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Introduzione generale al ventilatore (Capitolo 3.4.1)




La ventilazione meccanica viene principalmente utilizzata per il controllo dell’eliminazione della CO2, per il miglioramento dell’ossigenazione e per l’assistenza alla muscolatura respiratoria. E’ una metodica invasiva e con differenti possibili complicanze (di cui tratteremo nei capitoli successivi), il cui utilizzo è indicato in determinate situazioni legate proprio all’accumulo di CO2, all’insufficiente ossigenazione e/o alla insufficienza della muscolatura respiratoria. Qui iniziamo ad affrontare in maniera breve e schematica la struttura di un ventilatore ed i suoi principi base di utilizzo.



FUNZIONAMENTO DEL VENTILATORE:
L’intensivista deve conoscere i meccanismi base sul funzionamento del ventilatore, perché deve sapere come questo interagisce con il paziente; una minima conoscenza dell’hardware permette di comprendere meglio l’interazione uomo-macchina e soprattutto come interpretare il funzionamento del ventilatore nelle situazioni più complesse.

1) ALIMENTAZIONE:
L’alimentazione permette alla macchina di eseguire il proprio lavoro nel ventilare il paziente e viene classificata in base al meccanismo che sfrutta. L’alimentazione può essere classificata in elettrica, pneumatica o mista. Nel ventilatore ad alimentazione elettrica, tutto il ventilatore é alimentato interamente sull’elettricità tramite corrente alternata o batteria (quest’ultima usata soprattutto per il trasporto del paziente); generalmente si ha un generatore on/off che controlla sia la parte elettrica che i circuiti pneumatici del respiratore (come i magneti, i potenziometri, i reostati ed anche il software). Esempi sono il LifeCare PLV102, il LTV e l’Intermed Bear 33. Nel ventilatore ad alimentazione pneumatica l’alimentatore del respiratore usa come energia gas compresso (a 50 psi) con un presurizzatore all’interno che adatta la pressione al livello del paziente; utilizza valvole che permettono di creare un circuito d’aria e regolare gli iniettori d’aria, il volume da somministrare e le funzioni inspiratorie ed espiratorie. Ad oggi sono fra i sistemi meno utilizzati. Infine ci sono i ventilatori ad alimentazione mista che sono fra i ventilatori più utilizzati perché utilizzano una alimentazione pneumatica per generare FiO2 e le pressioni del circuito, eventualmente aiutando l’alimentazione elettrica che controlla le diverse valvole, i solenoidi, gli elettromagneti, ecc…(i ventilatori Servo-i ne sono un esempio). Generalmente si ha un microprocessore che integra in un chip i diversi circuiti e richiede entrambe le alimentazioni (elettrica e pneumatica) per il corretto funzionamento della macchina.






2) MODALITÀ DI PRESSIONE:
I ventilatori si possono ulteriormente classificare in base alla modalità con cui viene modificata la pressione transpolmonare; storicamente si é iniziata la ventilazione con una modalità a pressione negativa con un trasduttore posto attorno alla superficie corporea che portava a generare pressioni negative del torace che si trasmettevano sulle vie aeree con apertura del polmone. Nonostante sia un meccanismo più fisiologico, che mima la reale fisiologia polmonare, con tale metodo non si ha il controllo adeguato e la messa in sicurezza delle vie aeree. Attualmente è decisamente più utilizzata la modalità a pressione positiva, con un trasduttore a livello della bocca del paziente dove il gradiente di pressione positiva che si viene a generare viene trasferito nelle vie aeree tramite un tubo chiamato tubo endotracheale.

