loading...
loading...

Stenosi valvolare mitralica (Capitolo 2.12.4)



Dopo che ci siamo adeguatamente soffermati sugli aspetti della insufficienza valvolare mitralica funzionale, sia a livello clinico che a livello ecocardiografico, proseguiamo la valutazione delle valvulopatie analizzando la stenosi valvolare mitralica. Rappresenta oggigiorno una patologia in netta riduzione in termini di incidenza epidemiologica, perché come vedremo é collegata alla malattia reumatica, oggigiorno ridotta in termini di incidenza grazie all’uso precoce degli antibiotici, essendo tale patologia strettamente legata alle complicanze post-infettive da Streptococcus pyogenes.

EZIOPATOGENESI:
La valvola mitrale si definisce stenotica quando l’apertura dei lembi è ridotta, l’area valvolare è diminuita e compare un gradiente di pressione tra atrio e ventricolo sinistro; la stenosi mitralica nell’adulto è dovuta ad un’unica causa: gli esiti della malattia reumaticaLa malattia è molto più frequente nel sesso femminile e come vedremo questo comporta importanti riflessi per la gravidanza; la profilassi della malattia reumatica ha molto diminuito la prevalenza della stenosi mitralica che è diventata oggi la più rara tra le malattie valvolari del cuore sinistro, mentre rimane ancora frequente nei gruppi di popolazione arretrati dal punto di vista sanitario.

La stenosi viene provocata dagli esiti cicatriziali della malattia reumatica, che nel tempo tende a progredire per: a) recidiva di episodi di reumatismo; b) stress emodinamico indotto dalle alterazioni stesse dell’apparato valvolare; c) attivazione di fenomeni infiammatori locali indotti dalla formazione ed organizzazione di microtrombi causati dal regime di basso flusso.

Le alterazioni valvolari sono tipiche degli esiti di un processo infiammatorio: la valvola presenta lembi fibrotici con movimento ridotto, soprattutto il posteriore, le commissure sono spesso fuse fra loro e le corde tendinee sono ispessite, retratte e spesso fuse tra loro riducendo la capacità di escursione dei lembi ed ostacolando il passaggio di sangue attraverso l’apparato sottovalvolare. Col passare del tempo compaiono le calcificazioni che possono interessare i lembi, le commissure, l’apparato sottovalvolare.  




FISIOPATOLOGIA:
La stenosi mitralica comporta un’ostruzione al riempimento diastolico del ventricolo sinistro; una maggiore quantità di sangue rimane nell’atrio sinistro al termine della diastole. Si crea quindi un gradiente diastolico tra atrio e ventricolo sinistro. 

All’inizio l’atrio aumenta la sua contrazione (secondo la legge di Starling) e riesce a svuotare il suo contenuto in ventricolo sinistro. Col peggiorare della stenosi una maggiore quantità di sangue rimane in atrio, l’atrio sinistro si dilata e si manifesta una congestione venosa e capillare polmonare. L’aumento della pressione capillare provoca la fuoriuscita di liquido negli spazi alveolari. Per ridurre questo fenomeno i linfatici polmonari aumentano il drenaggio. La dilatazione dell’atrio sinistro porta alla comparsa della fibrillazione atriale. La fibrillazione atriale comporta 2 conseguenze: a) la perdita della pompa atriale quindi un improvviso peggioramento della congestione polmonare; b) la stasi del sangue in atrio che provoca la formazione di trombi, soprattutto in auricola, ed il rischio di tromboembolie sistemiche. In risposta all’aumento della pressione venosa e capillare polmonare le arteriole polmonari si vasocostringono allo scopo di ridurre il flusso di sangue e quindi la congestione polmonare.





Anche la vasocostrizione arteriolare comporta 2 problemi: a) lo scompenso del cuore destro; b) la malattia vascolare polmonare. La  vasocostrizione arteriolare protratta nel tempo induce una serie di alterazioni anatomiche progressive ed irreversibili nella struttura dei vasi, note come malattia vascolare polmonare, che portano ad un’obliterazione del lume. L’aumento della pressione polmonare induce un sovraccarico di pressione del ventricolo destro. Questo, a causa della sua struttura anatomica (si veda il capitolo dedicato al cuore destro, Capitolo 2.9) tollera bene i sovraccarichi di volume ma tollera male quelli di pressione. Quindi si ipertrofizza poco e va invece incontro a dilatazione ed a disfunzione progressiva. La dilatazione del ventricolo destro a sua volta provoca dilatazione dell’anulus tricuspidale. Compare l’insufficienza ticuspidalica con 2 conseguenze: a) aggiungere al sovraccarico di pressione anche il sovraccarico di volume, quindi innescare un fenomeno di feedback positivo che si autopeggiora; b) aumentare la pressione in atrio destro e nel circolo venoso. Dati i bassi valori di pressione nel distretto venoso e l’assenza di valvole, l’aumento della pressione in atrio comporta una congestione in tutto il circolo venoso, in particolare il fegato, il rene ed il distretto splancnico. Il ventricolo sinistro solitamente si mantiene normale. In alcuni pazienti la cronica riduzione del precarico può evolvere verso un certo grado di disfunzione sistolica. 




CLINICA:
La maggior parte dei pazienti con stenosi mitralica ricorda una storia di malattia reumatica nell’infanzia. L’evoluzione della malattia è variabile: in molti casi è lenta, nell’ambito di decenni. In altri è rapida: la stenosi diventa severa e compaiono sintomi invalidanti già nella seconda-terza decade di vita. I sintomi sono espressione della gravità della malattia, non come avviene per altre valvulopatie della disfunzione ventricolare. 

Dispnea:
La dispnea è causata dalla fatica dei muscoli respiratori dovuta alla congestione ed all’aumento della pressione polmonare. L’insorgenza e la gravità della dispnea sono correlati alla gravità della stenosi mitralica ed alla compliance dell’atrio sinistro. La dispnea è inoltre innescata o peggiorata da tutti i fattori che aumentano la frequenza cardiaca come lo sforzo, le emozioni, l’attività sessuale, le infezioni etc.. dato che la tachicardia riduce il tempo di riempimento diastolico e peggiora la congestione polmonare. La gravità della dispnea viene comunemente classificata in 4 classi NYHA (New York Heart Association).

Fibrillazione atriale - edema polmonare:
La dilatazione progressiva dell’atrio sinistro, associata agli esiti fibrotici della cardite reumatica, favorisce la formazione di circuiti di rientro che innescano extrasistoli atriali o più frequentemente la fibrillazione atriale. La fibrillazione si manifesta con improvvise palpitazioni e spesso con un rapido peggioramento della dispnea che può evolvere fino all’edema polmonare acuto. In alcuni casi il sintomo d’esordio della fibrillazione atriale è un episodio tromboembolico (cerebrale o periferico). Il peggioramento della dispnea o l’edema polmonare è causato dall’improvviso aumento della congestione polmonare dovuto alla perdita della pompa atriale, fondamentale nella stenosi mitralica, ed alla riduzione del tempo di riempimento diastolico dovuto all’elevata risposta ventricolare. La fibrillazione all’inizio si manifesta sporadicamente e si risolve spontaneamente (forma parossistica) nel giro di 24-48 h oppure dopo adeguata terapia  (forma persistente); in seguito si cronicizza (forma permanente).

Tromboembolie: 
La stasi di sangue secondaria alla perdita della pompa atriale dovuta alla fibrillazione atriale innesca la formazione di trombi, soprattutto nella auricola sinistra, zona già normalmente a bassa velocità. I trombi possono embolizzare, soprattutto ma non solo durante il ripristino del ritmo sinusale, ed andare ad occludere arterie cerebrali provocando ictus o più raramente le iliache o le femorali (embolia all’arto inferiore), le coronarie (infarto o angina), le renali (ipertensione) ecc. Circa il 20% dei pazienti con evento cerebrale muore e circa il 30% dei sopravvissuti soffre di un’invalidità permanente. Non sempre è presente una correlazione tra fenomeni tromboembolici e gravità della stenosi mitralica.

