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Principi di ECMO (Capitolo 12.5.1)




Per ECMO (Extra Corporeal Membrane Oxygenation) si intende una tecnica di circolazione extracorporea che mette il cuore e/o i polmoni con un’insufficienza severa a risposo, al fine di permettere all’organo malato di recuperare la propria funzione, tramite ventilazione/ossigenazione e sostituzione della gittata cardiaca. Chiaramente é un argomento complesso se viene analizzato fino a fondo, per cui qui ci limiteremo a trattare dei principi dell’ECMO, mentre rimandiamo ai trattati specialistici la gestione pratica analizzata nel dettaglio. Dal punto di vista tecnico/pratico esistono due tipologie di ECMO; l’ECMO-VV (veno-venosa) che permette di sostenere la funzione polmonare tramite ossigenazione e ventilazione del sangue, e l’ECMO-VA (veno-arteriosa) che permette sia di sostenere la funzione polmonare (come nella forma VV) che di sostituire la funzione della pompa cardiaca.



INDICAZIONI - CONTROINDICAZIONI:
Le indicazioni generali riguardano situazioni dove il sistema cardiorespiratorio risulta altamente insufficiente; l’uso dell’ECMO é associato ad una mortalità del 50%, per cui ad oggi viene considerato accettabile iniziare un tale trattamento in caso di malattia con mortalità superiore all’80%.



A livello respiratorio le indicazioni classiche sono una insufficienza respiratoria severa, con un grado di ipossia refrattario al trattamento medico convenzionale massimale (compreso l’utilizzo di NO e decubito ventrale se possibile). Durante la pandemia del 2009 H1N1 é stato eseguito il più grande  studio randomizzato prospettico (CESAR study) che ha permesso di progredire molto nella conoscenza e nell’uso di tale metodica. La ELSO (Extracorporeal Life Support Organization) ha rilasciato delle linee guida dove in merito alle controindicazioni per l’insufficienza respiratoria ha segnalato come non esistano controindicazioni a priori, ma esistano controindicazioni relative se si sospetta un recupero parziale con sequele importanti della malattia del paziente, una ventilazione meccanica per oltre 7 giorni con elevate concentrazioni di ossigeno (FiO2 90%) ed alte pressioni (Ppeak superiore a 30 cmH2O) in quanto associato con un pessimo outcome clinico, la presenza di immunosoppressione importante (confermata da un consenso di esperti) e/o emorragia cerebrale in espansione. In questi casi il polmone viene messo a riposo ed in modalità di ventilazione protettiva, con TV 4-6 ml/Kg (peso ideale), pressioni inspiratorie fra 20-25 cmH2O (per minimizzare l’infiammazione polmonare), con frequenze respiratorie fra 8-10 atti/min, PEEP fra 10-15 cmH2O per il reclutamento alveolare e ridurre il continuo stretching alveolare, con una FiO2 sul respiratore inferiore al 50%. Tutta la ventilazione e l’ossigenazione viene iniziata e controllata dall’ECMO, la ventilazione tramite controllo del rapporto O2/aria e della velocità della pompa sangue, mentre la FiO2 tramite modificazioni della percentuale d’ossigeno somministrata.



A livello di ECMO-VV (per problemi respiratori) sono stati sviluppati differenti score in grado di predire la sopravvivenza dopo l’ECMO basandosi su un mix delle caratteristiche cliniche dei pazienti e delle terapie in corso. Tutti quelli segnalati in tabella sono stati validati prospetticamente.



