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Meccanismi dell'ipossia - shunt (Capitolo 3.1.5)



Un altro dei meccanismi possibili che posso generare ipossia é lo shunt, vale a dire un by-pass dell’ossigenazione per il passaggio fra la piccola e la grande circolazione di una quota di sangue che non prende assolutamente parte agli scambi gassosi. Se dal punto di vista della fisiopatologia questo meccanismo é uno dei due estremi dell’alterazione del rapporto V/Q di cui abbiamo già parlato (si veda il capitolo precedente, Capitolo 3.1.4) ed é decisamente di più facile comprensione clinica rispetto al meccanismo precedente, vedremo come nella pratica clinica questo può occorrere in maniera isolata e/o associato ad altre patologie, prime fra tutte l’alterazione del rapporto V/Q, divenendo pertanto difficile da diagnosticare e/o trattare.




Abbiamo visto come l’ossigeno presente nell’aria abbia una determinata pressione parziale e come questa man mano che entra nel corpo vada progressivamente riducendosi (si veda la figura) quando entra nell’alveolo (si rimanda all’equazione alveolare dei gas per la motivazione), quando entra nel capillare (si rimanda al concetto di diffusione e di alterazioni dell’Hb di cui abbiamo trattato negli appositi capitoli, Capitolo 3.1.2 e Capitolo 3.1.3) e poi quando arriva nei tessuti. Qualora ci sia del sangue che esegue uno shunt (cioè supera il passaggio nei polmoni senza prendere parte agli scambi gassosi, le sue basse concentrazioni di ossigeno porteranno ad un abbassamento delle pressioni parziali di ossigeno nel sangue a cui va a mescolarsi. Questo meccanismo, come poi vedremo, può essere presente sia a livello polmonare che a livello cardiaco.





Prendiamo l’esempio della figura dove si ha un flusso di sangue totale QT con delle concentrazioni venose di ossigeno (CVO2), una quantità di sangue che esegue lo shunt (QS), delle concentrazioni di ossigeno CC’O2 al termine dei capillari pre-shunt e delle concentrazioni totali post-shunt (CaO2). In questo caso é possibile arrivare alla forma in grado di quantificare lo shunt pari a:

QS/QT = (CC’O- CaO2)/(CC’O- CVO2)




Pertanto maggiore é la quota di shunt sul flusso di sangue totale, maggiore é la differenza che intercorre fra l’ossigenazione al termine dei capillari «sani» e quella del sangue totale. Si veda sempre la figura per meglio comprendere la formula sopra elencata. A livello pratico vale la regola che, partendo dall’atrio destro e seguendo la piccola circolazione, più precoce é lo shunt e maggiore é la quantità di sangue che può eseguire tale shunt; ancora, maggiori sono le dimensioni del foro di comunicazione fra i due sistemi e maggiore é lo shunt, così come maggiore é la differenza di pressione, maggiore é l’entità dello shunt. L’equilibrio fra i tre fattori (prossimità al cuore, dimensioni dello shunt e differenza pressoria) determina lo shunt.

Una delle caratteristiche tipiche dello shunt é che non risponde all’aumento di ossigeno, in quanto la quota di sangue che esegue lo shunt non partecipa per nulla agli scambi gassosi. E ancora, la quota di sangue che vi partecipa vede una saturazione d’Hb prossima al 100% e l’aumento della PAO2 ha il solo scopo di aumentare lievemente la PaO2, con un minimo aumento delle concentrazioni totali di ossigeno e/o di saturazione dell’Hb. Può suggerire la presenza du shunt proprio la resistenza all’aumento di ossigeno che si osserva clinicamente.




Un altro fattore da ricordarsi é che nello «shunt puro» non esistono problemi di pCO2, anche se il sangue che esegue lo shunt é ricco di CO2, in quanto i chemocettori arteriosi percepiscono l’aumento di pCO2 arteriosa e generano di riflesso un aumento della ventilazione per poter meglio controllare l’eliminazione di CO2. Sfortunatamente, questo meccanismo non é tale da poter nettamente migliorare l’ossigenazione, soprattutto in caso di shunt importanti.