Ipertensione polmonare:
L’ipertensione polmonare nelle prime fasi della malattia è dovuta alla congestione venosa ed alla vasocostrizione arteriolare polmonare ed è quindi reversibile con l’intervento sulla valvola. Nelle fasi più avanzate presenta anche una componente, più o meno importante, di danno anatomico, la malattia vascolare polmonare, che incomincia ad essere meno reversibile con l’intervento. L’ipertensione polmonare si manifesta clinicamente con la dispnea ed a volte con l’emottisi dovuta alla rottura dei capillari polmonari sotto pressione.

Scompenso del cuore destro:
In assenza di un trattamento la malattia tende ad evolvere negli anni verso lo scompenso destro; l’ipertensione polmonare è mal tollerata dal ventricolo destro che per sua struttura anatomo-morfologica è una pompa di volume non di pressione. Il ventricolo destro inizialmente si ipertrofizza poi si dilata, compare l’insufficienza tricuspidale da dilatazione dell’anulus; al sovraccarico di pressione si aggiunge il sovraccarico di volume ed il cuore destro si scompensa. Il paziente incomincia a manifestare astenia, anoressia; compaiono gli edemi declivi, il turgore giugulare e l’ascite. A causa della stasi venosa splancnica si manifesta insufficienza epatica e renale associate ad un quadro di malassorbimento fino alla cachessia terminale.

Le cause di morte più frequenti sono: l’edema polmonare, un evento trombo-embolico, soprattutto cerebrale, lo scompenso destro e la cachessia. Più raramente si possono manifestare sintomi da compressione da parte della severa dilatazione dell’atrio sinistro delle strutture viciniore (disfonia da compressione del nervo ricorrente). L’endocardite può colpire la valvola soprattutto nella fase inziale della malattia quando la stenosi è lieve i lembi non sono ancora calcifici. La gravidanza peggiora in modo significativo i sintomi della stenosi mitralica; l’aumento della frequenza cardiaca, della volemia e delle richieste di ossigeno dei tessuti oltre alla ridotta escursione diaframmatica per l’impegno addominale sono tutti fattori che peggiorano la dispnea e possono indurre edema polmonare e fibrillazione atriale. La mortalità materna e fetale è aumentata.

Visitando il paziente è possibile: a) diagnosticare la stenosi mitralica;  b) valutare la gravità della malattia; c) stimare se la valvola è fibrotica o calcifica, un dato importante per valutare il tipo d’intervento. L’auscultazione viene fatta con il paziente in decubito laterale (per avvicinare la valvola mitralica alla parete del torace ed allo stetoscopio) usando sia il diaframma che la campana dello stetoscopio. 


DIAGNOSI
Non raramente il sospetto diagnostico di stenosi mitralica viene posto solo guardando in faccia il paziente; la facies mitralica tipica è caratterizzata dal rossore delle gote accompagnato dalla cianosi delle labbra. Nelle fasi iniziali della malattia l’auscultazione rivela: a) un primo tono accentuato; b) uno schiocco di apertura della mitrale (opening snap); c) un rullio diastolico

Per capire la genesi dell’accentuazione del primo tono bisogna ricordarsi che nel normale la chiusura dei lembi mitralici avviene dolcemente sia per la struttura dei lembi sia per il fatto che i lembi sono già in fase di avvicinamento in telediastole, per l’assenza di gradiente atrio-ventricolare. Nella stenosi mitralica i lembi non sono normali ma fibrotici ed in telediastole sono ancora completamente aperti a causa della persistenza del gradiente atrio-ventricolare dovuto alla stenosi mitralica stessa. Le diverse caratteristiche “armoniche” dei lembi fibrotici e la maggiore escursione durante la chiusura spiegano l’accentuazione del primo tono.

Lo schiocco di apertura della valvola è causato  dall’improvvisa tensione dei lembi valvolari rigidi al termine della loro escursione; é ben udibile all’apice cardiaco utilizzando il diaframma dello stetoscopio, dopo il 2° tono. Il rullio diastolico è dovuto all’ostruzione al flusso di sangue dall’atrio al ventricolo operata dalla stenosi valvolare stessa. E’ molto circoscritto, all’apice e si sente meglio utilizzando la campana dello stetoscopio, soprattutto durante l’espirazione, dopo aver fatta fare al paziente qualche sit-ups. 

Con il peggiorare della malattia cambia il referto steto-acustico: la durata del rullio che nelle stenosi lievi è limitata alla proto ed alla tele (sistole atriale) diastole diventa olodiastolico. Lo schiocco di apertura diventa sempre più vicino al 2° tono a causa dell’aumento progressivo della pressione in atrio sinistro; la componente polmonare del 2° tono (P2) aumenta con l’incremento della pressione polmonare. Con il comparire dell’insufficienza tricuspidale si apprezza un soffio sistolico, in sede parasternale, irradiato a destra dello sterno che si accentua durante l’inspirazione.





La presenza di toni aritmici è indicativa di fibrillazione atriale. Il riscontro di rumori da stasi alle basi polmonari è indicativo di un’elevata pressione capillare. La presenza di cianosi e di dita a bacchetta di tamburo è segno di una severa ipertensione polmonare. Il riscontro di turgore giugulare, epatomegalia dolente alla palpazione, ascite, edemi declivi, calo ponderale, anoressia, astenia sono espressione di scompenso destro avanzato.

I criteri auscultatori di rigidità un tempo definivano una valvola che non è più possibile trattare in maniera conservativa e va quindi sostituita. Questa informazione è molto importante in quanto l’impossibilità di riparare la valvola è un criterio importante nel decision making del paziente.  Oggi l’ecografia apporta informazioni aggiuntive ed indispensabili ma i criteri auscultatori hanno ancora un’elevata capacità predittiva. I criteri auscultatori di rigidità dei lembi sono:



La rigidità annulla la capacità di vibrare dei lembi, quindi vanno perdute le caratteristiche armoniche che davano luogo ai reperti auscultatori. Al termine della raccolta anamnestica e dell’esame obbiettivo si arriva a sospettare la presenza di una stenosi mitralica ed a quantificare la gravità. Per confermare la diagnosi e stabilire cosa fare si richiede l’ecocardiogramma. 

RADIOGRAFIA DEL TORACE:
L’ecocardiografia ha molto limitato l’uso della radiografia del torace per la diagnosi di stenosi mitralica. Le alterazioni tipiche della valvulopatia sono: una dilatazione degli ili polmonari, la dilatazione dell’atrio sinistro (con cambio nell’angolo della carena polmonare), la presenza di congestione vascolare polmonare ed un ventricolo sinistro di dimensioni normali. La presenza di congestione venosa polmonare è espressione di una stenosi severa, mentre la dilatazione dei rami dell’arteria polmonare con riduzione del flusso in periferia è segno di severa ipertensione polmonare.

ECG
Nelle fasi iniziali della malattia l’elettrocardiogramma mostra i segni della dilatazione atriale sinistra; con il progredire della malattia compare la fibrillazione atriale. La presenza del blocco di branca destro si associa con l’ipertensione polmonare; un’onda R in V1-V2 superiore all’onda S sta a significare un’ipertensione polmonare severa (superiore a 50 mmHg). 


