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Analgesia e sedazione - introduzione (Capitolo 1.3.0)




Con il termine sedazione si intende un termine estremamente vasto con cui si desidera trattare il paziente in merito al dolore ed al discomfort da esso provocato, all’ansietà, all’insonnia, all’agitazione ed al delirium ed altre condizioni che incrementano la stimolazione generale dell’organismo. Inizieremo con questo capitolo una breve introduzione sul tema, per poi passare nei capitoli successivi a concentrarci soprattutto sui sedativi, sugli antidolorifici e sui curari principalmente usati in ICU.



IDENTIFICARE IL PAZIENTE
E’ fondamentale poter identificare il paziente che richiede sedazione in base alle caratteristiche intrinseche del paziente, alla condizione clinica, alle copatologie ed ai medicamenti disponibili. Si deve comprendere se la sedazione è fondamentale, stimare la durata della sedazione e somministrare il farmaco con il miglior profilo farmacocinetico per il paziente. E’ importantissimo identificare il bisogno del paziente, stabilendo se la sedazione è necessaria e stimare la durata della sedazione, utilizzando il farmaco che presenta a priori il miglior profilo per il paziente.

DOLORE: 
Il dolore rappresenta una causa importante di distress; tipicamente secondario a chirurgia, traumi, infiammazioni, dolori neurologici, ecc… In Medicina Intensiva può essere secondario alla presenza di devices invasivi come il tubo endotracheale, cateteri endovascolari/vescicali, può secondario a globo vescicale o per la immobilità prolungata. Ci sono differenti studi che mostrano come l’analgesia in Medicina Intensiva non sia sempre adeguatamente impostata (solo nel 40% dei casi). Un buon controllo della analgesia è in grado di ridurre la durata della ventilazione meccanica e la degenza in ICU. I pazienti in ICU possono sperimentare spesso il dolore anche senza fonti evidenti; possono avere dolore dal tubo endotracheale, monitoraggi invasivi, immobilità prolungata, suzioni tracheali, ecc… E' pertanto importante pensare e trattare adeguatamente tali dolori. Da ricordarsi che gli oppiacei rimuovendo il dolore rimuovono anche il tono simpatico smascherando eventuali ipovolemie che devono essere trattate con fluidi.
  • La Numeric Pain Scale (NPS) è una scala verbale che permette di valutare il dolore su una scala soggettiva da 0 a 10 (dove 10 è il dolore più intenso); permette di quantificare il dolore, valutarne il decorso e l’efficacia della terapia.
  • La Behavioral Pain Scale (BPS) è una scala basata sulla somma di un punteggio dato da tre parametri (ognuno da 1 a 4): espressione facciale, movimenti degli arti superiori e compliance con il ventilatore. Si è dimostrata essere una buona scala, facilmente riproducibile fra un operatore ed un altro (r = 0.50-0.71) con un incremento del punteggio in maniera chiara dopo una procedura dolorosa (p < .003). Il limite è legato al grado di sedazione (la correlazione diminuisce all’approfondirsi della sedazione).
  • La scala COMFORT è una scala utilizzata per i pazienti pediatrici di terapia intensiva che non sono in grado di esprimersi (perché sedati o incoscienti per altra ragione) dove si valuta l’allerta, la calma, la tensione facciale, i movimenti fisici, il tono muscolare, la risposta al ventilatore, la PA e la FC.


ALTRI FATTORI:
  • Ventilazione meccanica: i pazienti ventilati meccanicamente richiedono attenzioni aggiuntive a livello di analgo-sedazione; la sedazione ha un effetto anti-tussigeno che permette di tollerare meglio il tubo e le manovre di aspirazione. La sedazione pertanto ha un effetto di tolleranza, facilitando la ventilazione stessa.
  • Paura/ansietà: molti pazienti in ICU sono convinti di essere in punto di morte; è importante utilizzare un trattamento psicologico di rassicurazione del paziente ed eventualmente aggiungere una terapia psicotropa adeguata. A volte la situazione clinica che porta in ICU è fonte di stress (incidenti multipli, traumi), altre volte il paziente è vigile ma non è in grado di comunicare e questo genera stress. E’ fondamentale associare il ruolo dei familiari alla rassicurazione ed eventualmente alla terapia farmacologica.
  • Insonnia: i pazienti trattati in ICU spesso presentano un sonno disturbato per la presenza di luci, suoni, rumori, ventilazione meccanica, allarmi, infermieri nelle camere, medicamenti (cortisone, rimozione di sedativi, ecc…). La deprivazione di sonno porta alla distruzione del ritmo sonno/veglia. E’ fondamentale cercare di mantenere il ritmo circadiano favorendo le ore di buio e di silenzio.
  • Amnesia: spesso è una conseguenza non voluta alla somministrazione di ipnotici; inizialmente vista come priva di conseguenze, si pensa attualmente che possa portare a disturbi psicologici a medio-lungo termine (soprattutto la Post-Traumatic Stress Disorder).

