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Monitoraggio della ICP (Capitolo 1.1.2)



Nel capitolo precedente abbiamo iniziato ad accennare ad alcuni principi di fisiologia inerente alla pressione intracranica; in questo capitolo ci soffermeremo brevemente su alcuni aspetti inerenti alla misurazione della pressione intracerebrale ed alcune metodiche utili per monitorizzare in maniera diretta/indiretta il flusso ematico cerebrale (CBF).


L'era moderna del monitoraggio della pressione intracranica (ICP) inizia nel decennio tra il 1950 e il 1960, con Guillaume e Janny che nel 1951, anche se il loro lavoro è andato in gran parte inosservato misurano clinicamente in continuo la ICP con l'uso di un manometro ad induttanza. Una pietra miliare nella storia della registrazione ICP è stato il lavoro svolto da Nils Lundberg (1965) sull'uso dei manometri per registrare l’ICP continuamente tramite ventricolostomia in più di 400 pazienti. Lundberg, anticipando la pratica moderna, ha scritto nel 1965 che «il valore più grande di registrare la pressione del fluido ventricolare è l'informazione che dà nei casi di gravi lesioni del cervello, senza ematomi. In questi casi, l'intervento per diminuire la pressione intracranica, ad esempio mediante soluzioni ipertoniche, iperventilazione, ipotermia, drenaggio dei liquidi possono essere applicati in modo più razionale». Applicazioni pratiche per migliorare il monitoraggio della ICP non si sono sviluppate per circa un decennio. Verso la metà degli anni 1970, il monitoraggio per mezzo di un trasduttore di pressione aveva cominciato a pervadere la pratica neurochirurgica influenzato da Becker e Miller con buoni risultati in 160 pazienti cerebrolesi traumatizzati, utilizzando il monitoraggio ICP continuo con un estensimetro, trattati secondo algoritmi clinici definiti per un periodo di 4 anni.

Un catetere ventricolare connesso a un estensimetro esterno è il metodo più accurato ed economico per il monitoraggio della ICP; tale metodo ha dimostrato essere affidabile e permettere periodicamente un azzeramento, permettendo inoltre anche il drenaggio del CSF in maniera ​​terapeutica. Tuttavia, i rischi potenziali al posizionamento difficile, soprattutto in presenza di una compressione ventricolare, ed i rischi legati ad una ostruzione del catetere hanno portato ad alternative in siti intra-cranici per il monitoraggio della ICP. Nel 2004, la posizione più comune per il monitoraggio della ICP era il parenchima cerebrale. 

Attualmente trasduttori contemporanei intra-parenchimali possono essere classificati come a stato solido, basati su chip di silicio con transsistors sensibili alla pressione, oppure a fibre ottiche. Sebbene entrambi i sistemi siano molto accurati al momento del posizionamento, sono stati segnalati derive nel tempo, che possono risultare in un errore dopo 4 o 5 giorni. La maggior parte dei medici, tuttavia, utilizzano questi dispositivi per un breve periodo di tempo e queste potenziali imprecisioni possono non essere clinicamente rilevanti. Il costo di questi dispositivi è superiore al sistema ventricolare convenzionale. 


TIPOLOGIA DI MONITORAGGI:
Ci sono quattro principali siti anatomici utilizzati attualmente per la misurazione della clinica della ICP: intraventricolare, intraparenchimale, subaracnoidea e epidurale. Anche il monitoraggio non invasivo ed il monitoraggio metabolico é stato studiato, ma il valore clinico di questi metodi non è ancora chiaro al momento. Ogni tecnica richiede un sistema unico di monitoraggio, ed ha associato vantaggi e svantaggi.




INTRAVENTRICOLARE:
I monitoraggi intraventricolari sono considerati il ​​"gold standard" per il monitoraggio della ICP; sono chirurgicamente posizionati nel sistema ventricolare e fissati ad un sacchetto di drenaggio e ad un trasduttore di pressione con una valvola a tre vie. Il monitoraggio intraventricolare ha il vantaggio di essere accurato, semplice nella misura ed ha la caratteristica unica di permettere il trattamento di ipertensione endocranica mediante il drenaggio del liquor cefalo-rachidiano. Lo svantaggio principale è il rischio di infezione, che può verificarsi in fino al 20 percento dei pazienti. Questo rischio aumenta ogni giorno che il dispositivo è in sede; attualmente é indicato il controllo a giorni alterni del liquor, per diagnosticare precocemente la comparsa di infezione. Un ulteriore svantaggio dei sistemi intraventricolare comprende un piccolo rischio (circa il 2%) di emorragia durante il posizionamento; questo rischio è maggiore nei pazienti coagulopatici. Inoltre, può essere tecnicamente difficile effettuare un drain intraventricolare in un ventricolo di piccole dimensioni, specialmente nel contesto del trauma con edema cerebrale complicato da compressione ventricolare.

INTRAPARENCHIMALE:
I dispositivi intraparenchimali sono costituiti da un cavo sottile con un trasduttore elettronico o a fibre ottiche alla punta. Il dispositivo più utilizzato è il sistema Camino a fibre ottiche. Questi monitor possono essere inseriti direttamente nel parenchima cerebrale attraverso un piccolo foro praticato nel cranio. I vantaggi sono la facilità di collocazione ed un minor rischio di infezioni ed emorragie (inferiore al 1%) rispetto ai dispositivi intraventricolari. Gli svantaggi includono l'incapacità di drenare il liquor per scopi diagnostici o terapeutici e la possibilità di perdere la precisione (si parla di "deriva") dopo diversi giorni, dal momento che il trasduttore non può essere ricalibrato dopo il posizionamento iniziale. Inoltre, vi è un maggior rischio di rottura meccanica per la complessa progettazione di questi monitor. L'affidabilità dei dispositivi intraparenchimali è dibattuta. Un gruppo di studio trovato piccole variazioni (attorno a 1 mmHg) su un gruppo di 163 pazienti fra la pressione indicata e la pressione renale; tuttavia, un secondo studio ha rilevato che le letture variavano di oltre 3 mmHg in più della metà dei 50 pazienti studiati. L'affidabilità rispetto ai sistemi intraventricolari appare pertanto minore.

SUBARACNOIDEA:
I bulloni subaracnoidei sono sistemi accoppiati all'interno di una vite cava che può essere posizionata attraverso il cranio adiacente alla dura. La dura viene quindi forata, permettendo al liquor di comunicare con la colonna di fluido ed il trasduttore. Il monitor subaracnoideo più comunemente usato è il bullone Richmond (o Becker); altri tipi includono il bullone Philly e la vite di Leeds. Questi dispositivi hanno un basso rischio di infezione ed emorragia, ma spesso su intasano con detriti cellulari e divengono rapidamente inaffidabili, pertanto essi sono raramente utilizzati. Inoltre, si ritiene di essere meno accurati rispetto ai dispositivi intraventricolari.

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La versione completa di questo capitolo e degli altri capitoli di Neurologia indicizzati su questo sito sono da oggi disponibili alla pagina http://www.lepenseur.it/bookshop/56-manuale-di-medicina-intensiva-neurologia-9788895315461.html 

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