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Controllo e prevenzione infettiva - generale (Capitolo 6.3.1)




Negli anni ’40 del secolo scorso, lo sviluppo e la diffusione degli antibiotici aveva portato allo sviluppo della nuova "era antibiotica", accompagnata da una netta riduzione nella mortalità di patologie fino ad allora estremamente mortali. Da allora, parallelamente allo sviluppo ed al potenziamento degli antibiotici si sono sviluppate sempre di più i germi multiresistenti alla terapia antibiotica. Proprio la comparsa di infezioni nosocomiali e l’emergenza di germi multiresistenti sono due fra i maggiori problemi di Salute e Sanità a livello mondiale: le ICU sono dei luoghi importanti dove eseguire un controllo infettivo, dato che proprio in questi luoghi si trovano pazienti seriamente malati e si utilizzano con maggiore frequenza antibiotici «avanzati» (con un maggiore rischio di pressione selettiva con sviluppo di multiresistenze).


DATI EPIDEMIOLOGICI:
Le infezioni e le sepsi sono fra i problemi più frequenti in ambito sanitario, oltre 750 milioni di ospedalizzazioni in America in 22 anni di analisi epidemiologica, di cui l‘1.3% legate a sepsi ed una incidenza 3 volte maggiore negli ultimi 30 anni. Nuovi studi del 2005 hanno mostrato come il 25% delle ammissioni in ICU sia dovuto a sepsi, il 37% dei pazienti sia settico durante la degenza in ICU ed un 64% dei pazienti riceva una terapia antibiotica durante la degenza, spesso per presenza di device o interventi chirurgici. Nelle ICU adulte le sedi più frequentemente coinvolte sono polmoniti (comunitarie, nosocomiali, VAP), le infezioni ematogene da cateteri, le infezioni urinarie, le infezioni chirurgiche, le infezioni intestinali (C. difficile), le infezioni liquorali ed infine le endocarditi. Nelle ICU pediatriche si hanno soprattutto infezioni ematogene (28%), ben oltre i tassi di incidenza delle ICU adulte, seguiti dalle polmoniti (21%) e dalle infezioni urinarie (15%), anche se la distribuzione cambia con la fascia d’età.

Ad oggi la presenza di germi multiresistenti é diffusa in tutto il mondo, con la classificazione in germi multi-resistenti (Multi-Drug Resistance, MDR), germi estremamente resistenti (Extreme-Drug Resistance, XDR) e germi panresistenti (Pan-Drug Resistance, PDR). Il numero dei differenti meccanismi di resistenza é in continuo aumento, il numero di geni resistenti é altrettanto in aumento ed anche l’arborescenza delle differenti specie di germi resistenti é in continuo aumento. Tutto questo ha portato alla selezione progressiva di gruppi di germi multiresistenti che in qualche caso possono scoppiare in vere e proprie epidemie, come già occorso in passato da S. aureus, E. coli, K. pneumoniae, P. areligiosa, E. fecalis, E. faecium, ecc… Rimane indubbio che la scelta indiscriminata, larga ed inappropriata di antibiotico (per tipologia e dosaggio) sia il fattore scatenante per lo sviluppo di resistenze ed appare evidente come esista una distribuzione regionale con tassi differenti di resistenze nei diversi paesi sulla base dell’uso indiscriminato eseguito negli anni passati (ed ancora attualmente). Ma ancora, all’interno dello stesso paese, in ICU si riscontrano i tassi di germi multiresistenti decisamente maggiori rispetto agli altri reparti, proprio per l’uso più frequente di antibiotici di nuova generazione e nel cambio «rapido» di terapia antibiotica.

FATTORI DI RISCHIO:
Sono stati identificati diversi fattori di rischio per lo sviluppo di infezioni nosocomiali, ben sapendo che la maggior parte dei pazienti in ICU presenta molti di questi fattori di rischio:
  • Criteri del paziente: sono criteri quali la severità della malattia, lo stato di shock all’ammissione, l’età oltre 60 anni, il decadimento neurologico a 72 ore, la necessità di posizione supina, la presenza di deficit immunologico, la concomitanza di ustioni/chirurgia maggiore.
  • Criteri di terapia: sono la necessità di una nutrizione parenterale totale, l’uso di una terapia antibiotica, la presenza di CVC, la lunghezza della persistenza di catetere arterioso, la presenza di ventilazione meccanica/tracheostomia, il monitoraggio della pressione intra-cranica e l’uso di terapie immunosoppressive.
  • Criteri ambientali: la presenza di un precedente ricovero negli ultimi 12 mesi, la lunghezza della degenza in ICU, le grandi dimensioni della ICU (oltre 10 letti), il tasso di occupazione dei letti e l’assenza di meccanismi adeguati per il controllo delle infezioni.

