Dopo che nei capitoli precedenti abbiamo avuto modo di trattare dei concetti di base della fisiologia e fisiopatologia cardiaca sia per il ventricolo destro, che per il sinistro che per i due atri, trattiamo ora della terapia dello scompenso cardiaco sia per l’impostazione di una terapia lungo termine che, soprattutto, per la gestione acuta dello scompenso cardiaco. Data la gravità e l’urgenza della situazione clinica, in questi casi spesso il trattamento deve essere cominciato in parallelo con il lavoro diagnostico.
GESTIONE ACUTA:
Sebbene non esistano studi evidenced-based nello stesso modo come per i trattamenti dello scompenso cardiaco cronico, i farmaci chiave sono ossigeno, diuretici e vasodilatatori. Gli oppiacei e gli inotropi sono utilizzati in modo più selettivo, ed il sostegno meccanico della circolazione è necessaria più raramente. La ventilazione non invasiva è utilizzata comunemente in molti centri, ma ventilazione invasiva è necessaria solo in una minoranza di pazienti. La pressione arteriosa sistolica, la frequenza cardiaca, la saturazione di ossigeno periferica (SpO2), la diuresi ed i lattati devono essere monitorati su base regolare e frequente fino a quando il paziente è stabilizzato.
OSSIGENO:
L'ossigeno può essere dato per trattare l’ipossiemia (per valori di SpO2 inferiori a 90%), ma non deve essere utilizzato di routine in pazienti non ipossiemici in quanto può provocare vasocostrizione e ridurre la gittata cardiaca.
DIURETICI:
La maggior parte dei pazienti con dispnea causata da edema polmonare ottenere un rapido sollievo dai sintomi da somministrazione di un diuretico IV, come risultato sia di un'azione di vasodilatazione venosa immediato che della successiva rimozione di fluido. In questo senso é da sottolineare l’azione vasodilatatrice della Furosemide quanto somministrata in bolus: una vasodilatazione provoca da un lato una riduzione del ritorno venoso cardiaco, con miglioramento della gittata secondo la legge di Frank-Stirling (in quanto un cuore scompensato si trova sulla fase discendente della curva), dall’altro provocano una riduzione della PVC. A livello renale si ha di conseguenza un miglioramento della pressione di perfusione glomerulare come effetto della migliore gittata cardiaca e, per la riduzione della PVC, un aumento del gradiente pressorio trans-glomerulare, con aumento della produzione di pre-urina. Di conseguenza si assiste ad una riduzione della quota idrica circolante.
La dose ottimale di farmaco e la via di somministrazione (bolo o infusione continua) sono incerte; recenti piccoli studi randomizzati prospettici hanno confrontato l’iniezione in bolo con l’infusione continua e basse dosi ed alta dose (2,5 volte la precedente dose) mostrando come non c'era alcuna differenza tra i due trattamenti in merito agli endpoint primari (valutazione globale dei sintomi e cambiamento della creatinina sierica). Rispetto alla strategia a basso dosaggio, la strategia high-dose è, tuttavia, legata ad un più grande miglioramento in alcuni endpoint secondari (compresa la dispnea), ma a scapito di un transitorio peggioramento della funzione renale. Nei pazienti con edema polmonare resistente, una combinazione con un tiazidico o un tiazidico-like (come il metolazone) possono essere necessarie per ottenere un diuresi adeguata. Questa potente combinazione di solito è necessaria solo per pochi giorni e richiede un attento monitoraggio per evitare ipokaliemia, disfunzione renale ed ipovolemia.
OPPIACEI:
Gli oppiacei (come la morfina) possono essere utili in alcuni pazienti con edema polmonare acuto quanto riducono l'ansia ed alleviano il disagio associato alla dispnea. Gli oppiacei sono anche pensati essere venodilatori, riducendo il precarico. Al contrario, gli oppiacei inducono nausea (che richiede la somministrazione concomitante di un antiemetico, alcuni dei quali hanno un'attività vasocostrittore) e deprimono l’azione respiratoria, aumentando potenzialmente la necessità di ventilazione invasiva.
