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Sindrome catastrofica da anticorpi antifosfolipidi (CAPS) - Capitolo 2.10a.7



La sindrome da anticorpi antifosfolipidi è una condizione autoimmune multisistemica caratterizzata dalla presenza di trombosi vascolari e/o da aborti connessi con la presenza di anticorpi antifosfolipidi persistentemente positivi. Nella sua forma più grave, una minoranza dei pazienti sviluppa molteplici trombosi multi-organo pericolose per la vita, di solito associate alla presenza di microtrombosi; tale condizione prende il nome di Sindrome Catastrofica Anti-Fosfolipidi (CAPS). Le caratteristiche della CAPS sono: (A) la formazione rapida di trombosi con conseguente Multi-Organ Failure, (B) l'associazione frequente con altre microangiopatie trombotiche, prime fra tutte la TTP/HUS, (C) la presenza di SIRS, (D) un alto rischio di coinvolgimento multi-organo ed infine (e) un alto tasso di mortalità nonostante la terapia ottimale.


PATOGENESI
La sindrome da anticorpi antifosfolipidi è un disturbo protrombotico che può interessare sia la circolazione venosa che arteriosa; le vene profonde degli arti inferiori e la circolazione arteriosa cerebrale sono la sessione del letto vascolare più comunemente coinvolte. La CAPS, che è caratterizzata inoltre dalla presenza di coaguli nei capillari più piccoli con conseguente insufficienza multiorgano ed elevata mortalità, generalmente si sviluppa in un piccolo sottogruppo di pazienti con questi auto-anticorpi, e proprio per la loro alta mortalità sono di interesse intensivistico. 

Le altre principali manifestazioni cliniche della sindrome da anticorpi antifosfolipidi sono ostetriche, comprendenti la morte inspiegabile di uno o più feti morfologicamente normali dopo la 10a settimana di gestazione, il parto prematuro di uno o più neonati morfologicamente normali prima della 34a settimana di gestazione, oppure tre o più aborti spontanei inspiegabili consecutivi prima della 10a settimana di gestazione.

I criteri di classificazione rivisti nel 2006 per la sindrome da anticorpi antifosfolipidi sottolineano la presenza di autoanticorpi specifici come componente essenziale della diagnosi. La persistenza per oltre 12 settimane di alti titoli di autoanticorpi (sia IgG che IgM) rilevati tramite test ELISA é necessaria per porre la diagnosi, con anticorpi per l'anti-β2-glicoproteina I oppure anticorpi anticardiolipina o mediante saggi di lupus anticoagulant (questi ultimi test rilevano autoanticorpi che hanno la capacità di prolungare il tempo di coagulazione in vitro). Il termine "anticorpi antifosfolipidi" è spesso usato per comprendere uno qualsiasi o tutti gli anticorpi rilevati mediante ELISA e saggi di lupus anticoagulante. 

AUTOANTICORPI:
Un test positivo per il lupus anticoagulante è il fattore di rischio più importante per lo sviluppo di trombosi; uno studio caso-controllo progettato per stimare il contributo dei fattori di rischio genetici e acquisiti per un primo episodio di trombosi venosa nella popolazione generale delle persone di età inferiore ai 70 anni di età (senza cancro noto) ha dimostrato che il 3,1% delle persone con trombosi venosa erano positivi per il lupus anticoagulante, rispetto al 0,9% dei controlli (OR 3.6). In un altro studio caso-controllo concentrato sui fattori di rischio per l'ictus nelle donne nella popolazione generale di età inferiore ai 50 anni di età, il 17% dei pazienti con ictus sono risultati positivi per il lupus anticoagulante, rispetto al 0,7% dei controlli (OR 43,1). Circa l'1% delle donne che cercano di rimanere incinta hanno aborti ricorrenti; di queste donne, fra il 10 e il 15% si stima abbiano la sindrome da anticorpi antifosfolipidi. La positività per il lupus anticoagulante è il più forte predittore di successiva trombosi nella sindrome da anticorpi antifosfolipidi a livello puramente ostetrico; l'incidenza annuale di trombosi venosa profonda è 1.46%, con un'incidenza annuale di ictus dello 0.32%.