Per l’acquisizione di germi multiresistenti i fattori di rischio principali sono l’esposizione al germe, l’esposizione ad antibiotici a largo spettro (alte dosi, dosaggio prolungato), lunga degenza ospedaliera e patologie croniche. Teoricamente in ICU il 60% dei pazienti è esposto ad un antibiotico a largo spettro (fattore di rischio più importante) e questo fa sì che tutti i pazienti in ICU siano potenzialmente in infettabili da germi multiresistenti. L’infezione da germi multiresistenti porta ad un aumento dell’uso di antibiotici (con maggiori effetti collaterali), rischio di sepsi, suscettibilità ad infezioni fungine, allungamento della degenza (in ICU ed in ospedale) e morte.


SORVEGLIANZA:
Molti paesi hanno sviluppato un sistema di sorveglianza, fra cui l’European Antimicrobial Resistance Surveillance System (EARSS) in accordo con il CDC americano di Atlanta; tutto questo si basa su un sistema molto complesso e laborioso che richiede la collaborazione clinica, di laboratorio ed un database esteso con meccanismi di comunicazione adeguati. Generalmente ci si concentra su organismi come MRSA, VRE, C. difficile, ma l’EARSS studio inoltre lo S. pneumoniae, E. coli, E. fecalis e l’E. faecium, K. pneumoniae e P. aeruginosa. Il laboratorio svolge un ruolo fondamentale nella detezione dei germi multiresistenti e nella segnalazione di tali germi, con il loro profilo di sensibilità antibiotica; una buona linea di comunicazione è fondamentale per studi statistici-epidemiologici e successivamente studiare una possibile terapia con follow-up adeguato. A livello clinico si ha una commissione di controllo che coinvolge il clinico intensivista, il microbiologo, l’infettivologo, l’amministrazione, il settore infermieristico, ecc… con lo scopo di collaborare per detettare prontamente e trattare epidemie o endemie di germi multiresistenti.

A) IDENTIFICAZIONE DELLA FONTE:
Identificare la fonte dell’infezione sembra semplice, ma all’inizio può non essere così facile pensare ad un germe multiresistente e nelle fasi avanzate le colonizzazioni sono talmente multiple che appare difficile comprendere l’origine della fonte. E’ importante una rapida detezione ed adeguata asepsi. Bisogna conoscere la definizione del caso, inteso come i criteri clinici-laboratoristici per parlare di infezione multiresistente, così come il riscontro di particolari organismi-indice che devono essere segnalati all’Igiene ospedaliero. Bisogna inoltre conoscere i fattori di rischio sia di tipo clinico, che nell’ambiente e nelle terapie per l’acquisizione e/o la diffusione di germi multiresistenti; infine appare necessario collezionare dati dato che si deve avere un adeguato database per il raccoglimento dei dati e successive analisi tramite metodi statistici semplici ed avanzati.

B) COLONIZZAZIONE VS INFEZIONE:
La contaminazione indica la presenza di un battere in un sito prima che la moltiplicazione batterica abbia inizio, mentre la colonizzazione è la presenza di batteri già in fase di moltiplicazione che non provocano danno o non generano segni clinici di infezione nel paziente. L’infezione si ha quando i batteri superano (come numero o virulenza) le difese dell’ospite provocando segni clinici di danno locale/sistemico. Non tutti gli organismi colonizzatori devono essere trattati, e la decisione viene presa sulla base dell’individuo, dello staff, dell’ambiente e del patogeno. Il trattamento inappropriato può generare più facilmente resistenze e selezionare organismi più resistenti (come C. difficile).