3) SISTEMA DI CONTROLLO:
Uno dei sistemi di controllo principale è il “sistema a loop”: alcuni ventilatori sono detti a loop aperto perché non sono dotati di tali sistemi intelligenti: viene prestabilito un parametro (come ad esempio il Tidal Volume) e la macchina genera costantemente tale valore, senza adeguarsi alle condizioni del paziente. Altri ventilatori presentano un sistema a loop chiuso per cui viene stabilito, sempre nell’esempio poc’anzi citato, un Tidal Volume che viene somministrato al paziente, si registra il Tidal Volume ricevuto dal paziente stesso (chiamato TVe), che viene analizzato e si compara con il Tidal Volume inspiratorio (TVi), aggiustando l’output al respiro successivo. Un altro esempio è il mandatory minute ventilation (BiLevel) dove si stabiliscono dei parametri minimi di ventilazione e se il paziente non raggiunge il target la macchina si attiva per compensare i parametri mancanti.

Come sistema di controllo esiste inoltre la User Interface, che è il pannello grafico per il setting del ventilatore dove si stabiliscono tramite un software i parametri, i limiti e gli allarmi. Generalmente vengono mostrate almeno 3 onde standard di cui 2 sono misurate (la pressione ed il flusso), mentre la terza onda (il volume) viene derivato, dato che i parametri misurati direttamente dal ventilatore sono pressione, flusso, tempo, temperatura ed umidità. Il volume viene determinato in base all’analisi del flusso nel tempo tramite un valvola di cui è nota l’area; bisogna porre attenzione perché in caso di perdite del sistema, il volume calcolato non appare affidabile.



4) CIRCUITO PNEUMATICO:
Il circuito pneumatico è rappresentato da una serie di tubi presenti all’interno ed all’esterno del ventilatore che trasportano il gas da/verso il paziente in maniera passiva. Il pressurizzatore: è un sistema interno al ventilatore che a) utilizza il gas pressurizzato riducendone la pressione dai Bar che si hanno nei tubi intra-murali ai mBar che vengono somministrati al paziente e b) mixando aria ed ossigeno per ottenere la FiO2 desiderata prima di somministrarlo al paziente.




Per quello che riguarda le valvole, nel respiratore esistono valvole inspiratorie ed espiratorie che agiscono in maniera sincrona ed opposta permettendo il flusso d’aria inspiratorio ed espiratorio; il sistema di circuito esterno al paziente si compone di un braccio inspiratorio ed un braccio espiratorio collegato alla fine ad un tubo ad Y, cui segue un breve tubo flessibile che si collega direttamente al tubo endotracheale. Il tempo ed il grado di apertura delle valvole viene controllato elettronicamente dal respiratore. Il circuito interno o “circuito macchina” rappresenta l’insieme delle strutture interne al ventilatore che porta l’aria da/nel circuito esterno; può essere classificato in circuito singolo o doppio in base alla presenza o assenza di un riutilizzo del percorso da parte dei due flussi di gas (nel circuito singolo del Servo-i il flusso è sempre unidirezionale e non si mischia, mentre nel circuito doppio del Cardiopulmonary Corp un parte dei sistema è bidirezionale). Il circuito esterno o “circuito paziente” rappresenta l’insieme dei sistemi passivi che trasferiscono il gas da/verso il paziente; si compone generalmente di due tubi (inspiratorio ed espiratorio) con una porzione ad Y terminale dove l’aria è bidirezionale. Nei primi ventilatori la valvola di efflusso era posizionata vicino al tubo ad Y, mentre attualmente è interna al ventilatore con maggiore modalità di controllo.



5) POTERE TRASMISSIVO:
Infine in un ventilatore deve essere presente un sistema in grado di generare un impulso che possa trasmettere l’aria al paziente, trasformando quindi l’energia elettrica e pneumatica in un sistema che si adeguato al respiro del paziente. Generalmente ci sono sistemi di controllo a volume o a pressione con stantuffi lineari (su ruota dentata), su fisarmonica, su pistoni rotazionali (turbine), ecc… Il meccanismo di tale potere trasmissivo é importante perché da un lato determina la modalità di ventilazione che si può generare (con una turbina non é possibile generare una pura ventilazione in Volume Controllato) e dall’altro determina anche la durezza del flusso d’aria che viene generato (con una turbina l’inizio e la fine del flusso generato sono più attutite rispetto ad un ventilatore a stantuffo).




