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VNI ed estubazione (Capitolo 3.3.6)




Dopo che nei capitoli precedenti abbiamo brevemente trattato della VNI in termini strutturali e di interazione fra la VNI ed il paziente, in questo capitolo valuteremo quelli che sono gli elementi di interazione fra l’uso della VNI e la fase di svezzamento respiratorio, sia in termini di estubazione che di prevenzione per evitare una nuova intubazione, elemento associato ad un prolungamento di degenza in ICU ed aumento della mortalità. I tre aspetti fondamentali da prendere in considerazione sono gli stessi che sono indicati per l’uso di una ventilazione meccanica, quali: problemi d’ossigenazione, problemi di decarbossilazione e problemi di debolezza muscolare. Vedremo brevemente i meccanismi fisiopatologici legati all’uso della VNI post-estubazione (in gruppi selezionati di pazienti), con qualche accenno ai principali studi clinici eseguiti in tale contesto.



I GRUPPI MUSCOLARI RESPIRATORI:
Prima di analizzare gli effetti della VNI, é meglio eseguire un breve ripasso di anatomo-fisiologia della respirazione, in quanto la VNI viene ad inserirsi andando a supportare le diverse normali funzioni fisiologiche che, in alcuni pazienti, appaiono ridotte subito dopo l'estubazione. I tre gruppi muscolari respiratori principali sono i muscoli inspiratori, i muscoli espiratori ed i muscoli innervati a livello bulbare. I muscoli inspiratori ed espiratori possono essere assistiti o supportati indefinitamente applicando pressioni alle vie respiratorie in modo che nessuna misura di disfunzione possa causare un guasto respiratorio o si debba ricorrere alla tracheotomia. Si tratta di tecniche che coinvolgono l'applicazione manuale o meccanica di forze al corpo o cambiamenti di pressione nelle vie aeree per assistere o sostituire la funzione muscolare inspiratoria o espiratoria; la pressione negativa applicata alla via aerea durante la fine-espirazione aiuta i muscoli espiratori per la tosse, proprio come la pressione positiva applicata alla via aerea durante l'inalazione aiuta la funzione inspiratoria. Una spinta manuale applicata all'addome durante l'espirazione, soprattutto quando viene messa in combinazione con una leggera compressione del petto, aiuta la funzione muscolare espiratoria ed aumenta i flussi di tosse. I pazienti con una capacità vitale (VC) estremamente ridotta o non misurabile, con difficoltà a mantenere autonomamente la ventilazione alveolare o a gestire la tosse possono essere gestiti in maniera non invasiva utilizzando questi metodi. Tuttavia, anche quando i muscoli inspiratori e espiratori sono funzionanti, i pazienti con disfunzione muscolare bulbare che necessitano l'aspirazione continua delle secrezioni delle vie aeree determinante una riduzione della saturazione periferica (SpO2) al di sotto del 95%, generalmente devono subire una tracheotomia per poter sopravvivere. Generalmente, quando questo accade, il paziente ha già perso la capacità di parlare e di deglutire in maniera efficace.

Gli aiuti muscolari inspiratori ed espiratori possono essere usati anche al domicilio o in ospedale per prevenire episodi di polmonite ed insufficienza respiratoria che si verificherebbero durante le infezioni delle vie respiratorie intercorrenti e/o durante gli episodi di bronchite a causa della tosse inefficace. Sia la tosse assistita meccanicamente (MAC) sia il supporto continuo di VNI sono spesso necessari durante questi episodi, quando molto probabilmente non sono richiesti in altre occasioni. A conferma di questo, quando i pazienti non hanno accesso alla VNI o al MAC, spesso sviluppano nella fase post-estubazione una polmonite ed un’insufficienza respiratoria acuta. Tipicamente, cona la degenerazione della condizione clinica, la sua pCO2 (magari già elevata) aumenta ulteriormente e la ipercapnia può portare ad arresto respiratorio, all'intubazione ed infine ad un mancato svezzamento da un supporto ventilatorio invasivo; in questi casi la tracheotomia viene eseguita prima dell'estubazione ed i pazienti vengono trasferiti anche al domicilio con un supporto ventilatorio invasivo. Una volta posizionato un tubo di tracheostomia però, molto spesso il paziente perde tutta la capacità residua di respirare che aveva senza ventilatore perché la ventilazione attraverso il tubo provoca un ulteriore decondizionamento muscolare inspiratorio.