ECOCARDIOGRAFIA:
Le informazioni necessarie nella valutazione dei pazienti con stenosi mitralica sono: a) la diagnosi di stenosi mitralica nei confronti di altre cause di soffio cardiaco, b) la quantificazione della severità (che fornisce informazioni sul timing dei controlli e sull’opportunità dell’intervento), c) la valutazione morfologica della valvola (che fornisce informazioni sulla tipologia di intervento che va dalla valvuloplastica percutanea con palloncino alla commissurotomia chirurgica fino alla sostituzione valvolare), d) l’individuazione di complicanze come la dilatazione atriale, l’ipertensione polmonare, l’interessamento del cuore destro (che forniscono informazioni in merito al rischio operatorio ed alla prognosi a distanza), la presenza di malattie valvolari associate, in particolare l’insufficienza tricuspidale (che fornisce informazioni sulla necessità e sulla tipologia di intervento associato).

1) DIAGNOSI DI STENOSI MITRALICA:
La diagnosi ecocardiografica di stenosi mitralica viene posta in presenza di alterazioni morfologiche della valvola e di un gradiente pressorio transvalvolare o una riduzione dell’area valvolare. Le alterazioni morfologiche consistono nell’aumento dello spessore e nella ridotta mobilità dei lembi, nella presenza di zone di fibrosi o di calcificazione, nella fusione degli spazi intercordali; il lembo più interessato è solitamente il posteriore. Un’area valvolare inferiore a 2 cmq è diagnostico di stenosi valvolare mitralica.

2) QUANTIFICAZIONE DELLA SEVERITÀ:
La quantificazione della severità viene fatta utilizzando parametri che riguardano la valvola e le ripercussioni della stenosi su l’atrio sinistra, la pressione polmonare ed il ventricolo destro. I parametri che riguardano la valvola sono l’area (planimetrica o doppler) ed il gradiente medio: si parla di stenosi valvolare mitralica di grado lieve se l’area é fra 1.5 - 2 comunque ed il gradiente medio é inferiore a 5 mmHg; si parla di forme moderate quanto l’area valvolare é fra 1-1.5 comunque ed il gradiente medio fra 5-10 mmHg, mentre si parla di forme severe quando l’area é inferiore a 1 comunque o il gradiente medio é superiore a 10 mmHg.

La stenosi è significativa quando incomincia a dilatarsi l’atrio sinistro e a comparire ipertensione polmonare anche se non sempre vi è una correlazione tra la severità della stenosi, le dimensioni dell’atrio e la gravità dell’ipertensione polmonare. In base all’entità della stenosi si decide il timing dei controlli ed il momento in cui è indicato il trattamento interventistico o chirurgico. Nella stenosi lieve sono consigliati controlli ecografici ogni paio di anni; nelle forme moderate l’indicazione alla procedura ed il timing dei controlli si valutano in base alle caratteristiche morfo-funzionali della valvola, di cui parleremo successivamente; infine nei casi di stenosi severa e sintomatica, è indicato l’intervento. Il tipo di intervento viene deciso in base alla morfologia della valvola.  

3) VALUTAZIONE MORFOLOGICA DELLA VALVOLA: 
Le domande a cui dare risposta mentre si studia la morfologia e la funzione della valvola sono due: a) è possibile un intervento riparativo o si rende necessaria la sostituzione valvolare? b) l’intervento riparativo può essere la valvuloplastica percutanea con palloncino o è la commissurotomia chirurgica? 

Le possibilità di riparare la valvola dipendono dalle caratteristiche della valvola, dalle patologie associate e dall’abilità dell’emodinamista e del chirurgo; in tale contesto l’ecografia: a) individua le controindicazioni alla procedura percutanea; b) permette di calcolare la probabilità di riuscita e l’efficacia a distanza della valvuloplastica col palloncino.
  • Le controindicazioni alla commissurotomia percutanea sono: la presenza di una trombosi atriale sinistra comporta il rischio di embolizzazione durante le manovre. Un’insufficienza di grado più che moderato può essere peggiorata dalla dilatazione con il palloncino e certamente non viene ridotta dalla procedura. Le calcificazioni commissurali rendono la procedura inefficace e comportano il rischio di rottura del palloncino.
  • La probabilità di riuscita e di efficacia a distanza viene calcolata con vari tipi di punteggi derivati dalle caratteristiche morfologiche visualizzate all’eco. Lo score di Wilkins tiene conto della mobilità e dello spessore dei lembi e dell’apparato sottovalvolare e del grado di calcificazione; ogni caratteristica vale 1 punto. I risultati a distanza in termini di area valvolare e sopravvivenza libera da eventi sono funzione dell’entità dello score: sono buoni per score inferiori a 8 e peggiorano progressivamente con l’aumentare del punteggio. Altri score si focalizzano sulla morfologia delle commissure ed anch’essi si sono dimostrati attendibili nel prevedere l’outcome.

Dal punto di vista tecnico nei casi in cui la valvola sia giudicata all’ecocardiografia TT riparabile è necessario completare l’esame, in particolare nei pazienti con episodi di fibrillazione atriale, con la tecnica TE per escludere la presenza di trombi in atrio o in auricola sinistra. In presenza di trombi il paziente viene scoagulato e si ripete l’esame dopo circa 1-2 mesi: se il trombo si è sciolto la procedura può essere eseguita; in caso contrario il soggetto viene avviato al chirurgo. La morfologia della valvola determina la scelta del tipo d’intervento ed, insieme all’entità della stenosi, il timing. Per quanto riguarda il tipo di intervento le indicazioni ottimali alla valvuloplastica con palloncino sono:



Nella stessa seduta della valvuloplastica con palloncino, nei pazienti con controindicazioni alla terapia anticoagulante, è possibile occludere l’auricola con un apposito device. In presenza di indicazioni sub ottimali sono possibili 2 atteggiamenti: accettare risultati sub ottimali da parte della valvuloplastica con pallone con il rischio di peggiorare l’insufficienza mitralica o di provocare eventi embolici per dislocazione del trombo atriale oppure inviare il paziente al chirurgo per un intervento riparativo. La valvuloplastica con palloncino può essere preferibile nei pazienti ad alto rischio chirurgico o come bridge ad un intervento di chirurgia non cardiaca o ad una gravidanza.

Le indicazioni alla commissurotomia chirurgica sono simili a quelle della valvuloplastica percutanea ma con alcune differenze; la commissurotomia chirurgica è fattibile anche in presenza di calcificazioni commissurali, che possono essere incise ed asportate o di importante fusione dell’apparato sottovalvolare che viene pazientemente liberato con il bisturi. Nei casi di trombosi atriale/auricolare, persistente nonostante il trattamento anticoagulante, il trombo viene asportato durante l’intervento e l’auricola può essere legata. Alcuni chirurghi particolarmente esperti riescono a riparare valvole che presentino anche gradi avanzati di rigurgito mitralico, associati alla stenosi, purchè il lembo anteriore all’eco sia mobile e non calcifico, estendendolo con un patch di pericardio, allo scopo di aumentare la superficie di coaptazione (intervento di Acar). 

Nei casi in cui la valvola sia estesamente calcifica l’intervento è la sostituzione con una protesi. La chirurgica è indicata inoltre nei casi con valvulopatie associate di severa entità e concomitante malattia coronarica che richieda la rivascolarizzazione con il bypass. Per quanto riguarda il timing: in presenza di una valvola mitralica con un punteggio favorevole alla riparazione per via percutanea l’indicazione alla procedura interventistica può e forse deve essere più precoce, già con un’area valvolare anche solo moderatamente ridotta, per rallentare la progressione del danno valvolare, possibilmente prima della comparsa della fibrillazione atriale e di evoluzione verso una classe NYHA più avanzata. La sopravvivenza libera da eventi nei pazienti in fibrillazione atriale è minore in particolare nei soggetti con uno score di Wilkins superiore a 8. Una classe NYHA avanzata è un fattore predittore indipendente di uno scarso risultato funzionale a distanza. Nei casi di non facile riparabilità si può attendere la comparsa dei sintomi.