6) TRIGGER:
Per trigger si intende il fattore che determina l’inizio dell’atto inspiratorio nel ventilatore. Nel sistema a trigger meccanico il respiro viene iniziato dalla macchina ad un tempo prestabilito (trigger temporale), in accordo con le frequenze respiratorie e gli altri parametri del respiratore; ovviamente viene utilizzato in condizioni in cui si ha il pieno controllo della ventilazione. Nel sistema a trigger personale il respiro viene iniziato dal paziente, tramite detettori di flusso o di pressione di cui si può regolare la sensibilità. Si parla pertanto di trigger a pressione o di trigger a flusso; il trigger a pressione permette l’inizio dell’atto inspiratorio quando il ventilatore percepisce la generazione di una pressione negativa; é possibile regolare il livello di pressione negativa alla quale la macchina inizia l’attività inspiratoria (ad esempio -5 cmH2O piuttosto che -2 cmH2O).  Il trigger a flusso permette l’inizio dell’atto inspiratorio quando il ventilatore percepisce la generazione di un certo flusso d’aria; anche in questo caso é possibile regolare il flusso d’aria generato prima che il respiratore inizi la ventilazione. Rispetto al trigger a pressione, il trigger di flusso ha il vantaggio di essere meglio tollerato dai pazienti che presentano un decondizionamento muscolare importante (cronico o in seguito a ventilazione prolungata), in quanto la valvola espiratoria é costantemente aperta (perché si deve avere un flusso) e la distanza di tempo fra il raggiungimento della soglia-trigger e l’inizio della ventilazione appare più breve, dato che il circuito é già aperto. In caso di trigger pressorio la pressione del circuito deve scendere sotto ad un certo livello prima che la macchina generi del flusso d’aria da dare al paziente. Trigger bassi si possono utilizzare per ridurre il ritardo di risposta del ventilatore alla domanda del paziente, migliorando l’interazione con la macchina ed il comfort del paziente; lo svantaggio é il rischio di provocare un auto-triggering per generazione di un’estrema sensibilità allo stimolo del respiratore stesso. Trigger alti evitano l’auto-triggering, ma aumentano il lavoro muscolare da parte del paziente per poter raggiungere la soglia desiderata.

Un altro elemento da utilizzare é la sincronizzazione: i ventilatori moderni sono dotati di una tecnologia in grado di detettare l’inizio/fine dell’attività respiratoria del paziente, sincronizzando quindi la macchina all’attività muscolare del paziente, basandosi su sensori di pressione/volume che vengono posizionati nel ventilatore in accordo a scelte tecniche.

7) UMIDIFICATORE:
È indubbio che l’ossigeno puro, anche se miscelato con aria, aumenti il rischio di secchezza della mucosa respiratoria, con il rischio aumentato di lesioni mucosali, sanguinamenti, infiammazioni, broncospasmi e complicazioni legate alla ventilazione invasiva prolungata. La perdita dell’umidificazione dell’aria da parte delle fosse nasali deve essere riempita dalla presenza di un umidificatore dell’aria stessa. Ad oggi esistono due sistemi quali l’umidificazione passiva ed attiva.