A livello cardiaco si parla di ECMO-VA in caso di arresto cardiaco refrattario con criteri precisi quali un no-flow inferiore a 3-5 minuti, un low-flow inferiore a 100 minuti (dall’arresto all’inizio dell’ECMO), età inferiore a 65 anni, ritmo cardiaco differente dall’asistolia, etCO2 > 10 mmHg (1.3 kPa). Tutte queste caratteristiche sono legate alla sopravvivenza del paziente che viene a ridursi notevolmente dopo un arresto di lunga durata, rendendo altamente futile l’inizio di un ECMO-VA. Un’altra indicazione é l’embolia polmonare massiva con un paziente emodinamicamente instabile e/o con ipossiemia severa e/o con controindicazione alla trombolisi, ma anche forme di shock cardiogeno post-cardiochirurgia e/o post-STEMI, presenza di aritmie maligne, intossicazione da medicamenti cardiotropi (anti-aritmici, beta-bloccanti, ecc…) e/o ipotermia severa (inferiore a 32°C).






STRUTTURA:
Il sistema si struttura con una serie di materiali e componenti che devono essere in grado di supportare il funzionamento cardiaco e polmonare. Gli accessi (di cui parleremo meglio successivamente) devono essere in grado di trasportare flussi di 3 l/mq/min, con SVO2 superiori al 70%; i flussi dipendono dagli accessi vascolari, dalle resistenze dei tubi e dalle proprietà della pompa sangue.

Si ha una pompa rotativa centrifuga, di cui si può regolare la velocità (in giri per minuto), un ossigenatore a membrana (per il controllo dell’ossigeno e della CO2), un riscaldatore di sangue (per il controllo della temperatura del paziente), ed una cannulazione periferica che può essere VV (tipicamente nella giugulare interna destra o nella femorale oppure le due canale a livello femorale) oppure VA (femori-femorale, axillo-femorale, atrio destro/aorta). Una delle forme più comunemente utilizzate é la cannulazione VA femoro-femorale, che presenta lo svantaggio di utilizzare una cannula arteriosa retrograda estremamente grande ed in grado di occludere tutto l’asse vascolare femorale; in tal caso é necessario utilizzare un catetere di perfusione che prende il sangue arterioso e rimette distalmente alla punzione dell’arteriosa femorale un flusso ortogrado di perfusione dell’arto inferiore.



Le cannule possono essere posizionate in maniera chirurgica, in maniera percutanea tramite tecnica di Seldinger, in maniera mista fra l’esposizione chirurgica e la tecnica percutanea o tramite cannulazione diretta dell’atrio durante toracotomia. La forma percutanea é comunemente utilizzata per le forme di ECMO-VV. È da ricordare che subito prima del posizionamento della cannula viene somministrato un bolus di Liquemina (50-100 UI/Kg) anche se il paziente fosse coagulopatico e sanguinasse. Qualora la cannulazione fosse inefficace e bisognasse cambiare cannula, il primo step é aggiungere una nuova cannula venosa in un altra vena differente.



Per quello che riguarda l’ossigenatore, si utilizzano membrane in grado di rimuovere le CO2 pari al metabolismo del paziente, pari a circa 3 cc/Kg/min per un adulto, condizione ottenibile con flussi di sangue nella forma VV di 60 ml/Kg/min, oppure pari al 25% della gittata cardiaca. Possono essere  membrane in silicone, in polipropilene oppure in poli-metilpentene. Una volta attivato il circuito si procede al controllo della quantità del gas fresco che può essere somministrato (rapporto air/gas) ed alla FDO2 (la parola FiO2 andrebbe evitata in quanto riguarda l’ossigeno inalato, mentre FDO2 riguarda l’ossigeno somministrato dal circuito). La membrana che si interfaccia fra l’aria ed il sangue permette lo scambio di ossigeno/anidride carbonica nelle due direzioni; l’eliminazione della CO2 avviene principalmente modificando la velocità del flusso di gas: maggiore il flusso, maggiore é la CO2 che viene eliminata; similmente si può agire modificando le velocità della pompa sangue, ma le conseguenze emodinamiche possono porre un limite a tale modifica. Anche per quello che riguarda l’ossigenazione, questa viene controllata tramite la FDO2 che può essere impostata sull’ECMO, ma soprattutto tramite la velocità di sangue che scorre nel circuito in maniera direttamente proporzionale alla velocità del sangue.