INDIVIDUAZIONE DELLE COMPLICANZE 
La stenosi mitralica comporta col passare del tempo la dilatazione dell’atrio sinistro, l’ipertensione prima venosa poi arteriosa polmonare, la dilatazione e disfunzione del cuore destro, l’insufficienza tricuspidalica funzionale, tutte complicanze visualizzabili con l’ecografia. La dilatazione atriale sinistra provoca l’insorgenza della fibrillazione atriale ed oltre una certa entità non permette di ottenere una cardioversione efficace nel mantenere il ritmo sinusale. La perdita della contrattilità atriale causa stasi di sangue in auricola ed il rischio di formazione di trombi che possono embolizzare. La presenza di ipertensione polmonare è un criterio di indicazione alla terapia interventistico-chirurgica e nei gradi severi è un fattore di rischio di mortalità operatoria e di minore sopravvivenza libera da eventi a distanza.

MALATTIE VALVOLARI ASSOCIATE 
Le malattie valvolari associate vengono divise in 2 categorie: 1) l’insufficienza tricuspidalica, solitamente di tipo funzionale causata dal rimodellamento ventricolare destro secondario all’ipertensione polmonare; 2) l’interessamento reumatico di altre valvole, solitamente l’aorta. Nello studio della tricuspide le domande che dobbiamo porci sono 3: a) la valvola è insufficiente per motivi funzionali o presenta un interessamento reumatico? b) l’insufficienza regredirà spontaneamente dopo l’intervento sulla mitrale oppure è necessario un atto chirurgico sulla tricuspide? c) ed in questo caso quale sarà?

L’insufficienza di solito è di tipo funzionale, l’interessamento reumatico è raro. La presenza di lembi ispessiti, con movimento ridotto, di un jet eccentrico e di un gradiente medio superiore a 3 mm Hg depone per l’interessamento reumatico. Nell’interessamento funzionale è possibile una chirurgia riparativa. Nella patologia reumatica avanzata si rende necessaria la sostituzione valvolare con una bioprotesi.

I criteri ecografici predittivi della mancata regressione dell’insufficienza tricuspidalica non sono perfetti; la persistenza del rigurgito tricuspidalico è un fenomeno progressivo che porta allo scompenso destro. Il reintervento comporta una elevata mortalità. Per tutti questi motivi la tendenza attuale è quella di allargare le indicazioni all’anuloplastica. Nell’ambito della patologia valvolare aortica l’associazione più frequente è con l’insufficienza, solitamente di lieve entità ed è poco evolutiva. Nei casi  di associazione steno-insufficienza invece l’evoluzione è più frequente: la sopravvivenza libera da eventi a 10 anni è intorno al 60%.


ECOGRAFIA TRANSTORACICA
PARASTERNALE ASSE LUNGO (PLAX):
Nella proiezione parasternale asse lungo si valuta in particolare: 1) la morfologia della valvola mitralica e soprattutto dell’apparato sottovalvolare, per fare la diagnosi di stenosi mitralica e valutarne la riparabilità; 2) la presenza di un eventuale rigurgito mitralico significativo, che costituisce una controindicazione alla riparazione percutanea; 3) le dimensioni dell’atrio sinistro, per stimare il rischio di fibrillazione atriale; 4) le dimensioni del ventricolo destro, espressione indiretta della presenza di ipertensione arteriosa polmonare.




Si inizia con il B-mode dalla valvola mitrale valutando la morfologia e lo spessore dei lembi, la presenza di fibrosi o calcificazioni, la mobilità, il grado di fusione dell’apparato sottovalvolare. I lembi appaiono inspessiti ed ipomobili. Spesso il lembo posteriore è più immobile dell’anteriore. L’anteriore ha tipicamente una morfologia a cupola verso l’atrio sinistro denominata appunto “doming” dovuta alla retrazione delle corde che si impiantano nel margine libero. Nelle forme avanzate sono presenti grossolane calcificazioni.




Gli spazi intercordali sono poco visibili e le corde sono fuse tra di loro. Le caratteristiche morfologiche della valvola (visualizzate nelle varie proiezioni) vengono quantificate con lo score di Wilkins. 



Maggiore è lo score minori sono le probabilità di successo della valvuloplastica con palloncino e peggiori i risultati a distanza. Terminato il B-mode si attiva il Color-Doppler, posizionandolo tra la valvola e l’atrio sinistro, per visualizzare la presenza di un eventuale rigurgito associato. Immediatamente si può avere un’idea dell’entità dell’insufficienza, considerando che non essendo allineati il jet può essere solo sottostimato. In questa proiezione è importante visualizzare la sede di origine e la direzione del jet. Di solito il jet è eccentrico verso la parete posteriore dell’atrio sinistro ed è causato dal movimento ristretto del lembo posteriore. Più raramente è centrale dovuto alla disfunzione dell’anulus spesso associata alla fibrillazione atriale oppure alla retrazione di entrambi i lembi.

A questo punto si passa allo studio dell’atrio sinistro attivando l’m-mode per misurare il diametro al massimo dell’ampiezza, in telesistole. Le dimensioni lineari sono quelle comunemente più utilizzate ma la correlazione con il volume atriale non sempre è precisa. Il grado di dilatazione dell’atrio sinistro è correlato all’entità della stenosi ma è influenzato da altre variabili quali l’entità dell’insufficienza, la compliance atriale, il rimodellamento meccanico secondario alla fibrillazione atriale. Le dimensioni dell’atrio sono quindi espressione del carico emodinamico complessivo e si correlano direttamente con il rischio di fibrillazione atriale e con l’incapacità a mantenere il ritmo sinusale dopo cardioversione.

Terminato lo studio della mitrale e dell’atrio sinistro si passa a valutare la valvola aortica prima inspettivamente con l’ecografia B-mode alla ricerca di alterazioni proprie della malattia reumatica (fibrosi, calcificazioni, ridotta motilità delle cuspidi) poi con il color, posizionato nel tratto di efflusso sinistro al di sotto delle cuspidi, per evidenziare un’eventuale insufficienza. L’associazione più frequente è con l’insufficienza aortica. Il rigurgito appare come un jet turbolento che parte dalle cuspidi e scende verso il ventricolo sinistro. Nella quantificazione del rigurgito non bisogna farsi ingannare dall’immagine oculare dell’estensione del jet, in quanto influenzata dall’effetto spray. La valutazione corretta viene fatta misurando lo spessore della vena contracta rapportandolo allo spessore del tratto di efflusso. Un rigurgito aortico di lieve entità è spesso presente nei paziente con stenosi mitralica reumatica ed ha una tendenza all’evoluzione molto lenta. La presenza di un rigurgito moderato, soprattutto se associata a stenosi aortica anche di grado lieve, comporta invece una maggiore velocità di progressione. L’esistenza di un’insufficienza più che lieve influenza la misurazione dell’area mitralica con il PHT in quanto modifica la velocità di decelerazione rendendo la valutazione meno attendibile. Il riscontro di un’insufficienza aortica di grado significativo va ben considerato nel planning interventistico del paziente. La presenza di una stenosi mitralica severa comporta una riduzione del riempimento ventricolare sinistra e della gittata cardiaca, quindi una sottostima del grado di rigurgito aortico. L’analisi viene completata dalla visualizzazione della morfologia e del movimento delle cuspidi, per valutare la presenza di una stenosi aortica associata.

Da ultimo si misurano le dimensioni e gli spessori ventricolari. Mentre le dimensioni e gli spessori del ventricolo sinistro sono, in assenza di altre malattie valvolari, solitamente normali, particolare attenzione va rivolta al diametro diastolico del ventricolo destro. Un valore superiore a 35 mm è indicativo, in assenza di patologie polmonari, di stenosi mitralica severa già complicata da ipertensione polmonare e dilatazione del ventricolo destro.

