loading...
loading...

Insufficienza renale acuta - parte II (Capitolo 5.2.2)




Continuiamo in questo capitolo la discussione sull’insufficienza renale acuta, analizzando i tratti più clinici di questa patologia, dopo che nel capitolo precedente ci siamo soffermati sugli aspetti eziopatogenetici, fisiopatologici e di anatomia patologica.



CLINICA:
Durante la fase iniziale dell’insufficienza renale acuta si può avere la comparsa di oligo/anuria, associata ad alterazioni dei parametri di laboratorio, senza altre alterazioni cliniche evidenti. La riduzione della diuresi non é sempre obbligatoria, per cui la fase iniziale può alle volte decorrere come asintomatica. Nel 25-50% dei casi invece si ha ancora la presenza di una buona diuresi superiore a 600 ml die, generalmente dovute ad alterazioni intrinseche alla fase di riassorbimento. Nella fase di mantenimento della malattia si ha una clinica che può persistere per diverse ore o giorni fino ad un massimo di 6-8 settimane; si hanno alterazioni al tratto gastroenterico con anoressia, nausea/vomito, addominalgie diffuse, sanguinamenti gastrointestinali (da stress acuto o da alterazioni della coagulazione), alterazioni cardiovascolari riconducibili all’ipernatriemia (come ipertensione arteriosa, scompenso cardiaco, edema polmonare acuto) e all’iperkaliemia (come le alterazioni all’ECG ed altre alterazioni già discusse nei capitoli precedenti, si veda il Capitolo 5.1.2) ed infine alterazioni cerebrali con sopore, torpore, confusione, disorientamento, spasmi, ecc… Se la malattia va incontro a miglioramento si assiste alla fase di recupero con una ripresa della diuresi (che a volte può sfociare in un poliuria intensa che si normalizza lentamente nel giro di giorni) e regressione dei segni/sintomi uremici. Tale fase, in funzione della severità massima della malattia e della velocità di ripresa, questa fase può persistere da pochi giorni fino ad uno-due mesi. Per le forme post-renali spesso si può avere un paziente agitato secondariamente alla distensione renale o vescicale per prostatismo, danno midollare, anestesia epidurale, discomfort vescicale, ecc… tutte condizioni che richiedono di posizionare un catetere vescicole e controllarne la pervietà.




LABORATORIO:
Alle analisi biochimiche si riscontra ipeuricemia ed aumento della creatininemia, generalmente associati a normonatriemia, iperkaliemia (con valori di potassio che possono arrivare a 6-6.5 mmol/l), riduzione dei bicarbonati (per scarsa produzione o perdita renale) ed anemia normocitica (secondaria ad emodiluizione).

E’ fondamentale ricordare che la misurazione della creatinina plasmatica (elemento fondamentale nella determinazione dell’insufficienza renale) presenta spesso dei problemi e non va interpretata in maniera passiva. Punto A) la creatinina serica non riflette correttamente il tasso di filtrazione glomerulare nei pazienti che non sono allo steady-state; nelle fasi iniziali dell’insufficienza renale acuta, la creatinina serica può sopravvalutare la reale GFR, dato che non si è ancora avuto il tempo di accumulare tutta la creatinina necessaria per poterla giustamente calcolare. In ICU la GFR è sempre meglio misurarla che calcolarla, dato che il calcolo è stato validato per le forme croniche, mentre per la fase acuta (sia per le rapide modifiche che per le alterazioni della massa muscolare secondarie alla fase catabolica), la GFR risulta di poca utilità; il calcolo si può eseguire sulle 6-12-24 ore (aumentando l’accuratezza con l’aumento delle ore di misurazione). Punto B) la creatinina viene rimossa dalla dialisi: non è quindi possibile valutare la funzione renale misurando la creatinina serica una volta che la dialisi viene intrapresa. Punto C) esistono numerosi studi epidemiologici e trias clinici che utilizzano valori di cut-off differenti per definire l’insufficienza renale acuta. Punto D) negli ultimi 5-10 anni si sta comprendendo sempre di pu come accanto al concetto di GFR bisogna adattare l’emodinamica del paziente, comprendendo che una insufficienza renale acuta anche severa ma associata ad una fase di iperdinamismo (come in caso di shock settico) porta ad una migliore clearance dei soluti (e dei farmaci) rispetto ad un’insufficienza renale acuta meno severa della precedente, ma associata ad un’emodinamica nella norma. Ne parleremo meglio nei capitoli dedicati alla terapia antibiotica (Capitolo 6.2.2).