E’ importante affiancare sempre un approccio umano con i pazienti; da un lato l’ambiente circostante deve essere il più possibile confortevole, cercando di promuovere un’atmosfera di normalità e minimizzando al massimo l’ambiente istituzionale/ospedaliero. Dall’altro è importante rassicurare il paziente, spiegare la situazione e trattare preventivamente/precocemente ogni possibile fonte di disturbo. Per i pazienti sedati/comatosi è importante il movimento periodico degli arti, lo svuotamento di vescica/retto ed il trattamento di tutte le possibili fonti di dolore.

SEDAZIONE BASATA SU OBIETTIVI
L’utilizzo di un approccio strutturato per l’utilizzo della sedazione è di fondamentale importanza e si basa sull’utilizzo di linee guida, algoritmi, scale di valutazione, ecc… al fine di ridurre la variabilità nella pratica clinica ed evitare sedazioni eccessive/prolungate. Si parla di sedazione cosciente come uno stato di depressione della coscienza che permette il controllo delle vie aeree e consente risposte neurologiche appropriate agli stimoli verbali. Si parla invece di sedazione profonda come stato di vigilanza depressa (anche di natura iatrogena) da cui il paziente non è facilmente risvegliabile; può esserci perdita dei riflessi di protezione delle vie aeree e di risposta adeguata agli stimoli. Per quello che riguarda la durata della sedazione, la sedazione continua e prolungata è un fattore di rischio indipendente per un prolungamento della ventilazione meccanica ed una maggiore degenza in ICU. La sospensione giornaliera della sedazione permette di titrare la dose e la tipologia adeguata di farmaco. 

Per quello che concerne la misurazione della sedazione, con gli anni è divenuta sempre più frequente l’utilizzo di scale di valutazione che permettano di misurare e confrontare il livello di sedazione e di dolore del paziente. Alcuni studi hanno dimostrato come questi metodi servano per adattare al meglio l’analgo-sedazione. La Sedation Agitation Scale (SAS) si basa su 7 livelli: uno cooperativo (SAS 4), tre di agitazione (dal 5 al 7) e tre di sedazione (dal 1 al 3); ogni livello si basa su 3-4 criteri. La Richmond Agitation-Sedation Scale (RASS) si basa su una scala di 10 livelli: uno cooperativo (RASS 0), quattro di agitazione (da +1 a +4) e cinque di sedazione (da -1 a -5). La Ramsey scale infine è una scala che va da 1 (agitato ed ansioso), 2 (collaborante e tranquillo), 3 (risponde solo ai comandi verbali) fino al 4-5-6 dove si valuta la risposta agli stimoli (sempre più rallentati). Esistono inoltre diversi strumenti in grado di dare una misura semiquantitativa del grado di sedazione; fra questi è da ricordare il BIS che permette di ottenere un numero adimensionale fra 0-100 che registra l’attività corticale a livello pre-frontale, dove sotto al 40% si hanno valori di sedazione profonda (se ne discuterà nei capitoli successivi), il PSI, il Cerebral State Monitor, il Narcotrend monitor ed ovviamente l’EEG.

Il livello di sedazione va chiaramente adeguato alla tipologia dei pazienti: esistono alcuni pazienti (come i pazienti con trauma cerebrale) che beneficiano di una sedazione profonda e prolungata; altri pazienti invece (la maggioranza) che beneficiano di una sua sospensione e di una rivalutazione giornaliera. Bisogna pertanto adattare i protocolli alla situazione clinica del paziente. Nel 2000 alcuni ricercatori hanno eseguito un protocollo di risveglio giornaliero con sospensione quotidiana di ogni terapia sedativa, da proseguire fino a quando il paziente esegue chiaramente tre-quattro ordini semplici e/o fino a quando non diviene agitato (tale da alterare l’emodinamica o la respirazione). Tale manovra si è dimostrata ridurre i giorni di intubazione oro-tracheale e ridurre la degenza in ICU (tale protocollo non é stato validato e va evitato nei pazienti a rischio di ipertensione endocranica - soprattutto se non si monitorizza la pressione intracranica - perché con il risveglio la pressione intracranica tende ad aumentare fino a raggiungere livelli pericolosi per il sistema nervoso centrale). Studi randomizzati hanno dimostrato che nei pazienti tenuti svegli costantemente (SAS 3-4) oppure con finestre neurologiche ripetute rispetto alla sedazione profonda (SAS 1-2), nei primi si ha una riduzione dei giorni di ventilazione meccanica e della degenza in ICU, con riduzione della necessità di TC-cerebri per controllare lo stato neurologico. Non si è invece dimostrata una riduzione della mortalità.

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La versione completa di questo capitolo e degli altri capitoli di Neurologia indicizzati su questo sito sono da oggi disponibili alla pagina http://www.lepenseur.it/bookshop/56-manuale-di-medicina-intensiva-neurologia-9788895315461.html 

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