PARASTERNALE ASSE CORTO (PSAX)
La proiezione parasternale asse corto è importante per: 1) quantificare l’area mitralica anatomica; 2) visualizzare la eventuale presenza di calcificazioni commissurali che costituiscono una controindicazione alla valvuloplastica percutanea con palloncino; 3) localizzare la sede di un eventuale rigurgito associato.

Si inizia quindi con la valutazione ispettiva con l’ecografia B-mode delle commissure; questa proiezione è l’unica dove possano essere visualizzate con chiarezza le commissure. La commissura a sinistra è la postero-mediale, quella a destra l’antero-laterale. Le calcificazioni si presentano come zone iperecogene, ecoriflettenti. E’ importante notare se il calcio coinvolga solo una o entrambe le commissure, si estenda anche all’anulus posteriore e se dalle commissure nasca un rigurgito. La presenza di calcificazioni bilaterali costituisce una controindicazione alla valvuloplastica con palloncino. Nei casi di calcificazione limitata ad una cuspide la controindicazione viene ritenuta da molti gruppi relativa in quanto con opportune precauzioni tecniche si può ottenere un risultato soddisfacente. L’estensione all’anello posteriore del calcio, più frequente nei soggetti giovani con forme aggressive di malattia reumatica o negli anziani rende più difficoltosa e rischiosa la sostituzione valvolare che va affrontata utilizzando tecniche particolari. 



Sempre con il B-mode una volta ottenuta una visione ottimale dell’apertura dei lembi si congela l’immagine in diastole e si misura contornando l’apertura l’area planimetrica, per avere un elemento di stima della gravità della stenosi. La stenosi mitralica comporta un’alterazione della valvola che assume una forma simile ad un imbuto. E’ quindi importante inclinare la sonda fino a misurare l’area minore. Inoltre bisogna essere sicuri di essere perfettamente perpendicolari all’apertura valvolare. Il taglio obliquo porta ad una sovrastima dell’area. L’imperfetta tecnica di esecuzione può spiegare la discrepanza che a volte si ottiene con la valutazione chirurgica. L’ecografia 3D supera questi limiti ed ha correlazioni migliori.



Dopo aver valutato la morfologia con l’ecografia in B-mode si attiva il colore per visualizzare la presenza di un eventuale rigurgito. In questa proiezione è importante stabilire la sede centrale o paracommissurale del rigurgito. Un rigurgito che origini dalla commissura può peggiorare dopo la valvuloplastica o la commissurotomia ed è di più difficile trattamento chirurgico rispetto al rigurgito centrale. Terminato lo studio della mitrale un’occhiata con l’ecografia B-mode al movimento del setto interventricolare; uno spostamento verso il ventricolo sinistro in sistole è espressione di una severa ipertensione polmonare, in diastole di un’insufficienza tricuspidalica severa. 

APICALI (A4C):
Dalla proiezione apicale 4 camere si hanno le informazioni definitive sulla morfologia dei lembi, l’entità della stenosi e dell’eventuale insufficienza associata, il grado di dilatazione dell’atrio sinistro, la presenza e la gravità dell’ipertensione polmonare, il rigurgito tricuspidalico, la morfologia e la funzione del cuore destro, l’entità dell’eventuale valvulopatia aortica associata. 

Si inizia con una prima valutazione ispettiva con il B-mode della morfologia e del movimento dei lembi, delle dimensioni degli atri e del ventricolo destro. Una importante dilatazione dell’atrio sinistro sta a significare che la stenosi è severa oppure che è presente una significativa insufficienza associata o che ci sono stati episodi di fibrillazione atriale. La dilatazione del cuore destro e la visualizzazione di un seno coronarico dilatato è segno di stenosi severa, di ipertensione polmonare e di compromissione del cuore destro. Poi ci si concentra sulla valvola mitrale, la morfologia ed il movimento dei lembi. Anche in questa proiezione i lembi appaiono ispessiti, ipomobili, soprattutto il posteriore. Se non c’è molto calcio la valvola è ancora riparabile. Terminata la valutazione morfologica allineandosi con il colore si attiva il doppler continuo per quantificare il gradiente e l’area funzionale




Dopo avere registrato una serie di curve velocimetriche accettabili si congela l’immagine e si traccia con il track ball il profilo della curva e la pendenza. Il software dell’apparecchio calcola il gradiente massimo, medio e l’area doppler. Nei pazienti in ritmo sinusale si fa una media di 3 determinazioni; nei soggetti in fibrillazione atriale sono necessarie almeno 5. Il metodo PHT correla bene con l’area anatomica tranne in presenza di condizioni che determinano un’alterazione della pendenza dell’onda E come l’insufficienza aortica o mitralica significative, l’alterata compliance atriale e ventricolare. 

Poi si passa a quantificare con il color doppler l’entità del rigurgito nei modi consueti (si veda l’insufficienza mitralica già discussa nel capitolo dedicato, Capitolo xx.xx.xx). Un’insufficienza severa, tale da controindicare di per sé la valvuloplastica, è abbastanza rara. I meccanismi più frequenti sono solitamente 3: il movimento ristretto di un lembo, l’alterata funzione della commissura, la disfunzione anulare. Per stabilire il meccanismo si valuta la direzione del jet e la sede della vena contracta. Nel movimento ristretto il jet è solitamente eccentrico, omolaterale al lembo interessato. In presenza di interessamento di entrambi i lembi o di disfunzione anulare il jet è centrale. Nella compromissione commisurale il jet parte da sotto la commissura interessata (confermata nella proiezione asse corto) ed ha un decorso a volte orizzontale. Più di un meccanismo può essere operativo nel singolo paziente.

Terminato lo studio della mitrale si passa alla quantificazione del grado di dilatazione dell’atrio; l’area ed il volume atriale si misurano in telesistole al picco dell’onda T con il solito sistema planimetrico. L’area ed il volume atriale sono più attendibili rispetto alla misura lineare. Le dimensioni dell’atrio correlano con il burden emodinamico, con il rischio di fibrillazione atriale e l’inefficacia del ripristino del ritmo sinusale. Prima di passare allo studio del cuore destro un’occhiata alla valvola aortica ed alla presenza di eventuale insufficienza o stenosi associata.

A questo punto l’attenzione si rivolge alla valvola tricuspide per valutarne il grado di insufficienza e l’eventuale presenza di stenosi e stabilire quindi la necessità di un atto chirurgico anche sulla tricuspide. Prima lo studio morfologico sullo spessore e sulla mobilità dei lembi e le dimensioni dell’anulus, in seguito l’attivazione del colore per il rigurgito. Il diametro dell’anulus tricuspidalico normale è inferiore a 33 mm. Un rigurgito centrale di grado più che moderato è un’indicazione all’intervento associato di anuloplastica. Un jet eccentrico, associato a fibrosi e ridotta escursione dei lembi ed al riscontro di un gradiente medio al doppler continuo maggiore di 3 mmHg è indicativo di stenosi tricuspidalica e richiede la sostituzione valvolare. 

Allineandosi sul colore del rigurgito tricuspidalico si attiva il doppler continuo e si calcola la pressione polmonare sistolica; la presenza di ipertensione polmonare è segno di gravità della stenosi mitralica. A questo punto si valutano le dimensioni del ventricolo destro, rispetto al sinistro ed il volume dell’atrio destro; poi si posiziona l’M-mode attraverso l’anulus tricuspidalico laterale, si visualizza l’escursione sisto-diastolica e si misura il TAPSE. Un valore al di sotto dei 2 cm è segno di disfunzione ventricolare destra.

SOTTOCOSTALE (SC):
La proiezione sottocostale, l’ultima della serie, serve per valutare il grado di congestione venosa sistemica; la presenza di una vena cava dilatata al di sopra dei 2 cm, poco collassabile durante l’inspirazione e la visualizzazione di dilatazione delle vene sovraepatiche è segno di stasi sistemica. La quantificazione della pressione venosa centrale attraverso la tabella consente di conoscere il valore da sommare al gradiente per calcolare la pressione polmonare.  Un’ultima occhiata alle pleure ed ai polmoni ci permetterà di valutare la gravità dello scompenso tramite il riscontro di versamento pleurico bilaterale o delle comete polmonari.






