loading...
loading...

Terapia della ipertensione endocranica (Capitolo 1.1.5)



Dopo aver discusso su quelli che sono i principi fisici della pressione intracranica ed aver accennato a quello che é il management del trauma cranico, parliamo della presa a carico della ipertensione intracranica. L’ipertensione endocranica é una emergenza medica e la terapia va impostata il prima possibile, sapendo che generalmente si classifica in una terapia atta a trattare la causa eziologica (spesso una terapia chirurgica) ed in una terapia fisiopatologica atta a ridurre momentaneamente la pressione intracranica. In ICU é fondamentale riconoscere rapidamente l’ipertensione endocranica per impostare rapidamente una terapia farmacologica acuta che possa abbassare le pressioni cerebrali in attesa di una terapia definitiva.




TRATTAMENTO GENERALE
Non è possibile prendersi cura del sistema nervoso centrale senza prendersi cura dell'organismo in toto; una ICU di qualità deve essere in grado di eseguire una valutazione multi-sistemica e trattare tutte le situazioni cliniche e le possibili complicanze. Per quello che riguarda la terapia generale si deve controllare la posizione della testa che deve essere elevata a 30°C allo scopo di favorire il deflusso venoso e ridurre la pressione intracranica; il collo inoltre si mantiene in posizione neutra per ridurre le compressioni sulle vene giugulari ed infine vanno evitati collari cervicali troppo stretti. Un altro elemento generale fondamentale da tenere sotto controllo é la modulazione della temperatura corporea: diversi studi hanno mostrato come l’ipotermia (attorno a 32-34°C) riduca il metabolismo cerebrale e la pressione intracranica. È vero che  le evidenze cliniche sono discordanti e gli ultimi studi non mostrano un netto miglioramento nell’outcome e ad oggi non è considerata una terapia di prima scelta. Sicuramente rimane fondamentale il controllo della ipertermia, con temperature che devono essere inferiori a 37.5°C.

Sempre nel contesto di una terapia generale non é da dimenticare la profilassi delle trombosi venose profonde: i pazienti con trauma cranico severo sono a rischio di sviluppare trombosi venose profonde ed embolia polmonare: vanno utilizzate calze elastiche compressive (da continuare fino alla mobilizzazione completa e totale del paziente). L’utilizzo di una terapia farmacologica è controindicata per il rischio di emorragie post-traumatiche; ad oggi mancano chiare evidenze, ma sicuramente non si inizia la terapia farmacologica prima di 48-72 ore post-trauma. Per quello che invece concerne gli steroidi non è consigliato il loro utilizzo dato che non hanno alcun effetto sull’outcome e non riducono la pressione intra-cranica; inoltre possono essere molto dannosi. Lo studio CRASH ha arruolato oltre 20.000 pazienti ed è stato interrotto per un chiaro incremento del rischio di morte nella popolazione trattata con corticosteroidi.





TERAPIA NEUROLOGICA:
Generalmente in ICU alcune evidenze hanno dimostrato che bisogna evitare l’eccessiva sedazione per aumento della mortalità, di complicanze settiche, ecc… È però vero che una riduzione della sedazione provoca astinenza e progressiva attivazione del sistema nervoso centrale disturbi gastroenterici ed attivazione simpatica (con tachicardia, ipertensione arteriosa, diaforesi ed ipertermia), il tutto associato ad un rialzo della pressione intracranica. Tale situazione può durare per settimane e rappresentare una potenziale causa trattabile di danno secondario. Per questo in caso di trauma cranico uno dei trattamenti standard è quello di sedare il paziente per gestire l'incremento della pressione intra-cranica.

Per quello che riguarda il contesto di analgesia e sedazione, nelle forme di trauma cranico severo l’intubazione endotracheale, la ventilazione meccanica, il trauma, eventuali interventi chirurgici e le manovre di nursing possono incrementare il dolore. L’utilizzo di oppiacei (in particolare Morfina, Fentanyl e Remifentanyl) sono da considerare come farmaci di prima linea in quanto analgesici, sedativi e depressivi del riflesso della tosse. Gli effetti che hanno sono numerosi, fra cui l’effetto ansiolitico, di minore incremento della pressione intracranica, di riduzione della tosse e del discomfort, di riduzione dei movimenti dolorosi o pericolosi e di riduzione del consumo di ossigeno e di produzione di anidride carbonica. Il trattamento ideale dovrebbe avere un’emivita brevissima, facile da titrare e senza metaboliti attivi; dovrebbe avere un effetto anti-convulsivo, abbassare la pressione intracranica ed l’estrazione di ossigeno, preservando le funzioni neurologiche.