Lungo il circuito dell’ECMO ci sono alcuni rilevatori di pressione, di cui comunemente si utilizzano il P2 (messo all’entrata dell’ossigenatore e che mostra una pressione positiva fra la pompa centrifuga e l’ossigenatore) ed il P3 (messo all’uscita dell’ossigenazione e che mostra la pressione fra l’ossigenatore e la cannula arteriosa). Risulta importante la misurazione dei due valori pressori e del gradiente di pressione P2-P3 per poter identificare il problema clinico in caso di insufficiente funzionamento della macchina:
  • P2 e P3 presentano pressioni negative: il sistema risulta ipovolemico, sia per un paziente realmente ipovolemico, per la presenza di un trombo a livello della cannula venosa, oppure per una velocità estremamente bassa della pompa centrifuga.
  • P2 e P3 presentano pressioni elevate: il sistema presenta delle pressioni di riempimento nell’arteria che sono eccessive, generalmente per una compressione e/o la presenza di un’ostruzione nel sito di reinserimento della cannula arteriosa.
  • P2 elevato, P3 basso: in questo caso il dP aumenta ed appare estremamente sospetto per la presenza di un coagulo di sangue nel circuito del filtro.



ALLA PARTENZA DELL’ECMO:
Il circuito generalmente viene riempito con della soluzione cristalloide isotonica con il plasma, che viene fatta ruotare nel circuito fino all’eliminazione di tutte le bolle d’aria; il sistema può essere preparato qualche ora o qualche giorno prima dell’uso, anche se dopo 30 giorni di inattività si consiglia di ripreparare il sistema. Dopo la cannulazione il flusso della pompa sangue viene progressivamente aumentato fino a quando il flusso massivo viene raggiunto; il flusso massimo dipende dal paziente e dalla resistenza della cannula. Dopo aver raggiunto il livello massimo si riduce il flusso al livello minimo necessario per garantire un supporto adeguato; per le forme VA la pompa é ridotta fino a quando non si ha un pulse-pressure di 10 mmHg (per assicurare un adeguato flusso di sangue al cuore, eventualmente controllando l’apertura della valvola aortica tramite ecocardiografia TE, vedi oltre), anche se in caso di shock cardiogeno severo questo non é sempre possibile. Per le forme VV si raggiunge un supporto adeguato quando si ha una saturazione arteriosa superiore all’80% ed una SVO2 superiore al 70%; in questi casi si riduce la velocità fino a quando non si raggiunge il limite di saturazione arteriosa desiderata.

Il trasporto della CO2 transmembrana é decisamente maggiore rispetto all’ossigeno; il rapporto aria/ossigeno generalmente é 1:1 e viene modificato in base ai controlli gasometrici per raggiungere iltargetr desiderato. L’ossigeno per contro deve essere inizialmente controllato nella fase post-filtro, per essere sicuro che sia al 100%; nel caso si abbia una riduzione inferiore al 95%, questo indica o una SVO2 estremamente bassa (tale che il filtro non é in grado di compensare il deficit severo di ossigenazione), oppure un filtro inefficiente, tipicamente con coaguli al suo interno.

Per quello che riguarda l’anticoagulazione, abbiamo già avuto modo di dire che il paziente deve essere adeguatamente anticoagulato e generalmente viene iniettato un bolus di Liquemina IV (50-100 UI/Kg) giusto prima di inserire le cannule. L’anticoagulazione viene misurata in contemporanea tramite due sistemi: tramite l’attività del fattore anti-Xa permette di vedere il grado di eparinizzazione del sistema, confermando l’adeguata anticoagulazione del paziente ed il basso rischio di sviluppare coaguli. L’uso dell’ACT (Activated Clotting Time) permette di valutare lo stato attuale dell’anticoagulazione del sistema, situazione che generalmente deve essere 1.5 volte il livello normale del paziente e che generalmente si misura in secondi (120-140 secondi, oppure in alcuni istituti 160-180 secondi). L’ACT deve essere misurato ogni ora e ad oggi può essere eseguito al letto del paziente. Sempre a livello della coagulazione, il paziente deve essere seguito per il numero di piastrine, dato che frequentemente questi pazienti possono sviluppare trombocitopenia prevalentemente secondaria alla lisi sia a contatto dei tubi che a contatto con la velocità della turbina. Ricordiamo ancora che all’aumentare delle velocità della pompa sangue aumenta il rischio di emolisi e di lisi delle piastrine. La pratica usuale è quella di trasfondere piastrine se si ha una trombocitopenia inferiore a 80 G/l oppure un multipla inferiore al 10% di attività piastrinica.