Qualunque sia la ragione, i pazienti dipendenti dalla ventilazione, una volta tracheotomizzati preferiscono mantenere la VNI per questioni di sicurezza, di convenienza, per il controllo della deglutizione, per l'aspetto ed il comfort nel complesso. La gestione non invasiva riduce anche i costi e facilita il ritorno al domicilio anziché l'istituzionalizzazione a lungo termine. La necessità di decannulare i pazienti tracheostomizzati può essere evitata, tuttavia, se i pazienti dipendenti dal ventilatore  possono essere estubati senza ricorrere alla tracheotomia.

Mentre la maggior parte delle sperimentazioni cliniche della terapia con VNI ha escluso i pazienti con patologie neuromuscolari o non ne menziona alcuno, un trial randomizzato condotto in 37 centri da Esteban et al. ha incluso 7 pazienti con patologia neuromuscolare, ma senza riuscire a dimostrare che la VNI impedisce la necessità di una reintubazione o porta ad una riduzione della mortalità. Inoltre, un altro studio randomizzato multicentrico randomizzato di Confaloniere et al., confrontando il trattamento standard associato alla VNI rispetto al solo trattamento standard in caso di insufficienza respiratoria acuta per pazienti con polmoniti gravi acquisite in comunità, aveva escluso pazienti con ventilazione meccanica al domicilio e non avevano incluso alcun paziente con patologia neuromuscolare.

I pazienti con patologia neuromuscolare in genere presentano flussi di picco di tosse del tutto inefficaci, che possono causare problemi per l’estubazione dovuto all'accumulo di secrezioni nelle vie aeree; nessuno studio ha però dimostrato questo. In effetti, non esistono parametri di svezzamento ventilatori che affrontano la capacità di tossire, pertanto, non esistono linee guida per estubare i pazienti con patologie neuromuscolari ed insufficienza ventilatoria. Tuttavia, molti di questi pazienti possono essere stati continuamente dipendenti da NIV senza capacità di respirazione autonoma per decenni prima di essere ricoverati e intubati sia per l'anestesia generale che per una polmonite intercorrente. Questi pazienti in genere non desiderano passare dalla VNI continua alla ventilazione con tracheostomia.


ESTUBAZIONE INEFFICACE:
Un’estubazione inefficace è comunemente definita come l'incapacità di tollerare la respirazione spontanea senza il supporto ventilatorio transitorio entro 48-72 ore dall’estubazione; circa il 12,5% dei pazienti estubati sviluppa un’estubazione inefficace richiedente la reintubazione. Tale tasso varia a seconda del tipo di popolazione clinica, con un tasso superiore (12-20%) nelle ICU pediatriche, nelle ICU mediche e neurologiche, mentre risulta inferiore (attorno allo 5-8%) nelle ICU chirurgiche e traumatiche. L’estubazione inefficace può verificarsi a causa dello squilibrio tra capacità muscolare respiratoria ed il carico del lavoro respiratorio che aumenta in maniera evidente dopo l'estubazione, eventualmente aggravato dalla persistenza del processo primario che ha condotto all'intubazione o ad un’eventuale insufficienza cardiaca post-estubazione. L'esacerbazione della BPCO, l'ostruzione delle vie aeree superiori, l'eccessiva incapacità di eliminare le secrezioni, le necessità di aspirazioni frequenti, la debolezza muscolare respiratoria e la disfunzione neurologica sono fattori di rischio.

Sono stati ricercati dei predittori per il fallimento dell'estubazione; una valutazione retrospettiva di 900 pazienti con ventilazione meccanica per più di 48 ore, il 13% dei quali ha richiesto la reintubazione, ha mostrato che l'indice di respirazione rapido, il bilancio positivo dei liquidi e lo sviluppo di una polmonite da ventilatore sono i fattori predittivi indipendenti per un insuccesso d’estensione. Un’estubazione inefficace, come accennato inizialmente, è associato ad una maggiore mortalità intra-ICU ed intra-ospedaliero rispetto ai pazienti che non necessitano di reintubazione entro le prime 48-72 ore. Inoltre, la reintubazione aumenta la durata della ventilazione meccanica, la durata di degenza in ICU e l'ospedalizzazione, aumentando le probabilità di tracheostomia; la VNI si é dimostrata avere tale potenziale perché si é dimostrata essere in grado di migliorare l'ossigenazione e la ventilazione, di ridurre l'ansia respiratoria ed il lavoro respiratorio nei pazienti con insufficienza respiratoria acuta persistente post-estubazione.

