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Omeostasi dell'acqua - introduzione (Capitolo 5.1.0-1)




L’omeostasi dell’acqua é governato da un meccanismo a feedback estremamente sensibile che coinvolge l’ipotalamo, la neuroipofisi ed il rene. In questo capitolo introduttivo andremo a parlare di quelli che sono i meccanismi fisiologici e fisiopatologici del controllo dell'acqua, per poi concentrarci sulle patologie che sono generate e legate al disfunzionamento di tale asse (principalmente il diabete insipido e la SIADH).



FISIOPATOLOGIA:
Gli osmocettori presenti nell’ipotalamo sono sensibili all’aumento dell’osmolarità plasmatica (che generalmente é attorno a 280 mOsm/Kg) con attivazione di canali del calcio in funzione all’aumento dell’osmolarità stessa. Quando i valori superano 290-295 mOsm/Kg si raggiunge il valore soglia con rilascio dell’ormone vasopressina da parte dei terminali neurogeni presenti nella neuro-ipofisi ed attivazione del senso della sete. La vasopressina agisce sul rene tramite appositi recettori (recettori V) che riducono la perdita dell’acqua tramite ri-assorbimento dell’acqua della pre-urina. Esiste pertanto la possibilità di separare e controllare il riassorbimento dei singoli soluti (sodio compreso) e dell’acqua.



Il riassorbimento dell’acqua é funzionale per poter ridurre le concentrazioni di osmolarità plasmatica, riducendo pertanto le concentrazioni di vasopressina e la sete; il meccanismo pertanto é continuamente sottoposto a feedback positivo/negativo, che ruota attorno al setting stabilito dai recettori dell’osmolarità.



ARGININA-VASOPRESSINA (AVP):
Il gene che codifica l’AVP é espresso nei neuroni dei nuclei sopraottici e dei nuclei paraventricolari dell’ipotalamo; viene prodotto un neuropeptide che viene cleavato in maniera differente per creare la vasopressina oppure l’ossitocina (struttura inizialmente analoga fra i due neuropeptidi). Dopo la sua secrezione a livello neuroipofisario, l’AVP viene portato fino al rene, dove esercita la sua funzione tramite appositi recettori, in particolare il recettore V2 (Gs-protein ciclasi) posto sull’epitelio delle cellule renali e sulle cellule del neurone dall’ansa di Henle ascendente fino al dotto collettore, ed il recettore V1a che si trova soprattutto nella midollare renale e che controlla gli effetti dell’AVP sul flusso renale locale.

  • Ansa di Henle: a questo livello si ha stimolazione del co-transportatore Na/K/Cl tale da permettere il passaggio selettivo di soluti nella midollare del rene e generare un adeguato meccanismo di concentrazione controcorrente, garantendo pertanto un adeguato gradiente osmotico per il successivo riassorbimento di acqua. L’azione della AVP si esplica sia tramite aumento dell’esocitosi sul versante luminale della cellula, sia tramite un aumento dell’espressione genica nella cellule stessa.
  • Tubulo contorto distale: l’AVP svolge la sua azione anche a livello del tubulo contorto distale tramite coinvolgimento del co-trasportatore sodio/cloro sensibile ai tiazidici, permettendo un aumento del riassorbimento dei soluti e aumentando il gradiente di concentrazione osmolare nella midollare renale. Anche in questo caso agisce sia a livello genico che a livello di aumentato trasporto sulla superficie cellulare delle proteine.
  • Dotto collettore: nel 1990 sono stati identificati dei canali selettivi dell’acqua presenti soprattutto nelle cellule del dotto collettore, e che hanno preso il nome di acquoporine (ACQ). Ad oggi sono state scoperte 4 tipologie differenti di acquoporine, ma l’elemento da ritenere é che con l’arrivo dell’AVP a livello dei dotti collettori (dove, ricordiamo, l’AVP ha agito facilitando la formazione del gradiente di concentrazione controcorrente e ha diluito notevolmente la pre-urina) si ha un aumento dell’espressione genica e della traslazione sulla superficie endoluminale delle ACQ, permettendo all’acqua contenuta nella pre-urina di essere riassorbita.




Tutto questo meccanismo é fatto in misura tale da generare un aumento del riassorbimento di acqua, così da diluire notevolmente la pre-urina, generare un gradiente di osmolarità elevato (e comunque mantenere tale gradiente) facilitando il riassorbimento di acqua. Sono stati trovate delle varianti genetiche di danni a livello delle ACQ responsabili di forme congenite di diabete insipido nefrogenico.



ANTAGONISTI DELLA VASOPRESSINA:
Sono così chiamati un relativamente nuovo gruppo di farmaci che si é sviluppato per bloccare l'azione della vasopressina sia in caso di sindrome patologica da eccessiva secrezione (SIADH) che per poter eventualmente trattare patologie con iponatremia. Storicamente, grazie all'individuazione dei recettori della vasopressina, in particolare V1a (presente nel fegato, nella muscolatura liscia, nel miocardio, nel cervello e nelle piastrine) e V2 (presente soprattutto nella membrana baso-laterale delle cellule del dotto collettore renale) sono stati sviluppati una serie di farmaci antagonisti dell'azione della vasopressina, sfruttando proprio la selettività d'azione di tale molecola per i propri recettori. Si tratta soprattutto del Tolvaptan e Conivaptan.