L’umidificatore passivo (HME) é un piccolo filtro che viene posto dopo il tubo ad Y e che lavora collezionando il calore e l’umidità dai gas espirati, permettendo quindi all’inspirio successivo di poter umidificare l’aria. I vantaggi sono il basso costo (generalmente viene cambiato ogni 72 ore) ed il management semplice; gli svantaggi sono un incremento dello spazio morto (soprattutto se viene poi aggiunto un filtro anti-microbico). L’HME è inadeguato se si hanno Tidal Volume e frequenze respiratorie elevate, quando si ha un’ipotermia severa e/o quando si hanno delle secrezioni particolarmente dense. L’HME è pertanto controindicato se si hanno secrezioni abbondanti, in caso di difficoltà elevate nell’eliminazione della CO2 (per incremento dello spazio morto) e/o quando i tidal volume devono essere limitati in caso di ARDS. Va inoltre ricordato che l’umidificazione da parte delle inalazioni frequenti riduce l’emivita del filtro, che deve essere cambiato più precocemente. L’umidificatore attivo (HH) é composto da strumenti più sofisticati che hanno un sistema automatico di riempimento, di riscaldamento e di controllo della temperatura del tubo ad Y, con un controllo dell’umidità e degli allarmi preimpostati. Non incrementa lo spazio morto perché é montato nel tubo inspiratorio e migliora la performance dell’umidificazione rispetto al filtro HME.




IMPOSTAZIONI DEL VENTILATORE:
Una volta ben compresi i punti fondamentali della struttura e del funzionamento del ventilatore (ricordandosi di controllare ogni volta il manuale d’istruzione di ogni singolo respiratore, in modo da conoscere le capacità peculiari di ogni strumento) é fondamentale conoscere i principi base della ventilazione che può essere somministrata al paziente.

A) TIPOLOGIA DI RESPIRO:
Il respiro che si può generare con la macchina può essere classificato in mandatario, spontaneo o assistito; bisogna porre attenzione all’uso di questi termini, che spesso vengono confusi nel linguaggio corrente anche a livello clinico. Sarebbe bene utilizzare le defezioni standard in modo da non correre il rischio di fraintendimenti. Il respiro mandatorio é una modalità di respiro dove il ventilatore controlla i tempi ed in tidal volume, portando quindi ad un controllo stretto della ventilazione minuto (quindi della CO2); un esempio può essere la VCV. Il respiro spontaneo é una modalità di respiro dove il paziente controlla il timing ed i tidal volume ed i valori che la macchina somministra sono variabili in base alle richieste del paziente. Il respiro assistito é una modalità di respiro che possiede entrambe le tipologie di respiro mandatorio e spontaneo; la macchina genera un lavoro in aiuto a quello generato dal paziente (come in caso di ventilazione a pressione di supporto).

B) TIPOLOGIA DI CONTROLLO:
Nel caso di una ventilazione volume-controlled (VCV) la variabile indipendente è il volume che viene somministrato a flusso costante, mentre le pressioni variano in termini di picco, plateau e PEEP. È una ventilazione che viene preferita quando si vuole controllare strettamente la CO2 (come in un paziente post-trauma cranico) e/o quando si vuole eseguire una ventilazione protettiva (ARDS). Può essere discomfortevole per il paziente, per cui spesso richiede una sedazione profonda e/o curarizzazione per permettere il completo controllo della respirazione. La curva del flusso ha una caratteristica onda quadra legata alla necessità iniziale di alti flussi per superare le resistenze delle vie aeree (meccaniche e naturali); segue un flusso costante che poi si porta a zero improvvisamente fino alla fase espiratoria.  La curva della pressione sale lentamente fino ad un picco massimo (direttamente correlato alla resistenza delle vie aeree) che poi scende fino a livello di pressione di plateau (che corrisponde alla pressione che il ventilatore genera per superare il ritorno elastico delle forze espiratorie).



Nel caso di una ventilazione pressure-controlled (PCV) la variabile indipendente è la pressione mentre il volume che viene somministrato è variabile; generalmente offre il vantaggio di essere un proseguimento della ventilazione in pressione spontanea, per cui se il paziente inizia a triggerare ed è sincronizzato la ventilazione è accettabile, inoltre permette un più facile svezzamento. La curva di pressione ha una forma quasi ad onda quadra (P massima e PEEP sono determinate), mentre la curva di flusso viene aggiustata in base alle caratteristiche tipicamente con un andamento discendente; i Tidal Volume possono cambiare da ciclo a ciclo respiratorio in base anche alla compliance del polmone.