COMPLICAZIONI:
Le complicanze più frequentemente riscontrate sono l’emorragia al punto di inserzione della cannula, soprattutto a livello femorale. Abbiamo visto come sia possibile ottenere una riduzione della volemia durante l’ECMO, in parte per la presenza della macchina stessa, in parte per le situazioni che si associano alla necessità d’utilizzo dell’ECMO. In caso di ipovolemia, il corpo mantiene stabili le pressioni tramite aumento delle resistenze vascolari sistemiche; in tal caso, per poter migliorare le pressioni, appare utile o reintegrare il deficit volemico (se non é controindicato) oppure aumentare la velocità della pompa (con conseguente aumento della gittata cardiaco), anche se l’eccessivo aumento della velocità aumenta il rischio di emolisi e trombocitopenia per danno meccanico legato all’eccessiva velocità delle emazie e dei trombociti. Bisogna porre particolare attenzione al colore delle urine che possono divenire rosate, così come bisogna seguire 3-4 volte al giorno l’evoluzione della Hb.

Il sistema richiede una buona anticoagulazione, dato che il passaggio di sangue nei tubi di plastica attiva enormemente le piastine ed i fattori della coagulazione, con rischio di trombosi del sistema, sviluppo di una DIC e/o tromboembolia nel paziente. Oltre al controllo dell’Hémocron, si deve controllare costantemente (almeno ogni 3 ore) con una lampada il filtro dell’ossigenatore per valutare se compaiono piccoli punti neri, indicativi della presenza di coaguli. Assieme a questo appare necessario il controllo neurologico ogni ora, in particolare delle pupille. La comparsa di coaguli maggiori indicano la ricoagulazione del paziente (bisogna porre particolare attenzione), così come la comparsa di fili biancastri é indicativa di un deposito di fibrina che richiede una valutazione medica e del percussionista.

Con l’uso di ECMO-VA periferico, appare estremamente elevato il rischio di ischemia dell’arto inferiore, per i motivi che abbiamo visto precedentemente. È fondamentale seguire clinicamente ed in maniera costante (ogni ora) l’evoluzione clinica della perfusione della gamba (temperatura, marezzatura, polsi periferici clinicamente o al Doppler) per verificare l’adeguatezza della perfusione oppure la necessità di una cannula di riperfusione periferica.

Altre complicazioni possono essere l’embolie gassose legate alla manipolazione del circuito (durante il riempimento e/o i prelievi), durante il clampaggio accidentale del circuito venoso con depressione pressoria in grado di favorire la formazione di bolle e/o al cambio della membrana dell’ossigenatore. Le bolle d’aria possono passare dalla membrana porosa nel sangue, soprattutto se le pressioni del gas superano le pressioni del sangue, oppure quando le pressioni di sangue sono subatmosferiche (condizione che si può verificare quando non c’è flusso di sangue e l’aria entra dai tubi per gravità); tale condizione appare più facile con le membrane microporose, ma può occorrere anche con le membrane in silicone o in PMP. La prevenzione si attua mantenendo valori di pressioni sanguigne nell’ECMO superiori alle pressioni dei gas. usando valvole di sicurezza per le pressioni e mantenendo il "polmone" dell’ECMO al di sotto del livello del paziente, così che si riduca notevolmente il rischio.

