Per embolia polmonare si intende una situazione clinico-patologica caratterizzata dalla presenza di un embolo a livello dell’arteria polmonare e/o in uno dei suoi rami. È una patologia che presenta un ampio spettro di manifestazioni cliniche, che vanno da forme asintomatiche ed incidentali fino a forme di shock cardiogeno che possono portare a morte il paziente. Come vedremo é una condizione clinica estremamente frequente e con un’alta mortalità e morbilità, per cui é fondamentale conoscere bene gli elementi diagnostici che si hanno a disposizione ella stratificazione di severità, per poter trattare al meglio il paziente. In questo capitolo ci soffermeremo soprattutto sulla stratificazione del rischio e sul management farmacologico, mentre nel capitolo successivo parleremo delle problematiche connesse alla sedazione, all’intubazione e all’esecuzione di manovre invasive in pazienti con ipertensione polmonare (si veda il capitolo dedicato, Capitolo 2.9.5).
EPIDEMIOLOGIA:
L’incidenza di malattia solo in US provoca circa 50.000 morti all’anno tramite diagnosi in vivo (dato che comunque appare sottostimato), mentre si arriva a oltre 500.000 decessi annui tramite diagnosi autoptiche, portando la malattia a rappresentare il 20-30% di tutte le diagnosi o copatologie autoptiche. Si tratta pertanto di un problema estremamente frequente da prendere in considerazione, anche per la sua elevata mortalià e morbidità.
EZIOPATOGENESI:
Le forme tipiche (95% dei casi) provengono generalmente da una trombosi venosa profonda proveniente dalla vena cava inferiore, dall’asse iliaco-femoro-popliteo e/o dalle vene renali; le situazioni più frequenti sono da una trombosi venosa profonda poplitea e/o da neoplasie con invasione vascolare delle vene pelviche (sia peri-prostatiche che peri-uterine), anche se quest’ultime sono difficili da dimostrare all’imaging (anche tramite RMN). Le forme atipiche (che sono comunque un 5% dei casi) rappresentano le trombosi dell’atrio destro e/o di provenienza dalla vena cava superiore (arti superiori e vene giugulari).
I fattori che promuovono lo sviluppo di trombosi venosa profonda sono stati identificati nella triade di Virchow (stasi venosa, alterazioni nella coagulazione, alterazioni endoteliali); questo significa che bisogna sempre ricercare la causa dell’embolia, eventualmente con esami quali Ecocolordoppler e/o angioRMN proprio per cercare se é presente e dove é localizzata la sede del trombo. Quello che é altrettanto fondamentale cercare é l’intensità dello stimolo trombotico, perché per provocare una trombosi si deve superare l’attività natura del nostro organismo di evitare la formazione di coaguli nel sangue: se é vero che per stimoli intensi qualsiasi persona può sviluppare una trombosi, é vero anche che per stimoli lievi (breve allettamento, brevi viaggi, ecc…) non tutte le persone sviluppano tale malattia. Questo deve pertanto portare a pensare alla co-esistenza di una predisposizione (generalmente genetica) che abbassi la soglia per generare una trombosi nel paziente.
Per quello che riguarda lo stimolo trombotico esterno ed acquisito si ha la chirurgia maggiore ed il traumi (rischio 5-200 volte di trombosi), la presenza di una pregressa TVP (rischio 50 volte aumentato), la malattia da anticorpi anti-fosfolipidi (2-10 volte la norma), la presenza di neoplasie (5 volte), l’età superiore a 70 anni (rischio 10 volte aumentato), la gravidanza/terapia estrogenica (rischio 5-7 volte aumentato) e l’obesità (rischio 3 volte aumentato). Per quello che riguarda la predisposizione genetica esistono diverse cause, di cui le più frequenti sono la mutazione del fattore V (mutazione Leiden, rischio da 5-50 volte di trombosi), la mutazione della proteina C/proteina S (rischio 10 volte aumentato), mutazione eterozigote dell’antitrombina III (25 volte la norma) dato che la mutazione omozigote é incompatibile con la vita, e la mutazione del fibrinogeno (rischio 18 volte aumentato).
Abbiamo già trattato precedentemente sulla trombosi venosa profonda (si veda il capitolo dedicato, capitolo 2.9.4a) per cui rimandiamo alla lettura approfondita di tale capitolo per i dettagli inerenti alla trombosi venosa profonda.
FISIOPATOLOGIA:
Le alterazioni fisiopatologiche provocate dall’embolia polmonare sono numerose e si possono riassumere soprattutto in alterazioni dell’apparato respiratorio e del sistema cardiovascolare. A livello respiratorio dato che il coagulo si localizza dove si ha il maggiore flusso di sangue (zona di West 3) si genera una redistribuzione del flusso con alterazione del rapporto ventilo/perfusorio che aumenta oltre 1 (si veda il capitolo dedicato al quarto meccanismo d’ipossia, Capitolo 3.1.4), portando secondo l’equazione dei gas alveolari ad una ipossia a livello alveolare; di conseguenza, a valle della zona non perfusa, si ha un aumento dello spazio morto con conseguente ipoventilazione alveolare (si veda il capitolo dedicato al primo meccanismo d’ipossia, Capitolo 3.1.1) ed aumento della pCO2 (fattore di rischio per lo sviluppo di un arresto cardiocircolatorio). Infine, il polmone tende a compensare l’alterazione del rapporto ventilo/perfusorio tramite vasocostrizione ipossica di tutto il segmento/lobo polmonare che é interessato dall’alterazione perfusoria, portando allo sviluppo di aree con shunt (si veda il capitolo dedicato al quinto meccanismo d’ipossia, Capitolo 3.1.5). Pertanto tre meccanismi su cinque appaiono compromessi e l’entità dell’ipossia (e dell’ipercapnia) dipende dalla entità del trombo e dalla centralità della sua localizzazione.
