EZIOPATOGENESI:
La valvola mitrale si definisce stenotica quando l’apertura dei lembi è ridotta, l’area valvolare è diminuita e compare un gradiente di pressione tra atrio e ventricolo sinistro; la stenosi mitralica nell’adulto è dovuta ad un’unica causa: gli esiti della malattia reumatica. La malattia è molto più frequente nel sesso femminile e come vedremo questo comporta importanti riflessi per la gravidanza; la profilassi della malattia reumatica ha molto diminuito la prevalenza della stenosi mitralica che è diventata oggi la più rara tra le malattie valvolari del cuore sinistro, mentre rimane ancora frequente nei gruppi di popolazione arretrati dal punto di vista sanitario.
La stenosi mitralica comporta un’ostruzione al riempimento diastolico del ventricolo sinistro; una maggiore quantità di sangue rimane nell’atrio sinistro al termine della diastole. Si crea quindi un gradiente diastolico tra atrio e ventricolo sinistro.
La maggior parte dei pazienti con stenosi mitralica ricorda una storia di malattia reumatica nell’infanzia. L’evoluzione della malattia è variabile: in molti casi è lenta, nell’ambito di decenni. In altri è rapida: la stenosi diventa severa e compaiono sintomi invalidanti già nella seconda-terza decade di vita. I sintomi sono espressione della gravità della malattia, non come avviene per altre valvulopatie della disfunzione ventricolare.
La dispnea è causata dalla fatica dei muscoli respiratori dovuta alla congestione ed all’aumento della pressione polmonare. L’insorgenza e la gravità della dispnea sono correlati alla gravità della stenosi mitralica ed alla compliance dell’atrio sinistro. La dispnea è inoltre innescata o peggiorata da tutti i fattori che aumentano la frequenza cardiaca come lo sforzo, le emozioni, l’attività sessuale, le infezioni etc.. dato che la tachicardia riduce il tempo di riempimento diastolico e peggiora la congestione polmonare. La gravità della dispnea viene comunemente classificata in 4 classi NYHA (New York Heart Association).
La dilatazione progressiva dell’atrio sinistro, associata agli esiti fibrotici della cardite reumatica, favorisce la formazione di circuiti di rientro che innescano extrasistoli atriali o più frequentemente la fibrillazione atriale. La fibrillazione si manifesta con improvvise palpitazioni e spesso con un rapido peggioramento della dispnea che può evolvere fino all’edema polmonare acuto. In alcuni casi il sintomo d’esordio della fibrillazione atriale è un episodio tromboembolico (cerebrale o periferico). Il peggioramento della dispnea o l’edema polmonare è causato dall’improvviso aumento della congestione polmonare dovuto alla perdita della pompa atriale, fondamentale nella stenosi mitralica, ed alla riduzione del tempo di riempimento diastolico dovuto all’elevata risposta ventricolare. La fibrillazione all’inizio si manifesta sporadicamente e si risolve spontaneamente (forma parossistica) nel giro di 24-48 h oppure dopo adeguata terapia (forma persistente); in seguito si cronicizza (forma permanente).
La stasi di sangue secondaria alla perdita della pompa atriale dovuta alla fibrillazione atriale innesca la formazione di trombi, soprattutto nella auricola sinistra, zona già normalmente a bassa velocità. I trombi possono embolizzare, soprattutto ma non solo durante il ripristino del ritmo sinusale, ed andare ad occludere arterie cerebrali provocando ictus o più raramente le iliache o le femorali (embolia all’arto inferiore), le coronarie (infarto o angina), le renali (ipertensione) ecc. Circa il 20% dei pazienti con evento cerebrale muore e circa il 30% dei sopravvissuti soffre di un’invalidità permanente. Non sempre è presente una correlazione tra fenomeni tromboembolici e gravità della stenosi mitralica.
L’ipertensione polmonare nelle prime fasi della malattia è dovuta alla congestione venosa ed alla vasocostrizione arteriolare polmonare ed è quindi reversibile con l’intervento sulla valvola. Nelle fasi più avanzate presenta anche una componente, più o meno importante, di danno anatomico, la malattia vascolare polmonare, che incomincia ad essere meno reversibile con l’intervento. L’ipertensione polmonare si manifesta clinicamente con la dispnea ed a volte con l’emottisi dovuta alla rottura dei capillari polmonari sotto pressione.