SHUNT ISOLATO:
Uno dei meccanismi più frequenti in ICU di shunt polmonare si ha quando si incontra un’atelettasia a livello polmonare; che sia da compressione estrinseca, da un tappo di catarro, come conseguenza di una vaso costrizione ipossica, ecc… la comparsa di atelettasia genera una zona di polmone perfusa ma non ventilata, dove V/Q in certe regioni é pari a 0 e dove pertanto si genera uno shunt. Il sospetto clinico appare come detto per la scarsa/nulla risposta all’aumento di FiO2 (risposta dipendente anche dall’entità dello shunt) ed eventualmente dal riscontro radiologico di atelettasie. 

Qualora si sospettino o siano certe (e soprattutto soppesando rischi/benefici clinici), la terapia si basa sul rimuovere la fonte della compressione estrinseca e/o dell’occlusione. Questo significa eseguire il drenaggio di eventuali versamenti pleurici, ridurre/rimuovere l’aumento di pressione intraaddominale eventualmente con miglioramento della postura del paziente, rimuovere l’eccesso di liquidi che facilita la formazione di versamenti, rimuovere i tappi di catarro e/o fluidificare le secrezioni, evitare l’tubazioni selettive, aumentare la pressione intra-alveolare di fine espirazione (PEEP per reclutare gli alveoli, si veda il capitolo apposito dedicato alla PEEP nel sistema respiratorio, Capitolo 3.4.3). Il feedback positivo generalmente porta ad un netto miglioramento dell’ossigenazione che, differentemente da prima, avviene molto rapidamente rispetto a prima.

In caso di ipossiemia non spiegata suggestiva per uno shunt, é necessario anche escludere la presenza di shunt cardiaci tramite l'utilizzo dell'ecocardiografia per individuare soprattutto la presenza della pervietà del formae ovale (PFO). Negli anni passati si é dimostrata una attenzione sempre più crescente per tale condizione clinica sia per quello che riguarda lo studio dello sviluppo del sistema cardiocircolatorio fetale/embrionale, sia per l'associazione con patologie quali la cefalea (si pensa per il passaggio di sostanze ad azione vasoattiva come il VIP che non vengono filtrate dal polmone ma arrivano direttamente a livello cerebrale), sia per quello che riguarda gli stroke criptogenici, in particolare nella popolazione prima dei 50 anni. Gli shunt destro-sinistri possono presentarsi con l'emodinamica classica, anche se spesso la loro manifestazione é parossistica con l'incremento delle pressioni delle camere destre (tosse, manovra di Valsalva, incremento della PEEP). Studi autoptici hanno dimostrato un netto incremento della prevalenza clinica della malattia (29-35%) che spesso rimane asintomatica. Le dimensioni medie del PFO si aggirano fra 1-19 mm, con una mediana di 4.9 mm. La diagnosi si sospetta con il riscontro con l'ecografia TT che permette di sospettare a buon ragione la presenza un PFO tramite il micro-bubble test (vedi oltre); la conferma diagnostica si ha con analisi transesofageale.