ECOCARDIOGRAFIA TRANSESOFAGEA
Nei soggetti in cui l’ecocardiografia TT è già sufficiente per porre indicazione chirurgica alla sostituzione valvolare l’esame TE appare inutile. L’ecocardiografia TE è indicata nei pazienti in cui sia ipotizzabile una valvuloplastica percutanea per: 1) valutare l’eventuale presenza di trombi in auricola sinistra; 2) stimare con precisione, nei casi dubbi, l’entità del rigurgito. 

La sonda TE viene introdotta a circa 30-35 cm dagli incisivi fino alla visualizzazione dell’atrio sinistro; Uuna prima ispezione con tecnica B-mode già consente di valutare l’eventuale presenza di eco contrasto o più raramente di trombosi in atrio sinistro. Con un movimento di rotazione si centralizza l’imbocco dell’orecchietta e si inizia a spazzolare l’auricola con la sonda da 0° a 150° alla ricerca di eco contrasto o trombi. Durante la manovra è indispensabile girare in senso antiorario la sonda per mantenere aderenza con l’auricola. L’ecocontrasto spontaneo si manifesta come un effetto fumo dovuto alla visualizzazione della stasi di globuli rossi secondario all’aumentata viscosità. Il trombo si presenta come una massa di aumentata densità, solitamente disomogenea, adesa alla parete auricolare. 

In alcuni casi si può avere difficoltà nel differenziare piccoli trombi dai muscoli pettinati. La presenza di ecocontrasto spontaneo e di basse velocità di svuotamento auricolare sono fattori che fanno propendere per il trombo. Intorno ai 30-50°, dove si è ben allineati con l’imbocco dell’auricola sinistra, si attiva il doppler pulsato posizionando il volume campione a pochi millimetri dall’imbocco per analizzare la velocità di svuotamento auricolare, espressione del grado di rimodellamento meccanico atriale. 

Da studi eseguiti su pazienti in fibrillazione atriale, non necessariamente dovuta a stenosi mitralica, emergono alcune importanti ricadute cliniche: a) una velocità auricolare > 40 cm/sec è un buon predittore di persistenza di ritmo sinusale ad 1 anno dalla cardioversione; b) la presenza di trombosi o di eco contrasto spontaneo è un marker di ridotta sopravvivenza libera da eventi; c) l’ecocontrasto spontaneo e le basse velocità auricolari sono predittori di rischio embolico, anche in presenza di ritmo sinusale. Terminata questa fase si sposta la sonda verso destra per esaminare il setto atriale; l’esame viene compiuto spazzolando con la sonda da 0° a circa 120°, nella proiezione bicavale. L’esame serve per visualizzare l’eventuale presenza di pervietà della fossa ovale o di particolari situazioni anatomiche, come ad esempio la rete di Chiari, che possano rendere difficoltoso il cateterismo transettale necessario per la valvuloplastica con palloncino. La pervietà della fossa ovale viene chiusa nei casi di intervento chirurgico sulla valvola.

Dopo avere ultimato lo studio del setto si passa ad analizzare la mitrale nelle proiezioni specifiche TE 4 cavità (tra 0 e 30°), commissurale (intorno ai 60°), 2 cavità (intorno ai 90°), asse lungo o 3 cavità (intorno ai 120°). Con l’ecografia B-mode si rivedono la morfologia, lo spessore, la motilità dei lembi. Terminato lo studio B-mode si attiva il colore per identificare la presenza dell’eventuale rigurgito, stimarne l’entità (lieve, moderata, media, severa) e localizzarne l’origine (centrale o commissurale) ed il decorso (centrale o eccentrico). Nella proiezione asse lungo si valuta la presenza e l’estensione di un eventuale rigurgito aortico e di calcificazioni e/o ateromasia parietali che rendano difficoltoso il clampaggio aortico. Nel tornare indietro si analizza a 30° la morfologia della valvola aortica.

L’esame prosegue portandosi in proiezione TG asse corto dei lembi valvolari; il piano di sezione è ideale per vedere le commissure, eventuali calcificazioni e la mobilità dei lembi. Attivando il colore è possibile visualizzare l’esatta origine di un rigurgito. Ruotando la sonda intorno ai 90° si può studiare in modo accurato l’apparato sottovalvolare, in particolare la fusione degli spazi intercordali, l’accorciamento delle corde, la fibrosi densa o le calcificazioni, tutte informazioni che entrano nella quantificazione dello score di Wilkins.






ALTRE APPLICAZIONI ECOCARDIOGRAFICHE:

A) ECOGRAFIA TEE NELL’OCCLUSIONE DELL’AURICOLA:
Nei pazienti che presentino controindicazioni o abbiano dei problemi nel seguire la terapia anticoagulante è possibile chiudere l’auricola per via percutanea con appositi devices. L’ecocardiografia TE è impiegata per:



Le controindicazioni alla procedura sono la presenza di un trombo nell’atrio sinistro o nell’auricola, la presenza di calcificazioni aortiche complesse, la presenza di stenosi valvolare aortica, infarto miocardico acuto o angina instabile, una patologia carotidea sintomatica o un ictus negli ultimi 2 mesi. Una volta escluse le controindicazioni ecocardiografiche si misura il diametro dell’ostio dell’auricola per scegliere la taglia del device. Durante il posizionamento il TEE viene impiegato per posizionare il device e controllare l’assenza di leak.


B) ECO STRESS:
L’eco stress viene impiegato nei casi di discrepanza tra i sintomi accusati dal paziente (dispnea da sforzo) e l’entità della stenosi (non critica). L’esame viene condotto misurando la pressione polmonare basale e dopo lo sforzo fisico sul treadmill; molti di questi soggetti presentano un significativo incremento della pressione polmonare sotto sforzo, dovuto all’aumento dell’ostruzione transmitralica secondario alla tachicardia ed alla ridotta compliance atriale, che spiega bene l’insorgenza della dispnea.  In questi casi è indicata la valvuloplastica che da ottimi risultati.


C) VALUTAZIONE DEL RISULTATO DELLA VALVULOPLASTICA PERCUTANEA
Durante la valvuloplastica l’ecocardiografia TE/TT viene impiegata per: a) identificare tempestivamente le eventuali complicanze; b) valutare la bontà del risultato. Le complicanze della valvuloplastica sono:



La diagnosi di emopericardio viene fatta in base alla comparsa di uno spazio ecoprivo intorno al cuore; il trattamento iniziale è la pericardiocentesi. Nei casi di insufficienza mitralica è importante stabilire il meccanismo. Il jet commissurale è espressione di un eccessivo split della commissura, solitamente non è evolutivo. Il jet centrale è solitamente dovuto ad una lacerazione del lembo e richiede il trattamento chirurgico. La rottura di corde si visualizza all’ecografia B-mode ed al color con un jet eccentrico ed anch’essa richiede la terapia chirurgica. L’efficacia della procedura viene stimata in base al gradiente ed all’area. In questa fase il gradiente è più affidabile dell’area. Nei controlli ecocardiografici a distanza la presenza di un rigurgito mitralico “significativo” condiziona una sopravvivenza libera da eventi peggiore, in particolare quando il rigurgito non è commissurale. Ovviamente la bontà del risultato iniziale è predittiva del successo a distanza


MANAGEMENT (BASE):
Al termine della valutazione (anamnesi, esame obiettivo, ecocardiografia) ci siamo fatti un’idea della gravità della situazione e delle possibilità terapeutiche.