VASODILATATORI:
Anche se vasodilatatori come la nitroglicerina possono ridurre il precarico ed il postcarico, migliorando la gittata sistolica, non c'è una robusta evidenza che siano in grado di alleviare la dispnea o di migliorare altri outcomes clinici. I vasodilatatori sono probabilmente più utili in pazienti con ipertensione arteriosa e dovrebbero essere evitati nei pazienti con una pressione sistolica inferiore a 110 mmHg. Cadute eccessive di pressione arteriosa dovrebbero essere difatti evitate dato che l’ipotensione é associata ad un aumento della mortalità nei pazienti con scompenso cardiaco acuto (per riduzione della pressione di perfusione coronarica). I vasodilatatori andrebbero pertanto utilizzati con estrema cautela nei pazienti con stenosi mitralica o stenosi valvolare aortica severa.
INOTROPI
L'uso di un inotropi come la dobutamina di solito dovrebbe essere riservato a pazienti con tale grave riduzione della gittata cardiaca che la perfusione organo vitale appare compromessa. Tali pazienti sono quasi sempre ipotesi, con segni clinico-laboratoristici compatibili con un’ipoperfusione periferica. Gli inotropi inoltre provocano tachicardia sinusale e possono indurre un’ischemia miocardica ed aritmie. Vi è da lungo tempo la preoccupazione che essi possano aumentare la mortalità e per questo si sta sviluppando un razionale farmacologico sull’utilizzo più precoce di levosimendan se si ritiene necessario per contrastare l'effetto di un beta-bloccante. Il problema é che una volta somministrato, il farmaco (che ha inoltre un effetto vasodilatatore) rimane in circolo per diversi giorni risultando pertanto poco maneggevole.
VASOPRESSORI:
I farmaci con prominente azione vasocostrittrice arteriosa periferica, come la noradrenalina talvolta vengono prescritti ai pazienti in shock con marcata ipotensione arteriosa; tali farmaci sono indicati per aumentare la pressione sanguigna e ridistribuire gittata cardiaca agli organi vitali. Tuttavia, questo avviene a scapito di un aumento di post-carico ventricolare sinistro, e questi agenti hanno effetti avversi simili a quelli di inotropi. Il loro uso deve essere limitato ai pazienti con ipoperfusione persistente nonostante un'adeguata pressione di riempimento cardiaco, per avere valori di pressione arteriosa media almeno di 65 mmHg (60 mmHg per disfunzioni ventricolari severe).
ALTRA TERAPIA FARMACOLOGICA
Sono inoltre indicati farmaci per la profilassi tromboembolica con eparina o un altro anticoagulante, salvo la presenza di controindicazioni. In caso di disfunzione ventricolare severa con dilatazione ventricolare avanzata (ed EF inferiore al 20%) oppure in caso di fibrillazione atriale, appare indicata una terapia anticoagulante terapeutica.
DOPO LA STABILIZZAZIONE:
La terapia dello scompenso cardiaco è una terapia multidisciplinare che differisce nei goals e nelle modalità di trattamento a seconda che si tratti di forme acute/croniche e della tipologia fisiopatologica dello scompenso cardiaco stesso. Dopo aver stabilizzato rapidamente il paziente, una volta ottenuta la stabilizzazione desiderata, appare necessario incominciare ad introdurre un trattamento cronico a basse dosi, da incrementare progressivamente. Le diverse manovre terapeutiche hanno una diversa efficacia nel raggiungimento dei diversi obiettivi, e la singola efficacia dei un farmaco può variare con le diverse fasi dello scompenso cardiaco. Gli obiettivi sono la riduzione dei sintomi, l’incremento della sopravvivenza, l’incremento della capacità funzionale e/o la riduzione della velocità di rimodellamento.