ESAME DELLE URINE:
Il pH urinario normale è fra 4.0 e 7.8; se si riscontra alcalosi, bisogna eventualmente pensare alla presenza di microrganismi urealitici, all’uso della terapia diuretica o della terapia con bicarbonato piuttosto che ad un’alcalosi metabolica persistente. L’Hb urinaria e la mioglobina sono detettati dallo stick urinario; falsi negativi si possono avere in caso di acido ascorbico nelle vie urinarie, mentre falsi positivi si possono avere in caso di ossidanti locali o di soluzioni con povidone-iodio. In caso di positività allo stick urinario ed assenza di red cells all’analisi del sedimento si è di fronte ad una rabdomiolisi o ad una emolisi intravascolare. Per le proteine urinarie la perdita fisiologica di proteine è di 150 mg die (con tracce di albumina normali attorno a 15 mg die): si parla di proteinuria in range nefrosico se si hanno valori sopra ai 3 g die; gli stick urinari detettano valori di albuminuria a 250 mg die, che non permettono a priori di detettare valori di microalbuminuria fra 30-300 mg die, per cui se si sospetta va ricercata mediante analisi apposita al laboratorio e non allo stick.

La glicosuria fino a valori di glicemia di 180 mg/dl (10 mmol/l) risulta negativa, mentre per valori superiori a tali limiti si raggiunge la saturazione del meccanismo di captazione del glucosio da parte del tubulo contorto prossimale, da cui si sviluppa glicosuria. Per i chetoni lo stick permette di identificare la presenza di corpi chetonici nell’urina; falsi positivi si possono avere in caso dell’assunzione di sostanze con gruppi sulfidrilici (come nel caso del Captopril). L’analisi dell’esterasi é estremamente importante: è un enzima leucocitario che permette di valutare la presenza di leucociti attivati nell’urina e vien generalmente usato come indice di infezione urinaria; in caso di glicosuria si ha una lieve inibizione dell’enzima con formazione di falsi negativi. Lo stesso vale per i nitriti: la presenza di batteri permette la trasformazione di nitrati in nitriti; anche qui bisogna tenere conto che in caso di urine alcaline si possono avere falsi negativi. Infine la presenza di cilindri ematici è indicativa di un sanguinamento glomerulare e non di sanguinamenti da altri tratti delle vie urinarie; potrebbe indicare una glomerulonefrite e/o una sindrome nefritica.

Porre una diagnostica differenziale in caso di insufficienza renale solo tramite l’analisi delle urine é estremamente fuorviante; segnaliamo a scopo didattico ed indicativo alcune differenze che si possono trovare nella pratica clinica. Quando si hanno delle forme prerenali le urine spesso appaiono nella norma, anche se a volte si ha qualche alterazione generalmente non peculiare, soprattutto per la presenza di cristalli; solitamente si ha una riduzione della natriuria e delle concentrazioni locali di urea (per maggiore espressione tubulare di recettori per l’urea). Il rapporto urea/creatinina (in mg/dl) è superiore a 20:1. Nelle forme renali le urine sono più ricche, con proteinuria, ematuria, leucocituria, glicosuria e riscontro di diverse tipologie di cilindri; il peso specifico urinario si avvicina a quello ematico, con incremento della natriuria ed eliminazione dell’urea. Il rapporto urea/creatinina (in mg/dl) è generalmente inferiore a 10:1 ed il sedimento mostra cilindri marroni e granulari. Nelle forme postrenali solitamente si ha una forte leucocituria con presenza di cristalli e può associarsi sia ematuria che emoglobinuria.