In assenza di un trattamento la malattia tende ad evolvere negli anni verso lo scompenso destro; l’ipertensione polmonare è mal tollerata dal ventricolo destro che per sua struttura anatomo-morfologica è una pompa di volume non di pressione. Il ventricolo destro inizialmente si ipertrofizza poi si dilata, compare l’insufficienza tricuspidale da dilatazione dell’anulus; al sovraccarico di pressione si aggiunge il sovraccarico di volume ed il cuore destro si scompensa. Il paziente incomincia a manifestare astenia, anoressia; compaiono gli edemi declivi, il turgore giugulare e l’ascite. A causa della stasi venosa splancnica si manifesta insufficienza epatica e renale associate ad un quadro di malassorbimento fino alla cachessia terminale.
Non raramente il sospetto diagnostico di stenosi mitralica viene posto solo guardando in faccia il paziente; la facies mitralica tipica è caratterizzata dal rossore delle gote accompagnato dalla cianosi delle labbra. Nelle fasi iniziali della malattia l’auscultazione rivela: a) un primo tono accentuato; b) uno schiocco di apertura della mitrale (opening snap); c) un rullio diastolico.
La rigidità annulla la capacità di vibrare dei lembi, quindi vanno perdute le caratteristiche armoniche che davano luogo ai reperti auscultatori. Al termine della raccolta anamnestica e dell’esame obbiettivo si arriva a sospettare la presenza di una stenosi mitralica ed a quantificare la gravità. Per confermare la diagnosi e stabilire cosa fare si richiede l’ecocardiogramma.
L’ecocardiografia ha molto limitato l’uso della radiografia del torace per la diagnosi di stenosi mitralica. Le alterazioni tipiche della valvulopatia sono: una dilatazione degli ili polmonari, la dilatazione dell’atrio sinistro (con cambio nell’angolo della carena polmonare), la presenza di congestione vascolare polmonare ed un ventricolo sinistro di dimensioni normali. La presenza di congestione venosa polmonare è espressione di una stenosi severa, mentre la dilatazione dei rami dell’arteria polmonare con riduzione del flusso in periferia è segno di severa ipertensione polmonare.
Nelle fasi iniziali della malattia l’elettrocardiogramma mostra i segni della dilatazione atriale sinistra; con il progredire della malattia compare la fibrillazione atriale. La presenza del blocco di branca destro si associa con l’ipertensione polmonare; un’onda R in V1-V2 superiore all’onda S sta a significare un’ipertensione polmonare severa (superiore a 50 mmHg).
Le informazioni necessarie nella valutazione dei pazienti con stenosi mitralica sono: a) la diagnosi di stenosi mitralica nei confronti di altre cause di soffio cardiaco, b) la quantificazione della severità (che fornisce informazioni sul timing dei controlli e sull’opportunità dell’intervento), c) la valutazione morfologica della valvola (che fornisce informazioni sulla tipologia di intervento che va dalla valvuloplastica percutanea con palloncino alla commissurotomia chirurgica fino alla sostituzione valvolare), d) l’individuazione di complicanze come la dilatazione atriale, l’ipertensione polmonare, l’interessamento del cuore destro (che forniscono informazioni in merito al rischio operatorio ed alla prognosi a distanza), la presenza di malattie valvolari associate, in particolare l’insufficienza tricuspidale (che fornisce informazioni sulla necessità e sulla tipologia di intervento associato).
La diagnosi ecocardiografica di stenosi mitralica viene posta in presenza di alterazioni morfologiche della valvola e di un gradiente pressorio transvalvolare o una riduzione dell’area valvolare. Le alterazioni morfologiche consistono nell’aumento dello spessore e nella ridotta mobilità dei lembi, nella presenza di zone di fibrosi o di calcificazione, nella fusione degli spazi intercordali; il lembo più interessato è solitamente il posteriore. Un’area valvolare inferiore a 2 cmq è diagnostico di stenosi valvolare mitralica.