Localizzazione preferenziale dell'embolia polmonare |
Per quello che concerne il sistema cardiovascolare, la presenza di un’ostruzione vascolare comporta un aumento delle pressioni polmonari sistemiche (PAPs) secondario ad un netto aumento delle resistenze vascolari polmonari sia secondariamente all’ostruzione vascolare che secondariamente alla vasocostrizione ipossica che si genera nelle strutture vascolari a valle del trombo. Abbiamo già visto all’inizio di questo capitolo di come l’aumento della PAPs determini un alterazione nel couplage ventricolo-arterioso nella piccola circolazione, con le sue conseguenze in termini di pressione, volume e lavoro a carico del ventricolo destro. Il pericolo é quello di uno scompenso cardiaco destro acuto che può evolvere nel tempo fino ad un arresto cardiocircolatorio (per i dettagli in merito alla fisiologia e fisiopatologia del cuore destro si veda il capitolo dedicato, Capitolo 2.9.0).
CLINICA:
Il quadro clinico principale si compone di quattro sintomi, quali dispnea, dolore toracico, tachicardia/tachiaritmie e/o febbre. Sono i sintomi più frequenti, e basta che esista uno di questi non spiegati per sospettare la presenza di TEP. A tal proposito sono ben noti la presenza di alcuni scores che possono essere utilizzati per valvola la probabilità pre-clinica che il paziente di fronte a noi abbia un’embolia polmonare (score di Ginevra, Well’s score, ecc…), ma nessuno di questi é stato validato per un paziente già presente in ICU. Pertanto rimane fondamentale un alto indice di sospetto per pensare ad un’embolia polmonare ogni qualvolta il paziente mostri segni di ipossia e/o di ipotensione non particolarmente spiegabili con il quadro clinico del paziente. È anche da ricordare che alcune prime manifestazioni cliniche possono già manifestare le complicanze dell’embolia polmonare quali tosse, emottisi, ipotensione arteriosa o shock cardiogeno o infarto polmonare, quest’ultimo tipicamente a 7-10 giorni dall’embolia polmonare per ischemia a valle della zona embolica (anche se secondo alcuni Autori il timing di comparsa sembra essere più precoce).
DIAGNOSTICA:
Quando si parla di diagnostica ed embolia polmonare, un errore da non commettere é quello di utilizzare una sola metodica per poter con certezza determinare la presenza o l’assenza di embolia polmonare. Analizziamo gli elementi presi singolarmente per poi metterli assieme secondo quanto é conosciuto finora.
Al laboratorio si possono riscontrare alterazioni all’emogasanalisi con ipossia ed ipocapnia associata ad alcalosi respiratoria, alterazioni della coagulazione con aumento dei D-dimeri ed altri segni aspecifici come l’aumento delle LDH (soprattutto in caso di infarto polmonare) e leucocitosi. All’ECG spesso non sempre si riscontrano anomalie suggestive o specifiche di malattia, ma bisogna porre particolare attenzione alla presenza di tachicardia/FA di nuova diagnosi, la presenza di P polmonare, una deviazione assiale destra o un blocco di branca destro, mentre appare molto suggestiva la presenza di S1Q3D3.
La radiografia del torace è un esame poco sensibile (30%) ma abbastanza specifico quando si trovano alcuni segni diretti/indiretti; fra i segni diretti si annoverano il segno di Westenmark caratterizzato dalla presenza di un’oligoemia locale, un ilo imbottito da impegno trombo-embolico importante, oppure un ilo potato da occlusione al flusso di sangue, piuttosto che il riscontro di infarti emorragici manifesti come addensamenti triangolari periferici polmonari. Fra i segni indiretti si possono riscontrare dei versamenti pleurici, la coartazione del volume polmonare e/o il sollevamento dell’emi-diaframma come segno di atelettasia basale. Nessuno di questi é davvero diagnostico per embolia polmonare.
Segno di Westenmark |
Fra gli esami diagnostici principali sono da menzionare l’ecocardiografia TT/TE e la TC-torace; sull’ecocardiografia dedichiamo un paragrafo a breve con le indicazioni e le analisi necessarie per lo studio e l’identificazione dell’embolia polmonare. Per la TC-torace generalmente si utilizza la TC a tecnica spiroidea (a strato sottile 2-3 mm), con infusione IV di mdc iodato, in modo da ottenere un’analisi ad alta definizione. L’esame viene utilizzato come esame di prima scelta (a 64 slices). Si ha un’opacizzazione difettosa dell’arteria polmonare (e/o suoi rami), di tipo parziale/totale, tale da indicare la presenza di embolia polmonare. È fondamentale ricordarsi che la disposizione morfologica dell’embolia polmonare (centrale, paracentrale o periferica) non corrisponde sempre alla condizione clinica (massiva, submassiva, ecc…), pertanto si dovrà porre particolare attenzione alle indicazioni terapeutiche in base soprattutto alla condizione clinica. Tramite TC-torace sono possibili inoltre ulteriori misurazioni quali la dilatazione del ventricolo destro (ed un rapporto destro/sinistro superiore a 0.6) ed il rapporto fra il diametro dell’arteria polmonare e dell’aorta a livello della biforcazione polmonare, la cui dilatazione correla con la gravità clinica del paziente e la sua mortalità.