Esistono condizioni complesse in cui è necessaria un’analisi manuale delle curve, tipicamente tramite ventilazione a volume controllato (VCV), in paziente curarizzato, con l’uso di manovre di blocco a fine espirio/inspirio per almeno 4 secondi. Quando si usa la ventilazione VCV divenne necessario riconoscere la forma della curva e saperla interpretare (vedi oltre):
  • Pressione di picco (PPI): è la massima pressione che viene applicata dal ventilatore sulle viene aeree; è inspiratoria e correla con la compliance dinamica del polmone (dato che C = VTe/(PPI-PEEP) come spiegato più avanti). Può generare barotrauma tracheo-bronchiale se troppo elevato.
  • Pressione di plateau (PPL): rappresenta la pressione statica di fine inspirazione; correla con la pressione che il ventilatore continua a generare per mantenere l’inspirio nel paziente e correla con il ritorno elastico del polmone (compliance statica). Può essere misurata e verificata generando un inspirio forzato (pausa inspiratoria) sapendo che si ha una parità fra la pressione alveolare e quella della bocca. Viene utilizzata per determinare le resistenze polmonari (dato che Raw = (PPI - PPL)/Q come spiegato più avanti). Apre gli alveoli collassati ma può generare barotrauma.
  • Pressione basale (PEEP): non è segnalata nel grafico, ma rappresenta la pressione di fine espirazione che teoricamente è pari alla PATM (considerata il punto 0 per convenzione). Alle volte è importante che tale pressione non sia zero, ma venga mantenuta una certa pressione minima, che viene utilizzata per evitare il collasso alveolare: si parla di positive end-espiratory pressure (PEEP) che si ha alla fine della fase espiratoria; permette di reclutare gli alveoli non dilatati ed aumentare la capacità funzionale residua del polmone. Viene utilizzata per determinare la compliance polmonare.
  • PEEP intrinseca (PEEPi): viene anche chiamata autoPEEP e spesso rappresenta una complicanza nella gestione della ventilazione a pressione positiva e/o in caso di patologie ostruttive severe; in caso di air-trapping si ha l’accumulo di aria nel polmone che genera un ulteriore aumento di pressione al termine dell’espirio. Si misura generando un blocco di fine espirazione dove si vede il comportamento della PEEP in assenza di flusso. Tipicamente dovrebbe essere pari a 0.
Il passaggio da P1 a P2 e la pendenza della curva fra questi due punti correla con la resistenza e le proprietà visco-elastiche presenti nelle vie aeree; dipende pertanto dalla capacità di poter dissipare velocemente l’aria dal polmone.



Nei capitoli successivi parleremo delle differenti caratteristiche della ventilazione nelle condizioni cliniche che più comunemente si possono riscontare in ICU e di come poter adeguare la ventilazione a tali patologie. Bisogna però ricordarsi che finora sono stati eseguiti diversi studi in merito alle modalità di controllo della ventilazione e non esiste un chiaro vantaggio di una modalità rispetto all’altra (se non in popolazioni selezionate quali il trauma cranico severo e l’ARDS), per cui non si può dire che la BiPAP sia meglio di una ventilazione a volume piuttosto che a pressione.  Generalmente ci si basa sulle linee guida interne all’ICU e sulla maggiore conoscenza/abitudine d’uso.