Sono da ricordare inoltre la comparsa di infezioni sistemiche a partenza dalla cannula periferica e/o centrale (con il rischio di mediastinite), trattabile fin da subito con antibiotico-terapia a largo spettro. 

Un’altra complicazione prevedibile e che appare estremamente importante da conoscere, misurare e trattare é la comparsa di edema polmonare post-ECMO VA periferico di natura idrostatica. La presenza di ipovolemia severa nel ventricolo sinistro favorisce la formazione di trombi intravascolari  e porta ad una riduzione severa dello stroke volume ventricolare sinistro per cui la valvola aorta non riesce ad aprirsi durante la sistole. La scarsa quantità di sangue presente all’interno del ventricolo sinistro esce dalla valvola con minore resistenza che viene ad essere la valvola mitrale. Si ottiene pertanto un incremento delle pressioni idrostatiche della WP, con rischio severo di edema polmonare. Si deve pertanto eseguire un’ecocardiografia TE per poter controllare l’apertura della valvola aortica, la durata della sua apertura, l’eventuale presenza di rigurgito mitalico per poter eventualmente adattare la velocità della pompa centrifuga e/o il riempimento volemico e/o la contrattilità ventricolare sinistra.

PREVENZIONE DELLE COMPLICAZIONI:
L’utilizzo dell’ECMO é riservato a pazienti complessi e che mostrano una situazione clinica severa; appare pertanto possibile la comparsa di complicazioni, che richiedono particolare attenzione e necessità di anticipare le complicazioni. A tal fine risulta importante ottenere un valido Type & Screen del paziente, la misurazione della temperatura in continuo, misurare un Hémocron (ACT) costantemente, avere a disposizione in carrello dell’urgenza ed un defibrillatore dedicato ed un foglio riassuntivo per marcare i test ematici ed i risultati della coagulazione in maniera seriale.

In caso di sanguinamento importante si deve ritornare velocemente ad uno status coagulatorio normale il prima possibile, sospendendo pertanto l’eparina, somministrando fibrinogeno e piastrine in base al deficit presente ed eventualmente somministrando acido tranexamico se si sospetta una fibrinolisi o si documenta al ROTEM. In caso di sanguinamento importante e non chiaro, risulta utile eseguire un ROTEM ed un multiplate per guidare il management della ri-coagulazione.

La decannulazione del sistema é trattabile solamente mediante prevenzione, con l’utilizzo di una immobilizzazione al letto, senza spostare il paziente; in caso di toilette, appare necessario far levitare il paziente con il levitatore ed il personale dedicato. Anche in caso di défaillance della pompa o dell’ECMO appare estremamente utile avere una console di emergenza o una pompa manuale.


SVEZZAMENTO:
Il tasso di sopravvivenza dopo un'ECMO-VA varia dal 31% al 76%, a dipendenza della patologia soggiacente, dalle co-morbidità e dalla severità del danno d'organo all'inizio dell'ECMO. Fra i sopravvissuti, solo il 30-70% riesce ad essere svezzato completamente dall'ECMO, mentre la rimanente quota richiede un L-VAD oppure un trapianto cardiaco. Ancora, fra il 20-65% dei pazienti svezzati dall'ECMO post-STEMI non lascia vivo l'ospedale. Se le impostazioni della macchina vengono impostate in misura ottimale (soprattutto nella forma VA al minimo della pressione tale da generare un pulse-pressure di 10 mmHg), lo svezzamento appare quasi automatico con il miglioramento della funzione dell’organo. Con il migliorare dell’attività cardio-polmonare si può ridurre progressivamente la macchina; quando il supporto raggiunge il 30% dell’attività totale si può pensare si togliere la macchina, eseguendo un trial-off prima di sospendere completamente l’ECMO.