Tramite studio 3D della loro azione é stato compreso come questi farmaci penetrino nel recettore a livello trans-membrana, alterando la conformazione del sito in cui generalmente si lega la vasopressina, impedendo il legame del farmaco con il recettore. Questo blocca a valle l'azione della vasopressina, con riduzione dell'espressione di acquoporine e riduzione dell'assorbimento di acqua, con conseguente aumento della diuresi ed aumento della natremia (circa 5-6 mmol/l per 30 mg di Tolvaptan).



La differenza fra i due farmaci é soprattutto nella farmacocinetica e nella farmacodinamica; Conivaptan é due volte più potente sui recettori V1, ma Tolvaptan é 2.5 volte più potente sui recettori V2; il rapporto d'azione fra i due recettori é pertanto maggiore con il Tolvaptan che con il Conivaptan, rendendo Tolvaptan un farmaco più selettivo a livello renale. Dal punto di vista dell'emivita, é abbastanza sovrapponibile fra le 6-10 ore, con un picco d'azione dopo 1-2 ore dalla somministrazione; ancora, entrambi i farmaci sono legati alle proteine plasmatiche e sono metabolizzati nel fegato (citocromo P450). Alcuni studi recenti (in particolare SALT1 e SALT2) hanno analizzato l'azione e la durata dell'effetto di questi farmaci; la somministrazione di Tolvaptan 30 mg ha portato ad un aumento della natremia di 3.6 mmol/l a 4 giorni e di 4.4 mmol/l a 30 giorni ed anche numerosi altri studi randomizzati mostrano risultati sovrapponibili (fra 3-6 mmol/l dopo 3-4 giorni di somministrazione). I pazienti su cui sono stati studiati questi farmaci presentava una iponatremia lieve o moderata ed erano sintomatici/paucisintomatici.

È da ricordare che l'effetto dell'acqua libera non ha molti effetti in pazienti con iponatremia severa e sintomi neurologici; questi pazienti piuttosto hanno bisogno di ridurre l'acqua cerebrale somministrando soluzione salina ipertonica (NaCl 7.5%), dato che l'effetto dei farmaci é estremamente lento. Ad oggi un panel di esperti consiglia l'utilizzo di questi farmaci in caso di iponatremia euvolemica/ipervolemica di grado lieve-moderato, senza sintomi neurologici né epatopatie, anche se le linee guida europee al momento non prevedono ancora l'utilizzo standard di questi farmaci, che rimangono attualmente di 3-4 linea di terapia, qualora le terapie farmacologiche "classiche" non mostrino alcuni beneficio.

Bisogna inoltre ricordarsi che circa il 15% dei pazienti che assume questi farmaci presenta una sorta di "resistenza" agli antagonisti della vasopressina, soprattutto riconducibili a quattro differenti ragioni:

  • Alte concentrazioni di vasopressina: molti pazienti con iponatremia normo/ipervolemica presentano livelli di vasopressina elevati (1-10 pg/ml) che rendono inefficace il blocco recettoriale da parte dei farmaci antagonisti. Non é stato studiato se un aumento della dose possa portare a beneficio clinico in questi pazienti.
  • Iponatremia da meccanismi indipendenti: un buon gruppo di pazienti con iponatremia nei pazienti cirrotici (studio SALT) ha dimostrato non rispondere agli inibitori probabilmente per la presenza di altri meccanismi indipendenti dalla vasopressina, soprattutto in pazienti con scompenso cardiaco e cirrosi epatica concomitante.
  • Polidipsia concomitante: se il quantitativo d'acqua che si ingerisce é maggiore di quello che viene eliminato, i valori di natremia non si modificano di quanto aspettato. Bisogna pertanto agire sulle cause che portano alla polidispia (psicogene, abitudini, ecc...) per poter avere l'effetto desiderato da parte dei farmaci; similmente in ICU bisogna ridurre la somministrazione di sostanze ad azione iponatremica.
  • SIADH renale: la presenza di una mutazione sul recettore V2 può portare ad iponatremia associata ad SIADH renale, condizione che rende il paziente resistente alla somministrazione degli inibitori della vasopressina.


Lo sviluppo di questi nuovi farmaci apre prospettive interessanti per la gestione dell'iponatremia associata ad ipervolemia ed imbibizione tissutale, con la possibilità teorica di facilitare il controllo del bilancio idrico e della natremia del paziente. Lo sviluppo relativamente recente deve porre ancora parecchia cautela prima dell'utilizzo clinico, riservando al momento l'uso di questi farmaci come terapia di 3-4 linea quando le terapie standard risultano insoddisfacenti.

(continua...)

REFERENCES:
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