La quantificazione della severità viene fatta utilizzando parametri che riguardano la valvola e le ripercussioni della stenosi su l’atrio sinistra, la pressione polmonare ed il ventricolo destro. I parametri che riguardano la valvola sono l’area (planimetrica o doppler) ed il gradiente medio: si parla di stenosi valvolare mitralica di grado lieve se l’area é fra 1.5 - 2 comunque ed il gradiente medio é inferiore a 5 mmHg; si parla di forme moderate quanto l’area valvolare é fra 1-1.5 comunque ed il gradiente medio fra 5-10 mmHg, mentre si parla di forme severe quando l’area é inferiore a 1 comunque o il gradiente medio é superiore a 10 mmHg.
Le domande a cui dare risposta mentre si studia la morfologia e la funzione della valvola sono due: a) è possibile un intervento riparativo o si rende necessaria la sostituzione valvolare? b) l’intervento riparativo può essere la valvuloplastica percutanea con palloncino o è la commissurotomia chirurgica?
- Le controindicazioni alla commissurotomia percutanea sono: la presenza di una trombosi atriale sinistra comporta il rischio di embolizzazione durante le manovre. Un’insufficienza di grado più che moderato può essere peggiorata dalla dilatazione con il palloncino e certamente non viene ridotta dalla procedura. Le calcificazioni commissurali rendono la procedura inefficace e comportano il rischio di rottura del palloncino.
- La probabilità di riuscita e di efficacia a distanza viene calcolata con vari tipi di punteggi derivati dalle caratteristiche morfologiche visualizzate all’eco. Lo score di Wilkins tiene conto della mobilità e dello spessore dei lembi e dell’apparato sottovalvolare e del grado di calcificazione; ogni caratteristica vale 1 punto. I risultati a distanza in termini di area valvolare e sopravvivenza libera da eventi sono funzione dell’entità dello score: sono buoni per score inferiori a 8 e peggiorano progressivamente con l’aumentare del punteggio. Altri score si focalizzano sulla morfologia delle commissure ed anch’essi si sono dimostrati attendibili nel prevedere l’outcome.
Dal punto di vista tecnico nei casi in cui la valvola sia giudicata all’ecocardiografia TT riparabile è necessario completare l’esame, in particolare nei pazienti con episodi di fibrillazione atriale, con la tecnica TE per escludere la presenza di trombi in atrio o in auricola sinistra. In presenza di trombi il paziente viene scoagulato e si ripete l’esame dopo circa 1-2 mesi: se il trombo si è sciolto la procedura può essere eseguita; in caso contrario il soggetto viene avviato al chirurgo. La morfologia della valvola determina la scelta del tipo d’intervento ed, insieme all’entità della stenosi, il timing. Per quanto riguarda il tipo di intervento le indicazioni ottimali alla valvuloplastica con palloncino sono:
La stenosi mitralica comporta col passare del tempo la dilatazione dell’atrio sinistro, l’ipertensione prima venosa poi arteriosa polmonare, la dilatazione e disfunzione del cuore destro, l’insufficienza tricuspidalica funzionale, tutte complicanze visualizzabili con l’ecografia. La dilatazione atriale sinistra provoca l’insorgenza della fibrillazione atriale ed oltre una certa entità non permette di ottenere una cardioversione efficace nel mantenere il ritmo sinusale. La perdita della contrattilità atriale causa stasi di sangue in auricola ed il rischio di formazione di trombi che possono embolizzare. La presenza di ipertensione polmonare è un criterio di indicazione alla terapia interventistico-chirurgica e nei gradi severi è un fattore di rischio di mortalità operatoria e di minore sopravvivenza libera da eventi a distanza.
MALATTIE VALVOLARI ASSOCIATE
Le malattie valvolari associate vengono divise in 2 categorie: 1) l’insufficienza tricuspidalica, solitamente di tipo funzionale causata dal rimodellamento ventricolare destro secondario all’ipertensione polmonare; 2) l’interessamento reumatico di altre valvole, solitamente l’aorta. Nello studio della tricuspide le domande che dobbiamo porci sono 3: a) la valvola è insufficiente per motivi funzionali o presenta un interessamento reumatico? b) l’insufficienza regredirà spontaneamente dopo l’intervento sulla mitrale oppure è necessario un atto chirurgico sulla tricuspide? c) ed in questo caso quale sarà?
