In una situazione di sanguinamento d’emergenza (come ad esempio nel caso di una coagulopatia o un’emorragia da trauma, un’emorragia post-partum, da varici esofagee, ecc…) abbiamo già visto come l’utilizzo dei valori di laboratorio "classici" della coagulazione siano di scarsissimo aiuto, sia perché nascono e vanno utilizzati primariamente per monitorizzare l’anticoagulazione orale o parenterale, sia perché le loro modifiche sono aspecifiche e tardive rispetto al reale stato della coagulazione nel momento in cui si esegue l’esame. Non da ultimo, tutto il sistema é gravato da lunghi tempi d’attesa (circa 45-60 minuti) rispetto all’emergenza del sanguinamento. Ecco perché diviene sempre più indicato ed utile la conoscenza di metodi "alternativi" che ad oggi sono offrono alcuni vantaggi in termini diagnostici e soprattutto di management terapeutico in caso di sanguinamento massivo. In questo capitolo ci soffermeremo ad analizzare il tromboelastogramma in generale, per poi soffermarci sulle evidenze di una sua utilità nei diversi ambiti clinici.
INTRODUZIONE:
Quando parliamo d’emorragia massiva lo scopo della Medicina Intensiva é quello di arrestare il prima possibile l’emorragia, mantenendo un’adeguata stabilità emodinamica per garantire la perfusione tissutale periferica. Per ottenere questo, é spesso necessario conoscere al meglio lo status della coagulazione nel momento in cui il paziente sanguina, per comprendere il meccanismo fisiopatologico del sanguinamento e poter scegliere una terapia farmacologica il più adeguata possibile per lo stato di coagulopatia del paziente. Diviene pertanto necessario analizzare il problema partendo da quelli che sono i normali meccanismi fisiologici della coagulazione (un breve sunto), come sfruttare "nuove" tecniche diagnostiche e soprattutto come adattare la terapia farmacologica attualmente a disposizione alle singole disfunzioni fisiopatologiche (quest’ultimo argomento sarà trattato separatamente nel prossimo capitolo, si veda il Capitolo 2.10a.4).
FISIOLOGIA:
La coagulazione si compone strutturalmente di 4 fasi logicamente successive e temporalmente contemporanee. Nella prima fase si ha l’emostasi primaria che vede coinvolto l'endotelio, le piastrine ed il vWF (prodotto sia dall’endotelio che dalle piastrine) dove avvengono i primi legami fra le piastrine e l’endotelio attivato grazie alla presenza del vWF. A questo punto segue l’emostasi secondaria che vede la presenza dei fattori della coagulazione; quest’emostasi secondaria nello specifico si compone di una fase di iniziazione dove il TF, il fattore-IX, il fattore X ed il fattore-VIIa iniziano la coagulazione, mentre il fattore-Xa attiva la trombina. A questo segue una fase di amplificazione del segnale generato dalla trombina stessa, che come feedback positivo potenzia la coagulazione tramite il fattore-XIa con l’inizio della cascata coagulatoria. A seguire si ha una fase di propagazione, per cui dall'inizio della cascata coagulatoria il segnale si propaga e si amplifica ulteriormente con formazione di un burst trombinico che porta sia alla trasformazione del fibrinogeno in fibrina che alla stabilizzazione della fibrina tramite il legame con il fattore-XIIIa che forma una rete di fibrina insolubile. Va ricordato che allo stesso tempo la trombina lega ed attiva il TAFI che viene coinvolto nella fibrinogenolisi.
Queste fasi così schematizzate iniziano in sequenza temporale per poi persistere contemporaneamente fino alla persistenza dello stimolo trombogenico. Una lettura della coagulazione in questa direzione appare funzionalmente più utile per meglio comprendere la lettura del tromboelastogramma.