Gli autoanticorpi sono considerati come fattori patogenetici, dato che se vengono prelevati e purificati da pazienti con la sindrome anti-fosfolipidi, sono in grado di potenziare la formazione di trombi quando vengono infusi nei topi in cui un vaso sanguigno è stato preventivamente lesionato (vedi oltre). Le proprietà trombogeniche vengono eliminate quando viene rimossa la frazione di anti-β2-glicoproteina I di questi autoanticorpi. Tuttavia da soli non sembrano essere sufficienti per provocare malattia.

TRIGGER DELLA TROMBOSI:
Il modello di trombosi "doppio hit" associato alla sindrome da anticorpi antifosfolipidi propone che sia necessario un "primo colpo" in grado di lesionare l'endotelio ed un "secondo colpo" in grado di potenziare la formazione di trombi. Gli autoanticorpi di pazienti con la sindrome da anticorpi antifosfolipidi che sono infusi in topi sani non promuovono la formazione di trombi in assenza di lesioni della parete vascolare. Nella CAPS infezioni ed interventi chirurgici sono riconosciuti come fattori precipitanti del danno endoteliale; tuttavia in questi casi così severi non sempre lo stimolo di avvio è identificato. Alcuni gruppi ipotizzano che la perturbazione dell'equilibrio redox nell'ambiente vascolare di questi pazienti possa costituire un sostanziale «primo colpo» che attiva l'endotelio, permettendo ai complessi immuni di beta2-glicoproteina di aggregarsi sulla superficie cellulare e sviluppare la loro patogenicità.


Oltre a questo meccanismo, che appare essere il principale, esiste un’ampia letteratura che prende in considerazioni ulteriori disfunzioni a carico delle cellule endoteliali, dei monociti, del Fattore Tissutale e del Fattore XI, ma anche il ruolo di integrine ed annessine.






DIAGNOSI:
Data la presenza di numerosi fattori di rischio trombotici, sia reversibili che irreversibili, sono state create delle linee guida per facilitare la ricerca clinica di una CAPS; appare fondamentale seguire i criteri indicati in tali linee guida per evitare di sovradiagnosticare tale patologia. Ci sono diversi punti  da prendere in considerazione per determinare se un paziente ha un profilo clinicamente significativo per sospettare una CAPS: 
  1. una positività transitoria di anticorpi aPL è comune durante le infezioni e, quindi, é fondamentale documentare valori persistenti per almeno 12 settimane di anticorpi aPL; 
  2. un test positivo per LLAC costituisce un migliore indicatore per gli eventi trombotici aPL-correlati rispetto ad altri test; 
  3. se possibile, il test LLAC deve essere testato senza terapia anticoagulante, dato che possono verificarsi nei pazienti anticoagulati entrambi i risultati (falsi negativi e falsi positivi); 
  4. la specificità dei test anti-cardiolipina e aβ2GPI per eventi clinici aPL-correlati aumenta con titoli  anticorpali superiori; 
  5. il rischio di trombosi nei pazienti aPL-positivi aumenta con il numero dei fattori di rischio per trombosi; 


Inoltre bisogna tenere a mente che le manifestazioni cliniche legate agli anticorpi aPL rappresentano uno spettro che va da una semplice positività di anticorpi senza eventi clinici, passando ad una positività associata ad alcune manifestazioni cliniche (ad esempio trombocitopenia, anemia emolitica, valvulopatie, nefropatia, ecc…) senza criteri per la CAPS, per arrivare alla sindrome da anticorpi aPL con trombosi arteriosa/venosa o gravidica per poi terminare con la CAPS.

SPETTRO DELLA CAPS
Si parla di CAPS definita quando si ha una trombosi in tre o più organi in meno di una settimana, con microtrombosi in almeno un organo e positività persistente degli anticorpi aPL. Tuttavia, se un paziente ha solo tre di questi quattro requisiti, allora il paziente viene classificato come CAPS probabile. Lo scopo della definizione CAPS probabile è quello di mantenere il medico in allerta per la natura rapidamente progressiva di CAPS, portando alla diagnosi precoce e ad un trattamento più aggressivo.