  • Propofol: rappresenta l’ipnotico di scelta nei pazienti con trauma cranico emodinamicamente stabile (per la sua breve emivita e la facile titrabilità), anche se aumenta il rischio di ipotensione arteriosa ed i rischi di rabdomiolisi.
  • Benzodiazepine: soprattutto il Midazolam (Dormicum®) possono essere somministrate a boli o in continuo. Portano anche ad amnesia ed hanno un effetto anti-convulsivante. Sono molecole a rischio di accumulo in caso di insufficienza renale, insufficienza epatica ed età avanzata.
  • NMBAs: sono bloccanti neuromuscolari e non sono raccomandati come prima linea nei pazienti con trauma cranico; attualmente possono essere utilizzati in pazienti con ipertensione endocranica refrattaria agli altri sedativi. Come effetti secondari aumentano il rischio di polmonite ed incrementano i giorni di degenza in cure intense.

I pazienti con trauma cranico sono inoltre a rischio di attacchi epilettici, per cui appare importante discutere se é necessaria una terapia antiepilettica dato che in caso di crisi epilettica si assiste ad un netto aumento delle pressioni intracraniche e del metabolismo cerebrale. Si parla di attacchi epilettici precoci se insorgono entro 7 giorni dal trauma cranico, altrimenti di forme tardive. Una terapia preventiva non è raccomandata se non nei pazienti ad alto rischio, definitivi come tali se hanno GCS inferiore ai 10 punti, segni di contusione corticale, fratture craniche depresse, importanti ematomi in sede subdurale/epidurale (il sangue ha un’azione irritativa), emorragia incraparenchimale, trauma cranico penetrante e pregressi attacchi epilettici. Sulla terapia dell’epilessia, si veda il capitolo dedicato (Capitolo 1.2.5).


TERAPIA EMODINAMICA:
I pazienti con trauma cranico severo spesso sono emodinamicamente instabili (circa il 73% di questi pazienti che arrivano in ICU); bisogna sicuramente evitare condizioni di ipotensione arteriosa (con valori di pressione sistolica inferiori a 90 mmHg, e di pressione medica inferiore a 65 mmHg) che hanno un impatto prognostico negativo sulla sopravvivenza. I limiti emodinamici empirici da porre sono una pressione arteriosa media fra 80-110 mmHg, una pressione sistolica fra 120 - 160 mmHg. La pressione arteriosa media dovrebbe essere più vicina agli 80 mmHg (per avere una CPP 60 mmHg): non esiste evidenza che mantenere una CPP oltre 70 mmHg abbia un effetto benefico rispetto a 60 mmHg (ad eccezione se si riscontra ischemia cerebrale). Inoltre valori di pressione arteriosa più elevati incrementano il rischio di ARDS.

  • Resuscitazione idrica: i fluidi rappresentano la terapia di prima linea; tipicamente si somministrano secondo il bilancio idrico ed i valori di PVC (fra 8-10 mmHg), eventualmente secondo SVV, PPV (in caso di monitoraggio PiCCO). Si preferiscono soluzioni isotoniche (NaCl 0.9%, Ringerfundine), mai ipotoniche. Va evitata l’albumina che nel trauma cranico ha mostrato aumentare la mortalità.
  • Vasopressori: vengono utilizzati per raggiungere il target pressorio qualora i fluidi siano stati inefficaci o ci si trova al limite per l’utilizzo. La Noradrenalina titrata via CVC rappresenta la terapia di scelta; la Dobutamina genera vasodilatazione cerebrale e rischia di incrementare l’ipertensione endocranica per cui - tranne in caso di cardiopatia concomitante - é da evitare. Bisogna sempre ricordarsi che la pressione non é un flusso, per cui la perfusione si garantisce sia con adeguati valori di pressione che di flusso ematico.
  • Anemia: l’anemia rappresenta una delle cause principali di danno cerebrale secondario; i valori target sono valori di Hb superiori a 10 g/dl e di Hct superiori a 30%; eventuali anomalie nella coagulazione sono da ricercare e trattare prontamente.


TERAPIA RESPIRATORIA:
Per quello che riguarda l’approccio ai problemi respiratori del paziente, si inizia impostando un’adeguata posizione del paziente: un posizionamento appropriato può ridurre le complicanze polmonari e le microaspirazioni silenti; la testa va sopraelevata di 30° ed il paziente va girato frequentemente (ogni 2 ore massimo) nei diversi decubiti - sempre compatibilmente con le condizioni generali del paziente - gestendo al meglio le possibili alterazioni della pressione intracranica a seguito dell'alterato drenaggio venoso.