ACE-INIBITORI:
Come meccanismo azione tali farmaci bloccano degli effetti negativi (sistemici, autocrini, paracrini) del sistema renina-angiotensina tramite il blocco dell’enzima ACE, con riduzione sistemica dell’Angiotensina 2. Il recettore AT1 é localizzato a livello renale, cardiaco, nella muscolatura liscia dei vasi, nel surrene, nelle piastrine ed è il responsabile dei diversi effetti negativi dell’angiotensina 2. Provoca vasocostrizione, ritenzione di sodio, riduzione della secrezione renina, incremento della secrezione di endotelina, incremento del sistema ortosimpatico, ipertrofia dei cardiomiociti e fibrosi cardiaca. Il recettore AT2 é un recettore diffuso in tutti gli istotipi cellulari, che provoca diversi effetti sistemici tra cui un effetto antiproliferativo e di differenziazione cellulare, di riparazione cellulare e di apoptosi. Il recettore AT4 é un recettore localizzato prevalentemente a livello dell’endotelio che, se attivato, facilita il rilascio di PAI a livello endoteliale stesso.
Gli ACE-inibitori, per quello che riguarda le indicazioni, sono farmaci da utilizzare in tutti i pazienti con disfunzione sistolica (anche asintomatici); portano a riduzione della mortalità (attorno al 25-30%), della morbilità, con riduzione dell’ospedalizzazione. Le controindicazioni sono soprattutto anuria, angioedema, insufficienza renale (in caso soprattutto di stenosi delle arterie renali) e la gravidanza. Come posologia la terapia va iniziata a base dosi, che vengono successivamente incrementate fino alla dose di mantenimento. Va somministrato lontano dal diuretico (per evitare sinergie negative sulla pressione arteriosa) e si ha una risposta immediata, con con beneficio studiato a 1-2- classe NYHA-dipendente.
Gli effetti collaterali sono diversi come gravità e frequenza. La tosse é dovuta a broncocostrizione per accumulo di bradichinine e prostaglandine non inattivate dall’enzima ACE, condizione che comunque si pone in diagnostica differenziale con la stasi polmonare. In questi casi viene consigliato il passaggio ad un Sartanico, senza somministrare FANS (che incrementano la tosse). Altro effetto collaterale é l’ipotensione arteriosa soprattutto in pazienti già ipotesi, ipovolemici, iponatremici (con natremia inferiore a 130 mmol/l) e viene somministrato alla sera prima di coricarsi, associando una lieve riduzione del diuretico nei primi giorni di introduzione del farmaco. L’insufficienza renale si ha con un lieve incremento della creatinina, soprattutto per vasodilatazione dell’arteriola efferente (con riduzione della filtrazione glomerulare), soprattutto in pazienti scompensati gravi. Esistono diversi meccanismi per questa insufficienza renale, come la riduzione pressoria, la riduzione volemica, eventuali alterazioni vascolari renali e/o la co-somministrazione di agenti vasocostrittori. Un altro sintomo é l’iperkaliemia che può esistere lieve/transitorio, con forme gravi se si ha una creatinina preesistente patologicamente elevata. L’angioedema é estreamemente raro (attorno allo 0,1-0,2% dei pazienti), soprattutto nei pazienti nordafricani/asiatici; il meccanismo fisiopatologico è ancora sconosciuto; esiste un elevato rischio di morte se non si interviene rapidamente.
β-BLOCCANTI:
Per quello che concerne il meccanismo azione bisogna ricordarsi che esiste la modulazione del sistema adrenergico responsabile della progressione cronica dello scompenso cardiaco. Tale terapia porta cronicamente ad un ridotto consumo di ossigeno, ad una riduzione del rimodellamento ventricolare, ad un incremento della perfusione coronarica, ad una riduzione dell’ipertrofia miocardica e ad una riduzione del rischio di aritmie. Per le indicazioni, sono farmaci utilizzabili soprattutto in pazienti con scompenso asintomatico, in classe II-III NYHA ed anche in Classe IV NYHA, purché emodinamicamente stabili. La stabilità clinica è il punto chiave per un uno sicuro del farmaco. Se adeguatamente utilizzati si ottiene una riduzione di mortalità (del 65%) ed una riduzione dell’ospedalizzazione. Le controindicazioni sono importanti e da conoscere e sono l’asma bronchiale severo, il diabete mellito (controindicazione relativa, associata ad un aumento dei valori di glicemia), ipotensione arteriosa e/o bradicardia, blocco AV di II/III grado, insufficienza renale severa (per aumentato rischio di accumulo).