ESCREZIONE FRAZIONATA DI SODIO:
L’escrezione frazionata di sodio (FENa) è un indice che misura la percentuale di filtrazione del sodio che viene escreta nelle urine; tale calcolo è frequentemente utilizzato come marker urinario che differenzia fra le forme pre-renali e renali. Risulta essere più accurato che la concentrazione del sodio urinario in questi pazienti, dato che la sola concentrazione di sodio è fortemente dipendente dal riassorbimento di acqua.
FE-Na: [(UNa+ * PCr) / (PNa+ * UCr)] * 100 
In questi casi valori inferiori a 1% suggeriscono una forma di malattia pre-renale (dato che tutto il sodio viene riassorbito dal rene), mentre valori superiori a 2% suggeriscono una patologia di tipo renale (tipicamente una necrosi tubulare acuta). Valori intermedi (1-2%) suggeriscono una componente mista. In caso di impossibilità a misurare la FENa si può utilizzare la natriuria come valore assoluto; una natriuria inferiore a 10 mmol/l è indice di una forma pre-renale, mentre una natriuria superiore a 40 mmol/l è indice di una forma renale.

NUOVI MARKERS:
La creatinina sierica viene ampiamente utilizzata come markers dell’insufficiena renale acuta pur essendo un marker poco sensibile, soprattutto alla luce della definizione secondo i criteri insufficienza renale acutaN. Inoltre la creatinina appare facilmente influenzabile in base a numerosi altri parametri quali l’assunzione proteica, la massa muscolare, lo stato febbrile, l’età, il peso, il sesso, la razza, ecc… Sono quindi stati cercati nuovi markers, di cui i più promettenti sono la cistatina C, NGAL, IL18, KIM1 e L-FABP. La NGAL (Neutrophil Gelatinase-Associated Lipocain) è una sostanza diagnostica per la valutazione della funzione renale che presenta in termini di sensibilità e specificità un’area sotto la curva del 0.900 tramite un valore cut-off di 130 ug/g. Altri studi hanno validato sia NGAL che la Cistatina C come valori estremamente sensibili ed accurati di insufficienza renale acuta, permettendo di porre una diagnosi precoce di insufficienza renale acuta (non è ancora chiarito l’utilizzo in caso di pazienti con nefropatia antecedente alla insufficienza renale). Un recente studio francese ha dimostrato come la pNGAL non sia in grado di predire accuratamente la comparsa di insufficienza renale acuta in ICU, può però distinguere i pazienti che richiederanno una dialisi dopo somministrazione di mezzo di contrasto; non ha però alcuna caratteristica prognostica. 

L'ANP (Atrial Natriuretic Peptide) è prodotto dai miociti atriali; nelle fasi acute di insufficienza renale acuta l'ANP provoca una vasodilatazione delle arterie pre-glomerulai, inibendo il rilascio di prostaglandine e dell'asse renina-angiotensina, con un effetto natriuretico che può mimare un'ostruzione tubulare. Negli animali l'ANP migliora la GFR, mentre nell'uomo questo non è ancora stato dimostrato. Sono stati presi 19 studi (11 di prevenzione, 8 di trattamento dell'insufficienza renale acuta) dove si confrontava la somministrazione di ANP vs placebo, per un totale di oltre 1800 pazienti. Non si sono osservate differenze nella mortalità nel gruppo ANP (anche ad alte dosi, oltre 100 ng/Kg/min), mentre a basse dosi di ANP c'è un minima tendenza di riduzione della dialisi sia, questo sia negli studi preventivi che terapeutici. Non esistono pertanto prove evidenti che la somministrazione di ANP prevenga/tratti le forme di insufficienza renale acuta o riduca l'utilizzo della dialisi. La metanalisi è fatta su un'enorme gruppo di pazienti, per cui le conclusioni sono abbastanza forti, anche se ci sono variazioni fra i dosaggi e disegni dello studio. Le implicazioni cliniche attuali non vengono pertanto modificate in favore dell'utilizzo dell'ANP; sarà necessario in futuro studiare meglio l'utilizzo dell'ANP a bassa dose che sembra essere meglio tollerato e forse svolge qualche ruolo significativo nell’insufficienza renale acuta.