Dopo che viene confermata la presenza di embolia polmonare, a completamento del quadro diagnostico e soprattutto come parametro prognostico, si deve eseguire un’ecografia agli arti inferiori che pone la diagnosi certa per la presenza di trombosi venosa profonda se dimostra un’ostruzione al flusso di sangue intravascolare (con una sensibilità/specificità diagnostica del 95%), anche se nella gamba distalmente la sensibilità è minore, per la presenza delle schermature ossee. Se l’esame risulta negativo si deve ripetere a 7 giorni (per valutare l’estensione prossimale del trombo). Raramente, quando si ha un dubbio diagnostico sulla presenza di embolia polmonare, l’ecogarfia agli arti inferiori può aggiungere degli elementi al trattamento clinico del paziente e/o far protendere per la posa di un filtro cavale dato il rischio di embolizzazione dei trombi agli arti inferiori. Per quello che riguarda lo screening della trombofilia sono una batteria d’esami estremamente costosi, che non modificano la scelta terapeutica ma solo la durata della terapia e si eseguono solamente in caso di sospetto diagnostico di una malattia genetica quando si hanno alcuni elementi di sospetto come un’anamnesi familiare positiva, embolie polmonari ricorrenti, resistenza all’eparina e/o necrosi cutanea da dicumarinici.
ECOCARDIOGRAFIA:
Il punto di forza dell’ecografia nell’embolia polmonare non sta tanto nella sua capacità diagnostica, inferiore alla TC, quanto nella diagnosi differenziale con altre cause cardiache di dispnea, nella stratificazione di rischio e nella possibilità di essere impiegata bedside nel paziente critico o con controindicazioni alla somministrazione del contrasto.
1. DIAGNOSI e DIAGNOSI DIFFERENZIALE
All’ecocardigorafia TT è possibile formulare:
- Diagnosi alternativa: il quadro clinico di presentazione dell’embolia polmonare è alquanto variegato; l’esordio può essere la dispnea, lo shock, il dolore toracico; l’ecografia è in grado di individuare o escludere altre cause cardiache della sintomatologia. Ad esempio: la presenza di asinergie del ventricolo sinistro orienta verso la diagnosi di infarto; la visualizzazione di un’insufficienza aortica, non nota in precedenza, associata a versamento pericardico verso la dissezione aortica; la presenza di versamento pericardico verso una pericardite o il tamponamento cardiaco, ecc…
- Diagnosi di sospetta embolia polmonare: il sospetto di embolia polmonare è dato dalla presenza di dilatazione ed ipocinesia del ventricolo destro associata ad ipertensione polmonare. Il sospetto aumenta in presenza di una normale cinesi dell’apice ventricolare destro (segno di Mc Connell) o di un movimento verso sinistra del setto interatriale, segno di ipertensione polmonare acuta. La probabilità diagnostica aumenta ancora in presenza di situazioni a rischio per embolia polmonare, quantificate con gli score Wells o di Ginevra) di un’anamesi, un’obiettività polmonare e radiologica negative per altre patologie che possano provocare dispnea o disfunzione destra e di valori elevati di d-dimero (ponderato per stato infiammatorio e funzione renale).
- Diagnosi certa di embolia polmonare: si può porre una diagnosi certa quando ai segni di disfunzione destra si accompagna il riscontro di un trombo nell’arteria polmonare o nelle cavità destra. In questo caso l’approccio TT può non essere esaustivo ed è opportuno ricorrere all’ecocardiografia TE.
2. VALUTAZIONE DELLA FUNZIONE VENTRICOLARE DESTRA
Nelle embolie polmonari emodinamicamente significative il ventricolo destro è dilatato ed ipocinetico a causa del sovraccarico acuto di pressione. In presenza di una disfunzione del ventricolo destro bisogna per prima cosa escludere che questo sia legato ad un infarto destro oppure ad una patologia ventricolare destra pre-esistente, in particolare ad un cuore polmonare cronico. Una normale funzione ventricolare destra non esclude l’embolia polmonare ma esclude che l’embolia interessi i grandi rami e coinvolga una quantità superiore al 30% dell’albero vascolare polmonare. La diagnosi differenziale con l’infarto destro è abbastanza semplice: generalmente l’ECG mostra un sovraslivellamento del tratto ST nelle derivazioni inferiori e destre, all’ecocardiografia sono presenti alterazioni della cinesi regionale non solo nel ventricolo destro ma anche nella parte inferiore del ventricolo sinistro e la pressione polmonare è normale. Nel cuore polmonare cronico il ventricolo destro si presenta ipertrofico, con un apice cardiaco rappresentato dal ventricolo destro ed una banda del moderatore ipertrofica, con spessore della parete oltre i 5-7 mm e normocinetico. Si deve prestare molta attenzione alla trappola rappresentata dalla possibilità che un’embolia polmonare si instauri su un cuore polmonare cronico. La valutazione della funzione destra è comunque importante dal punto di vista prognostico: l’assenza di disfunzione destra è un parametro rassicurante anche nei pazienti con embolia polmonare in quanto la mortalità ospedaliera è intorno o inferiore all’1%. Al contrario i pazienti con disfunzione ventricolare destra emodinamicamente stabili presentano una mortalità ospedaliera maggiore, intorno al 5% (abbiamo già avuto modo di vedere come il ventricolo destro disfunzionante abbia un "limite di tempo" prima che vada incontro ad esauribilità - si veda il capitolo dedicato sulla fisiopatologia del ventricolo destro, Capitolo 2.9.0); se poi alla disfunzione ventricolare destra si accompagnano ipotensione o segni di shock la mortalità sale al 20-30%.