C) ISOLAMENTO:
A seconda delle impostazioni di terapia intensiva, un terzo fino a metà dei pazienti può sviluppare una infezione nosocomiale. Sfortunatamente, la suscettibilità dell’ospite alle infezioni può essere solo leggermente modificato; la presenza di microrganismi e l'alta densità di cura sono inevitabili. Di conseguenza, la prevenzione della diffusione dell'infezione si basa sull'eliminazione del mezzo di trasmissione per l'adozione di misure di controllo delle infezioni. L'idea globale di isolamento precauzionale combina l'uso sistematico di precauzioni standard (l'igiene delle mani, uso di guanti, uso di camici, protezione degli occhi) e trans-precauzioni mission-based (contatto, goccioline, aerosol). Concettualmente, l'obiettivo non è quello di isolare, ma per prevenire la trasmissione di microrganismi, anticipando il potenziale via di trasmissione e le misure da applicare per ogni azione di cura.

Il gold standard dell’isolamento è in una stanza singola in uno spazio limitato, eventualmente con pressione variabile (positiva per proteggere il paziente, negativa per proteggere la contaminazione); i benefici dell’isolamento portano ad un accesso limitato al paziente, con riduzione della contaminazione dello staff e dell’ambiente circostante, con aumento della disinfezione delle mani. Gli effetti collaterali sono l’isolamento sociale ed una necessità di lavoro aggiuntivo per il medico, gli infermieri, i tecnici di radiologia, il personale delle pulizie, ecc… Esistono poche evidenze dell’effetto benefico dell’isolamento, ma questo anche perché gli studi sono piccoli ed eterogenei e sono presenti numerose variabili confondenti. 

Il contatto fisico è la principale via di trasmissione per la maggior parte dei batteri; tuttavia, questo non sembra essere vero per alcuni batteri, vale a dire l’MRSA, come dimostrato in un recente studio; questo si verifica attraverso le mani degli operatori sanitari da un paziente o da superfici/strumenti contaminati vicino ad un altro paziente durante il processo di cura. L'igiene delle mani (lavaggio delle mani e alcool mano strofinare), il lavaggio del paziente, e l’efficienza della pulizia della superficie sono in grado di ridurre in maniera importante tale trasmissione. La trasmissione può anche avvenire tramite goccioline o particelle sospese nell'aria (aerosol).



Le precauzioni di isolamento sono ampiamente diffuse e sono al giorno d'oggi la pietra angolare delle misure preventive utilizzate per controllare i focolai, per diminuire il tasso di microrganismi resistenti (in particolare gli MRSA e gli ESBL) e la diffusione di malattie infettive emergenti come virus respiratori (SARS, influenza, corona virus ) o febbri emorragiche virali. In questo contesto, una maggiore aderenza alle appropriate misure di isolamento può notevolmente diminuire la resistenza diffusione e potenzialmente più bisogno di antibiotici ad ampio spettro. È stato proposta la decontaminazione selettiva del tratto digerente per prevenire le infezioni endogene ed esogene e ridurre la mortalità nei pazienti critici; anche se l'efficacia di tale terapia è stata confermata da studi randomizzati controllati e da revisioni sistematiche, la decontaminazione selettiva è stata oggetto di un intenso dibattito basato principalmente sulla scarsa evidenza di efficacia e sulle preoccupazioni circa lo sviluppo di resistenza. Una recente meta-analisi ha rilevato alcuna relazione tra l'uso della decontaminazione selettiva del tratto orale e lo sviluppo della resistenza agli antimicrobici, il che suggerisce che la percezione del rischio di danni a lungo termine non può ancora essere giustificata da dati disponibili. Tuttavia, le conclusioni dello studio hanno indicato che l'effetto della decontaminazione in ICU in termini di tasso di resistenza agli antimicrobici è ancora poco studiato.