IMAGING:
L’ecografia renale é un esame eseguibile al letto del paziente che non richiede mezzi di contrasto nefrotossici e permette soprattutto di escludere le forme post-renali di insufficienza renale acuta, consentendo la misurazione delle dimensioni del rene (dando quindi informazioni sulla presenza di nefropatia antecedente), la presenza di malformazioni (come il rene policistico) e la vascolarizzazione renale. La radiologia convenzionale é poco utilizzata, dato che permette di valutare la presenza di eventuali calcoli renali radiopachi e/o calcificazioni di una discreta entità. La CT-addome in alcuni paesi viene poco utilizzata per l’elevato numero di radiazioni a fronte di informazioni ottenibili con altre metodiche; in alcuni paesi come la Svizzera spesso si ricorre alla CT-addome qualora non sia informativa/disponibile l’ecografia renale e quando si hanno condizioni severe ed acute dove si vuole avere una diagnosi rapida, una buona diagnostica differenziale addominale e retro-peritoneale ed una diagnostica meno operatore-dipendente.

ESAMI STRUMENTALI:
L’ECG é da eseguire sempre per cercare eventuali alterazioni tipiche dell’iperkaliemia; durante la fase iniziale di insufficienza renale si può avere un accorciamento del QT, elevazione delle onde T (alte ed appuntite), mentre durante la fase evolutiva si può avere un progressivo allargamento del QRS, appiattimento della onda T che può evolvere fino all’arresto cardio-circolatorio. La pressione intra-addominale va sempre sospettata soprattutto nelle forme post-renali o post-chirurgiche la presenza di una ipertensione addominale. Tramite un catetere vescicale con un apposito trasduttore è possibile iniettare 25 ml di NaCl 0.9% sterile e misurare la pressione addominale. In caso di pressioni intra-addominali superiori a 20 mmHg si parla di sindrome compartimentale addominale (come precedentemente discusso, Capitolo 4.1), con il rischio che la pressione di perfusione renale/addominale risulti inferiore a 60 mmHg, con conseguente rischio di ipoperfusione renale e danno ulteriore all’organo. Per la biopsia renale esistono precise indicazioni sulla sua esecuzione, soprattutto in situazioni in cui si hanno forme severe di insufficienza renale idiopatica, insufficienza renale progressiva, lesioni glomerulari severe (con grave proteinuria, ematuria, ecc…) e/o alterazioni extrarenali (con febbre, artralgie, lesioni cute). Studi recenti hanno mostrato come in ICU siano pochi - e da selezionare in maniera precisa - i pazienti che richiedono una biopsia renale, sia per l’elevato tasso di complicanze (che può arrivare fino al 20% e che correla con lo stato di trombocitopenia del paziente) che per le conseguenze terapeutiche alla luce dei risultati, dato che eventuali modifiche che si ottengono non superano il 22% dei pazienti sottoposti a biopsia (parlando già di casi adeguatamente selezionati).


DIAGNOSI E PROGNOSI:
Per poter pertanto porre una diagnosi esatta di insufficienza renale, il sospetto clinico si pone con l’individuazione di due fattori, che sono la presenza di uno o più fattori di rischio (spesso associati fra loro) ed uno stato di ipoperfusione arteriosa, che fra le cause eziologiche è la forma più frequente.  Nella classica condizione di shock, si deve stare attenti a monitorare il ridotto output urinario associato ad un incremento della creatinina plasmatica. Per la diagnosi non esistono veri e propri criteri diagnostici certi: ad oggi esiste il criterio insufficienza renale acuta (Acute Kidney Injury Network) che utilizza i vecchi criteri RIFLE in una visione più ampia. I criteri sono da valutare entro 48 ore dall’ingresso in ICU: incremento della creatinina sierica oltre 0.3 mg/dl (oppure 26.4 µmol/l), incremento della concentrazione di creatinina superiore al 50% e/o oliguria inferiore a 0.5 ml/Kg/h per oltre 6 ore. Si deve inoltre eseguire un controllo seriale della pressione arteriosa, confrontandola con i valori pressori usuali del paziente, soprattutto quando si assiste ad un incremento della creatinina plasmatica.