PARASTERNALE ASSE LUNGO (PLAX):
Nella proiezione parasternale asse lungo si valuta in particolare: 1) la morfologia della valvola mitralica e soprattutto dell’apparato sottovalvolare, per fare la diagnosi di stenosi mitralica e valutarne la riparabilità; 2) la presenza di un eventuale rigurgito mitralico significativo, che costituisce una controindicazione alla riparazione percutanea; 3) le dimensioni dell’atrio sinistro, per stimare il rischio di fibrillazione atriale; 4) le dimensioni del ventricolo destro, espressione indiretta della presenza di ipertensione arteriosa polmonare.
Si inizia con il B-mode dalla valvola mitrale valutando la morfologia e lo spessore dei lembi, la presenza di fibrosi o calcificazioni, la mobilità, il grado di fusione dell’apparato sottovalvolare. I lembi appaiono inspessiti ed ipomobili. Spesso il lembo posteriore è più immobile dell’anteriore. L’anteriore ha tipicamente una morfologia a cupola verso l’atrio sinistro denominata appunto “doming” dovuta alla retrazione delle corde che si impiantano nel margine libero. Nelle forme avanzate sono presenti grossolane calcificazioni.
Gli spazi intercordali sono poco visibili e le corde sono fuse tra di loro. Le caratteristiche morfologiche della valvola (visualizzate nelle varie proiezioni) vengono quantificate con lo score di Wilkins.
Maggiore è lo score minori sono le probabilità di successo della valvuloplastica con palloncino e peggiori i risultati a distanza. Terminato il B-mode si attiva il Color-Doppler, posizionandolo tra la valvola e l’atrio sinistro, per visualizzare la presenza di un eventuale rigurgito associato. Immediatamente si può avere un’idea dell’entità dell’insufficienza, considerando che non essendo allineati il jet può essere solo sottostimato. In questa proiezione è importante visualizzare la sede di origine e la direzione del jet. Di solito il jet è eccentrico verso la parete posteriore dell’atrio sinistro ed è causato dal movimento ristretto del lembo posteriore. Più raramente è centrale dovuto alla disfunzione dell’anulus spesso associata alla fibrillazione atriale oppure alla retrazione di entrambi i lembi.
La proiezione parasternale asse corto è importante per: 1) quantificare l’area mitralica anatomica; 2) visualizzare la eventuale presenza di calcificazioni commissurali che costituiscono una controindicazione alla valvuloplastica percutanea con palloncino; 3) localizzare la sede di un eventuale rigurgito associato.
Sempre con il B-mode una volta ottenuta una visione ottimale dell’apertura dei lembi si congela l’immagine in diastole e si misura contornando l’apertura l’area planimetrica, per avere un elemento di stima della gravità della stenosi. La stenosi mitralica comporta un’alterazione della valvola che assume una forma simile ad un imbuto. E’ quindi importante inclinare la sonda fino a misurare l’area minore. Inoltre bisogna essere sicuri di essere perfettamente perpendicolari all’apertura valvolare. Il taglio obliquo porta ad una sovrastima dell’area. L’imperfetta tecnica di esecuzione può spiegare la discrepanza che a volte si ottiene con la valutazione chirurgica. L’ecografia 3D supera questi limiti ed ha correlazioni migliori.
Dopo aver valutato la morfologia con l’ecografia in B-mode si attiva il colore per visualizzare la presenza di un eventuale rigurgito. In questa proiezione è importante stabilire la sede centrale o paracommissurale del rigurgito. Un rigurgito che origini dalla commissura può peggiorare dopo la valvuloplastica o la commissurotomia ed è di più difficile trattamento chirurgico rispetto al rigurgito centrale. Terminato lo studio della mitrale un’occhiata con l’ecografia B-mode al movimento del setto interventricolare; uno spostamento verso il ventricolo sinistro in sistole è espressione di una severa ipertensione polmonare, in diastole di un’insufficienza tricuspidalica severa.
Dalla proiezione apicale 4 camere si hanno le informazioni definitive sulla morfologia dei lembi, l’entità della stenosi e dell’eventuale insufficienza associata, il grado di dilatazione dell’atrio sinistro, la presenza e la gravità dell’ipertensione polmonare, il rigurgito tricuspidalico, la morfologia e la funzione del cuore destro, l’entità dell’eventuale valvulopatia aortica associata.