Misure generali ambientali:
Sono le misure che riguardano la “trasmissione orizzontale” del germe dal paziente portatore al resto dell’ospedale; i fattori coinvolti sono l’igiene delle mani, i metodi di barriera, la pulizia dell’ambiente, l’architettura dell’ambiente, l’isolamento ed il carico di lavoro in ICU. A tutti questi elementi sarà dedicato un capitolo specifico (si veda il capitolo dedicato ai principi di igiene, Capitolo 6.3.3).
  • Igiene delle mani: è un elemento chiave nella prevenzione della trasmissione orizzontale; diversi studi (di cui uno sul NEJM) hanno mostrato una scarsa aderenza del personale, soprattutto dei Medici rispetto agli infermieri e di quest’ultimi rispetto ai parenti. 
  • Fattori di barriera: l’utilizzo di camici e guanti protettivi riduce la colonizzazione degli operatori e la trasmissione di patogeni ai membri dello staff; fino al 65% dei collaboratori viene contaminato da MRSA durante un giro visita classico. Inoltre fino al 25% dei casi si ha una re-contaminazione delle mani a partire dai vestiti.
  • Ambiente: sono fattori importanti la pulizia delle camere dato che diversi germi possono sopravvivere a lungo nell’ambiente, così come l’architettura della ICU in base al numero di letti per camera, alle dimensioni, alla presenza di camere di isolamento, ai servizi presenti, ecc…

FATTORI SPECIFICI DEL PAZIENTE:
In aggiunta alle precauzioni standard generali per ridurre il tasso di infezioni nosocomiali sono importanti alcune strategie specifiche sul paziente con lo scopo di evitare che il paziente venga contaminato.
  • Riduzione del tasso VAP: si pensa che uno dei fattori di rischio principale siano i microrigurgiti di materiale gastrico nelle vie aeree, associato a scarsa tenuta del cuff; generalmente l’acquisizione di germi è maggiore nella prima settimana (3%). I fattori di prevenzione sono evitare l’intubazione (se clinicamente possibile), impostare un’aspirazione sottoglottica, posizionare il paziente in posizione semi-ricombente, iniziare precocemente una nutrizione enterale, impostare una profilassi delle ulcere gastriche ed eseguire una decontaminazione selettiva del cavo orale per tutti i pazienti intubati per oltre 48 ore. Il razionale dietro alla decontaminazione selettiva è quello che la VAP si basa sulla traslocazione di batteri dal tratto orale alle vie aeree, per cui si preferisce utilizzare un antibiotico locale (Cefalosporine) che sembra essere dimostrata da alcuni studi.
  • Riduzione infezioni da catetere: sono fra le infezioni più frequenti dopo le VAP, con un tasso attorno al 1.8-5.2 infezioni ogni 1.000 cateteri al giorno. A livello preventivo si deve cercare di evitare cannulazioni femorali (sedi più frequenti di infezione, seguiti dalla giugulare, dalla succlavia e dalla via periferica), così come la posa di cateteri tunnelizzati (a lungo termine). L’utilizzo di cateteri antibiotici sono devices impregnati di antibiotico (minociclina-rifampicina o sulfazidina-clorexidina) che sono raccomandati nella cannulazione a lungo termine con la riduzione del tasso di infezione. Lo stesso vale con l’utilizzo di ultrasuoni (utile per il minore tasso di complicanze meccaniche nel posizionamento), cura asettica post-posizionamento e rimozione rapida del CVC.
  • Riduzione infezioni sulle ulcere da pressione: le ulcère da pressione sono situazioni che per essere prevenute richiedono lo spostamento del paziente ogni 2-3 ore e che se si sviluppano aumentano la mortalità dal 15% al 63%; richiedono inoltre un importante carico di lavoro infermieristico. Esiste il Waterlow score che stratifica con un punteggio il rischio di sviluppo (rischio elevato se superiore a 20, basso se inferiore a 10), prendendo in considerazione la presenza di incontinenza, età, peso, stato della cute.

D) TERAPIA ANTIBIOTICA
Circa il 25-50% dei pazienti ospedalieri riceve una terapia antibiotica, soprattutto in ICU (con spettri di copertura più ampi); un approccio generale per ottimizzare la pratica clinica è limitare gli antibiotici non necessari (tramite protocolli, uso adeguato di antibiotici, educazione adeguata, utilizzare antibiotici a spettro ristretto, ecc…) e considerare il ridotto utilizzo (in termini temporali) garantendo una rotazione degli stessi.