DIAGNOSTICA:
La tromboelastografia é stata sviluppata dal Prof. Hartert ad Heidelberg durante la Seconda Guerra Mondiale, per poi essere utilizzata negli anni ’50 e ’60 ed essere ripresa negli Stati Uniti a partire dalla fine degli anni ’90. Dal 1995 viene creata a Monaco il sistema ROTEM, sistema che possiede quattro canali paralleli per eseguire contemporaneamente le misure necessarie alla tromboelastografia. Negli anni ’90 il sistema TEG (TromboElastoGrafia) viene sostituito dal nome ROTEM (Rotational TrhomboElastroMetry) e tutte le analisi che inizialmente terminavano con il suffisso -TEG vengono rinominate con il suffisso -TEM, dato che si esegue una misura (-metria) del trombo.
Il prelievo di sangue viene messo in una cuvetta con un cilindro al suo interno pronto a ruotare, con lo spazio residuo di circa 1 mm per il sangue; il cilindro ruota in maniera alternata avanti ed indietro fino a quando non viene "rallentato" dalla coagulazione del sangue; pertanto la rotazione del cilindro é inversamente proporzionale alla formazione del coagulo. Un sistema ottico é in grado di leggere questa rotazione e di tradurla graficamente in una curva con alcuni valori standardizzati. I risultati con il ROTEM sono terminati già dopo 13 minuti, ma si può iniziare ad avere una valutazione "in diretta" della formazione del coagulo. Qui di seguito la curva tipica del ROTEM.
Il Clotting Time (CT) é definito come il tempo fra l’aggiunta dell’attivatore e l’inizio della formazione del coagulo; generalmente fornisce informazioni sull’attivazione della coagulazione, sulla formazione della trombina e sull’inizio della polimerizzazione del coagulo. Qualsiasi situazione che coinvolga queste fasi della coagulazione si traduce in un allungamento del CT. Il Clotting Formation Time (CFT) viene definito come il tempo che c’è fra la formazione del coagulo ed il raggiungimento dell’ampiezza del segnale fino a 20 mm; corrisponde alle fasi di amplificazione e propagazione della polimerizzazione di fibrina. Fornisce informazioni sulla polimerizzazione della fibrina, sulla stabilizzazione del coagulo (da parte dei trombociti e del fattore-XIII), pertanto qualsiasi situazione che coinvolga queste fasi della coagulazione si traduce in un allungamento del CFT. Il Maximum Clot Firmness (MCF) viene definito come l’ampiezza massima del coagulo e definisce la qualità e la stabilità del coagulo stesso. Corrisponde alla stabilizzazione del coagulo fra fibrina, piastrine e fattore-XIII, pertanto tutti i meccanismi che alterano queste fasi portano ad una riduzione del MCF. In alcune situazioni si misurano anche l’A15 e l’A30, che valutano l’Amplitudine a 10-30 minuti dopo la fine del CFT, fornendo ulteriori informazioni sulla formazione progressiva del coagulo. Il Maximum Lysis (ML) viene definito come l’ampiezza massima del coagulo misurata in percentuale a 60 minuti dopo il MCF; fornisce informazioni sulla stabilizzazione del coagulo e sulla fibrinolisi. Generalmente deve essere inferiore al 15% a 1 ora dal MCF.
