il rischio del fenomeno R/T, cioè lo sviluppo di un'extrasistole quando il tessuto ventricolare é ripolarizzato al 50% aumenta il rischio di generare dei circuiti di macro-rientro con evoluzione verso una tachicardia ventricolare.
ANALISI DI UN ECG NORMALE:
Per quello che concerne l'atrio si ha un'onda P che é positiva in DI, DII, aVF, V2-6 e negativa in aVR, mentre può essere positiva, difasica o negativa in DIII, aVL e V1. L'intervallo PR: si misura dall’inizio dell’onda P all’inizio dell’onda Q; di solito misura 0.12-0.20 sec; se troppo precoce o tardivo può essere indice di patologia.
Per quello che concerne i ventricoli l'onda Q è spesso visibile in DI, DII, aVF e V4-6, dura meno di 0.03 sec con una profondità inferiore al 25% del complesso QRS; se si trovano onde Q di diverse dimensioni sono normali solo in aVR. Un complesso QS è spesso normale in V1 (a volte anche V2). L'onda R è l’onda dominante in DI e V4-6; è piccola in V1 ed aumenta progressivamente nelle derivazioni precordiali; l'onda S è l’onda dominante nelle derivazioni V1-3 (dato che riflette il forte segnale di depolarizzazione ventricolare sinistra, appunto in allontanamento dalle derivazioni destre) e l'intervallo QRS si misura dall’inizio dell’onda Q alla fine dell’onda S. È normale se si trova inferiore a 120 msec. L'onda T tipicamente é positiva in DI, DII, aVF e V2-6 mentre é negativa in aVR e variabile nelle altre derivazioni. Il segmento ST va dalla fine del complesso QRS all’inizio dell’onda T; si solito presenta una posizione isoelettrica, anche se posso esistere sottoslivellamenti di 0.5 mm e/o sovraslivellamenti di 1 mm che sono ancora considerati normali. L'intervallo QT si misura dall’inizio dell’onda q alla fine dell’onda T e deve essere corretto con appositi normogrammi in funzione della frequenza cardiaca (QTc); risulta normale se inferiore a 420 msec, inizia ad essere patologico sopra 440-460.
Per quello che concerne l'atrio si ha un'onda P che é positiva in DI, DII, aVF, V2-6 e negativa in aVR, mentre può essere positiva, difasica o negativa in DIII, aVL e V1. L'intervallo PR: si misura dall’inizio dell’onda P all’inizio dell’onda Q; di solito misura 0.12-0.20 sec; se troppo precoce o tardivo può essere indice di patologia.
Per quello che concerne i ventricoli l'onda Q è spesso visibile in DI, DII, aVF e V4-6, dura meno di 0.03 sec con una profondità inferiore al 25% del complesso QRS; se si trovano onde Q di diverse dimensioni sono normali solo in aVR. Un complesso QS è spesso normale in V1 (a volte anche V2). L'onda R è l’onda dominante in DI e V4-6; è piccola in V1 ed aumenta progressivamente nelle derivazioni precordiali; l'onda S è l’onda dominante nelle derivazioni V1-3 (dato che riflette il forte segnale di depolarizzazione ventricolare sinistra, appunto in allontanamento dalle derivazioni destre) e l'intervallo QRS si misura dall’inizio dell’onda Q alla fine dell’onda S. È normale se si trova inferiore a 120 msec. L'onda T tipicamente é positiva in DI, DII, aVF e V2-6 mentre é negativa in aVR e variabile nelle altre derivazioni. Il segmento ST va dalla fine del complesso QRS all’inizio dell’onda T; si solito presenta una posizione isoelettrica, anche se posso esistere sottoslivellamenti di 0.5 mm e/o sovraslivellamenti di 1 mm che sono ancora considerati normali. L'intervallo QT si misura dall’inizio dell’onda q alla fine dell’onda T e deve essere corretto con appositi normogrammi in funzione della frequenza cardiaca (QTc); risulta normale se inferiore a 420 msec, inizia ad essere patologico sopra 440-460.
Il monitoraggio continuo dell’ECG viene utilizzato routinariamente in Medicina Intensiva per tutti i pazienti, con lo scopo di rilevare condizioni critiche del paziente, identificare condizioni pre-critiche e/o identificare precocemente l’ischemia cardiaca. Le indicazioni strette ad un monitoraggio sono in caso di patologie cardiopolmonari (ischemia, patologia aritmica, chirurgia cardiaca), condizioni pro-aritmiche come in caso di elettrocuzione, patologie neurologiche acute, tossicità metabolica o da farmaci, patologie endocrine o rischio di bradicardie profonde ed in caso di patologie neurologiche come per sincopi di natura non chiara, patologie ischemiche o emorragiche cerebrali, ecc... Parleremo meglio nei prossimi capitoli delle condizioni aritmiche che possono incontrarsi più frequentemente in ICU.
(continua...)
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