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Stato di male epilettico (Capitolo 1.2.5)



Fra le alterazioni dello stato di coscienza, una menzione ed un capitolo a parte meritano le epilessie, in particolare per quello che concerne la Terapia Intensiva, lo stato di male epilettico, di cui accenneremo in una sezione appositamente dedicata. L’Epilessia (dal latino “essere sopraffatti”) è una patologia eterogenea e complessa sul piano eziologico, fisiopatologico e clinico, caratterizzata da diverse manifestazioni cliniche riconducibili a cause nettamente differenti. Il capitolo seguente sarà strutturato come segue: si partirà da una definizione delle condizioni di base, per poi affrontare le epilessia più comuni, per poi parlare del management e della presa a carico dello stato di male epilettico.



DEFINIZIONI:
La crisi epilettica (in inglese seizure), é un evento parossistico dovuto ad una scarica neuronale patologica (definita come anormale, eccessiva ed ipersincronizzante) da parte di un gruppo di neuroni. E’ un sintomo e non una malattia. Le diverse manifetazioni cliniche sono legate alla diversa sede della scarica neuronale. L’epilessia é invece una condizione clinica in cui esistono ripetute crisi epilettiche legate ad un processo sottostante più cronico; una sola crisi epilettica non pone diagnosi di epilessia, mentre più crisi epilettiche possono portare ad una diagnosi di epilessia. La sindrome epilettica invece é una condizione clinica in cui le diverse caratteristiche clinico-patologiche (come età, caratteristiche cliniche, evoluzione, ecc…) sono suggestive di una precisa eziologia sottostante. Infine lo stato di male epilettico (vedi oltre) é una condizione clinica caratterizzata da crisi non segmentate, ma continue, senza alcun recupero clinico da parte del paziente, che rappresenta una urgenza medica, dato che provoca numerosi danni al sistema nervoso centrale e può portare a morte il paziente.

Dal punto di vista epidemiologico, la crisi epilettica presenta una prevalenza media nella popolazione del 5-10% (per un singolo episodio), con un maggiore rischio d’incidenza nei giovani/anziani. L’epilessia come malattia ha una prevalenza del 0,5-1% (in Italia ne soffrono circa 500.000 persone), con una incidenza di 46,7:100.000 casi annui (in Italia 25.000 nuovi casi annui).


EZIOLOGIA:
Molte forme di crisi epilettiche sono dovute ad un gioco dinamico fra diversi fattori endogeni, epilettogeni e precipitanti; il ruolo potenziale di ciascuno di questi va considerato profondamente per poter determinare il corretto management del paziente. I fattori endogeni sono fattori capaci di alterare la soglia di suscettibilità e diverse altre condizioni; un cervello sano può quindi avere un attacco epilettico sotto diverse circostanze, ma esiste una differenza individuale. L’età è il fattore principale. I fattori epilettogeni sono fattori che provocano alterazioni patologiche e di lunga durata nel SNC, con un conseguente abbassamento della soglia epilettogena; esempi sono il trauma cranico (50% dei casi), l’ictus ischemico, le infezioni cerebrali e malformazioni di sviluppo del cervello. Infine i fattori precipitanti sono fattori provocativi delle diverse crisi nei pazienti con epilessia o che generano atacchi epilettici in ppazienti precedentemente sani. Esempi ne sono lo stress psicofisico, la deprivazione di sonno, le alterazioni ormonali (come il ciclo mestruale) e le  sostanze esogene (droghe, farmaci, ecc…).

ALTERAZIONI NEUROLOGICHE PRIMITIVE:
Le convulsioni febbrili sono forme benigne dell’infanzia (colpiscono fra il 2-4% dei bambini fra 3mesi e 5 anni) che insorgono durante il primo giorno di rialzo febbrile senza segni di infezione cerebrale, della durata inferiore a 15 minuti. Circa 2/3 dei pazienti presenta una sola crisi nella vita, 1/10 presenta oltre tre crisi (soprattutto se il paziente ha meno di 18 mesi). Si interviene solo per crisi superiori ai 15 minuti. Le forme idiopatiche rappresentano il 75% delle epilessie; insorgono fra i 5 ed i 25 anni (il 75% prima dei 18 anni), con una recidiva variabile fra 30-70%. I fattori predittivi di recidiva sono un EEG intercritico anomalo, la presenza di paralisi di Todd, la presenza di alterazioni neurologiche, episodi di stato di male epilettico. Il trauma cranico rappresenta una causa molto frequente, con un elevato rischio in caso di frattura cranica con affondamento perdurale. Anche se molti pazienti vengono trattati con terapia preventiva, non esiste una riduzione del rischio a livello clinico. Altre cause sono rappresentate da lesioni occupanti spazio (neoplasie, ascessi, ecc…) o infezioni (meningiti, encefaliti, ecc…), soprattutto da H. influenzae, M. tuberculosis, HSV.