Per quello che concerne il lato prognostico, circa 1/3 - 2/3 dei pazienti in ICU sviluppa insufficienza renale acuta e circa la metà di questi presentano un incrementato rischio di mortalità che va dal 30% al 60%, aumento dei tempi di degenza e dei costi intra-ospedalieri; i criteri RIFLE si sono dimostrati validi anche in termini di predizione dell’outcome. La prognosi dipende dal meccanismo eziopatogenetico che porta all’insufficienza renale acuta e dal timing della diagnosi; bisogna ricordare che la clinica iperuricemica permane ad alto rischio di mortalità (globalmente attorno al 50%), cui vanno aggiunti fattori prognostici negativi che possono essere del paziente (come l’età avanzata e la presenza di co-patologie croniche) e del rene come le forme di insufficienza renale post-chirurgica e/o richiedente dialisi.



Per le forme pre/post-renali solitamente si hanno recuperi entro 1-2 giorni dopo il trattamento eziopatogenetico del danno renale, a patto che si riesca a ristabilire il normale flusso renale prima che si abbia un danno corticale renale. Per le forme renali sia primitive e/o post-ipoperfusione sono invece necessari diversi giorni prima che si abbia un miglioramento visibile (generalmente attorno a 7-21 giorni di media), anche dopo che la causa principale viene trattata in maniera adeguata. Per le forme tossiche si ottiene una guarigione nel 95% dei casi, soprattutto se non si associano danni a livello epatico e cardiaco, mentre nelle forme settiche una completa guarigione renale si ottiene nel 50% dei casi. Non è chiaro se l’utilizzo della CRRT (Continuous Renal Replacement Therapy) sia in grado di ridurre a lungo termine la mortalità in questi pazienti, spesso perché l’insufficienza renale acuta si sviluppa in un contesto di danno multi-organo e di patologia a coinvolgimento sistemico, dove quindi l’utilizzo della terapia CRRT volta come terapia di supporto non è in grado di trattare il processo primitivo.





TERAPIA:
Molto spesso i fattori di rischio e gli stati di ipoperfusione renale sono condizioni reversibili per cui devono essere identificati e trattati prontamente; sicuramente il controllo della pressione arteriosa entro un range di normalità è fondamentale. E’ di vitale importanza assicurarsi che vengano aggiustate le dosi di ogni farmaco somministrato al paziente, in base alla clearance della creatinina (che come abbiamo segnalato prima non é sempre di facile calcolo). Purtroppo la gran parte della terapia dell’insufficienza renale acuta è una terapia di supporto volta al controllo dei parametri che possono indurre un peggioramento o non facilitare un miglioramento del danno renale. Nonostante tale terapia, spesso l’outcome rimane elevato in termini di morbidità e mortalità.