Di contro, i pazienti aPL-positivi che non soddisfano i criteri di CAPS definita o probabile creano una sfida significativa nella presa a carico specialistica e ad oggi vengono definiti come pazienti «CAPS-like», in quanto richiedono un attento monitoraggio per lo sviluppo delle CAPS, con instaurazione rapida di una terapia aggressiva. I pazienti aPL-positivi con trombosi di un grande vaso a due organi con o senza sanguinamento concomitante, oppure con microtrombosi isolata associata ad un sanguinamento (spesso polmonare o surrenalico), trombocitopenia grave con o senza sanguinamento possono essere inclusi in questo gruppo. Anche se controverso, alcuni autori considererebbero i pazienti con trombosi venosa profonda che evolve in embolia polmonare (e parimenti un trombo nel ventricolo sinistro che porta ad un ictus) come un singolo evento; in base allo sviluppo di ulteriori manifestazioni aPL-correlate, questi pazienti possono o non possono essere inclusi in questa categoria CAPS-like.



PROBLEMI DI LABORATORIO:
Nei pazienti con CAPS raramente gli anticorpi aPL diventano transitoriamente negativi, e se questo avviene ciò capita al momento della trombosi, probabilmente a causa del consumo massivo di anticorpi. Le malattie trombogeniche, come la microangiopatia trombotica, la HUS, la HELLPS, ecc… dal punto di vista clinico (ma anche di laboratorio) spesso si assomigliano, andando a sovrapporsi e rendendo difficile un corretto inquadramento diagnostico. Bisogna pertanto porre attenzione che, in questi casi, una positività anticorpale aPL non é sinonimo di CAPS. Non da ultimo bisogna ricordarsi che i pazienti con CAPS dal punto di vista clinico mostrano i segni di una sepsi severa con sviluppo di MOF (che fa seguito ai trombi multipli).


CAPS: ALGORITMI DIAGNOSTICI
Per le ragioni appena discusse, la diagnosi di CAPS può essere spesso molto difficile, e talvolta la diagnosi differenziale non può essere riportata ad una singola malattia durante il periodo di fase acuta. Appare pertanto necessario porsi alcune domande specifiche per poter correttamente diagnosticare e tempestivamente trattare una eventuale CAPS.

Il paziente ha la storia di anti-fosfolipidi o persistente positività degli aPL? 
Quasi la metà dei pazienti sviluppa CAPS senza una storia pregressa di positività aPL; si può pertanto dire che i pazienti che presentano una anamnesi di anticorpi anti-fosfolipidi devono essere adeguatamente seguiti, ma che la malattia si può sviluppare anche senza tale anamnesi.

Il paziente ha tre o più nuovi trombosi organi in via di sviluppo in meno di una settimana?
Il riscontro di tre o più trombosi d’organo in meno di una settimana rappresenta il punto focale della CAPS; tuttavia, anche solo il riscontro di due trombosi in meno di una settimana può portare alla diagnosi di CAPS probabile

Il paziente ha microtrombosi?
Anche se la conferma patologica di microtrombosi è uno dei requisiti per porre definitivamente diagnosi di CAPS', la biopsia potrebbe non essere possibile durante un episodio acuto di CAPS a causa della trombocitopenia grave e/o per un decorso clinico instabile. Pertanto, la diagnosi deve essere rivalutata continuamente fino a quando una biopsia possa fornire nuove informazioni. Tuttavia, i rischi ed i benefici di eseguire una biopsia devono essere attentamente valutate in questi pazienti.

Il paziente ha «altre spiegazioni» per le trombosi e la microtrombosi? 
L'aspetto più impegnativo della diagnosi è quando un paziente con più trombosi si trova ad avere degli aPL positivi per la prima volta, e il paziente ha anche altri fattori di rischio di trombosi (come il periodo post-operatorio, caratteristiche cliniche della microangiopatia trombotica, la presenza di infezione con sepsi, una DIC o una HIT, ecc…). Dato che un continuum di tale condizioni può esistere con caratteristiche cliniche e di laboratorio sovrapposte, la CAPS richiede una valutazione attenta e continua in pazienti che possono avere altre spiegazioni per più trombosi organo.


PROGNOSI:
La prognosi a 30 giorni per i pazienti con CAPS senza alcuna terapia é misera, mentre se si imposta rapidamente una terapia farmacologica si può arrivare ad un tasso di sopravvivenza fra il 50-80%. La maggioranza dei pazienti con CAPS che sopravvive al primo evento rimane libero da ulteriori eventi trombociti se viene trattato a lungo termine con anticoagulanti orali (uno studio a lungo termine di 67 mesi ha dimostrato che 2/3 dei pazienti non sviluppavano ulteriori trombi, mentre un 20% dei pazienti adeguatamente trattati continuava a sviluppare eventi trombotici ricorrenti, di cui il 40% nel periodo perioperatorio.