Dopo avere registrato una serie di curve velocimetriche accettabili si congela l’immagine e si traccia con il track ball il profilo della curva e la pendenza. Il software dell’apparecchio calcola il gradiente massimo, medio e l’area doppler. Nei pazienti in ritmo sinusale si fa una media di 3 determinazioni; nei soggetti in fibrillazione atriale sono necessarie almeno 5. Il metodo PHT correla bene con l’area anatomica tranne in presenza di condizioni che determinano un’alterazione della pendenza dell’onda E come l’insufficienza aortica o mitralica significative, l’alterata compliance atriale e ventricolare.
La proiezione sottocostale, l’ultima della serie, serve per valutare il grado di congestione venosa sistemica; la presenza di una vena cava dilatata al di sopra dei 2 cm, poco collassabile durante l’inspirazione e la visualizzazione di dilatazione delle vene sovraepatiche è segno di stasi sistemica. La quantificazione della pressione venosa centrale attraverso la tabella consente di conoscere il valore da sommare al gradiente per calcolare la pressione polmonare. Un’ultima occhiata alle pleure ed ai polmoni ci permetterà di valutare la gravità dello scompenso tramite il riscontro di versamento pleurico bilaterale o delle comete polmonari.
Nei soggetti in cui l’ecocardiografia TT è già sufficiente per porre indicazione chirurgica alla sostituzione valvolare l’esame TE appare inutile. L’ecocardiografia TE è indicata nei pazienti in cui sia ipotizzabile una valvuloplastica percutanea per: 1) valutare l’eventuale presenza di trombi in auricola sinistra; 2) stimare con precisione, nei casi dubbi, l’entità del rigurgito.
A) ECOGRAFIA TEE NELL’OCCLUSIONE DELL’AURICOLA:
Nei pazienti che presentino controindicazioni o abbiano dei problemi nel seguire la terapia anticoagulante è possibile chiudere l’auricola per via percutanea con appositi devices. L’ecocardiografia TE è impiegata per:
L’eco stress viene impiegato nei casi di discrepanza tra i sintomi accusati dal paziente (dispnea da sforzo) e l’entità della stenosi (non critica). L’esame viene condotto misurando la pressione polmonare basale e dopo lo sforzo fisico sul treadmill; molti di questi soggetti presentano un significativo incremento della pressione polmonare sotto sforzo, dovuto all’aumento dell’ostruzione transmitralica secondario alla tachicardia ed alla ridotta compliance atriale, che spiega bene l’insorgenza della dispnea. In questi casi è indicata la valvuloplastica che da ottimi risultati.
Durante la valvuloplastica l’ecocardiografia TE/TT viene impiegata per: a) identificare tempestivamente le eventuali complicanze; b) valutare la bontà del risultato. Le complicanze della valvuloplastica sono:
Al termine della valutazione (anamnesi, esame obiettivo, ecocardiografia) ci siamo fatti un’idea della gravità della situazione e delle possibilità terapeutiche.
STENOSI LIEVE E PAZIENTE ASINTOMATICO:
Questi soggetti conducono una vita normale; a livello ecografico l’area mitralica è superiore 1.5 cmq ed il gradiente medio è inferiore a 5 mm Hg. In questi pazienti è indicata soltanto la profilassi dell’endocardite e controlli clinico-ecocardiografici annuali. Il rischio di endocardite è maggiore nei pazienti con stenosi non severa e lembi valvolari ancora mobili; la probabilità di endocardite diminuisce con l’evoluzione della malattia nelle valvole severamente e diffusamente calcifiche.
Il paziente è sintomatico per dispnea da sforzo o ha avuto un episodio di fibrillazione atriale e presenta all’ecocardiografia un’area mitralica al di sotto di 1.5 cmq. Il trattamento del paziente sintomatico con stenosi mitralica critica è di tipologia interventista. I tipi di intervento possibili sono 3: la valvuloplastica percutanea con palloncino, la commissurotomia chirurgica, la sostituzione valvolare. La scelta del tipo d’intervento dipende dai sintomi del paziente e dalle caratteristiche della valvola studiate con l’ecocardiografia. Esaminando le singole procedure interventistiche vedremo quali sono i criteri di scelta.