Se si vanno a cercare in letteratura (la poca letteratura che al momento c'è a tal riguardo) sulla predizione per lo svezzamento dall'ECMO, il gruppo di Parigi ha dimostrato che una PAs elevata, un PP (Pulse Pressure) elevato, segni ecocardiografici positivi (VTI aortico superiore a 10 cm, una minima EF ventricolare sinistra del 20-25%, un MAPSE adeguato) sono associati ad un alto tasso di svezzamento dalla macchina; anche la clearance dei lattati nelle 12 ore dopo ECMO é un buon fattore predittivo di svezzamento dalla macchina. Di contro, la misurazione del BNP, la troponina I, l'ANP e la co-peptina non si sono dismostrati in grado di predire un adeguato svezzamento dall'ECMO.

La prima cosa cui pensare é analizzare l'eziologia dell'insufficienza cardiaca, domandandosi se questa sia compatibile con un recupero totale/parziale della funzione cardiaca stessa. Un paziente che va sotto ECMO per uno scompenso cardiaco biventricolare su una cardiomiopatia dilatati in fase avanzata/terminale, probabilmente ha poche chances di essere svezzato dall'ECMO se non si procede con l'ausilio di un L-VAD o di un trapianto cardiaco. Altri parametri emodinamici necessari da considerare per un adeguato svezzamento sono la presenza di un Pulse Pressure per almeno 24 ore, la stabilità emodinamica, una PAm di 60 mmHg in assenza o con basse dosi di catecolamine. I parametri respiratori che si devono avere per svezzare un paziente con un rapporto PaO2/FiO2 normale sono la presenza di una FiO2 21% al respiratore. Generalmente tutti questi parametri richiedono circa 72 ore minime per essere raggiunti dopo la posa di un ECMO.




Il trial-off VV é relativamente semplice; mantenendo stabile la pompa sangue, si procede alla chiusura del flusso d’aria e dell’ossigeno nella macchina, e si imposta il ventilatore come se il paziente non avesse l’ECMO. Se segue a breve la gasometria e si valuta se il paziente necessita ancora della macchina oppure é possibile rimuoverla. Il trial-off VA é leggermente più complesso, dato che lo svezzamento della macchina viene eseguito generalmente sotto controllo ecocardiografico TE prima e dopo la riduzione di 0.5-1 l/min di gittata cardiaca, controllando la risposta emodinamica (tramite misurazione del VTI aortico che deve risultare superiore a 11), la risposta pressoria globale e la risposta ossigenatoria. La fase finale richiede il clamp della cannula venosa, la reiezione del sangue dalla cannula venosa ed il funzionamento del circuito tramite bridge AV a basso flusso, controllando tramite inotropi e vasopressori la risposta emodinamica e respiratoria, generalmente tramite ecocardiografia TE.

Il tasso di successo dello svezzamento dell'ECMO-VA dipende dalla reversibilità della patologia sottostante, dalle comorbidità e dalla severità dei danni multi-organo al momento in cui l'ECMO é stata posata. Una strategia semplice per lo svezzamento é quello di eseguire il trial-off 1 volta al giorno, anche se ad oggi non esistono a priori elementi predittivi per indicare un buon successo del trial-off. Dopo che si é ridotta l'attività dell'ECMO, il controllo tramite ecocardiografia TE rappresenta l'unico elemento predittore del buon successo dello svezzamento.

Per la rimozione delle cannule si procede alla sospensione della liquemina per 30-60 minuti, con successiva compressione locale del sito di punzione. Alla rimozione della cannula venosa, dato che é estremamente porosa, esiste il rischio di embolia gassosa se il paziente inspira, pertanto viene rimossa generando una manovra del Valsalva al ventilatore, così da prevenire potenziali complicazioni.


ALLA VISITA:
Durante la visita al letto del paziente, si procede come di consueto alla valutazione sistematica per punti (neurologico, emodinamico, ecc…) adattando come sempre la tipologia di controlli che vengono eseguiti a ciascun singolo livello in base ai problemi del paziente. Qui di seguito cosa é necessario controllare e che cosa fare per prevenire/trattare i potenziali problemi.