Per quello che riguarda la posologia tali farmaci sono tollerati nel 90% dei casi; esiste un effetto bifasico con un iniziale peggioramento della funzione cardiaca nei primi giorni di somministrazione, seguito da un miglioramento. L’effetto appare aumentato dall’uso concomitante di ACE-inibitori (con effetto sinergico). Fra i diversi farmaci utilizzabili si annoverano il Bisoprololo, il Metoprololo ed il Carvedilolo, quest’ultimo è un β-bloccante di III generazione con effetto α e β, che comporta un incremento della sopravvivenza ed una riduzione dell’ospedalizzazione nei pazienti con cardiopatia ischemica.
Gli effetti collaterali sono diversi per frequenza e gravità. L’ipotensione arteriosa si ha soprattutto con il Carvedilolo, ma il rischio può essere ridotto se viene distanziato dall’utilizzo di ACE-inibitori e dei diuretici. Un altro rischio é la ritenzione idrica per cui appare necessario controllare quotidianamente il peso corporeo ed incrementare il diuretico in caso di incremento ponderale. Infine le aritmie ipocinetiche (fra cui bradicardi e e blocchi AV) si manifestano più tardivamente. Si deve effettuare una riduzione di dose se si ha la comparsa di blocchi AV II-III grado e/o una frequenza cardiaca inferiore ai 50 bpm.
DIURETICI:
Sui diuretici abbiamo ci sarà modo di parlarne in un capitolo appositamente dedicato nella sezione renale (si veda il Capitolo 5.2.3); in questo ambito sono da menzionare i diuretici dell’ansa (che blocco il co-trasportatore sodio/cloro/potassio nel tratto ascendente dell’ansa di Henle) ed i tiazidici (che bloccano il co-trasporto sodio/cloro nel tubulo contorto distale). Sono farmaci da utilizzare soprattutto per il loro rapido effetto rispetto agli altri farmaci, in particolare sulla ritenzione idrica. Sono farmaci unicamente sintomatici, che portano a riduzione della ritenzione idrosalina, riduzione del pre/postcarico, riduzione dello stress di parete ventricolare, riduzione della pressione polmonare ed incremento della gittata cardiaca. Il farmaco di prima scelta è la Furosemide, cui si associa anche un antialdosteronico per il controllo dell’ipokaliemia ed un incremento della sopravvivenza, in particolare in caso di disfunzione sistolica severa, con EF inferiore al 35%.
Gli effetti collaterali sono diversi per gravità e frequenza, fra cui le alterazioni della kaliemia sia ipo- che iperkaliemia (responsabile di una quota importante di morbilità/mortalità acuta in questi pazienti) con conseguenti aritmie, soprattutto se co-esiste la somministrazione di Digitale. La kaliemia va tenuta in questi casi fra 4,3-5 mmol/l. L’Iponatremia si ha soprattutto se esiste scompenso cardiaco grave con eccesso di vasopressina e renina-angiotensina; la terapia prevede l’uso della restrizione idrica. L’ipotensione arteriosa si ha soprattutto per eccessivo uso dei farmaci e conseguente ipovolemia; si può associare un incremento dell’azotemia per una ridotta perfusione renale. L’alcalosi metabolica invece appare secondario ad una deplezione polemica importante, con perdita di potassio e, nel tantino di compenso, perdita di ioni idrogeno; in questi casi, se possibile, si deve ridurre il diuretico ed associare per brevi periodi acetazolamide.