TERAPIA:
Il punto fondamentale per la terapia é quello di porre rapidamente la diagnosi tramite le linee guida prima accennate, per iniziare rapidamente la terapia; lo scopo é quello di 1) agire direttamente sugli eventi trombotici e 2) sopprimere la cascata citochinica. I punti chiave della terapia sono i seguenti:
  • ogni possibile infezione che ha provocato la CAPS deve essere adeguatamente trattata
  • si deve impostare immediatamente la terapia anticoagulante tramite eparina e, successivamente con la stabilizzazione del quadro clinico, con una terapia anticoagulante orale.
  • si devono somministrare alte dosi di steroidi (MethilPrednisolone 1 g IV per 3 giorni) seguita da terapie sistemiche di Prednisone 1 mg/Kg al giorno.
  • si deve eseguire una plasmaferesi per 5 giorni con/senza somministrazione di Immunoglobuline IV (Privigen 400 mg/Kg die per 5 giorni) assieme all’anticoagulazione ed ai glucocorticoidi. Se si somministrano le IgIV, queste si devono somministrare dopo l’ultima plasmaferesi, per evitare la rimozione degli anticorpi somministrati. La plasmaferesi si é dimostrata essere in grado di ridurre i dosaggi plasmatici di IgIV, anche se nessuno studio randomizzato ha dimostrato se é in grado di ridurre la mortalità.

CAPS RESISTENTE:
Nei pazienti con CAPS resistenti alle terapie standard, numerosi case report hanno indicato che il trattamento con rituximab o eculizumab possa essere efficace; tuttavia, sono necessari ulteriori studi prima che uno di questi farmaci svolga una vero ruolo nella gestione delle CAPS resistenti senza prima tentare una terapia anticoagulante, con glucocorticoidi, la plasmaferesi ed infine le IgIV.

Sono da citare 3 studi: una revisione di 20 pazienti con CAPS suggerisce che l’uso del rituximab, anticorpo monoclinale anti CD20 delle B-cells, può giocare un ruolo nei pazienti con CAPS refrattari alla terapia standard. A dodici dei pazienti è stato somministrato rituximab come terapia di seconda linea a causa della scarsa risposta al trattamento iniziale, mentre gli altri pazienti lo hanno ricevuto come terapia di prima linea. Tra i pazienti che hanno ricevuto rituximab, quindici pazienti sono migliorati dal episodio acuto rispetto a quattro pazienti che sono morti. In un altro studio su due pazienti affetti da CAPS ricorrente, nonostante la terapia anticoagulante massima, é stato dimostrato un chiaro e netto beneficio dopo terapia con eculizumab, un anticorpo monoclonale contro la componente C5 del complemento. Infine, un altro paziente con lupus eritematoso sistemico (LES) e deficit di IgA che successivamente aveva sviluppato una CAPS è stato trattato con anticoagulanti e glucocorticoidi, ma non era in grado di tollerare la terapia aggiuntiva con plasmaferesi e immunoglobuline IV. Il decorso ospedaliero è stato complicato dalla comparsa di emorragia polmonare diffusa e la terapia anticoagulante è stato interrotta. Dopo impostazione della terapia con Eculizumab, il suo stato clinico è migliorato nel giro di quattro giorni.


CONCLUSIONE:
La CAPS è la forma più grave della sindrome da anticorpi anti-fosfolipidi caratterizzata dalla presenza di multiple trombosi d'organo, associata a microtrombosi e manifestazioni ematologiche. Le manifestazioni cliniche della CAPS possono evolvere in maniera rapida oppure in maniera graduale, ed é comune una sua sovrapposizione con altre microangiopatie trombotiche. Per questo é necessario  un alto indice di sospetto clinico. È fondamentale iniziare il trattamento con estrema urgenza se la diagnosi di CAPS è sospettata, anche senza i test di conferma, per poter ridurre la mortalità in maniera significativa, grazie alla terapia anticoagulante, alla terapia corticosteroidea e la plasmaferesi/Immunoglobuline IV, eventualmente associato ad ulteriori terapie al momento ancora sperimentali.


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