STENOSI LIEVE E PAZIENTE ASINTOMATICO:
Questi soggetti conducono una vita normale; a livello ecografico l’area mitralica è superiore 1.5 cmq ed il gradiente medio è inferiore a 5 mm Hg. In questi pazienti è indicata soltanto la profilassi dell’endocardite e controlli clinico-ecocardiografici annuali. Il rischio di endocardite è maggiore nei pazienti con stenosi non severa e lembi valvolari ancora mobili; la probabilità di endocardite diminuisce con l’evoluzione della malattia nelle valvole severamente e diffusamente calcifiche.

STENOSI CRITICA E PAZIENTE SINTOMATICO:
Il paziente è sintomatico per dispnea da sforzo o ha avuto un episodio di fibrillazione atriale e presenta all’ecocardiografia un’area mitralica al di sotto di 1.5 cmq. Il trattamento del paziente sintomatico con stenosi mitralica critica è di tipologia interventista. I tipi di intervento possibili sono 3: la valvuloplastica percutanea con palloncino, la commissurotomia chirurgica, la sostituzione valvolare. La scelta del tipo d’intervento dipende dai sintomi del paziente e dalle caratteristiche della valvola studiate con l’ecocardiografia. Esaminando le singole procedure interventistiche vedremo quali sono i criteri di scelta.

a) Valvuloplastica percutanea con palloncino:
La valvuloplastica percutanea consiste nella dilatazione della valvola mitralica stenotica tramite un catetere a palloncino; la procedura ha due grandi vantaggi: evitare/dilazionare l’intervento chirurgico e mantenere la valvola nativa. I rischi peri-operatori sono bassi. I risultati dell’intervento dipendono dalle caratteristiche della valvola ma in media possiamo dire che la durata è intorno ai 10-15 anni. Per questi motivi la valvuloplastica percutanea è quando possibile la procedura di prima scelta. L’importante è una buona selezione del candidato ed il riferimento del paziente ad un centro esperto. Il candidato deve possedere i criteri ecocardiografici di fattibilità (già accennati prima) che sono l’assenza di calcificazioni commisurali, la presenza di un rigurgito mitralico lieve e l’assenza di trombi nell’auricola sinistra. In presenza di trombosi auricolare è indicato un trattamento anticoagulante a dosi piene e la rivalutazione dopo 4-6 settimane con ecocardiografia TE. Nei casi in cui il trombo sia stato sciolto viene riconsiderata la procedura. Negli altri viene consigliata la commissurotomia chirurgica.




In presenza dei criteri di fattibilità la valvuloplastica con palloncino viene consigliata già nei pazienti poco sintomatici in classe NYHA 2 con stenosi anche solo moderata (area < 1.5 cmq). Il razionale è che prima si interviene, minori sono le alterazioni della valvola, migliori sono i risultati immediati ed a distanza (è come «riportare indietro le lancette dell’orologio»). L’indicazione è ancora più pressante in presenza di uno score di Wilkins molto favorevole (< 6) che assicura un’elevata percentuale di successo e buoni risultati a distanza e nelle donne giovani che vogliano avere gravidanze.

L’intervento migliora l’area mitralica in oltre il 90% dei casi ed il paziente può lasciare l’ospedale già il giorno dopo la procedura; se il malato è ben selezionato e l’emodinamista è esperto le complicanze sono rare. Le più serie sono la perforazione della parete libera dell’atrio con la formazione di versamento pericardico, che viene immediatamente drenato, e l’insufficienza mitralica acuta che quando severa richiede l’intervento di sostituzione valvolare. L’area media dopo la procedura è quella di una stenosi lieve, intorno ai 2 cmq. I risultati a distanza sono funzione delle caratteristiche della valvola (quantificate con lo score di Wilkins). Quando compare la re-stenosi la valvuloplastica può essere ripetuta se vengono mantenute le caratteristiche di fattibilità; le probabilità però diminuiscono ed i risultati sono peggiori rispetto al primo intervento. Il paziente spesso va quindi inviato al cardiochirurgo.

b) Commissurotomia chirurgica:
La commissurotomia chirurgica ha uno svantaggio, l’essere un intervento chirurgico, ed un vantaggio, conservare la valvola nativa. La valvuloplastica percutanea ha ridotto notevolmente l’impiego della commissurotomia chirurgica, in quanto le indicazioni sono molto simili; la commissurotomia inoltre può essere fatta, con un certo rispetto per l’estetica, attraverso una toracotomia o in alcuni casi per via mini-invasiva. L’operazione consiste in anestesia generale, toracotomia, incisione della commisura valvolare, liberazione dell’apparato sottovascolare ed in media 5 giorni di ricovero.




L’intervento è più completo rispetto alla valvuloplastica percutanea perchè oltre ad agire sulle commissure permette anche di liberare l’ostruzione dell’apparato sottovalvolare, rimuovere eventuali trombi e legare l’auricola sinistra (per evitarne la formazione di altri), ridurre un rigurgito associato con un’anuloplastica. Inoltre nei pazienti in fibrillazione atriale può essere associata nella stessa seduta operatoria una procedura di ablazione dell’aritmia. I risultati a distanza sono simili a quelli ottenibili con la valvuloplastica percutanea. Essendo comunque un intervento chirurgico l’indicazione viene posta in pazienti poco più compromessi rispetto ai precedenti: in classe NYHA 3, con stenosi moderato-severa. Il riscontro di ipertensione polmonare, la volontà da parte della paziente di avere dei figli, la comparsa di fibrillazione atriale fanno anticipare l’indicazione all’intervento. L’operazione è ideale quando i lembi sono fibrotici e la stenosi valvolare è dovuta soprattutto alla fusione dell’apparato sottovalvolare, sia presente un moderato grado di rigurgito mitralico, siano stati visualizzati i trombi in auricola sinistra anche dopo un adeguato trattamento anticoagulante. In questo caso l’auricola viene legata.

c) Sostituzione valvolare:
La sostituzione valvolare è l’ultima opzione, quando ormai la compromissione anatomo-morfologiaca della valvola è talmente avanzata da non poter permettere una ricostruzione.  L’intervento è indicato quando i lembi e/o le commissure sono calcifici e/o l’insufficienza associata è severa.  Nel caso sia necessaria la sostituzione il timing dell’intervento si sposta verso la classe NYHA 3 - 4 e la presenza di una stenosi severa. Anche la sostituzione valvolare può essere eseguita per via toracotomica ma data l’età avanzata dei pazienti che vanno incontro a questo intervento si preferisce la sternotomia. 

Solitamente la scelta favorisce le protesi meccaniche in quanto il paziente è (e rimane) in fibrillazione atriale e quindi richiede comunque un trattamento anticoagulante. La mortalità dell’intervento è in media intorno al 2%. La presenza di ipertensione polmonare aumenta il rischio fino al 10%.


MANAGEMENT (AVANZATO):
PAZIENTI CON DISCREPANZA FRA SINTOMI E SEVERITÀ:
Non raramente alcuni pazienti accusano sintomi dispnoici più gravi rispetto all’entità della stenosi misurata con l’ecocardiogramma in condizioni di riposo; esclusi gli errori tecnici, in questi pazienti è necessario richiedere un ecocardiografia sotto sforzo. Nell’eco da sforzo il paziente viene fatto camminare sul treadmill o pedalare con il cicloergometro monitorando l’ecocardiogramma. Innanzitutto il test serve per obiettivare il grado di compromissione funzionale del paziente; spesso in questi soggetti il gradiente transmitralico e la pressione polmonare aumentano significativamente giustificando la sintomatologia. Il fenomeno è dovuto all’assenza di capacità della valvola di dilatarsi durante lo sforzo (riserva valvolare). In questi soggetti anche in assenza di una stenosi severa è indicata la valvuloplastica che si è dimostrata efficace anche in questa popolazione. 