ANTIALDOSTERONICI:
Lo spironolattone ed i suoi metaboliti attivi (come il Canrenone ed il Canreonato di potassio) portano ad un’inibizione competitiva dell’aldosterone a livello sistemico, soprattutto a livello Renale (sia nel tubulo contorto distale che nei dotti collettori). Con il loro uso di si ha stabilizzazione di magnesio e potassio, riduzione della fibrosi cardiovascolare, riduzione dell’attivazione simpatica e ridotta disfunzione dei barocettori. Come indicazioni sono da usare soprattutto in pazienti in stadio III-IV con gli ACE-inibitori e/o i diuretici; non è ancora stato chiarito se sono efficaci in caso di scompenso cardiaco di stadio II. Se adeguatamente introdotti e mantenuti, si ha una riduzione della mortalità (di circa il 30%) e dell’ospedalizzazione.
Sono farmaci che vengono utilizzati se si ha una kaliemia inferiore a 5 mmol/l ed una creatinina ai limiti, controllando la kaliemia a 4-6 giorni; se si hanno valori superiori a 5.5 mmol/l si deve sospendere o ridurre il farmaco, mentre fra 5-5.5 mmol/l di kaliemia é sufficiente dimezzare la dose. Fra gli effetti collaterali: si può avere Iperkaliemia (estremamente frequente), ginecomastia (nel 10% dei pazienti maschi, evitabile con l’introduzione di Eplrenone) ed una lieve acidosi metabolica.
DIGITALE:
Il farmaco blocca l’attività ATPasica della pompa sodio/potassio a livello sistemico, porta ad effetto inotropo positivo, riduzione dell’attività ortosimpatica e riduzione dell’assorbimento di sodio. Il farmaco ha delle indicazioni ristrette: va utilizzato se esiste uno stato di scompenso cardiaco e di fibrillazione atriale tachicardica, e viene raccomandato solamente come farmaco sintomatico. Esistono comunque delle controindicazioni assolute, quali un blocco AV II/III grado e controindicazioni relative come l’uso di farmaci quali chinidina, spironolattone, amiodarone, flecainide, propafenone, ecc… Gli effetti collaterali che si possono avere sono aritmie cardiache, alterazioni nel tubo gastroenterico (come anoressia, nausea, vomito) ed alterazioni nel sistema nervoso centrale, soprattutto per concentrazioni plasmatiche superiori a 2 ng/ml.
SARTANI:
I spartani sono farmaci che inibiscono l’angiotensina 2 e possono essere utilizzati per by-passare la tosse o l’angioedema provocato dagli ACE-inibitori e/o per evitare il fenomeno non molto conosciuto di escape da parte dell’Angiotensina 2, che viene prodotta anche da enzimi chiamati chimasi da parte delle cellule dell’interstizio. Ad oggi non è chiaro se esista una ridotta mortalità come con gli ACE-inibitori; si ha comunque una ridotta ospedalizzazione ed i farmaci sono indicati in caso di tosse/angioedema da ACE-inibitori e/o associati agli ACE-inibitori stessi (senza β-bloccanti), anche se in questo caso gli effetti collaterali a livello renale e di elettroliti sono piuttosto ben più frequenti. Fra gli effetti collaterali più frequenti possono provocare ipotensione arteriosa, insufficienza renale e/o iperkaliemia. Generalmente vengono ben tollerati; non vanno somministrati in gravidanza.