Per quello che riguarda la ventilazione meccanica i pazienti con trauma cranico severo sono intubati e ventilati meccanicamente; deve essere evitata l’ipossia (le saturazioni periferiche di ossigeno devono essere superiori al 92-95%) ed anche l’iper- ed ipocapnia, con una pCO2 fra 4.7-5.3 kPa (l’etCO2 solitamente si trova fra 4-4.5 kPa, anche se il riferimento ufficiale è la pCO2). L’iperventilazione costante va evitata, soprattutto nelle prime 24 ore e viene riservata come trattamento temporaneo (per 15-30 min) in caso di ipertensione endocranica, perché con il tempo la pressione intracranica si ristabilisce al setting iniziale nonostante l’iperventilazione, con il rischio di generare un aumento dei pressione intracranica alla ripresa dei valori normali di pCO2. Il setting ventilatorio riassumento prevede l’aggiustamento della saturazione arteriosa periferica superiore al 95% ed una PaO2 di almeno 80 mmHg (garantendo una pressione di perfusione cerebrale - CPP - di almeno 60 mmHg), con una pCO2 fra 4.7-5.3 kPa. Alcuni studi hanno mostrato come elevati tidal volume correlano con un rischio di Acute Lung Injuri (ALI) nei pazienti con trauma cranico severo; si dovrebbe pertanto ventilare il paziente in modalità protettiva con bassi tidal volume, basse PEEP (é stato dimostrato che pressioni di fine espirazione superiori a 15 cmH2O riducono il deflusso venoso cerebrale). Nel caso una ALI evolva in ARDS il setting di protezione neurologico dovrebbe essere mantenuto, evitando condizioni di ipercapnia permissiva.

Per quello che riguarda la tracheostomia, l'uso di tracheotomie precoci (attorno ai 4-6 giorni post-danno) o ultraprecoci (1-3 giorni) è stata valutata come terapia possibilmente vantaggiosa nel ridurre l'uso e la durata della sedazione, la durata della ventilazione meccanica e come prevenzione di patologie laringee o polmonari. E' ancora un'area controversa in cui sono necessari ulteriori studi. Al momento viene suggerito di pensare ad una tracheotomia precoce in pazienti in cui sembra fin da subito chiaro che servirà inevitabilmente un tracheotomia.


TERAPIA GASTROENTERICA:
Per quello che riguarda le ulcere da stress è importante la ripresa precoce della nutrizione enterale (generalmente entro 3 giorni dall'evento), dato che sembra che la risposta catabolica dell'organismo ad un trauma cranico sia notevolmente maggiore rispetto al paziente politraumatizzato. E’ fondamentale controllare il pH gastrico e la presenza di sangue occulto. Per la riduzione delle ulcere da stress (incidenza fino al 10% dei pazienti con trauma cranico) si utilizzano PPI o anti-H2. La profilassi maggiore si ottiene tramite l’impostazione della nutrizione enterale eventualmente associata a PPI. Non esiste alcuno studio che mostra una evidenza per cui la prevenzione della profilassi delle ulcere riduca la mortalità in ICU.

Nonostante l’alimentazione non sia una priorità nel paziente con trauma cranico nelle prime ore post-trauma, nel management successivo diviene fondamentale garantire un adeguato supporto nutrizionale. La nutrizione è in grado di ridurre gli effetti catabolici, mantenere la competenza immunologica, migliorare il funzionamento cerebrale e la sua riparazione e migliorare l’outcome. Da non dimenticare come i Lassativi sono da somministrare precocemente allo scopo di evitare la stipsi, l’incremento della pressione intra-addominale e di conseguenza l’ipertensione endocranica.

Un altro fattore importante di cui tenere conto é l’iperglicemia: valori estremi di iperglicemia sono pericolosi per il cervello ed alcuni studi l’hanno associata ad un peggioramento dell’outcome, ma è anche vero che nella routine clinica un controllo attivo della glicemia non ha dimostrato migliorare l'outcome del paziente con trauma cranico severo, probabilmente per l'aumentato rischio di ipoglicemie associato con controlli glicemici stretti (che attualmente non è raccomandato). Sembra che nelle aree cerebrali danneggiate ci sia una iperglicolisi ed una ulteriore riduzione del glucosio possa ulteriormente ridurne la disponibilità locale per cui se si deve utilizzare un controllo glicemico stretto attualmente è indicato eseguire un'analisi di microdialisi locale (centri Universitari). Attualmente la glicemia nel trauma cranico è da mantenere fra 8.3-11 mmol/l.



La versione completa di questo capitolo e degli altri capitoli di Neurologia indicizzati su questo sito sono da oggi disponibili alla pagina http://www.lepenseur.it/bookshop/56-manuale-di-medicina-intensiva-neurologia-9788895315461.html 

Sign up here with your email address to receive updates from this blog in your inbox.

0 Response to "Terapia della ipertensione endocranica (Capitolo 1.1.5)"

Posting Komentar

Diberdayakan oleh Blogger.

Formulir Kontak

Nama

Email *

Pesan *

Cari Blog Ini

Ads 970x90

List Labels

iklan banner

Newsletter