1) Neurologico:
Per quello che riguarda l’analgo-sedazione, ci si deve assicurare il comfort del paziente, con un SAS iniziale che deve trovarsi fra 1-2 (dato che il paziente non deve nemmeno tossire in fase acuta), si deve eseguire un C-POT regolarmente per poter adattare i dosaggi di analgesici alla situazione del paziente; in caso di sedazione adeguata, durante la manovre invasive di controllo (soprattutto l’ecocardiografia TE), si può curarizzare il paziente. Il paziente é a rischio di tromboembolie, con comparsa di ischemie/emorragie cerebrali. Risulta pertanto fondamentale controllare ogni ora le pupille del paziente, soprattutto nella fase acuta.

La temperatura corporea é un parametro fondamentale per quello che riguarda il buon funzionamento della coagulazione e l’utilizzo dell’ECMO é un fattore di rischio elevato per dispersione termica del calore lungo i tubi; per questo motivo é presente un riscaldatore regolabile di temperatura all’interno della macchina per poter scaldare il paziente. Si deve monitorare la temperatura in continuo ed adattare la temperatura sull’ECMO per scaldare adeguatamente il paziente.

2a) Emodinamica:
La pressione arteriosa deve essere superiore a 60 mmHg, eventualmente da mantenere con NA per garantire la perfusione periferica e soprattutto coronarica; in caso di disfunzione sistolica severa si può discutere l’uso di inotropi quali la Dobutamina e/o il Levosimendan, sia in fase acuta che soprattutto in fase di svezzamento. Si deve eseguire un controllo anche della frequenza cardiaca, eventualmente da adeguare anche tramite PM (sistemici o provvisori). Si deve eseguire un controllo giornaliero della troponina.

Il controllo della gittata sull’ECMO é un altro parametro importante, con una misurazione che deve essere rilevata ogni ora; in caso di ECMO-VA la gittata é il determinante sia della perfusione che dell’ossigenazione. Si devono controllare i lattati e la SVO2 per essere sicuri che la perfusione periferica tissutale sia sufficiente (SVO2 70% in vena cava superiore). La misurazione della PVC non é affidabile, dato che localmente viene aspirato del sangue. L’assenza di pulsazione periferica indica una gittata completamente guidata dall’ECMO, mentre la ricomparsa del polso periferico e l’amplitudine generata dal riempimento cardiaco sono indice di una ripresa della funzione contrattile cardiaca. Si deve eseguire un controllo orario delle pressioni P2-P3, controllare una volta a turno la pressione della manchette (300 mmHg) e controllare l’eventuale formazione di trombi sul filtro.

La perfusione degli arti inferiori deve essere eseguita ogni ora, tramite analisi clinica del gradiente termico, della presenza di marezzatura cutanea, della riferfusione periferica e del controllo clinico/doppler dei polsi periferici (che in caso di assistenza ventricolare completa risultano non più pulsatili). In caso di ischemia bisogna posizionare una terza cannula ortograda oppure valutare se il paziente é a rischio di trombi vascolari.

2b) Coagulazione:
Appare necessario controllare il livello di anticoagulazione del paziente tramite controllo dell’azione dell’eparina almeno 1 volta al giorno (aPTT e/o attività anti-Xa), controllare l’ACT 1 volta all’ora con un obiettivo di 160-180 sec se l’ECMO é a gittata piena e controllare l’evoluzione della Hb/Hct almeno 1 volta ogni 4 ore. Date le alte dosi di eparina e l’uso della pompa centrifuga, il paziente é a rischio di trombocitopenia; si deve controllare anche il livello di trombociti una volta al giorno ed eventualmente somministrare trombaferesi in caso di trombocitopenia e/o blocco funzionale totale dei trombociti (controllato tramite multiplate). A priori non é controindicato l’uso di antiaggreganti. Risulta importante analizzare i segni clinici di sanguinamento a livello dei siti di punzione, dei cateteri e/o dei drenaggi.