In caso di insufficienza renale acuta di tipo pre-renale tale terapia di supporto è di primaria importanza, in quando il danno al rene è secondario a cause esterne al rene stesso. In caso di insufficienza renale acuta di tipo renale è importantissimo identificare la causa del danno e rimuovere tale causa; inoltre va garantita un’adeguata perfusione renale; si può eventualmente aggiungere del bicarbonato per alcalinizzare le urine con un pH superiore a 7.0 (tale terapia richiede pertanto di controllare regolarmente il pH urinario ed il pH ematico per evitare un’alcalosi metabolica) in caso di rabdomiolisi e/o mioglobinuria severa. In caso di insufficienza renale acuta di tipo post-renale, oltre ad una diagnosi precoce è importante rimuovere l’ostruzione (mediante la posa di una catetere vescicale, esecuzione di un cateterismo sovrapubico, di una nefrostomia percutanea, di una laparotomia per una pressione intra-addominale elevata, ecc…). Le forme di insufficienza renale acuta da contrasto sono fra le forme più frequenti di insufficienza renale acuta ospedaliera (rappresentando l’11% dei casi totali); diversi studi hanno mostrato un'associazione fra l'insufficienza renale acuta e la lunghezza nella degenza e nella mortalità dei pazienti in ICU. Non è ancora chiaro se il bicarbonato di sodio abbia un effetto nella prevenzione di queste forme di insufficienza renale. Sono stati presi in considerazione 18 studi per oltre 3055 pazienti, dal 2004 al 2008; gli effetti benefici della somministrazione di bicarbonato di sodio appaiono minimi, prevalentemente nella popolazione sottoposta a coronarografia d'emergenza ed in pazienti con insufficienza renale cronica. Appare pertanto prematuro dare indicazione costante dell'uso del bicarbonato in tale situazione, ma sicuramente in determinate situazioni può essere preso in considerazione.

TERAPIA IDRATANTE:
Dato che la forma pre-renale è la causa predominante di insufficienza renale acuta, c’è un largo consenso che la terapia idratante rivesta un ruolo fondamentale nella resuscitazione acuta del paziente; i fluidi vanno somministrati precocemente. Studi di Vincent e Weil suggeriscono un protocollo basandosi su 4 variabili: tipo di fluido somministrato, velocità di infusione, end-points critici, limiti di sicurezza. Rivers et al hanno mostrato come una terapia precoce basata su obiettivi porti ad un miglioramento dell’output urinario, della PVC e della pressione arteriosa, con una riduzione dei lattati e della mortalità (p = .009) nei pazienti con sepsi severa/shock settico.

Per quello che concerne la tipologia di fluidi e la velocità di infusione appare molto controverso l’utilizzo adeguato dei fluidi in questi pazienti: per i cristalloidi si possono somministrare NaCl 0.9% o Ringerfundine (basandosi sullo strong-ion gap, sulla cloremia e su altri parametri) alla velocità di 10-15 ml/Kg. Lo studio SAFE ha mostrato come l’Albumina 4% sia sicura ma non superiore alla soluzione salina in termini di mortalità o morbidità (cioé nell’uso di CRRT); l’utilizzo di HES si é dimostrato avere un effetto volemico maggiore rispetto all’albumina, ma nonostante questo il suo utilizzo si associa in maniera chiara a nefrosi osmotica, ipossia midollare ed insufficienza renale (è sconsigliato in caso di sepsi/shock settico, così come le soluzione di destrano). Le soluzioni con HES hanno il vantaggio di funzionare come plasma expanders, ma sono state associate con importante danno renale e ad oggi é controindicato il loro utilizzo. Anche se gli studi sono stati disegnati in maniera differente, sono stati fatti in anni differenti, si può dire con una certa evidenza che la somministrazione di HES possa peggiorare la situazione clinica, in particolare in caso di shock settico; anche se nelle altre popolazioni studiate non sembra esserci tale di vario, il suo utilizzo è stato ridimensionato. Non si ha un miglioramento della sopravvivenza generale, e se si stratifica per le forme di shock settico questo diviene evidente.

Nel somministrare liquidi é comunque fondamentale avere dei limiti di sicurezza, ponendo particolare attenzione alle pressioni di riempimento cardiaco (basandosi sulla PVC, sulla WP, sul SVV, PPV); in caso di mancato raggiungimento dell’obiettivo clinico per sovraccarico cardiaco è importante impostare una terapia con inotropi. I colloidi permettono di raggiungere gli end-point con minore sovraccarico idrico (bilanci idrici troppo positivi correlano con prognosi peggiori), ma come detto sono gravati da morbilità maggiore. Per il trattamento e la stabilità emodinamica rimandiamo ai capitoli dedicati. Sono da evitare fenomeni di ipotensione arteriosa, deplezione volemica, somministrazione di sostanze nefrotossiche, iniezione di mezzo di contrasto iodato, ecc…