  • Analisi B-mode: é importante eseguire un'analisi in B-mode per poter meglio studiare l'anatomia ecografica del setto inter-atriale, la valvola di Eustachio, la rete di Chari ed i due atrii. In posizione medio-esofagea bicavale é possibile notare l'assenza del segnale fra i due atrii quando il setto é perpendicolare al segnale ecografico; generalmente é un segno che indica un deficit morfologicamente importante se viene visualizzato tramite ecografia. Le finestre preferite sono la medio-esofagea 4 camere per poter meglio dimostrare i difetti di tipo ostium primum ed ostium secundum, la medio-esofagea bicavale per i difetti del seno venoso ed anatomie delle vene polmonari e la medio-esofagea asse corto aortico. Bisogna porre particolare attenzione alle anomalie morfologiche perché é possibile - soprattutto per difetti di piccola entità - che il segnale morfologico appaia come normale o, viceversa, che sembri esserci un difetto inter-atriale che poi non si riscontra alle analisi aggiuntive.
  • Analisi color-Doppler: tramite ecocardiografia TE le finestre acustiche preferite sono la medio-esofagea bicavale e la medio-esofagea 4 camere, che permettono di analizzare il setto inter-striale nelle due dimensioni principali. Tramite Color-Doppler e sensibilizzazione del limite di Nyqvist si dimostra la presenza di un flusso trans-settale atriale; generalmente si riscontra uno shunt sinistro-destro a bassa velocità (circa 1-1.5 m/sec) dalla medio-sistole alla medio-diastole, con una seconda fase ad alta velocità durante la sistole atriale. Eseguire il calcolo dello shunt (con la formula vista precedentemente) non é necessario. È evidente che la presenza di dilatazione delle camere destre può essere segno di un sovraccarico volemico importante.
  • Ecografia con contrasto: si tratta di un'ecografia dove si provoca un aumento del contrasto fra le camere destre e sinistre tramite la formazione di microbolle (micro-bubble test) che si generano miscelando ad alta velocità della soluzione salina poco prima di iniettarla IV. Queste microbolle sono sufficienti per essere rilevate nelle camere destre e venire poi "arrestate" a livello dei capillari polmonari. Generalmente l'iniezione di 5-10 ml di NaCl 0.9% preventivamente agitato permette di rilevare il contrasto nelle camere destre e, entro 3-5 battiti (in base al devices venoso in cui viene iniettato il contrasto) si valuta se si ha un'opacizzazione delle camere sinistre che si definisce positiva se si hanno più di 3 microbolle. Il test viene eseguito in condizioni basali ma anche con manovre atte ad aumentare le pressioni nelle camere destre.





SHUNT ASSOCIATO:
I meccanismi di shunt possono essere isolati o anche associati ad altre condizioni patologiche che, in vivo, sono spesso legate fra di loro e secondarie a meccanismi di compenso e/o a trattamenti terapeutici di tipo farmacologico (ossigeno, vasodilatatori, broncodilatatori, ecc…). La somministrazione di ossigeno al 100% é in grado di generare shunt perché l’eccessiva ossigenazione genera radicali liberi in grado di danneggiare il polmone; l’eccessiva ossigenazione viene percepita a livello di chemocettori locali che inducono o una vasocostrizione ipossica con lo scopo di riequilibrare l’ossigenazione del sangue oppure in una atelettasia compensatoria. In caso di atelettasia, si generano degli shunt intrapolmonari spontanei; in questi casi solamente l’uso di pressioni aumentate (PEEP) é in grado di reclutare gli alveoli ed evitare la comparsa di tali atelettasie.

VASOCOSTRIZIONE IPOSSICA POLMONARE:
Nella vita fetale il letto vascolare polmonare presenta alte resistenze al flusso di sangue; di conseguenza il sangue ossigenato che arriva dalla placenta viene deviato dai polmoni non ventilati al corpo attraverso il formae ovale ed il dotto arterioso. Alla nascita, quando i polmoni si espandono come conseguenza dell’ingresso dell’aria, si ha una caduta delle resistenze vascolari polmonari, con vasodilatazione polmonare diffusa e progressiva chiusura del dotto arterioso e del formae ovale.