La ventilazione non invasiva si é dimostrata efficace in differenti condizioni di insufficienza respiratoria acuta, in particolare per pazienti con BPCO, edema polmonare cardiogeno (in condizioni di cardiopatia avanzata) e pazienti con deficit muscolari (anziani, cachettici, ecc…). Evitando l’intubazione, la VNI permette di conservare i meccanismi di difesa naturali delle vie aeree, permettendo al paziente anche di parlare, tossire (tramite chiusura della glottide) e mangiare, riducendo inoltre ulteriori complicanze legate alla ventilazione, come le polmoniti associate alla ventilazione. Diversi studi di prevalenza (sia europei che canadesi) hanno mostrato come fra il 20-40% dei pazienti nella fase post-estubazione venga correntemente trattato mediante applicazione preventiva di VNI, con un triplice scopo: a) facilitare lo svezzamento della ventilazione invasiva e dall’estivazione, b) prevenire l’insufficienza respiratoria e la re-intubazione post-estubazione e c) eventuale trattamento dell’insuccesso respiratorio post-estubazione.

VNI DI FACILITAZIONE:
Per VNI di facilitazione si intende invece l’uso della VNI per pazienti che non sono ancora pronti per la rimozione del tubo, ma che vengono egualmente estubati, a patto di rimanere costantemente sotto VNI; nei primi anni '90 alcuni gruppi  hanno iniziato a proporre la VNI in continuo per pazienti affetti da difficoltà allo svezzamento, liberandoli dalla ventilazione meccanica invasiva tramite un breve periodo di VNI. Tale approccio é stato seguito da altri studi; il gruppo di Nava ha eseguito il primo studio randomizzato controllato in cui la VNI è stato usata per svezzare i pazienti affetti da BPCO con insufficienza respiratoria ipercapnica intubati per più di 48 ore, con multipli fallimenti allo svezzamento respiratorio tramite T-tube test. Di questi pazienti, metà é stata estubata con VNI conseguente, metà é rimasta intubata in attesa di un miglioramento clinico. Si é visto che rispetto allo svezzamento convenzionale, l'estubazione con VNI conseguente è stata associata a una durata più breve della ventilazione meccanica e della persistenza del malato in terapia intensiva, con una minore incidenza di polmoniti nosocomiali (0% contro 28%) ed un maggiore tasso di sopravvivenza a 60 giorni (92% vs 72%, p = 0,002).

Girault et al. hanno valutato il ruolo della VNI in 33 pazienti con fallimento del T-tube test a 2 ore, tutti pazienti ricoverati per insufficienza respiratoria acuta su cronica, di cui 17 pazienti presentavano un quadro di BPCO pre-esistente, 8 avevano una malattia polmonare restrittiva e 8 avevano una situazione combinata a livello polmonare ostruttiva e restrittiva. I pazienti sono stati randomizzati per ricevere o una ventilazione invasiva in modalità Pressure-Support (gruppo IPSV, n = 16) o tramite VNI intermittente con una maschera nasale o facciale applicata immediatamente dopo l'estubazione (gruppo VNI, n = 17). Rispetto al gruppo IPSV, il gruppo VNI ha mostrato una durata più breve della ventilazione meccanica endotracheale (4,6 ± 1,9 rispetto ai 7,7 ± 3,8 giorni, p = 0,004), anche se la necessità di reintubazione era di poco ridotta, in maniera non significativa (23% vs 25%), così come il tasso di morte intraospedaliera.

VNI POST-ESTUBAZIONE:
In merito all’uso della VNI per il trattamento dei pazienti estubati con successo nelle 48-72 ore seguenti, esistono due studi clinici; uno studio randomizzato su 81 pazienti ha mostrato che i pazienti necessitanti VNI post-estubazione presentavano una malattia polmonare cronica o un disturbo respiratorio rispetto al gruppo dei pazienti con un buon weaning respiratorio. Un altro grande studio é stato eseguito su 37 centri, arruolando 221 pazienti in ventilazione meccanica per oltre 48 ore che mostravano un’insufficienza respiratoria post-estubazione elettiva entro le 48 ore seguenti; in questo caso, una terapia con VNI o con Optiflow non ha mostrato una riduzione del tasso di reintubazione, né di mortalità fra i due gruppi. La VNI post-estubazione, appare utile ed indicata con lo scopo di ridurre i tassi di re-intubazione, solamente in gruppi selezionati di pazienti: nei pazienti BPCO, nei pazienti anziani (oltre 75 anni), nei pazienti cachettici (per il problema di atrofia muscolare) e nei pazienti da non re-intubare. In questi gruppi, pertanto, appare ragionevole introdurre una terapia non invasiva, con lo scopo di migliorare la sintomatologia clinica, ridurre la mortalità ed i tempi di degenza in ICU.