TERAPIA DIURETICA:
I diuretici non sono il trattamento di scelta per l’oliguria; sono importanti per il trattamento del sovraccarico idrico e della iperkaliemia. Nonostante questo vengono spesso utilizzati in caso di oligo-anuria; numerosi studi hanno valutato i diuretici dell’ansa in caso di insufficienza renale acuta e la maggior parte degli studi ha dimostrato una non efficacia di tale terapia (studi degli anni ’90 non mostrano un miglioramento dlel’outcome). Quello che i diuretici possono fare in caso di insufficienza renale acuta è di trasformare una insufficienza renale acuta anurica i insufficienza renale acuta non anurica. Sono quindi da riservare a quelle forme di insufficienza renale acuta dove si ha anche un sovraccarico idrico/iperkaliemia.

L’effetto importantissimo per usare i diuretici come la Furosemide (generalmente in bolus) é l’effetto divenodilatazione che si ottiene con una somministrazione rapida del farmaco. Ci sono situazioni come in caso di scompenso cardiaco biventricolare, dove si ha un’insufficienza renale che di primo acchito appare di natura pre-renale, secondaria alla bassa gittata. Se questo da un lato é vero, é vero anche che in caso di scompenso biventricolare i valori di PVC siano estremamente elevati. Analizzando il gradiente pressorio trans-glomerulare si hanno bassi valori di perfusione ed alti valori di venostasi. Con la vasodilatazione indotta dalla Furosemide IV si ottengono due effetti:
  • a) la riduzione del ritorno venoso, con miglioramento dell’output cardiaco, ricordandosi che in caso di scompenso cardiaco ci si trova nella curva di Frank-Starling nella fase peggiorativa della curva, dove si hanno troppi liquidi. 
  • b) la riduzione della PVC, con riduzione della venostasi su tutti gli organi addominali.

L’effetto finale é un miglioramento dell’output cardiaco e della riduzione della PVC, con aumento del gradiente pressorio trans-glomerulare e più facilità di formrazione dell’urina.

TERAPIA DELL’IPERKALIEMIA:
In corso di insufficienza renale acuta si hanno difficoltà nell’escrezione di potassio, con accumulo dello stesso soprattutto nel distretto extracellulare; i pericoli dell’iperkaliemia li abbiamo già trattati (si veda il Capitolo 5.1.2). In questi casi si possono utilizzare diversi farmaci, fra cui i farmaci che favoriscano l’ingresso cellulare di potassio (come l’utilizzo di bicarbonato al 7,5% - 100 ml in 30 minuti e l’insulina rapida con glucosata al 10%), gli stabilizzatori di membrana come il salbutamolo ed il calcio gluconato e favorire la rimozione di potassio tramite l’utilizzo di resine a scambio ionico e/o la dialisi. Rimandiamo al Capitolo dell’iperkaliemia per la terapia specifica ed il dettagli, ricordando che i goals terapeutici sono la correzione degli squilibri ideo-elettrolitici, la correzione dell’acidosi metabolica, il controllo dei meccanismi patogenetici e la discussione per un’eventuale posa di emodialisi).

TERAPIA NUTRIZIONALE:
Dati clinici dimostrano che la malnutrizione in pazienti affetti da insufficienza renale acuta si associa ad un incremento delle complicazioni e riduzione della sopravvivenza globale. I pazienti con insufficienza renale acuta spesso presentano uno stato ipercatabolico ed una maggiore richiesta calorica, soprattutto se sono criticamente malati e/o effettuano emodialisi. Solitamente si dobrevve avere un intake giornaliero di 25-30 kcal/Kg (leggermente più elevato dei 20-25 kcal/Kg abituali); in caso di stato ipercatabolico si dovrebbero inoltre ricevere 1.5 g/Kg al giorno di proteine. La nutrizione entrale è preferibile a quella parenterale (ove possibile) dato che permette di mantenere l’integrità funzionale ed anatomica dell’intestino, richiede meno intake di liquidi ed è meno costosa.