Mentre tutti sono d’accordo nel trattare con farmaci trombolitici i pazienti con disfunzione destra, scompenso, ipotensione e shock, la terapia dei pazienti con disfunzione destra emodinamicamente stabili è ancora controversa. Gli studi attualmente disponibili, scarsi e limitati dal punto di vista metodologico, riportano risultati contradditori sulla mortalità e sul rischio emorragico; le linee guida consigliano il solo trattamento eparinico. È possibile che la presenza di ulteriori fattori predittori di prognosi avversa possa far pendere la bilancia verso la trombolisi. Nella maggior parte dei casi la disfunzione ventricolare destra tende a regredire entro 1-2 settimane. Nei pazienti con disfunzione ventricolare destra ed instabilità emodinamica l’ecografia è utile per stimarne la gravità, le ripercussioni sulla funzione sistolica e diastolica del ventricolo sinistro, l’effetto del trattamento e l’evoluzione a distanza.
3. VISUALIZZAZIONE DEI TROMBI
I trombi possono bloccarsi nel tronco e/o nei rami dell’arteria polmonare oppure essere in transito nel cuore destro o a cavallo della fossa ovale; generalmente si visualizzano meglio con l’approccio TE ma possono essere visti anche per via TT nella proiezione sottocostale, nella parasternale asse corto (PSSAX) e nella proiezione 4 camere (A4C). Per maggiori dettagli in merito alle finestre ecografie si veda l’apposito capitolo dedicato all’ecografia in ICU (Capitolo 13.1). La sensibilità del TE è elevata per i trombi in arteria polmonare e nel ramo destro ma si riduce per il ramo sinistro a causa dell’interposizione della trachea. L’assenza di trombi al TE non permette quindi di escludere con certezza la diagnosi di embolia polmonare, anche di severa entità. La conoscenza della presenza di trombi intracavitari è ovviamente un dato utile da sapere prima di posizionare un catetere in arteria polmonare o le cannule in atrio destro.
La visualizzazione dei trombi polmonari solitamente si accompagna ad instabilità emodinamica ed è quindi un’indicazione al trattamento trombolitico; l’individuazione della sede dei trombi è indispensabile nei casi in cui per la presenza di controindicazioni alla trombolisi si renda necessaria la trombectomia transcatetere o più raramente l’embolectomia chirurgica. La presenza di trombi mobili, in transito nelle cavità destre, è anch’essa diagnostica di embolia polmonare; costituisce una situazione di alto rischio che si associa ad un’elevata mortalità (fino al 20-25%) già entro le prime ore. Il trattamento è controverso. Alcuni gruppi impiegano la trombolisi, altri riportano una scarsa efficacia della fibrinolisi nel ridurre la mortalità ed optano per il trattamento chirurgico d’emergenza. Il trombo si può impegnare nella fossa ovale, favorito dalla situazione anatomico-reologica tra lo sbocco della cava inferiore e la fossa ovale, fino ad aggettare verso l’atrio sinistro e causare embolie paradosse, soprattutto a livello cerebrale. In alcuni casi all’iniziale ecocardiografia TT la componente sinistra è meglio apprezzabile della destra portando alla diagnosi errata di mixoma atriale sinistro.
4. PERVIETÀ DELLA FOSSA OVALE
La pervietà della fossa ovale è sospettabile con l’ecografia TT ed è ben visibile con l’approccio TE; nell’embolia polmonare la pervietà si associa con 2 rischi: a) una maggior incidenza di embolie paradosse, soprattutto cerebrali e periferiche, per il passaggio di trombi nel settore sinistro e b) un grado di ipossiemia sproporzionato rispetto all’estensione dell’embolia polmonare, causato dallo shunt dx-sx attraverso la fossa e favorito dall’aumento delle pressioni nelle cavità destre. Per questi motivi i pazienti con pervietà della fossa ovale vanno incontro ad una maggiore mortalità che può arrivare fino al 30%. Purtroppo questo dato rimane orfano dal punto di vista terapeutico perché ad oggi mancano studi che dimostrino come ridurre l’elevata mortalità.
5. VALUTAZIONE EFFICACIA DELLA TERAPIA
Il trattamento dell’embolia polmonare massiva/submassiva si articola su due piani: a) la lisi del trombo; b) il supporto emodinamico. L’ecocardiografia permette di: a) visualizzare immediatamente la lisi dei trombi nel tronco/rami della polmonare, b) valutare l’efficacia del trattamento in termini di riduzione della pressione polmonare, risoluzione della disfunzione ventricolare destra e miglioramento della gittata cardiaca; c) individuare rapidamente i pazienti che non rispondono al trattamento, da avviare a terapie più aggressive.