La valvuloplastica percutanea consiste nella dilatazione della valvola mitralica stenotica tramite un catetere a palloncino; la procedura ha due grandi vantaggi: evitare/dilazionare l’intervento chirurgico e mantenere la valvola nativa. I rischi peri-operatori sono bassi. I risultati dell’intervento dipendono dalle caratteristiche della valvola ma in media possiamo dire che la durata è intorno ai 10-15 anni. Per questi motivi la valvuloplastica percutanea è quando possibile la procedura di prima scelta. L’importante è una buona selezione del candidato ed il riferimento del paziente ad un centro esperto. Il candidato deve possedere i criteri ecocardiografici di fattibilità (già accennati prima) che sono l’assenza di calcificazioni commisurali, la presenza di un rigurgito mitralico lieve e l’assenza di trombi nell’auricola sinistra. In presenza di trombosi auricolare è indicato un trattamento anticoagulante a dosi piene e la rivalutazione dopo 4-6 settimane con ecocardiografia TE. Nei casi in cui il trombo sia stato sciolto viene riconsiderata la procedura. Negli altri viene consigliata la commissurotomia chirurgica.
In presenza dei criteri di fattibilità la valvuloplastica con palloncino viene consigliata già nei pazienti poco sintomatici in classe NYHA 2 con stenosi anche solo moderata (area < 1.5 cmq). Il razionale è che prima si interviene, minori sono le alterazioni della valvola, migliori sono i risultati immediati ed a distanza (è come «riportare indietro le lancette dell’orologio»). L’indicazione è ancora più pressante in presenza di uno score di Wilkins molto favorevole (< 6) che assicura un’elevata percentuale di successo e buoni risultati a distanza e nelle donne giovani che vogliano avere gravidanze.
La commissurotomia chirurgica ha uno svantaggio, l’essere un intervento chirurgico, ed un vantaggio, conservare la valvola nativa. La valvuloplastica percutanea ha ridotto notevolmente l’impiego della commissurotomia chirurgica, in quanto le indicazioni sono molto simili; la commissurotomia inoltre può essere fatta, con un certo rispetto per l’estetica, attraverso una toracotomia o in alcuni casi per via mini-invasiva. L’operazione consiste in anestesia generale, toracotomia, incisione della commisura valvolare, liberazione dell’apparato sottovascolare ed in media 5 giorni di ricovero.
L’intervento è più completo rispetto alla valvuloplastica percutanea perchè oltre ad agire sulle commissure permette anche di liberare l’ostruzione dell’apparato sottovalvolare, rimuovere eventuali trombi e legare l’auricola sinistra (per evitarne la formazione di altri), ridurre un rigurgito associato con un’anuloplastica. Inoltre nei pazienti in fibrillazione atriale può essere associata nella stessa seduta operatoria una procedura di ablazione dell’aritmia. I risultati a distanza sono simili a quelli ottenibili con la valvuloplastica percutanea. Essendo comunque un intervento chirurgico l’indicazione viene posta in pazienti poco più compromessi rispetto ai precedenti: in classe NYHA 3, con stenosi moderato-severa. Il riscontro di ipertensione polmonare, la volontà da parte della paziente di avere dei figli, la comparsa di fibrillazione atriale fanno anticipare l’indicazione all’intervento. L’operazione è ideale quando i lembi sono fibrotici e la stenosi valvolare è dovuta soprattutto alla fusione dell’apparato sottovalvolare, sia presente un moderato grado di rigurgito mitralico, siano stati visualizzati i trombi in auricola sinistra anche dopo un adeguato trattamento anticoagulante. In questo caso l’auricola viene legata.
La sostituzione valvolare è l’ultima opzione, quando ormai la compromissione anatomo-morfologiaca della valvola è talmente avanzata da non poter permettere una ricostruzione. L’intervento è indicato quando i lembi e/o le commissure sono calcifici e/o l’insufficienza associata è severa. Nel caso sia necessaria la sostituzione il timing dell’intervento si sposta verso la classe NYHA 3 - 4 e la presenza di una stenosi severa. Anche la sostituzione valvolare può essere eseguita per via toracotomica ma data l’età avanzata dei pazienti che vanno incontro a questo intervento si preferisce la sternotomia.