Come abbiamo già detto, tutto questo viene eseguito in 4 canali paralleli, dove in funzione dell’attizzatore che viene inserito nella cuvetta, si analizza una determinata fase della coagulazione, e la denominazione dell’esame appare differente. Nell’EXTEM si misura la coagulazione tramite il TF (Tromboplastina) e si valutano nello specifico i fattori I, II, V, VII, X, i trombociti e la fibrinolisi; dato che anche altri fattori misurano alcuni degli stessi parametri dell’EXTEM, si può dire che nello specifico analizza soprattutto la via estrinseca della coagullazione. Nell’INTEM la coagulazione viene stimolata tramite attivatori da contatto e permette di studiare meglio i fattori I, II, V, VIII, X, XI e XII, i trombociti e la fibrinolisi. Nello specifico é più adatto per controllare l’attività del fattore VIII e la presenza di eparina (valuta la via intrinseca, come l’aPTT). Il FIBTEM misura la polimerizzazione di fibrina dopo l’aggiunta di TF (come l’EXTEM) e citocalasina D che blocca le piastrine, per cui si concentra solamente sulla polimerizzazione del fibrinogeno in fibrina. Nell’APTEM si ha un metodo del tutto simile all’EXTEM ma con l’aggiunta di Aprotinina che permette di bloccare la fibrinolisi in vitro; se confrontato con l’EXTEM permette di valutare se con la correzione della sola fibrinolisi si ha una normalizzazione della coagulazione; come tempi tecnici ha bisogno di 10 minuti dopo l’EXTEM. L’HEPTEM viene attivato come l’INTEM, ma viene aggiunta dell’eparina per poter rimuovere l’eventuale presenza di eparina; se confrontato con l’INTEM permette di valutare se é presente dell’eparina e se la correzione dell’anticoagulazione porta la coagulazione alla normalità. Generalmente si esegue sempre un EXTEM, un INTEM ed un FIBTEM; gli altri esami vengono aggiunti in base ai risultati che la macchina rileva. Qui di seguito inseriamo una tabella con i valori normali di riferimento per i diversi esami e l’impatto prognostico (di rischio di sanguinamento) in base ai diversi valori che vengono riscontrati.
LIMITI:
Il sistema ROTEM appare dotato di enormi potenzialità cliniche, soprattutto come abbiamo appena visto in caso di urgenza e di sanguinamento massivo; é da ricordare che presenta numerosi limiti e che i valori che si riscontrano non devono essere assolutizzati, ma devono essere messi in correlazione con la realtà clinico-anamnestica del paziente.
- il ROTEM non é sensibile all’Aspirina, al Clopidogrel ed al Reopro a dosaggi terapeutici; per cui l’assunzione di tali terapie non viene detettato e bisogna tenerne conto quanto il paziente sanguina e si procede alla sostituzione terapeutica: il ROTEM non riscontra l’attività di questi farmaci che in vivo hanno un’azione importante nel determinismo del sanguinamento.
- il ROTEM non mostra la presenza dela malattia di vonWillebrand, probabilmente perché in vitro l’attività del vWF viene vicariata da altri sistemi, mentre in vivo svolge un ruolo importante anche nella stabilizzazione fra le piastrine e l’endotelio, condizione che in vitro non viene rilevata.
- il ROTEM é sensibile all’uso di Eparina non frazionata, mentre l’uso di altri anticoagulanti come l’Orgaran, il Pentasaccaride, l’Eparina a basso peso molecolare e gli anticoagulanti orali (come il Marcoumar) non sono rilevati. Pertanto accanto al ROTEM per pazienti di cui non si conosce l’anamnesi farmacologica appare sempre utile misurare i classici esami come Quick ed aPTT per il controllo di eventuali anticoagulazioni sistemiche.
L’ultimo limite da ricordare é che il ROTEM é un test in vitro e non in vivo, pertanto quello che si analizza é una coagulazione di laboratorio e non una coagulazione reale. Quando si hanno delle discordanze fra i risultati di laboratorio e clinici bisogna sospettare un problema nella fase preanalitica sia nel prelievo e nella conservazione del campione che nella esecuzione dello stesso. Tutto questo per evitare di assolutizzare un esame che offre dei vantaggi diagnostico-terapeutici ma che non esplica in toto tutta la coagulazione.
ESEMPI PRATICI:
Fino a qua abbiamo parlato della teoria di formazione della coagulazione alla luce del tromboelastogramma e di come questo venga generato; qui ci concentreremo sul fare una serie di esempi pratici per valutare nella realtà clinica quali sono i quadri di laboratorio che ci si trova di fronte e come poterli interpretare. Nel prossimo capitolo discuteremo su come trattare i diversi disordini alla luce dei risultati riscontrati al tromboelastogramma.