PROIEZIONI TRANSTORACICHE:
Abbiamo già avuto modo di dire che sull’ecocardiografia in ICU ci soffermeremo successivamente dedicando un’intera sezione all’ecocardiografia nel paziente in Medicina Intensiva; se si vogliono approfondire le proiezioni classiche ed avere maggiori informazioni in merito, si veda il capitolo dedicato (Capitolo 13.1).
Proiezione sottocostale (SC):
La proiezione con cui iniziare un esame nel sospetto di embolia polmonare è la sottocostale per via del numero di informazioni che fornisce (si veda il capitolo dedicato al CORE-scan, Capitolo 13.2); si incomincia esplorando il cuore destro e la vena cava inferiore con il B-mode. In alcuni casi fortunati è già possibile visualizzare trombi in transito che sono immediatamente diagnostici; un ventricolo destro dilatato ed ipocinetico fa sospettare la diagnosi. A questo punto si ruota la sonda per visualizzare il tronco e la biforcazione polmonare. Nell’embolie massive si visualizzano i trombi. L’ecoriflettenza e la mobilità dei trombi possono dare indicazioni sull’efficacia della trombolisi: i trombi ipoecoici e mobili sono più freschi e più facilmente rispondono alla fibrinolisi degli iperecoici immobili.
Ritornando sul cuore si visualizza il setto interatriale alla ricerca di un’eventuale pervietà della fossa ovale. Questa è la proiezione di scelta in quanto il setto si trova perpendicolare alla sonda. Al termine si riporta la sonda sulla cava inferiore e si misura con l’m-mode il diametro e l’escursione respiratoria per ottenere i valori di pressione venosa centrale.
Proiezione apicale 4 camere (A4C):
Nell’apicale 4 camere si valuta bene il grado di dilatazione del ventricolo destro, la pressione polmonare, l’interazione col cuore sinistro, la presenza di pervietà della fossa ovale e di eventuali trombi endocavitari. La visualizzazione dei trombi nel cuore destro con l’eco B-mode è immediatamente diagnostica ma sfortunatamente è rara. La dilatazione ventricolare destra è già visibile ispettivamente al B-mode; per stimarne l’entità si misura il diametro trasverso telediastolico subito al di sotto dei lembi tricuspidalici confrontandolo con il diametro trasverso del ventricolo sinistro; un rapporto superiore a 0.6 è segno di dilatazione e superiore a 0.9 diventa un fattore predittivo indipendente di complicanze e di mortalità ospedaliera. La presenza di una banda del moderatore ipertrofica e di un ventricolo destro che arriva all’apice sono segni di un processo cronico. Si analizza la cinetica della parete libera ed il movimento del setto interventricolare.
Un segno tipico dell’embolia polmonare (dotato di una sensibilità del 77% e di una specificità del 94%), che quando presente la differenzia dall’infarto ventricolare destro, è la presenza di ipocinesia della parete libera con una normale contrattilità dell’apice (chiamato segno di Mc Connell); il sovraccarico acuto di pressione dell’embolia polmonare ed il contemporaneo decarico del cuore sinistro portano ad un movimento dei setti atriale e ventricolare verso sinistra che si visualizza molto bene con l’eco B-mode. La presenza dello spostamento del setto ventricolare raddoppia la mortalità ospedaliera.
A questo punto si attiva il Color-Doppler per visualizzare il rigurgito tricuspidalico e con il Doppler Continuo (CW) si misura la pressione polmonare sistolica; il riscontro di ipertensione polmonare rende più probabile il sospetto di embolia polmonare. Nell’embolia polmonare la disfunzione ventricolare destra acuta solitamente non permette di raggiungere elevati valori di pressione polmonare sistolica. Il riscontro di una severa ipertensione polmonare, con valori di picco superiori a 50 mmHg, quindi deve far pensare ad una patologia pre-esistente. Terminato lo studio del cuore destro si passa ad analizzare il cuore sinistro per studiare la presenza dell’interazione biventricolare. Lo spostamento del setto interventricolare verso sinistra ostacola il riempimento ventricolare sinistra; in questo caso con il doppler pulsato transmitralico registreremo un pattern da alterato rilasciamento per aumento della sistole atriale. Tutti questi sono segni di un’embolia polmonare emodinamicamente significativa.
Proiezione parasternale asse corto (PSSAX):
La parasternale asse corto a livello del ventricolo sinistro è la proiezione di scelta per vedere il movimento paradosso del setto interventricolare verso il ventricolo sinistro. Spostandosi nell’asse corto della valvola aortica in molti casi si può visualizzare il tronco e la biforcazione dell’arteria polmonare alla ricerca della presenza di trombi.
