Concludiamo la valutazione sull'ictus cerebri accennando ad alcune peculiarità differenti fra la presa a carico globale (si veda il Capitolo precedente) e l'arrivo in ICU. Lo scopo della valutazione acuta è quello di resuscitare il paziente, cioé di identificare e trattare le condizioni acute che possono portare a morte o a maggiore disabilità, tramite l’ABC primario, valutando le indicazioni per una eventuale rivascolarizzazione acuta, determinare l’eziologia dell’ictus per stabilire una terapia a lungo termine e valutare la sede migliore per la gestione del paziente (Pronto Soccorso, Stroke Unit o ICU). Generalmente la decisione è multidisciplinare e dipende anche dalla struttura ospedaliera; nella decisione sono coinvolti l’internista, l’intensivista, il neurologo e/o il neurochirurgo.
VALUTAZIONE:
All’anamnesi è fondamentale porre la corretta diagnostica differenziale per escludere altre cause che possono mimare uno stroke (si veda anche il capitolo precedente, Capitolo 1.4.1), determinare se si è nel periodo finestra per una riperfusione trombolitica e valutare i meccanismi dell’ictus ed evitare complicanze della terapia acuta. E’ importante pertanto conoscere il timing di insorgenza dei sintomi, se il paziente era già sveglio o é avvenuto al risveglio, la pregressa storia di ictus ed i fattori di rischio cardiovascolare, la terapia farmacologica assunta, un’eventuale diagnosi di diabete e/o di ipertensione arteriosa ed eventuali controindicazioni alla terapia trombolitica. Bisogna ricordarsi che per un paziente con ictus acuto può essere difficile o impossibile parlare; è quindi fondamentale ottenere precocemente e con velocità tali informazioni in base ai documenti disponibili (in ospedale, dal paziente) e dai familiari/testimoni.
L’esame obiettivo deve essere breve (al massimo 5-10 min) e focalizzato sugli elementi che possono avere un impatto clinico-prognostico; si valuta il livello di coscienza (orientamento spazio/temporale), i nervi cranici e la funzione motoria/sensitiva dei quattro arti, le disfunzioni corticali principali (come afasia, negligenza, aprassia) ed i riflessi. Tutto questo viene fatto perché se è vero che il danno primario è oramai avvenuto, bisogna cercare di minimizzare il più possibile il danno secondario della penombra ischemica; é quindi necessario che il sistema nervoso centrale venga messo nelle migliori condizioni per poter recuperare.
GESTIONE ACUTA:
- Airway - Breathing: si deve garantire la pervietà delle vie aeree, la ventilazione e l’ossigenzione; si deve intervenire per evitare ogni causa di ipossia. Un paziente con ictus può manifestare ipossia per multipli meccanismi, quali ipoventilazione, lesioni ai centri respiratori, disfunzione bulbare, aspirazione ed edema polmonare neurogeno. I pazienti che sono più a rischio di avere tali complicanze sono i pazienti con ictus del tronco-encefalo, con infarti emisferici estesi e con effetto massa. Si deve sempre garantire una saturazione periferica superiore al 94%, evitare broncoaspirazioni ed intubare pazienti che non garantiscono un controllo delle vie respiratorie (condizioni che rappresentano circa il 5% degli ictus).
- Circulation: un’adeguata perfusione cerebrale è fondamentale per ridurre l’area di penombra, dove l’autoregolazione del flusso ematico é alterata. Si deve controllare la pressione arteriosa evitando assolutamente fenomeni di ipotensione e mantenendo dei limiti di ipertensione “permissivi” in base alle condizioni cliniche del paziente che sono per il paziente normoteso una PAs fra 160-120 mmHg, mentre per un paziente notoriamente iperteso una PAs fra 180-140 mmHg. Per evitare fenomeni di ipotensione arteriosa relativa si deve ricordare che la riduzione della pressione arteriosa sistolica non deve mai essere superiore al 20% del valore iniziale che si riscontra nel paziente.
- Monitoraggio base: si deve garantire il controllo dei parametri vitali (quali PA, FC, SpO2) il controllo della glicemia e della temperatura (correggendole in caso di anomalia), la valutazione clinica neurologica (per diagnosticare un peggioramento neurologico).