CASO 1:
In questo caso si tratta di una coagulazione perfettamente normale come forma e come valori di riferimento sia durante l'attivazione della coagulazione (CT nei limiti), che durante la formazione del coagulo (CFT e MCF nei limiti); anche il FIBTEM parla di un coagulo normale. Pertanto o il paziente non presenta alcuna coagulopatia oppure se il paziente dal punto di vista clinico sanguina, si deve pensare ad uno di quei meccanismi che non vengono rilevati dal ROTEM.
CASO 2:
In questo caso l'attivazione della coagulazione é normale (CT nei limiti), mentre la formazione del coagulo appare alterata (CFT allungato, MCF ridotto) sia nell'EXTEM che nell'INTEM, pertanto é un'alterazione che coinvolge tutta la coagulazione. Il FIBTEM appare notevolmente alterato, pertanto non é sbagliato pensare che sia abbia un deficit importante del fibrinogeno che determini un'alterazione nella formazione del coagulo. Se oltre al deficit di fibrinogeno ci sia un deficit di altri fattori della coagulazione non é possibile vederlo fino a normalizzazione del FIBTEM con persistenza dell'alterazione nell'EXTEM e INTEM.
CASO 3:
In questo caso si vede una normale formazione del coagulo, formazione che non rimane molto nel tempo ma viene velocemente lista in tutte le forme. È facile sospettare la presenza di iperfibrinolisi (primaria o secondaria in base alla velocità di attivazione della lisi rispetto al coagulo, in questo esempio é secondaria), condizione confermata dalla normalizzazione dell'EXTEM quando si esegue l'APTEM.
CASO 4:
In questo caso sia l'INTEM che l'EXTEM sono ai limiti superiori di norma, visivamente si vede il grafico "più allungato" rispetto al solito, senza prova di iperfibrinolisi né di alterazioni nel fibrinogeno. Generalmente un deficit di trombociti può manifestarsi in questa maniera, ma non é detto che il paziente sanguini; anche un'eccessiva diluizione con idratazione IV può generare questi quadri; in caso di sanguinamento importante con questo quadro clinico appare indicata la somministrazione di trombociti, altrimenti si può anche attendere.
CASO 5:
Caso potenzialmente complesso per la presenza di un INTEM ed un EXTEM normale, mentre il FIBTEM appare anormale per un MCF decisamente aumentato; se il prelievo é stato ben eseguito e l'esame si conferma tale, può essere una iperfibrinogemia (aumento del fibrinogeno). Il problema é che questa condizione può mascherare per un certo tempo una condizione di trombocitopenia, pertanto appare necessario eseguire un emocromo per ottenere un valore di trombociti.
CASO 6:
Si tratta di una condizione più realistica, dove ci si trova di fronte a meccanismi combinati; da un lato si assiste ad una iperfibrinolisi, come si riscontra dal ML accelerato sia nell'INTEM che nell'EXTEM, condizione che torna normale nel'APTEM. Oltre a questo, si deve notare come il FIBTEM sia assente, condizione che parla anche per un deficit di fibrinogeno e l'APTEM non é completamente normale ma con tempi allungati, condizione che può essere spiegata sempre dal deficit di fibrinogeno ma anche da un problema piastrinico.
CASO 7:
In questo quadro si nota come l'EXTEM ed il FIBTEM siano normali, mentre l'INTEM risulta completamente assente; all'esecuzione dell'HEPTEM il quadro laboratoristico ritorna nei limiti. Questa é una tipica condizione di anticoagulazione con eparina, dove il blocco della stessa porta a normalizzazione dei valori del ROTEM.
CASO 8:
Caso tipico di errore di misurazione; nonostante si sia raggiunto un MCF il coagulo continua ad aumentare. La macchina segnala prontamente l'errore che generalmente é dovuto alla tendenza a formare coaguli con il cilindro della macchina, a volte per una superficie non completamente pulita oppure per una cuvetta non adeguata (che bisogna sostituire). Si deve eseguire nuovamente l'esame.