TERAPIA GIK:
Dagli anni '60 si è utilizzato per qualche decennio la terapia GIK (Glucose, Insuline, Kalium) nei pazienti con patologia cardiovascolare; il razionale era che tale terapia fosse in grado di ridurre l'uptake miocardico di acidi grassi liberi ed il glucosio potesse fornire un migliore substrato energetico ed il potassio potesse migliorare la stabilità elettrica cellulare. Alcuni studi hanno invocato la terapia GIK come utile per il suo effetto inotropo positivo, anche nella sepsi/shock la riduzione della piruvato-chinasi deidrogenasi rende le cellule meno sensibili all'insulina. E' stata eseguita una metanalisi su oltre 22.000 pazienti nel valutare la mortalità e le complicanze della terapia standard vs la terapia standard con GIK per tutti i pazienti con un tasso previsto di mortalità superiore al 15%. Non si hanno effetti significativi di tale terapia nei pazienti con scompenso cardiaco in caso di infarto miocardico acuto o chirurgia cardiaca, mentre non si hanno al momento dati certi per quello che riguarda i pazienti settici. Attualmente pertanto non c'è indicazione all'utilizzo in medicina intensiva di tale terapia.
TERAPIA NON FARMACOLOGICA:
Nei casi estremamente severi di scompenso cardiaco, é importante associare una serie di dispositivi o prescrizioni non farmacologiche. Appare comune la impostare una restrizione idrica con limitazione nell'assunzione di sodio a 2 g die e l'assunzione di liquidi a 1.5 litri al giorno, in particolare durante la gestione iniziale di un episodio acuto di scompenso cardiaco associato con sovraccarico idrico, anche se non vi è alcuna prova certa a sostegno di questa pratica.
VENTILAZIONE NON INVASIVA:
L’uso di una ventilazione a pressione positiva, sia C-PAP che VNI sono estremamente utili per migliorare la dispnea (miglioramento soggettivo) e mettere in atto alcune migliorie fisiologiche per ridurre il sovraccarico idrico (miglioramento oggettivo) in caso di edema polmonare acuto. Ne abbiamo accennato nel capitolo dedicato alla PEEP (si veda il capitolo dedicato, Capitolo 3.4.4). Un recente studio randomizzato di grandi dimensioni ha mostrato che nessuno la mortalità o il tasso di intubazione non venga ridotto con l’uso della ventilazione non invasiva se confrontato con la terapia standard. La ventilazione non invasiva può essere utilizzata come terapia aggiuntiva per alleviare i sintomi nei pazienti con edema polmonare e grave distress respiratorio o che non riescono a migliorare con terapia farmacologica. Le controindicazioni comprendono le solite come ipotensione, vomito, possibile pneumotorace, e depressione dello stato di coscienza. Va comunque ricordato che un’assenza di evidenze cliniche non significa giustificare l’utilità della metodica che, dal punto di vista fisiopatologico, ha un’utilità fondamentale. L'indicazione principale per un’intubazione endotracheale e ventilazione invasiva è l'insufficienza respiratoria che porta ad ipossiemia non rispondente alla VNI (con ossigeno inferiore a 6 kPa), ipercapnia con acidosi non rispondente alla VNI ed esaurimento fisico oppure il riscontro di riduzione dello stato di coscienza con incapacità di mantenere o proteggere le vie respiratorie.
CONTROPULSATORE AORTICO:
Le indicazioni convenzionali per un contropulsatore aortico (IABP) sono per sostenere la circolazione arteriosa prima della correzione chirurgica di specifici problemi meccanici acuti (ad esempio la rottura del setto interventricolare, un rigurgito mitralico acuto), durante una grave miocardite acuta e in pazienti selezionati con infarto acuto durante e dopo la rivascolarizzazione. Dal punto di vista fisiopatologico si ha un aumento della pressione diastolica (subito dopo la chiusura della valvola aortica), con miglioramento della perfusione periferica degli organi e netta riduzione della pressione telediastolica (subito prima dell’apertura della valvola aortica), con miglioramento della gittata cardiaca. Non vi è alcuna prova scientifica che un IABP sia di beneficio in caso di shock cardiogeno, ma similmente a quanto detto prima, dal punto di vista fisiopatologico esiste un razionale per il suo utilizzo. Le controindicazioni comprendono vomito, possibile pneumotorace e stato di coscienza depresso.
(continua...)
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