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Gestione acuta del trauma cranico (Capitolo 1.1.4)



Il trauma cranico (Traumatic Brain Injury, TBI) rappresenta una delle cause più frequenti di morbidità e mortalità nei paesi industrializzati; vengono coinvolti oltre 150-200 persone ogni 100.000 abitanti (14-30:100.000 muoiono), di età prevalente fra 15-35 anni, con un rapporto maschi:femmine di 2.5:1. La gestione intensiva del trauma cranico è una condizione dinamica che porta a gestire il paziente in diversi ambiti, dal luogo dell’incidente al Pronto Soccorso, alla Sala operatoria alla Medicina Intensiva; é pertanto fondamentale conoscere la corretta gestione del paziente nelle diverse fasi.



EZIOLOGIA:
Gli incidenti stradali: rappresentano la causa più frequente (25%) di trauma cranico, spesso collegati all’uso di alcol/droghe; rappresenta il 60% delle morti, di cui il 50% muore prima di arrivare in ospedale. Una delle cause più frequenti sono gli incidenti del traffico, per cui è fondamentale una politica in grado di ridurre gli incidenti della circolazione. A seguire si hanno le cadute a terra spesso di origine accidentale, seguite poi dalle aggressioni (che sono sempre da sospettare quando si hanno traumi di natura non chiara) ed infine gli incidenti sia sul lavoro che domestici o sportivi.


FISIOPATOLOGIA:
La teoria centripeta prevede che la quantità di energia applicata in un punto si distribuisca progressivamente dalla superficie alla profondità e questo spiega alcuni dei diversi effetti delle diverse lesioni traumatiche, che seppure applicate alla superficie del cranio arrivano poi a coinvolgere la profondità del cervello. Il tipo di energia ha delle implicazioni secondo due modalità: nell’impatto diretto si ha un danno nella teca cranica legato all’onda d’urto ed il danno è nel punto d’impatto. Si generano danni focali come fratture, lesioni arterie meningee, contusioni, ecc…. Delle lesioni inerziali si hanno movimenti di accelerazione/decelerazione improvvisa che provocano l’applicazione di tali forze inerziali sull’encefalo; in questo caso si hanno sia danni focali (con lesioni delle vene a ponte, contusioni cerebrali, ecc…) che danni diffusi (come il danno assonale diffuso, edemi cerebrali generalizzati, ecc…). Il protocollo Lund nei pazienti con trauma cranico sottolinea l'importanza fisiopatologica delle forze di Starling nello sviluppo dell'edema cerebrale in caso di disordini dell'autoregolazione del flusso; è pertanto importante somministrare i "giusti farmaci" in grado di controllare la vasodilatazione senza incrementare la pressione intracranica, come ad esempio il Metoprololo e la Clonidina (vedi oltre per maggiori dettagli).

Le lesioni focali sono le lesioni responsabili del danno neurologico focale, sia precoce che tardivo, che spesso possono richiedere un’evacuazione di tipo chirurgico. Tali lesioni focali possono fare seguito ad un danno diretto (come le fratture, i danni vascolari, le contusioni cerebrali) che per inerzia (come per le lesioni delle vene a ponte) e le contusioni. Spesso inoltre si può avere un “effetto massa” per la formazione di ematomi extra/sottodurali o per lacerazioni vascolari post-contusione. Alla TC-cerebrale si riscontrano alterazioni della cisterna perichiasmatica ed eventualmente shift della linea mediana (vedi oltre). Le lesioni diffuse sono lesioni responsabili della perdita di coscienza immediata: l’inerzia genera una dis-trazione assonale che provoca delle alterazioni funzionali per alterazione nelle impedenze cellulari e morfologiche (dovute a microemorragie), con danno assonale diffuso (Diffuse Axonal Injury - DAI).