Nei prossimi capitoli parleremo dei diversi emoderivati e vedremo anche come il ROTEM sia in grado di indicare l'utilizzo di uno o più fattori della coagulazione, così come l'efficacia clinica nella riduzione dei costi e nella scelta più mirata della terapia in caso di sanguinamento. A seguire parleremo delle diverse patologie mostrando come il tromboelastogramma stia accumulando evidenze anche in termini prognostici sia per la coagulopatia da trauma, che in caso di shock settico, di emorragia massiva, ecc... divenendo sempre più un elemento chiave nella diagnosi e nella stratificazione prognostica del paziente in ICU.
REFERENCES:
1. Shore-Lesserson L, Manspeizer HE, DePerio M, et al. Thromboelastography-guided transfusion algorithm reduces transfusions in complex cardiac surgery. Anesth Analg 1999; 88:312.
2. Kang Y. Thromboelastography in liver transplantation. Semin Thromb Hemost 1995; 21 Suppl 4:34.
3. Jeger V, Zimmermann H, Exadaktylos AK. Can RapidTEG accelerate the search for coagulopathies in the patient with multiple injuries? J Trauma 2009; 66:1253.
4. Cotton BA, Faz G, Hatch QM, et al. Rapid thrombelastography delivers real-time results that predict transfusion within 1 hour of admission. J Trauma 2011; 71:407.
5. Schreiber MA, Differding J, Thorborg P, et al. Hypercoagulability is most prevalent early after injury and in female patients. J Trauma 2005; 58:475.
6. Levrat A, Gros A, Rugeri L, et al. Evaluation of rotation thrombelastography for the diagnosis of hyperfibrinolysis in trauma patients. Br J Anaesth 2008; 100:792.
7. Kaufmann CR, Dwyer KM, Crews JD, et al. Usefulness of thrombelastography in assessment of trauma patient coagulation. J Trauma 1997; 42:716.
8. Park MS, Martini WZ, Dubick MA, et al. Thromboelastography as a better indicator of hypercoagulable state after injury than prothrombin time or activated partial thromboplastin time. J Trauma 2009; 67:266.
9. Carroll RC, Craft RM, Langdon RJ, et al. Early evaluation of acute traumatic coagulopathy by thrombelastography. Transl Res 2009; 154:34.
10. Schöchl H, Frietsch T, Pavelka M, Jámbor C. Hyperfibrinolysis after major trauma: differential diagnosis of lysis patterns and prognostic value of thrombelastometry. J Trauma 2009; 67:125.
11. Theusinger OM, Wanner GA, Emmert MY, et al. Hyperfibrinolysis diagnosed by rotational thromboelastometry (ROTEM) is associated with higher mortality in patients with severe trauma. Anesth Analg 2011; 113:1003.
12. Tauber H, Innerhofer P, Breitkopf R, et al. Prevalence and impact of abnormal ROTEM assays in severe blunt trauma: results of the 'Diagnosis and Treatment of Trauma-Induced Coagulopathy (DIA-TRE-TIC) study'.Br J Anaesth 2011; 107:378.
13. Rugeri L, Levrat A, David JS, et al. Diagnosis of early coagulation abnormalities in trauma patients by rotation thrombelastography. J Thromb Haemost 2007; 5:289.
14. Hiippala ST, Myllylä GJ, Vahtera EM. Hemostatic factors and replacement of major blood loss with plasma-poor red cell concentrates. Anesth Analg 1995; 81:360.
14. Hiippala ST, Myllylä GJ, Vahtera EM. Hemostatic factors and replacement of major blood loss with plasma-poor red cell concentrates. Anesth Analg 1995; 81:360.
0 Response to "Tromboelastogramma - ROTEM (Capitolo 2.10a.3)"
Posting Komentar