PAZIENTI CON DISCREPANZA FRA SINTOMI E SEVERITÀ:
Non raramente alcuni pazienti accusano sintomi dispnoici più gravi rispetto all’entità della stenosi misurata con l’ecocardiogramma in condizioni di riposo; esclusi gli errori tecnici, in questi pazienti è necessario richiedere un ecocardiografia sotto sforzo. Nell’eco da sforzo il paziente viene fatto camminare sul treadmill o pedalare con il cicloergometro monitorando l’ecocardiogramma. Innanzitutto il test serve per obiettivare il grado di compromissione funzionale del paziente; spesso in questi soggetti il gradiente transmitralico e la pressione polmonare aumentano significativamente giustificando la sintomatologia. Il fenomeno è dovuto all’assenza di capacità della valvola di dilatarsi durante lo sforzo (riserva valvolare). In questi soggetti anche in assenza di una stenosi severa è indicata la valvuloplastica che si è dimostrata efficace anche in questa popolazione.
L’ideale sarebbe arrivare all’intervento prima che il paziente andasse in fibrillazione atriale; quando il paziente è in fibrillazione atriale è necessario il ricovero ospedaliero sia per tentare il ripristino del ritmo sinusale con la cardioversione sia per il rischio di un peggioramento acuto delle condizioni emodinamiche (edema polmonare, ipotensione). Il ricovero può essere fatto in qualunque ospedale. Quando è il primo episodio di fibrillazione atriale si cerca di ripristinare il ritmo sinusale. Uno dei fattori più importanti nell’efficacia del recupero del ritmo sinusale è la tempestività dell’intervento. Prima di sottoporre il paziente alla cardioversione bisogna essere sicuri che non siano presenti trombi all’interno dell’auricola sinistra che potrebbero embolizzare durante il ripristino del ritmo sinusale. Per questo motivo il paziente viene sottoposto all’esame TE. Una volta esclusa la presenza di formazioni trombotiche si può procedere alla cardioversione.
La cardioversione può essere farmacologica o elettrica. La farmacologica consiste nella somministrazione di un farmaco antiaritmico che abbia il compito di ridurre la risposta ventricolare alla fibrillazione e ripristinare il ritmo sinusale. I farmaci più utilizzati sono l’amiodarone o il propafenone. Nell’ambito di 24 - 48 ore si ottiene il ripristino del ritmo sinusale. La cardioversione elettrica consiste nella somministrazione di una scarica elettrica sincronizzata (per evitare di cadere nel periodo refrattario cardiaco) erogata da un apposito apparecchio (defibrillatore) ad una quantità prefissata (150-200 Joule). La manovra è molto dolorosa e richiede un’anestesia generale di pochi minuti. Il vantaggio è la rapidità del ripristino del ritmo. La cardioversione elettrica è quindi indicata: a) d’urgenza, nei pazienti in cui l’aritmia abbia causato un deterioramento emodinamico importante (edema polmonare, ipotensione) e non possano attendere il periodo di latenza dei farmaci; b) in elezione, nei soggetti già trattati per alcuni giorni con la terapia antiaritmica in maniera inefficace. Insieme alla cardioversione viene sempre prescritta la terapia anticoagulante, prima con eparina poi con gli anticoagulanti orali, anche nei casi in cui non siano presenti trombi. Anche dopo una cardioversione efficace il milieu trombogenico all’interno dell’atrio sinistro persiste per alcuni giorni in quanto l’auricola e l’atrio prima di riprendere la loro normale attività meccanica attraversano una fase di stordimento dovuta alla necessità di ricostituire le riserve biochimiche e la macchina energetica perse durante il periodo della fibrillazione. In questo periodo persiste il rischio della formazione di trombi. La terapia anticoagulante in maniera empirica viene prudenzialmente consigliata per un periodo di 3 settimane mantenendo un INR compreso tra i 2 ed i 3. La comparsa della fibrillazione atriale è spesso il segnale che sia necessario ricorrere all’intervento. Dopo il ripristino del ritmo è quindi opportuno valutare la necessità e la fattibilità dell’intervento.