Il concetto importantissimo di danno secondario é un altro aspetto importante del trauma cranico: per danno secondario si intende una tipologia di danno cerebrale che si sviluppa in seguito alle complicanze primarie di un danno primitivo cerebrale. Si associa spesso agli effetti della Ipertensione Endocranica. Nel trauma cranico si ha pertanto un danno primario (ad esempio una frattura, una contusione, ecc…) che con eventuali complicanze primarie (come la formazione di ematomi e/o edemi) porta ad ipossia/ipertensione locale, con l’incrementato rischio di danni secondari per la comparsa di ipertensione endocranica. Quindi, dopo un trauma cranico esistono delle aree cerebrali funzionalmente lese: se l’ambiente tissutale è favorevole si ha il recupero, altrimenti le cellule muoiono. Qui interviene la Medicina Intensiva, che cerca di rendere l’ambiente cerebrale peri-lesionale il più favorevole possibile per prevenire la comparsa di danni secondari e migliorare l’outcome clinico del paziente.


GESTIONE PRECOCE DEL TRAUMA CRANICO
L’early management del trauma cranico ha lo scopo di prevenire e minimizzare i danni cerebrali secondari e diagnosticare il prima possibile l’entità del danno primario; è molto utile procedere in maniera standardizzata: diversi studi hanno dimostrato come la standardizzazione del management precoce sia in grado di ridurre la mortalità.

ANAMNESI:
E’ importante ottenere l’anamnesi dell’incidente dal paziente stesso o dai testimoni, soprattutto in merito alla cinetica del trauma e allo stato neurologico del paziente subito dopo il trauma. I dati da ottenere rapidamente (se possibile) sono la storia medica passata, l’eventuale utilizzo di farmaci/droghe o di alcol etilico, una possibile spiegazione medica dell’incidente, la cinetica del trauma (velocità, meccanismo, cinture, air-bags, ecc…), lo status neurologico attuale ed al momento dell’incidente, la stima della perdita ematica ed eventuali trattamenti in situ che sono stati attuati. Va ricordato che un’alterazione dello stato neurologico comporta una instabilità in D (secondo le linee guida PHTLS) e richiede una pronta attenzione e trattamento clinico. Una eventuale intubazione oro-tracheale va eseguita in maniera più sicuro possibile in pazienti selezionati.

Lo scopo del trattamento di prima linea è quello di assicurare la stabilizzazione di A, B e C, con rivalutazione del punto D, cercando inoltre di ottenere ulteriori informazioni cliniche da testimoni e/o parenti. Il paziente in Pronto Soccorso deve essere monitorizzato a livello di ECG (almeno con 3 elettrodi), nei suoi parametri emodinamici, mediante pulsiossimetria e capnografia (se ventilato), mantendendo nella fase iperacuta delle SpO2 superiori a 95% ed una etCO2 fra 4-4.5 kPa.

AIRWAY - BREATHING:
L’ipossia rappresenta una delle cause più frequenti di mortalità nei pazienti traumatizzati (con un’incidenza fra il 14.3% ed il 45.6%); il trattamento di A e B non va assolutamente ritardato nei traumi, cercando di garantire il maggior afflusso di ossigeno al cervello. Si utilizzano maschere ad alto flusso con reservoir (sempre), bisogna pensare all’intubazione oro-tracheale se il GCS é inferiore a 10, se si hanno deficit motori importanti e/o se si hanno fratture del massiccio facciale, bisogna garantire una SpO2 superiore al 95% ed evitare una eccessiva iperventilazione, mantenendo una etCO2 fra 4-4.5 kPa E’ importante ricordarsi che intubare un paziente con trauma cranico richiede di considerare sempre (fino all’esecuzione di una TC) un danno cervicale. Va considerata l‘intubazione in quelle situazioni dove il paziente è a rischio di ipossia (trauma compressivo toracico, pneumotorace, sanguinamenti attivi, ecc…).

CIRCULATION: 
L’ipovolemia e l’ipotensione sono altre due cause secondarie di morbidità e mortalità; si deve provvedere al posizionamento di due grossi accessi venosi periferici, mantenere una pressione arteriosa sistolica superiore a 120 mmHg ed in caso di ipotensione sospettare sempre una condizione di sanguinamento extracranico (dato che a livello intracranico basta poco sangue per una ipertensione endocranica). Si tratta il paziente mediante soluzioni isotoniche (come Ringer o NaCl 0.9%); non vanno utilizzare soluzioni ipotoniche (la loro efficacia clinica è ancora tutta da dimostrare). Si somministrano amine in caso di mancata resuscitazione con fluidi sapendo che non c’è evidenza della superiorità di un vasopressore rispetto ad un altro. Bisogna ricordarsi che in caso di trauma cranico, soprattutto se severo, si riscontra un’elevata incidenza di cardiopatie di TakoTsubo che va sospettata in quella quota di pazienti che presenta anomalie dell’ECG, un’acidosi metabolica lattica nel contesto di un edema/pre-edema polmonare. 