PROIEZIONI TRANSESOFAGEE
L’esame TE è complementare al TT in particolare: a) nel paziente intubato, in cui la finestra TT è spesso inadeguata; b) per visualizzare tronco e rami polmonari, qualora non siano visibili all’eco TT; c) nel paziente con severa ipossia per individuare un’eventuale pervietà della fossa ovale; d) nei casi in cui rientri nella diagnosi differenziale una sindrome aortica acuta. Le proiezioni necessarie sono 4:
La proiezione medio esofagea asse corto dell’aorta è la proiezione diagnostica; si visualizza tra gli 0° ed i 15° il tronco della polmonare e tutto il ramo destro fino ai rami lobari. Il ramo sinistro si vede male per l’interposizione della trachea, ma fortunatamente l’embolie polmonari del solo ramo sinistro sono abbastanza rare. Si scende di circa 1 cm finchè non si riconoscono le cuspidi aortiche e si inizia a ruotare la sonda intorno ai 60° nella proiezione inflow-outflow. In questa finestra si vedono eventuali altri trombi nel cuore destro e si è abbastanza allineati con il rigurgito tricuspidale per calcolare la pressione polmonare con il doppler continuo.
Ruotando la sonda intorno ai 90°-110° si arriva alla posizione bicavale, utile per accertarsi dell’esistenza di una pervietà della fossa ovale, di un eventuale shunt destro-sinisro e più raramente della presenza di trombi a cavaliere. Infine si ritorna a 0°, si scende di 1-2 cm fino a visualizzare la proiezione 4 camere dove si valutano le dimensioni del ventricolo destro rispetto al sinistro, il movimento del setto interventricolare e la cinesi della parete libera del ventricolo destro. A sinistra si registra il doppler pulsato trans mitralico per diagnosticare l’eventuale alterazione del riempimento ventricolare sinistro.
ECOCARDIOGRAFIA NEL DECISION MAKING:
- A) Nel paziente con emodinamica stabile l’assenza di disfunzione ventricolare destra individua un gruppo a mortalità inferiore ad 1% che viene trattato con eparine o inibitori selettivi del fattore Xa. La presenza di disfunzione ventricolare destra identifica un gruppo a maggior rischio con una mortalità ospedaliera che arriva al 5%. Le linee guida consigliano anche in questo gruppo il trattamento con eparine. Alcuni medici sono convinti che soprattutto in presenza di fattori di rischio che aumentano ulteriormente la mortalità come una severa dilatazione e disfunzione ventricolare, una grave ipossia, un aumento della troponina, ed in assenza di controindicazioni sia meglio impiegare i trombolitici.
- B) Nel paziente in shock cardiogeno l’ecocardiografia per prima cosa permette la diagnosi differenziale con altre cause, quantifica la gravità della disfunzione ventricolare ed i valori di pressione polmonare per scegliere la terapia di supporto emodinamico più opportuna, localizza la sede dei trombi, informazione utile per valutare la possibilità di aggressione transcatetere o chirurgica, individua precocemente i pazienti non responder da avviare a terapie più aggressive.
- C) L’ecocardiografia può essere impiegata anche in pazienti selezionati in arresto cardiaco (arresto di recente insorgenza, massaggio efficace, assenza di patologie di base life-threatening) di natura non determinata. Interrompendo per un attimo il massaggio, nel cuore fermo la presenza di un ventricolo destro di dimensioni maggiori del sinistro è altamente sospetta di embolia polmonare massiva, il riscontro di trombi è diagnostico. In questi casi è indicato un ultimo tentativo con un trombolitico.
- D) Nei casi in cui sia necessario l’impiego dell’assistenza ventricolare prima di portare il paziente in sala operatoria per la trombectomia l’ecocardiografia TE permette di visualizzare il corretto posizionamento delle cannule destre in proiezione bicavale.
MANAGEMENT DEL RISCHIO:
Dato che quando si parla di embolia polmonare si intende un enorme spettro di manifestazioni cliniche che vanno dalla completa asintomaticità fino alla morte improvvisa, appare fondamentale poter eseguire una corretta stratificazione del rischio per poter meglio identificare i pazienti con una condizione clinica severa ma soprattutto i pazienti a rischio di una manifestazione clinica severa, per poter agire meglio e più rapidamente.
È stato chiaramente dimostrato come la dilatazione e la disfunzione ventricolare destra siano condizioni a rischio o già associate ad un outcome clinico sfavorevole; una disfunzione ventricolare destra si riscontra in meno del 5% dei pazienti con embolia polmonare, ma porta la mortalità attorno al 24-28%. Il problema non é tanto nei pazienti con disfunzione accertata (dato che questi sono chiaramente ad alto rischio di malattia), quando nei pazienti con dilatazione destra senza instabilità emodinamica ma a rischio di esaurimento ventricolare destro (si veda il capitolo dedicato alla fisiopatologia del ventricolo destro, Capitolo 2.9.0). Il PESI-score (Pulmonary Embolism Severità Index) é uno score accertato in grado di stratificare il rischio del paziente, anche se generalmente si preferisce la versione semplificata (sPESI-score) che si basa su sei variabili equivalenti quali: età superiore a 80 anni, storia di neoplasia, storia di scompenso cardiaco/BPCO, ipotensione arteriosa (PAs inferiore a 100 mmHg) o di tachicardia (oltre 100 bpm) e/o SpO2 inferiore al 90%. In alcuni studi si é dimostrato equivalente all'imaging tradizionale (ecocardiografia TT e TC-torace) per identificare i pazienti con rischio elevato di evoluzione peggiorativa.