Il primo atteggiamento è il più antico e viene ancora preferito nei pazienti anziani, in quelli operati tardivamente e nelle strutture meno avanzate. La digitale negli anziani è spesso sufficiente a mantenere un’accettabile risposta ventricolare e viene associata agli anticoagulanti orali mantenendo l’INR tra 2 e 3 e stando attenti alle interazioni. Nei pazienti più giovani la digitale da sola raramente riesce a controllare la frequenza cardiaca sotto sforzo. E’ quindi opportuna l’associazione con basse dosi di betabloccanti o di calcio-antagonista.
Il secondo atteggiamento è il più moderno. Il ripristino del ritmo sinusale si può avere intanto con un’indicazione precoce all’intervento. In più oggi sono possibili delle tecniche di ablazione delle zone che innescano nell’atrio la fibrillazione atriale (intorno alle vene polmonari). Le tecniche di ablazione isolano elettricamente la zona permettendo al resto del cuore di essere attivato come normalmente dal nodo del seno. L’ablazione può essere fatta sia per via percutanea sia per via chirurgica ed è quindi possibile associarla all’intervento sulla mitrale. Nei pazienti trattati con un timing appropriato (prima che l’atrio sia divenuto enorme) il ripristino del ritmo sinusale è ottenibile fino all’85% dei casi.
(continua...)
1. Jokinen JJ, Hippelinen MJ, Pitkanen OA, Hartikainen JE. Mitral valve replacement versus repair: propensity-adjusted survival and quality- of-life analysis. Ann Thorac Surg. 2007;84:451–458.
2. Bernal JM, Fernandez-Vals M, Rabasa JM, Gutierrez-Garcia F, Morales C, Revuelta JM. Repair of nonsevere rheumatic aortic valve disease during other valvular procedures: is it safe? J Thorac Cardiovasc Surg. 1998;115:1130 –1135.
3. Grinda JM, Latremouille C, Dattellis N, Berrebi A, Chavaud S, Carpentier A, Faviani JN, Deloche A. Triple valve repair for young rheumatic patients. Eur J Cardiothorac Surg. 2002;21:447–452.
4. Han QQ, Xu ZY, Zhang BR, Zou LJ, Hao JH, Huang SD. Primary triple valve surgery for advanced rheumatic heart disease in Mainland China: a single-center experience with 871 clinical cases. Eur J Cardiothorac Surg. 2007;31:845–850.
5. Carapetis JR, Mc Donald M, Wilson NJ. Acute rheumatic fever. Lancet. 2005;366:155–168.
6. Guilherme L, Kalil J. Rheumatic fever: from innate to acquired immune response. Ann N Y Acad Sci. 2007;1107:426–433.
7. Cilliers AM. Rheumatic fever and its management. BMJ. 2006;333: 1153–1156.
8. Marijon E, Ou P, Celermajer DS, Ferreira B, Mocumbi AO, Sidi D, Jouven X. Echocardiographic screening for rheumatic heart disease. Bull World Health Organ. 2008;86:84.
9. McDonald M, Brown A, Noonan S, Carapetis JR. Preventing recurrent rheumatic fever: the role of register based programmes. Heart. 2005;91: 1131–1133.
10. Mayosi B, Robertson K, Volmink J, Adebo W, Akinyore K, Amoah A, Bannerman C, Biesman-Simons S, Carapetis J, Cilliers A, Commerford P, Croasdale A, Damasceno A, Dean J, Dean M, de Souza R, Filipe A, Hugo-Hamman C, Jurgens-Clur SA, Kombila-Koumba P, Kotzenberg C, Lawrenson J, Manga P, Matenga J, Mathivha T, Mntla P, Mocumbi A, Mokone T, Ogola E, Omokhodion S, Palweni C, Pearce A, Salo A, Thomas B, Walker K, Wiysonge C, Zaher S. The Drakensberg declaration on the control of rheumatic fever and rheumatic heart disease in Africa. S Afr Med J. 2006;96:246.
0 Response to "Stenosi valvolare mitralica (Capitolo 2.12.4)"
Posting Komentar