Subito dopo la nascita, il meccanismo di vasocostrizione ipossica appare essere un meccanismo importante, perché permette di ridurre la perfusione là dove il polmone non é adeguatamente ventilato, con lo scopo di ridurre le aree di shunt e migliorare il rapporto ventilo/perfusorio. Se questo meccanismo viene inibito, si ha una caduta importante di ossigenazione. L’endotelio produce sostanze vasodilatatorie come l’ossido nitrico (NO) e le prostacicline, ma anche sostanze ad azione vasocostrittiva come l’endoteline ed il trombossano A2. Queste molecole sono in grado di modulare la vasocostrizione ipossica assieme alla muscolatura liscia dei piccoli vasi polmonari; la muscolatura liscia viene controllata mediante l’ipossia che provoca una inibizione delle correnti esogene di potassio, che generalmente provocano una depolarizzazione della membrana e conseguente entrata di calcio intracellulare tramite i canali L-type. L’inibizione delle correnti di potassio é correlata all’entità dell’ipossia ed é maggiore nelle piccole arterie di resistenza (diametro inferiore ai 500 um). Il dato ancora più interessante é che con lo sviluppo fetale prima, neonatale e dell’adulto poi, si ha un cambiamento nell’espressione genica della tipologia di canali del potassio (prendono un numero progressivo sulla base dell’ordine cronologico con cui sono stati scoperti), con conseguente variazione nella sensibilità all’ipossia. In particolare il canale K1.5 é responsabile del meccanismo di vasocostrizione ipossica, mentre i canali K2.1 e K3.1b sono sensibili alle variazioni di pH. Dato che la depolarizzazione attiva di conseguenza gli L-Type channel voltage-gated, l’uso di calcio-antagonisti  periferici (come la Nifedipina) si é dimostrato in grado di controllare il grado di vasocostrizione ipossica.






In caso di BPCO/ARDS, oltre all’eccessivo utilizzo di ossigeno, che può scatenare tali problemi (atelettasie da riassorbimento, vasocostrizione ipossica) si possono utilizzare farmaci che mostrano un effetto broncodilatatore (con il rischio di disaccoppiare il rapporto V/Q già alterato ma equilibrato nei pazienti con BPCO e/o utilizzare alti flussi generando uno share stress eccessivo a livello bronchiale, con il rischio di provocare una broncocostrizione ed aumentare l’effetto shunt) o un effetto vasodilatatore, con il rischio di aprire strutture vascolari chiuse per compensare e migliorare il rapporto V/Q (pertanto generando shunt in aree non ventilate) e/o aprire shunt vascolari pre-esistenti, pertanto aggravando l’ossigenazione del paziente. Ancora, una cattiva ventilazione, con generazione di aree che vanno incontro a spazio morto, portano a vasocostrizione ipossica con redistribuzione del sangue magari in aree di shunt pre-esistenti; l’aumento della quota di sangue nelle aree di shunt porta ad un aumento dell’effetto shunt, con conseguente peggioramento dell’ipossiemia.




L’uso di alti valori di PEEP e bassi Tidal Volume (metodica preferenziale per la gestione/prevenzione dell’ARDS e/o dei danni polmonari) può comunque generare un’ipercapnia compensatoria che può a sua volta generare una vasocostrizione ipossica con peggioramento del rapporto V/Q che in alcune aree può portare ad effetto shunt. Tali alterazioni nella pratica clinica quotidiana non imprevedibili ed a livello di studio possono essere detestati in maniera macroscopica tramite esecuzione di scanner ventilo/perfusori e/o con misurazione seriale delle saturazioni in tutta la piccola circolazione per poter rilevare la sede/l’entità dello shunt.


CONCLUSIONI:
Parlare di shunt é un concetto fisiopatologico relativamente semplice e di facile comprensione, anche se nella pratica clinica questo meccanismo é estremamente frequente e, soprattutto, difficile da riscontrare nei quadri clinici più complessi dove questo meccanismo si aggiunge a tanti altri meccanismi. Lo scopo della clinica é quello di eseguire una gasometria, una radiografia del torace standard (in alcuni casi una TC-torace) ed eventualmente un’ecocardiografia TT/TE con lo scopo di determinare la presenza/co-presenza di tale condizione patologica per poter procedere con il trattamento fisiopatologico ed eziologico. Questo breve excursus sull’effetto shunt verrà approfondito negli appositi capitoli di patologia che vedremo in seguito.

(continua...)

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