Controllo farmacocinetica/farmacodinamica:
È noto che la resistenza antimicrobica, come definito in laboratorio, spesso si traduce in una scarsa esposizione in vivo che porta pertanto a scarsi risultati clinici ed economici; ora è sempre più riconosciuto che la risposta dell'ospite alle infezioni può contribuire a sensibili riduzioni delle dosi ematiche antibiotiche a causa di alterazioni cardiovascolari, renali, epatiche e polmonari. Un recente studio ha messo in evidenza ICU l'impatto potenziale di adattamento nel sistema renale come oltre il 65% di questi pazienti critici manifesta funzione renale aumentata, definito da una clearance della creatinina superiore a 130 ml/min/1,73 mq, durante la prima settimana di ricovero in ospedale. Questo dato è particolarmente preoccupante perché la spina dorsale della maggior parte dei regimi antimicrobici in terapia intensiva come la penicillina, le cefalosporine oi carbapenemi sono prevalentemente cancellati per via renale. A tal fine, alcuni gruppi hanno recentemente riportato i risultati di uno studio prospettico di farmacocinetica multinazionale per valutare l'esposizione b-lattamici nella popolazione in condizioni critiche. In questo studio, i ricercatori hanno notato che tra i 248 pazienti infetti, il 16% non ha raggiunto adeguati esposizioni antimicrobiche e che questi pazienti mostravano il 32% in meno di probabilità di avere un esito soddisfacente infezione. Mentre un approccio personalizzato al dosaggio che si basa sul profilo farmacocinetico specifico di un dato paziente per i b-lattamici non è ancora lo standard di pratica come potrebbe essere previsto per gli aminoglicosidi e la vancomicina a causa della mancanza di test regolarmente disponibili, la farmacocinetica e la farmacodinamica del profilo dei b-lattamici, nonché altri agenti antibiotici, possono essere incorporati in algoritmi di trattamento per ottimizzare i risultati. A tal fine, si é sviluppato ed implementato nel tempo per i b-lattamici l'uso di dosi più elevate, nonché la tecnica di una somministrazione prolungata o continua, tutto volto a migliorare l’esposizione in vivo degli antibiotici nei pazienti con VAP. L'utilizzo di questi regimi ha dimostrato di migliorare la clinica, la microbiologia ed anche i risultati economici associati a queste infezioni. Pertanto, regimi di dosaggio farmacodinamicamente ottimizzati dovrebbe essere data a tutti i pazienti empiricamente e una volta che l'agente patogeno, la suscettibilità e la risposta clinica sono noti, le pratiche di buona amministrazione locali possono essere utilizzati per ridefinire un regime appropriato per il paziente.




Durata della terapia:
La descalazione della terapia antimicrobica è spesso sostenuta come parte integrante dei programmi di gestione degli antibiotici ed è stata definita come la riduzione del numero di antibiotici per trattare un'infezione nonché un restringimento dello spettro dell'agente antimicrobico. Essenzialmente questa è una strategia che è applicabile dopo l'avvio di una terapia empirica ad ampio spettro prima dell'identificazione del patogeno. A seconda del patogeno in questione, anche antibiotici multipli possono essere richiesti, anche con la stessa classe di antibiotici come terapia di combinazione con ertapenem e un altro carbapenemico per lo K. pneumoniae carbapenemasi-produttore (KPC).

Non a caso, diversi studi clinici hanno scoperto che la presenza di agenti patogeni MDR è stata una motivazione per non descalare la terapia, anche in situazioni in cui il paziente è stato colonizzato da organismi MDR in siti diversi dal sito di infezione. Altri studi però hanno riportato come la de-escalation possa considerarsi sicura nei pazienti colonizzati da MDR. Questo, tuttavia, non significa che il concetto della de-escalation non è applicabile in caso di infezioni MDR. A seconda della sensibilità agli antibiotici, un agente antimicrobico con uno spettro più stretto può essere disponibile, o una terapia combinata può essere interrotta dopo la terapia iniziale. Se l'infezione si sta risolvendo, la de-escalation può rivelarsi una valida opzione per evitare ulteriori pressioni antibiotiche. Tuttavia, il valore della de-escalation nella cornice delle infezioni MDR non è stato ampiamente esplorata e l’applicazione dovrebbe essere considerata su base individuale del paziente. 

(continua...)


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