C) TIMING DI DISTRIBUZIONE DELL’AIUTO:
La tempistica di distribuzione dell’aiuto respiratorio rappresenta un concetto molto importante, da conoscere, dato che è il parametro fondamentale e spesso viene confuso/scambiato per la modalità di ventilazione che viene eseguita; esistono tre modalità di aiuto: continua (CMV), sincronizzata (SIMV) e spontanea.
  • Continuos Mandatory Ventilation (CMV): in questa ventilazione tutti i respiri sono mandatori (inteso come controllo dei tempi e dei Tidal Volume) e possono essere controllati i volumi o le pressioni; se il paziente può triggerare si parla di assisted-control CMV (a/c-CMV). La PC-CMV é la modalità di ventilazione mandatoria continua dove viene impostato come parametro indipendente la pressione, mentre i volumi dipendono dalla compliance e resistenza delle vie aeree del paziente. Possono generarsi episodi di pressione elevata in caso di tosse. La VC-CMV é la modalità di ventilazione mandatoria continua dove viene impostato come parametro indipendente il volume. La a/c-CMV é una ventilazione dove viene settato un livello minimo di respiro e se il paziente vuole inserire qualche atto respiratorio aggiuntivo è possibile farlo; è importante adeguare il trigger respiratorio per evitare iper-sensibilità con autotrigger e rischio di autoPEEP.
  • Il Synchronized Intermittend Mandatory Ventilation (SIMV) inizialmente era inizialmente impostata come IMV dove ogni determinati secondi (time-trigger) la macchina dava un respiro in aggiunta al respiro del paziente che veniva mantenuto intatto. La SIMV permette al paziente di respirare spontaneamente ma aggiunge sempre un aiuto respiratorio; in caso il paziente non respiri, dopo pochi secondi la macchina garantisce il respiro. Nella macchina si stabilisce ogni quanto il paziente esegue il respiro, per quanti secondi ed a quale pressione. È un ottimo sistema soprattutto quando si attende il risveglio di pazienti sedati (post-operatori) che non pongono particolari problemi nella meccanica polmonare intrinseca.
  • La Spontaneous Ventilation (SV) rappresenta diverse tipologie di ventilazione dove il paziente mantiene la propria attività respiratoria. Nella forma Pressure Supported (PS) il paziente mantiene il controllo del proprio respiro, ma la macchina controlla la pressione minima (PEEP) e la pressione massima che viene generata. E’ una tecnica sempre assistita a controllo di pressione, dove il volume dipende dalle caratteristiche intrinseche del polmone e vie aeree. La Continuous Positive Airway Pressure (C-PAP) è una tecnica dove il paziente respira spontaneamente ma a fine espirio la macchina imposta una PEEP determinata per mantenere pervie le vie aeree. Il respiro spontaneo chiamato anche “respiro al naso” avviene quando il paziente è ancora intubato e respira spontaneamente dal tubo senza nessun aiuto (al massimo il flusso di ossigeno). Viene utilizzata come tecnica di svezzamento respiratorio.



SETTING DEL VENTILATORE:
Uno dei quesiti più importanti cui rispondere è in merito al setting del ventilatore nel momento in cui si inizia una ventilazione meccanica invasiva e/o in cui si cambia modalità di respirazione. Questo vale sia per le metodiche a controllo di pressione, ma soprattutto per quelle a controllo di volume (VC).

PARAMETRI BASE: OSSIGENO
Per poter impostare adeguatamente il respiratore bisogna conoscere i valori di base cui tendere per ottenere degli adeguati scambi gassosi (pur sapendo che poi si devono adeguare in base alle condizioni reali del paziente ed alla gasometria). Per quello che riguarda l’impostazione dell’adeguata FiO2, lo scopo è quello di portare una pO2 fra 60-100 mmHg (8-12 kPa); generalmente prima che il paziente venga intubato si ha un emogas e da qua è possibile determinare a priori la FiO2 tramite l’equazione:

FiO2 = [(PaO2 desiderata) * (FiO2 nota)] / (PaO2 nota)

Quando l’emogas non è disponibile prima dell’intubazione esistono diversi altri metodi pratici; uno di questi è quello di partire con FiO2 al 100% e poi ridurla progressivamente fino a portare una SpO2 attorno al 92% (che corrisponde circa a PaO2 di 8 kPa). Dopo 15-20 minuti si può eseguire un emogas per valutare gli effetti della ventilazione con i parametri impostati. Quando é possibile é bene evitare alte FiO2, dato che oltre a valori di 60% aumenta il rischio di tossicità da parte dell’ossigeno ed un aumentato rischio di atelettasie.