DISABILITY: 
Il paziente deve essere rivalutato neurologicamente più volte, ricordandosi che la sedazione e la paralisi mediante curari, alterano iatrogenicamente lo status clinico del paziente. Va pertanto analizzato l’intero scalpo, valutando la presenza di eventuali lesioni cutanee, fratture basilari (da sospettare nel caso di rinoliquorrea, ematoma peri-orbitario, emorragia sub-congiuntivale, otorragia/otoliquorrea, ematoma mastoideo, corpi estranei o penetranti e fratture ossee). E’ importante osservare il respiro spontaneo del paziente, che spesso può essere indice di un danno cervicale (come in caso di respirazione superficiale dovuta ad un respiro diaframmatico); il priapismo inoltre può essere indice di danno spinale. Tutti i pazienti vanno considerati come potenzialmente affetti da fratture cervicali (e quindi gestiti coerentemente) fino alla dimostrazione del contrario mediante TC-cervicale. La presenza di una frattura cranica aperta comporta una comunicazione fra lo spazio intra/extra-cranico, con un maggior rischio di infezioni ed epilessia post-traumatica tali per cui spesso richiedono un trattamento neurochirurgia.



Il Glasgow Coma Score rappresenta una scala di valutazione clinica, che permette di classificare a livello diagnostico, prognostico e terapeutico ogni paziente; nello score si valutano tre parametri, quali la migliore risposta motoria, la migliore risposta verbale e la migliore risposta oculare. Vanno inoltre esaminati tutti i riflessi cerebrali, partendo da quello oculo-motorio a quello corneale, alla tosse ed al vomito (con cautela). Nel paziente cosciente si chiede di eseguire un comando, mentre nel paziente incosciente/intubato si valuta la risposta al dolore provocato. Il dolore provocato lo si effettua sulla faccia (dando un pizzicotto) e valutando le diverse risposte che il paziente presenta: può localizzare lo stimolo (si tocca la faccia nel punto doloroso), avere una flessione stereotipata oppure una estensione stereotipata. Per valori di GCS pari a 3-8 si parla di trauma cranico severo, per GCS fra 9-12 si parla di trauma cranico moderato e per GCS attorno a 13-15 si intende un trauma cranico lieve. Il ricovero in ICU va riservato per tutti i traumi cranici severi con coma, i traumi cranici  trattati mediante neurochirurgia, oppure se mostrano segni di instabilità emodinamica, richiedenti intubazione oro-tracheale e/o sospetto di morte cerebrale (per eventuale donazione d’organi).

Il monitoraggio che va messo in atto prevede di equipaggiare i pazienti con un catetere venoso centrale, indicato nei pazienti con trauma cranico moderato/severo e/o nel paziente politraumatizzato. Il posizionamento va eseguito tenendo presente che la testa del paziente non va posta a 0° (per il rischio di aumentare la pressione intra-cranica) con il rischio di ostruire il deflusso venoso giugulare. Serve eventualmente come base per le misurazioni di PiCCO. Il catetere arterioso è indicato nel trauma cranico moderato/severo e nel politrauma; in base alla stabilità emodinamica ed al rischio di sviluppare una cardiopatia da stress, viene posizionato un catetere di PiCCO. Il sondino naso-gastrico è indicato nel trauma cranico moderato/severo, con l’accorgimento che in caso di fratture frontali/basali c’è il rischio di perforare il basicranio; pertanto in caso di fratture del massiccio facciale si deve pensare alla posa di un sondino oro-gastrico. Il catetere vescicale infine va posto in sede nel trauma cranico moderato/severo e nel politrauma (con l’eccezione del danno spinale, si veda tutto il capitolo dedicato al trauma spinale, Capitolo 1.7).

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La versione completa di questo capitolo e degli altri capitoli di Neurologia indicizzati su questo sito sono da oggi disponibili alla pagina http://www.lepenseur.it/bookshop/56-manuale-di-medicina-intensiva-neurologia-9788895315461.html 

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