PROPOSTA PROTOCOLLO DI ESTUBAZIONE:
Nel 1996 un gruppo americano dedicato allo studio dell’utilizzo della VNI nei pazienti con patologie neuromuscolari (al fine di ridurre l’incidenza di tracheotomia post-estubazione) aveva sviluppato un protocollo clinico post-estubazione. Una volta raggiunta la ventilazione alveolare normale veniva utilizzato il cough-assist con pressioni da 40 a 60 cmH2O fino a a -40/-60 cmH2O (con spinta addominale associata) attraverso il tubo endotracheale a seconda delle necessità cliniche del paziente, fino a quando la SpO2 rimaneva attorno al 95% od oltre in aria ambiente per 12 ore o più . Una volta che i tentativi di SBT (Spontaneous Breathing Trial) erano falliti, ma i criteri di estubazione erano stati soddisfatti, il tubo nasogastrico veniva rimosso per facilitare immediatamente la presa a carico post-estubazione. Una volta misurato il volume corrente, il paziente veniva quindi estubato direttamente sotto VNI con modalità Pressure-Control a 18-20 cmH2O o in modalità Pressure-Assist/Control con circa a 800-1.500 mL di volume erogato e con frequenze respiratorie di 10-12/min. 

I pazienti venivano poi svezzati, quando possibile, riducendo progressivamente il tempo d’utilizzo della VNI secondo tolleranza clinica. Per gli episodi di restaurazione con SpO2 inferiore al 95%, il paziente veniva immediatamente rivalutato, regolando la pressione inspiratoria positiva del ventilatore, la perdita di aria dell'interfaccia e le impostazioni di controllo della pCO2 del ventilatore. Il personale infermieristico era stato inoltre addestrato a fornire cough-assist attraverso un'interfaccia oronasale ogni 30-60 minuti post-estubatione fino all'espulsione delle secrezioni delle vie respiratorie con assenza di desaturazioni inferiori al 95%. Generalmente, anche in questa fase veniva usate pressioni da 40-60 cmH2O a -40/-60 cmH2O associando una spinta addominale coordinata con l’esufflazione. 

L'estubazione veniva considerata un successo solo se il paziente poteva rientrare al domicilio senza necessità di re-intubazione; quando nella post-estubazione, la saturazione diminuiva e non era possibile tornare a mantenerla oltre il 90% nonostante la NIV ed il cough-assist, il paziente veniva commutato su un sistema di VNI più chiuso, così da ridurre le perdite d’aria ed assicurare dei buoni risultati ventilatori. Se successivamente a tale manovra il paziente persisteva nella desaturazione, veniva nuovamente re-intubato. Dopo l’impostazione di tale protocollo, solamente i pazienti con SLA bulbare mostravano una fallita estubazione; per i pazienti correttamente svezzati, lo svezzamento dal ventilatore richiedeva fra 3-21 giorni e nella maggior parte dei casi veniva compiuto al domicilio.

Il successo di tale protocollo, in particolare nei pazienti con capacità polmonare funzionale inferiore a 160 L/min, è legato al fatto che il cough-assist veniva utilizzato fino ad ogni 30 minuti ed è stato applicato al paziente sia dal personale infermieristico che dai membri della famiglia che dagli assistenti di cura, piuttosto che una sola o due volte da un'infermeria, per mantenere la saturazione periferica oltre il 94%, simulando la normale frequenza di tosse durante gli episodi di bronchite o polmonite. L'uso aggressivo del cough-assist attraverso il tubo endotracheale è stato il principale intervento che ha portato alla normalizzazione della saturazione nell'aria ambiente, il criterio più importante per la scelta dell'estubazione. Ad oggi é ancora da valutare se l'uso di tale protocollo da parte di ulteriori ICU si dimostri altrettanto efficace, anche se appare abbastanza suggestivo in termini di risultati clinici, seppure gravato da un importante lavoro a livello infermieristico, fisioterapico e medico.

La nozione generale che la tracheotomia precoce dopo l'intubazione in qualche modo facilita lo svezzamento dal ventilatore dovrebbe essere riesaminata per i pazienti con patologie neuromuscolari. Nella maggior parte dei casi, infatti, nella fase di estubazione i pazienti con volume corrente di 250 mL o più si sono ripresi dall'aiuto continuo con VNI notturna molto più rapidamente tramite questo protocollo. 


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