A livello biochimico i markers principali sono il BNP (e proBNP) come indice di attivazione bioumorale secondariamente allo stiramento eccessivo ventricolare destro ed i valori sierici di troponina come segnale di danno cardiomiocitico secondario allo stress subito dalle cellule muscolari cardiache. Sono valori dotati di elevato valore predittivo negativo in quanto un riscontro normale permette di escludere una situazione a rischio evolutivo negativo, mentre il valore predittivo positivo rimane relativamente basso (35-50%). Esula da questo contesto, ma sono in fase di validazione lo studio di marker predittivi positivi alcuni valori biologici come l'H-FABP (Heart-Type Fatty Acid-Binding Protein), il GDF-15 (Growth Differentiation Factor 15) ed altri markers.
Dato che quando si parla di embolia polmonare si intende un enorme spettro di manifestazioni cliniche che vanno dalla completa asintomaticità fino alla morte improvvisa, appare fondamentale poter eseguire una corretta stratificazione del rischio per poter meglio identificare i pazienti con una condizione clinica severa ma soprattutto i pazienti a rischio di una manifestazione clinica severa, per poter agire meglio e più rapidamente.
È stato chiaramente dimostrato come la dilatazione e la disfunzione ventricolare destra siano condizioni a rischio o già associate ad un outcome clinico sfavorevole; una disfunzione ventricolare destra si riscontra in meno del 5% dei pazienti con embolia polmonare, ma porta la mortalità attorno al 24-28%. Il problema non é tanto nei pazienti con disfunzione accertata (dato che questi sono chiaramente ad alto rischio di malattia), quando nei pazienti con dilatazione destra senza instabilità emodinamica ma a rischio di esaurimento ventricolare destro (si veda il capitolo dedicato alla fisiopatologia del ventricolo destro, Capitolo 2.9.0). Il PESI-score (Pulmonary Embolism Severità Index) é uno score accertato in grado di stratificare il rischio del paziente, anche se generalmente si preferisce la versione semplificata (sPESI-score) che si basa su sei variabili equivalenti quali: età superiore a 80 anni, storia di neoplasia, storia di scompenso cardiaco/BPCO, ipotensione arteriosa (PAs inferiore a 100 mmHg) o di tachicardia (oltre 100 bpm) e/o SpO2 inferiore al 90%. In alcuni studi si é dimostrato equivalente all'imaging tradizionale (ecocardiografia TT e TC-torace) per identificare i pazienti con rischio elevato di evoluzione peggiorativa.
A livello biochimico i markers principali sono il BNP (e proBNP) come indice di attivazione bioumorale secondariamente allo stiramento eccessivo ventricolare destro ed i valori sierici di troponina come segnale di danno cardiomiocitico secondario allo stress subito dalle cellule muscolari cardiache. Sono valori dotati di elevato valore predittivo negativo in quanto un riscontro normale permette di escludere una situazione a rischio evolutivo negativo, mentre il valore predittivo positivo rimane relativamente basso (35-50%). Esula da questo contesto, ma sono in fase di validazione lo studio di marker predittivi positivi alcuni valori biologici come l'H-FABP (Heart-Type Fatty Acid-Binding Protein), il GDF-15 (Growth Differentiation Factor 15) ed altri markers.
MANAGEMENT TERAPEUTICO:
Prima di iniziare una terapia antitrombotica è fondamentale valutare alcuni parametri del paziente utili per l'adeguata scelta terapeutica, così come è altrettanto importante eseguire un monitoraggio attento di condizioni cliniche e dei parametri di laboratorio del paziente stesso. A livello di laboratorio si valuta il livello basale di piastrine (per un eventuale rischio di HIT), la funzione renale (per la scelta terapeutica sull'eparina) ed i valori basali di aPTT (per un'adeguato target terapeutico in caso di eparina non frazionata). In casi selezionati si può seguire l'attività dell'eparina tramite controllo dell'attività anti-fattore Xa. Bisogna inoltre valutare l'eventuale presenza di controindicazioni alla terapia anticoagulante, che porterebbe ad optare per l’istallazione di un filtro cavale (vedi oltre); esistono delle controindicazioni alla terapia anticoagulante quali controindicazioni assolute come un sanguinamento attivo, una diatesi emorragica (con piastrine inferiori alle 20 G/l) e/o una chirurgia maggiore negli ultimi 10 giorni, mentre controindicazioni relative sono una moderata diatesi emorragica, la presenza di metastasi cerebrali, un recente trauma/sanguinamento, la presenza di endocardite e/o di ipertensione arteriosa non trattata.
Prima di iniziare una terapia antitrombotica è fondamentale valutare alcuni parametri del paziente utili per l'adeguata scelta terapeutica, così come è altrettanto importante eseguire un monitoraggio attento di condizioni cliniche e dei parametri di laboratorio del paziente stesso. A livello di laboratorio si valuta il livello basale di piastrine (per un eventuale rischio di HIT), la funzione renale (per la scelta terapeutica sull'eparina) ed i valori basali di aPTT (per un'adeguato target terapeutico in caso di eparina non frazionata). In casi selezionati si può seguire l'attività dell'eparina tramite controllo dell'attività anti-fattore Xa. Bisogna inoltre valutare l'eventuale presenza di controindicazioni alla terapia anticoagulante, che porterebbe ad optare per l’istallazione di un filtro cavale (vedi oltre); esistono delle controindicazioni alla terapia anticoagulante quali controindicazioni assolute come un sanguinamento attivo, una diatesi emorragica (con piastrine inferiori alle 20 G/l) e/o una chirurgia maggiore negli ultimi 10 giorni, mentre controindicazioni relative sono una moderata diatesi emorragica, la presenza di metastasi cerebrali, un recente trauma/sanguinamento, la presenza di endocardite e/o di ipertensione arteriosa non trattata.