TERAPIA MEDICA
L’ideale sarebbe arrivare all’intervento prima che il paziente andasse in fibrillazione atriale; quando il paziente è in fibrillazione atriale è necessario il ricovero ospedaliero sia per tentare il ripristino del ritmo sinusale con la cardioversione sia per il rischio di un peggioramento acuto delle condizioni emodinamiche (edema polmonare, ipotensione). Il ricovero può essere fatto in qualunque ospedale. Quando è il primo episodio di fibrillazione atriale si cerca di ripristinare il ritmo sinusale. Uno dei fattori più importanti nell’efficacia del recupero del ritmo sinusale è la tempestività dell’intervento. Prima di sottoporre il paziente alla cardioversione bisogna essere sicuri che non siano presenti trombi all’interno dell’auricola sinistra che potrebbero embolizzare durante il ripristino del ritmo sinusale. Per questo motivo il paziente viene sottoposto all’esame TE. Una volta esclusa la presenza di formazioni trombotiche si può procedere alla cardioversione. 

La cardioversione può essere farmacologica o elettrica. La farmacologica consiste nella somministrazione di un farmaco antiaritmico che abbia il compito di ridurre la risposta ventricolare alla fibrillazione e ripristinare il ritmo sinusale. I farmaci più utilizzati sono l’amiodarone o il propafenone. Nell’ambito di 24 - 48 ore si ottiene il ripristino del ritmo sinusale. La cardioversione elettrica consiste nella somministrazione di una scarica elettrica sincronizzata (per evitare di cadere nel periodo refrattario cardiaco) erogata da un apposito apparecchio (defibrillatore) ad una quantità prefissata (150-200 Joule). La manovra è molto dolorosa e richiede un’anestesia generale di pochi minuti. Il vantaggio è la rapidità del ripristino del ritmo. La cardioversione elettrica è quindi indicata: a) d’urgenza, nei pazienti in cui l’aritmia abbia causato un deterioramento emodinamico importante (edema polmonare, ipotensione) e non possano attendere il periodo di latenza dei farmaci; b) in elezione, nei soggetti già trattati per alcuni giorni con la terapia antiaritmica in maniera inefficace. Insieme alla cardioversione viene sempre prescritta la terapia anticoagulante, prima con eparina poi con gli anticoagulanti orali, anche nei casi in cui non siano presenti trombi. Anche dopo una cardioversione efficace il milieu trombogenico all’interno dell’atrio sinistro persiste per alcuni giorni in quanto l’auricola e l’atrio prima di riprendere la loro normale attività meccanica attraversano una fase di stordimento dovuta alla necessità di ricostituire le riserve biochimiche e la macchina energetica perse durante il periodo della fibrillazione. In questo periodo persiste il rischio della formazione di trombi. La terapia anticoagulante in maniera empirica viene prudenzialmente consigliata per un periodo di 3 settimane mantenendo un INR compreso tra i 2 ed i 3. La comparsa della fibrillazione atriale è spesso il segnale che sia necessario ricorrere all’intervento. Dopo il ripristino del ritmo è quindi opportuno valutare la necessità e la fattibilità dell’intervento. 

Nella storia naturale della malattia gli episodi di fibrillazione tendono a recidivare fino a cronicizzarsi (fibrillazione atriale permanente). In questo caso sono possibili 2 atteggiamenti: a) mantenere la fibrillazione atriale limitandosi a ridurre la risposta ventricolare quando elevata ed evitare il rischio tromboembolico; b) cercare comunque di ripristinare il ritmo sinusale.

Il primo atteggiamento è il più antico e viene ancora preferito nei pazienti anziani, in quelli operati tardivamente e nelle strutture meno avanzate. La digitale negli anziani è spesso sufficiente a mantenere un’accettabile risposta ventricolare e viene associata agli anticoagulanti orali mantenendo l’INR tra 2 e 3 e stando attenti alle interazioni. Nei pazienti più giovani la digitale da sola raramente riesce a controllare la frequenza cardiaca sotto sforzo. E’ quindi opportuna l’associazione con basse dosi di betabloccanti o di calcio-antagonista.

Il secondo atteggiamento è il più moderno. Il ripristino del ritmo sinusale si può avere intanto con un’indicazione precoce all’intervento. In più oggi sono possibili delle tecniche di ablazione delle zone che innescano nell’atrio la fibrillazione atriale (intorno alle vene polmonari). Le tecniche di ablazione isolano elettricamente la zona permettendo al resto del cuore di essere attivato come normalmente dal nodo del seno. L’ablazione può essere fatta sia per via percutanea sia per via chirurgica ed è quindi possibile associarla all’intervento sulla mitrale. Nei pazienti trattati con un timing appropriato (prima che l’atrio sia divenuto enorme) il ripristino del ritmo sinusale è ottenibile fino all’85% dei casi.    

(continua...)


REFERENCES:
1. Jokinen JJ, Hippelinen MJ, Pitkanen OA, Hartikainen JE. Mitral valve replacement versus repair: propensity-adjusted survival and quality- of-life analysis. Ann Thorac Surg. 2007;84:451–458. 
2. Bernal JM, Fernandez-Vals M, Rabasa JM, Gutierrez-Garcia F, Morales C, Revuelta JM. Repair of nonsevere rheumatic aortic valve disease during other valvular procedures: is it safe? J Thorac Cardiovasc Surg. 1998;115:1130 –1135. 
3. Grinda JM, Latremouille C, Dattellis N, Berrebi A, Chavaud S, Carpentier A, Faviani JN, Deloche A. Triple valve repair for young rheumatic patients. Eur J Cardiothorac Surg. 2002;21:447–452. 
4. Han QQ, Xu ZY, Zhang BR, Zou LJ, Hao JH, Huang SD. Primary triple valve surgery for advanced rheumatic heart disease in Mainland China: a single-center experience with 871 clinical cases. Eur J Cardiothorac Surg. 2007;31:845–850. 
5. Carapetis JR, Mc Donald M, Wilson NJ. Acute rheumatic fever. Lancet. 2005;366:155–168. 
6. Guilherme L, Kalil J. Rheumatic fever: from innate to acquired immune response. Ann N Y Acad Sci. 2007;1107:426–433. 
7. Cilliers AM. Rheumatic fever and its management. BMJ. 2006;333: 1153–1156. 
8. Marijon E, Ou P, Celermajer DS, Ferreira B, Mocumbi AO, Sidi D, Jouven X. Echocardiographic screening for rheumatic heart disease. Bull World Health Organ. 2008;86:84. 
9. McDonald M, Brown A, Noonan S, Carapetis JR. Preventing recurrent rheumatic fever: the role of register based programmes. Heart. 2005;91: 1131–1133. 
10. Mayosi B, Robertson K, Volmink J, Adebo W, Akinyore K, Amoah A, Bannerman C, Biesman-Simons S, Carapetis J, Cilliers A, Commerford P, Croasdale A, Damasceno A, Dean J, Dean M, de Souza R, Filipe A, Hugo-Hamman C, Jurgens-Clur SA, Kombila-Koumba P, Kotzenberg C, Lawrenson J, Manga P, Matenga J, Mathivha T, Mntla P, Mocumbi A, Mokone T, Ogola E, Omokhodion S, Palweni C, Pearce A, Salo A, Thomas B, Walker K, Wiysonge C, Zaher S. The Drakensberg declaration on the control of rheumatic fever and rheumatic heart disease in Africa. S Afr Med J. 2006;96:246.



Sign up here with your email address to receive updates from this blog in your inbox.

0 Response to "Stenosi valvolare mitralica (Capitolo 2.12.4)"

Posting Komentar

Diberdayakan oleh Blogger.

Formulir Kontak

Nama

Email *

Pesan *

Cari Blog Ini

Ads 970x90

List Labels

iklan banner

Newsletter