3) Respiratorio:
Per quello che riguarda l’ossigenazione il paziente deve essere controllato almeno ogni 2 ore a livello gasometrico, adattando la FiO2 in base alla PaO2 come al solito; non deve essere inserita la FiO2 nella gasometria. Anche per quello che riguarda la perfusione la capnia viene controllata tramite il rapporto ossigeno/aria: in caso di ipercapnia si deve aumentare il flusso di gas fresco, mentre in caso di ipocapnia si deve provvedere a ridurre il flusso. Bisogna fare attenzione inoltre che l’etCO2 appare meno affidabile, dato che la CO2 viene eliminata dall’ECMO.

Durante le aspirazioni bronchiali il paziente é a rischio importante di sanguinare, per cui si devono limitare al massimo i rischi connessi all’aspirazione invasiva. Generalmente tramite una valutazione clinica e/o tramite analisi delle curve sul respiratore si possono sospettare segni richiedenti aspirazione endobronchiale.

4) Gastroenterico:
Non sono segnalate particolarità di sorta nell’interazione fra ECMO e la nutrizione; va comunque ricordato che in caso di shock severissimo con instabilità importante ed acidosi lattica massiva, la ripresa della nutrizione enterale appare ancora un rischio. Ancora, la sedazione e l’intubazione profonda richiede l’uso di PPI a dosi adeguate. In caso di shock cardiogeno severo può anche manifestarsi un fegato da shock richiedente un adeguato supporto cardiocircolatorio, controllo del fattore V, e supporto dei fattori della coagulazione.

5) Renale:
Il danno renale può fare seguito sia allo stato settico che il paziente presenta, sia allo shock cardiogeno con venostasi severa ed ipoperfusione altrettanto importante; il controllo orario della diuresi é un parametro importante per poter adeguare le velocità dell’ECMO e garantire un’adeguata perfusione periferica. In caso di insufficienza renale refrattaria, con i classici criteri già discussi nel capitolo dedicato all’emodialisi (si veda il capitolo apposito, Capitolo 5.4.1) si può aggiungere una CVVHFD direttamente all’ECMO, facendo particolare attenzione al consumo piastrinico ed alla ipovolemia. Gli infermieri dedicati alla emodiafiltrazione devono essere informati della necessità di una CVVHDF legata direttamente all’ECMO.

In caso di CVVHDF ed ECMO il flusso venoso della macchina di dialisi viene messo in uscita dal respiratore ed il flusso arterioso subito prima di entrare nel respiratore come viene mostrato nelle figure. La scelta sull’uso della tipologia di anticoagulante generalmente favorisce l’uso di liquemina, dato che il paziente e tutti i circuiti devono essere adeguatamente anticoagulati.



6) Infettivo:
Il paziente é a rischio infettivo sia per quello che riguarda la presenza delle cannule ad inserzione periferica/centrale, sia per quello che concerne la sedazione profonda, con rischio di VAP ed altre infezioni correlate ai pazienti sedati profondamente. Si deve eseguire un’adeguata disinfezione delle mani, limitare le porte d’entrata coltivando tutti i siti in caso di dubbio, disinfettare adeguatamente tutte le cannule dell’ECMO tramite soluzione iodata ed eseguire controlli adeguati in merito al rischio infettivo (CRP, procalcitonina, formula leucocitaria).

Oltre a questo bisogna porre particolare attenzione alla posizione adeguata dell’ECMO attorno al letto del paziente, lo stato dei tegumenti (il paziente é a rischio di lesioni da decubito), eseguire un adeguato igiene corporale e mobilizzare mediante levitazione. Un altro punto altrettanto importante, per quanto banale, é da sottolineare che un paziente con ECMO pone serissimi problemi per il trasporto in un ospedale, per cui é decisamente meglio evitare di trasportare il paziente con ECMO e di eseguire se possibile tutti gli esami al letto del paziente. In ogni caso, in caso di trasferimento (in radiologia, in sala operatoria, ecc…) é necessario contattare il perfusionista che si occuperà in specifico della gestione dell’ECMO durante il trasporto.

(continua...)


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