EPARINE:
- Liquemina: é una terapia anticoagulante che inibisce la progressione del trombo, promuove la trombolisi e riduce le recidive, che viene somministrata IV in infusione continua dopo bolus, con il controllo dell’aPTT (o dell'attività anti-fattore Xa) data la non prevedibilità di risposta alla dose (per la presenza di legami aspecifici ed una lunga catena dopo il pentasaccaride che é estremamente variabile). Tipicamente si inizia con un bolus di 5.000 UI IV, cui segue un'infusione fra 16-18 UI/Kg/h, aggiustato secondo i controlli di laboratorio (generalmente ogni 6 ore in prima giornata, e poi ogni 24 ore da quando si ha una continua stabilità di due controllo consecutivi di laboratorio).
- LMWH: le eparine a basso peso molecolare sono analoghe alla liquemina (cioé inibiscsono la progressione del trombo, promuovono la trombolisi e riducono le recidive) e mostra un’efficacia sovrapponibile alla Liquemina, ma possiede minori effetti collaterali. Dato che presenta meno legami aspecifici con le proteine plasmatiche ed una maggiore biodisponibilità, si ha una maggiore prevedibilità di risposta al dosaggio (senza alcun controllo di laboratorio). A dosi terapeutiche si utilizza la Enoxaparina [Clexane] a dosi di 1 mg/Kg bid SC oppure a dosi di 1.5 mg/Kg die SC; gli effetti collaterali sono più rari, sia in termini di sanguinamento che in termini di HIT.
TROMBOLISI:
Tramite i farmaci trombolitici si accelera la risoluzione del trombo, dato che si somministra un farmaco che scioglie in maniera attiva il coagulo. Esistono diversi farmaci (quali la Streptochinasi, l'Urokinasi, ecc…) ma generalmente in clinica si utilizza l’Alteplase IV, che funziona bene e possiede pochi effetti collaterali. Esistono diversi protocolli di somministrazione, che vedono la somministrazione della dose totale in 1 ora (casi severissimi), 3 ore o 6 ore; in tutti i casi si deve monitorizzare (ogni 2-4 ore) l'evoluzione del fibrinogeno che tende a ridursi per effetto di consumazione e di fibrinolisi; un cut-off accettabile sotto al quale appare indicata la sostituzione é quello di 1 g/L.Le indicazioni all'esecuzione di una trombolisi prevedono un paziente con tromboembolia massiva con shock cardiogeno dove oltre il 90% dei pazienti mostra una buona risposta terapeutica con risoluzione del trombo e miglioramento sia della stabilità emodinamica che delle funzioni ventricolari destre (a 72 ore). Gli effetti collaterali più frequenti sono le emorragie, in particolare a livello intracerebrale che si sviluppano nello 0.9% dei pazienti trattati, soprattutto se anziani. Ad oggi esistono delle controindicazioni assolute/relative per l'esecuzione della trombolisi, come elencato nella tabella sottostante.
FILTRO CAVALE:
Il filtro cavale é un filtro che generalmente viene posizionato per via percutanea attraverso una vena periferica nella vena cava inferiore al di sotto delle vene renali, il cui scopo é quello di prevenzione primaria o secondaria dell'embolie polmonari. Esistono filtri temporanei che vengono utilizzati come profilassi dell'embolia e/o durante trombolisi meccaniche/farmacologiche limitatamente a 4 settimane, oppure esistono filtri definitivi le cui indicazioni assolute sono la presenza di una TVP prossimale con terapia anticoagulante controindicata, un grave sanguinamento durante terapia anticoagulante, una recidiva di TVP durante una adeguata terapia anticoagulante e/o una scarsa risposta a terapia anticoagulante. Le indicazioni relative sono la presenza di un trombo flottante all'ecografia, un trombo voluminoso e/o un elevato rischio di recidive.
Per quello che riguarda la prevenzione primaria o secondaria gli studi ad oggi disponibili sono ancora molto contraddittori e non appare ben chiaro quale sia la reale efficacia clinica se associati alla terapia anticoagulante tradizionale. Rimangono invece utili in caso di controindicazione alla terapia anticoagulante e/o in quella popolazione che dal punto di vista clinico o laboratoristico non sembra rispondere alla terapia anticoagulante.
CASI AVANZATI:
Esistono forme di embolia polmonare massiva, dove il paziente si presenta o evolve in shock cardiogeno massivo e dove l'esecuzione di una terapia trombolitica é mandatoria accanto ad un adeguato supporto intensivistico. In questi casi esiste la possibilità della posa di un ECMO-VA (ne parleremo successivamente, si veda il Capitolo 12.5 dedicato all'ECMO) oppure di una trombectomia chirurgica, scelta terapeutica rara e da effettuare in urgenza (non ha senso dopo 3-5 giorni dall'embolia), che generalmente viene effettuata quando si ha una trombolisi massiva e/o un grave ostacolo emodinamico al flusso di sangue nelle grandi vene.
(continua...)
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