REFERENCES:
1. Finfer S, Bellomo R, Boyce N, et al. A comparison of albumin and saline for fluid resuscitation in the intensive care unit. N Engl J Med 2004; 350: 2247–2256. 
2. Ertmer C, Rehberg S, Van Aken H, et al. Relevance of non-albumin colloids in intensive care medicine. Best Pract Res Clin Anaesthesiol 2009; 23: 193–212. 
3. McMahon BA, Murray PT. Urinary liver fatty acid-binding protein: another novel biomarker of acute kidney injury. Kidney Int 2010; 77: 657–659.
4. Dickenmann M, Oettl T, Mihatsch MJ. Osmotic nephrosis: acute kidney injury with accumulation of proximal tubular lysosomes due to administration of exogenous solutes. Am J Kidney Dis 2008; 51: 491–503.
5. de Saint-Aurin RG, Kloeckner M, Annane D. Crystalloids versus colloids for fluid resuscitation in critically-ill patients. Acta Clin Belg Suppl 2007:412–416.
6. Vincent JL. Fluid resuscitation: colloids vs crystalloids. Acta Clin Belg Suppl 2007: 408–411.
7. Schortgen F, Lacherade JC, Bruneel F, et al. Effects of hydroxyethylstarch and gelatin on renal function in severe sepsis: a multicentre randomised study. Lancet 2001; 357: 911–916.
8. Brunkhorst FM, Engel C, Bloos F, et al. Intensive insulin therapy and pentastarch resuscitation in severe sepsis. N Engl J Med 2008; 358: 125–139. 
9. Eisenbach C, Schonfeld AH, Vogt N, et al. Pharmacodynamics and organ storage of hydroxyethyl starch in acute hemodilution in pigs: influence of molecular weight and degree of substitution. Intensive Care Med 2007; 33:1637–1644.
10. Thomas G, Balk EM, Jaber BL. Effect of intensive insulin therapy and pentastarch resuscitation on acute kidney injury in severe sepsis. Am J Kidney Dis 2008; 52: 13–17.
11. Wiedermann CJ. Systematic review of randomized clinical trials on the use of hydroxyethyl starch for fluid management in sepsis. BMC Emerg Med 2008; 8: 1.
12. Sakr Y, Payen D, Reinhart K, et al. Effects of hydroxyethyl starch administration on renal function in critically ill patients. Br J Anaesth 2007; 98: 216–224.
13. Perel P, Roberts I, Pearson M. Colloids versus crystalloids for fluid resuscitation in critically ill patients. Cochrane Database Syst Rev 2007; 4:CD000567.
14. Schortgen F, Brochard L. Colloid-induced kidney injury: experimental evidence may help to understand mechanisms. Crit Care 2009; 13: 130. 
15. Magder S, Potter BJ, Varennes BD, et al. Fluids after cardiac surgery: a pilot study of the use of colloids versus crystalloids. Crit Care Med 2010; 38:2117–2124.
16. Wiedermann CJ, Dunzendorfer S, Gaioni LU, et al. Hyperoncotic colloids and acute kidney injury: a meta-analysis of randomized trials. Crit Care 2010; 14: R191.
17. Prowle JR, Bellomo R. Fluid administration and the kidney. Curr Opin Crit Care 2010; 16: 332–336.
18. Kaplan LJ, Kellum JA. Fluids, pH, ions and electrolytes. Curr Opin Crit Care 2010; 16: 323–331.
19. Karlsson S, Varpula M, Ruokonen E, et al. Incidence, treatment, and outcome of severe sepsis in ICU-treated adults in Finland: the Finnsepsis study. Intensive Care Med 2007; 33: 435–443. 



Sign up here with your email address to receive updates from this blog in your inbox.

0 Response to "Insufficienza renale acuta - parte II (Capitolo 5.2.2)"

Posting Komentar

Diberdayakan oleh Blogger.

Formulir Kontak

Nama

Email *

Pesan *

Cari Blog Ini

Ads 970x90

List Labels

iklan banner

Newsletter