DIAGNOSI CLINICA:
E’ importante porre l’accento sulla diagnosi clinica corretta (onde escludere altre causa che possono mimare un ictus ischemico), cercare di capire il territorio coinvolto e comprenderne il meccanismo eziologico. La diagnosi di ictus va sempre sospettata quando compare un deficit neurologico improvviso; la diagnostica differenziale principale è con l’emorragia cerebrale che è sempre da sospettare quando si ha esordio durante crisi ipertensiva, progressione nel giro di minuti, vomito precoce, perdita di coscienza immediata e/o cefalea acuta. La diagnosi non è possibile eseguirla clinicamente (mai!) e l’anamnesi serve solamente come sospetto clinico; gli esami di imaging, in particolare la TC-cerebri è l’esame diagnostico di scelta. Fra le altre malattie in diagnostica differenziale sono da pensare all’emorragia subaracnoidea (cefalea occipitale, meningismo, emorragia nel liquor), neoplasie (peggioramento acuto su deficit neurologici ad evoluzione lenta), trombosi del seno venoso sagittale (attacco epilettico, cefalea, trauma testa/collo, diabete, disidratazione, ecc…), sclerosi multipla (fase acuta), paresi post-ictale (in caso di attacco epilettico), emicrania deficitaria ed eclampsia.
TIPOLOGIA DI ICTUS:
È importante conoscere l’anatomia distributiva dei vasi arteriosi cerebrali, perché il deficit clinico si localizza nel territorio interessato dal problema, per cui spesso è già presumibile l’area interessata dalla patologia. Uno stroke lacunare, detto anche microangiopatico, tipicamente è preceduto da brevi TIA (15-20% dei casi), tipicamente stereotipati; inoltre ha un decorso progressivo e le lesioni sono piccole ma in aree ad alta densità assonale (capsula interna). Lo stroke embolico può presentare una storia di cardiopatia nota/ignota che porta alla formazione di coaguli intracardiaci (per aritmia atriale o estesa acinesia ventricolare, tipicamente con EF inferiore al 20-15%) che possono embolizzare a livello cerebrale. Presentano una sua caratteristica é la comparsa acuta, spesso durante l’attività fisica. Nella trombosi dei grandi vasi si ha un danno cerebrale per deficit di perfusione post-stenotica, rottura di placca, embolia a partenza dalla placca; il quadro clinico spesso può essere analogo alla forma embolica, ma con presenza importante dei fattori di rischio cardiovascolare, numerosi TIA (soprattutto con amaurosi fugax) e che a volte compaiono anche durante il sonno. La dissezione vascolare tipicamente insorge in pazienti giovani che presentano fattori di rischio come traumi recenti, infezioni della testa o del collo oppre segni di connettivopatia (come prolasso valvolare mitralico, sindrome di Marfan, ecc…). Solitamente si ha una emisindrome con dolore al collo, tinnito pulsatile e sindrome di Horner unilaterale.
PROCEDURE DIAGNOSTICHE:
Come é stato sottolineato nel capitolo precedente (si veda il Capitolo 1.4.1), il punto chiave è quello di porre una diagnosi precoce della patologia ischemica ed eseguire correttamente una diagnosi differenziale con altre patologie richiedenti un approccio terapeutico differente.
La TC-cerebri é permette di riscontrare la presenza di emorragie (classificabili per sede, dimensione, tipologia) o di ischemie, il timing presunto della ischemia (fino a 6 ore spesso non si riscontra alcuna alterazione radiologica in caso di ischemia) ed i segni indiretti (come la perdita della differenza grigio-bianca, un’edema dei solchi, ecc…). Permette inoltre di detettare segni di iperdensità arteriosa indicativi di una trombosi vascolare acuta. Infine permette di detettare la presenza di ipertensione endocranica in maniera indiretta, tramite segni di effetto massa con deviazione della linea mediana e compressione delle strutture cerebrali. La RMN-cerebri solitamente si utilizza come esame di seconda linea; ha una maggiore sensibilità diagnostica tramite alcune ricostruzioni (proton density, diffusion) nel valutare la sede/dimensioni delle lesioni ischemiche, soprattutto dove la TC risulta dubbia o poco sensibile (come per lesioni piccole oppure nella fossa cranica posteriore). L’elettrocardiogramma ha un ruolo fondamentale come esame di prima linea per valutare la presenza di aritmie quale causa di eventi cardioembolici. L’ecografia viene eseguita a livello dei vasi sopraaortici (carotidi, vertebrali) per valutare la presenza di placche, il loro impatto emodinamico e la tipologia (ecolucente, ecc…) che correla con il rischio di rottura. Una diagnosi precoce e chiara in tal senso evita di eseguire ulteriori approfondimenti (come una ecocardiografia o esami ematologici). Gli esami di laboratorio infine vengono eseguiti come esami di routine necessari per la diagnosi precoce ed il management del paziente.
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La versione completa di questo capitolo e degli altri capitoli di Neurologia indicizzati su questo sito sono da oggi disponibili alla pagina http://www.lepenseur.it/bookshop/56-manuale-di-medicina-intensiva-neurologia-9788895315461.html
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