ALTERAZIONI NEUROLOGICHE SECONDARIE:
L’Ipoglicemia genera attacchi epilettici se è inferiore a 1 mmol/L oppure se si ha un brusco calo della glicemia; l’iponatremia genera attacchi epilettici se è inferiore a 120 mmol/l oppure se si ha un brusco calo della natremia. L’ipocalcemia genera attacchi epilettici se è inferiore a 2,4 mmol/l, eventualmente associato a tetania. La porfiria genera neuropatia e crisi epilettiche ed è di difficile terapia, perché gli antiepilettici spesso peggiorano la sintomatologia. Solitamente si associa del bromuro a dosi di 1-2 g die tid PO. Fra i farmaci la crisi epilettica può essere dovuta ad overdose (antidepressivi, antipsicotici, cocaina, insulina, isoniazide, lidocaina, metilxantine, ecc…) o astinenza per effetto rebound (per l’etanolo si manifesta nel 90% dei casi entro 48 ore), solitamente con crisi generalizzate. L’encefalopatia può generare crisi epilettiche sia di tipo ipertensivo (come le crisi generalizzate tonico-cloniche) che epatiche (crisi generalizzate e/o multifocali).


FISIOPATOLOGIA:
Nella fase di esordio: si devono avere due eventi contemporanei che si sviluppano in un gruppo specifico di neuroni; generalmente si deve avere una scarica ad alta frequenza con ingresso di calcio a livello intracellulare che porta ad una depolarizzazione long lasting ed ingresso conseguente di sodio in misura notevole. Si genera quindi un circolo vizioso, legato alle differenti capacità delle cellule di iperpolarizzarsi (in base alla dotazione dei recettori GABA e canali del potassio). Inoltre, deve esserci un fenomeno di sincronizzazione - il cui meccanismo non è stato completamente chiarito, forse legato ad alterazioni locali della membrana extra-cellulare - che è responsabile del pattern EEG che dimostra onde più ampie (indice di un’elevata sincronizzazione locale delle scariche neuronali).

In seguito si ha una fase diffusiva, che solitamente viene prevenuta da una iperpolarizzazione circostante generata dai neuroni inibitori locali; se nonostante questo meccanismo si ha un importante reclutamento di neuroni iperattivati, si supera la barriera protettiva, con la diffusione dell’eccitabilità neuronale a tutto il tessuto circostante. Si ha una iperpolarizzazione con fuoriuscita di potassio in misura così eccessiva da portare a depolarizzazione delle cellule circostanti (con ingresso conseguente di calcio nella cellula). Si parla id epilettogenesi intesa come trasformazione di una rete neuronale locale in una rete cronicamente e facilmente eccitabile; solitamente avviene dopo un trauma, uno stroke, post-infettivo, ecc… con un’alterazione strutturale associata a perdita neuronale, riorganizzazione locale e “sprouting” dei neuroni rimasti, con formazione di nuovi circuiti ipereccitabili.

Esistono dei meccanismi di prevenzione potenziali per modificare la tendenza all’ipereccitabilità neuronale ed alla sua diffusione; vengono classificati in meccanismi intrinseci ed estrinseci. I meccanismi intrinseci alterano la conduttanza dei canali, la risposta dei recettori trans-membrana, utilizzano e potenziano i buffer del citoplasma, mentre i meccanismi estrinseci modificano un quantità e qualità i neurotrasmettitori, i recettori trans-membrana, modificando così inoltre le proprietà temporali delle sinapsi.




CLASSIFICAZIONE DELL'ATTACCO EPILETTICO:
Per una corretta classificazione é fondamentale poter determinare la tipologia di attacco epilettico per poter poi effettuare una corretta gestione clinica. Nel 1981 la International League Against Epilepsy (IALE) ha creato una classificazione di tipo clinico. Si parla di forme parziali quando l’attacco epilettico è ristretto ad un’area del cervello e si sottoclassifica in semplice, complessa ed a generalizzazione secondaria. Come genesi si pensa esistano delle alterazioni corticali locali fra i meccanismi inibitori ed eccitatori, soprattutto per i voltage-gate del sodio, del calcio e del potassio. Nelle forme generalizzate l’attacco epilettico coinvolge regioni diffuse del cervello contemporaneamente (soprattutto in maniera simmetrica) e si suddivide a sua volta in assenze (piccolo male), forme tonico-cloniche (grande male), forme toniche ed atoniche. In questo caso si pensa esistano dei circuiti riverberanti talamo-corticali; con un firing reciproco comportante una sincronizzazione dell’attività cerebrale. Sono prevalentemente coinvolti i canali del calcio di tipo T. Infine si hanno le forme non classificate: soprattutto nei neonati e negli infanti.

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La versione completa di questo capitolo e degli altri capitoli di Neurologia indicizzati su questo sito sono da oggi disponibili alla pagina http://www.lepenseur.it/bookshop/56-manuale-di-medicina-intensiva-neurologia-9788895315461.html 

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