PARAMETRI BASE: VENTILAZIONE
La Ventilazione minuto (Ve) per ogni paziente è circa 4 volte la BSA (3.5x per le donne), per cui dipende dal peso corporeo reale; questo valore va incrementato del 9% per ogni °C oltre 37°C e del 20% in caso di acidosi metabolica. Il Tidal Volume (TV) generalmente si setta fra 4-6 ml/kg (ventilazione protettiva) dove il peso utilizzato è l’Ideal Body Weight (IBW); la frequenza respiratoria (FR) è pari alla Ve/TV. A questo punto si deve valutare se tale impostazione porta a valori di compliance e resistenze tali da permettere adeguati scambi gassosi e soprattutto evitare autoPEEP e pressioni elevate. Da qui è importante calcolare compliance e resistente, determinare la costante di tempo e valutare come modificare TV e FR. In caso di Pressure Controlled si parte con valori di pressione analoghi o poco superiori al Pressure Support (se si viene da tale ventilazione), oppure si impostano dei valori di dP tali da generare dei TV adeguati ed una Ve adeguata ai bisogno del paziente. Per quello che riguarda l’impostazione della PEEP questa dipende soprattutto dalla patologia soggiacente (come vedremo nei capitoli successivi).

La frequenza respiratoria (FR) permette di determinare il Tempo di Ciclo Totale (TCT) che rappresenta la somma del tempo inspiratorio (TI) e del tempo espiratorio (TE). Si prendono i 60 secondi (riferimento al minuto) e si divide per la FR per ottenere il TCT:TCT = 60 secondi / FR (sec). Il rapporto I:E è sempre scritto in modo che sia pari a 1:x (dove 1 è il valore del TI). In base al TCT ed al rapporto I:E si può determinare il tempo di inspirio ed espirio per poi confrontarlo con la costante di tempo (per prevedere se si genera autoPEEP).

CARATTERISTICHE DEL POLMONE:
Le due caratteristiche principali del polmone sono la compliance e la resistenza (da cui poi deriva la costante di tempo ed il calcolo dei tempi inspiratorio ed espiratorio come detto poc’anzi); quando si ventila un paziente nelle condizioni ideali (tipicamente in VCV con un paziente sedato e curarizzato) è possibile identificare adeguatamente tali caratteristiche che vengono misurate per valutare le condizioni polmonari e poter adeguatamente impostare il ventilatore.

COMPLIANCE:
La compliance si definisce come la relativa facilità con una una struttura é in grado di distendersi e rappresenta l’opposto dell’elastanza (C = 1/E, intesa come la forza che si oppone all’espansione toraco-polmonare con capacità di ritorno alle condizioni originali). Dal punto di vista fisico la complicanze si definisce come la capacità di variare volume ad un cambio di pressione (C = dV/dP). Generalmente la compliance si misura utilizzando condizioni senza flusso (si eseguono misurazioni a termine inspirio/espirio) si parla di compliance statica. Una modifica di compliance può essere dovuta sia ad un problema di parete toracica (problemi meccanici, farmacologici, ecc…) che del polmone (ARDS, enfisema, ecc….).

Per un paziente ventilato in VCV è possibile ottenere i risultati della compliance tramite misurazione del delta di volume (si utilizza il TVe) e del delta pressorio (si utilizza la differenza plateau e EEP). Unità di misura è l/cmH2O o ml/cmH2O
Clung = VTe / (Ppl - PEEP) 
E’ molto importante ricordarsi la differenza che esiste fra compliance statica (CS) misurata tramite pausa inspiratoria per avere un’adeguata Ppl e la compliance dinamica (CD) che viene misurata sulla base dei calcoli eseguiti durante la ventilazione. Esistono situazioni di gap aumentato fra la CS e CD come in caso di secrezioni mucose e/o broncospasmo. La compliance statica è data dall'equazione Cs = TVe/(Pplat-PEEP) e richiede la pausa inspiratoria in VCV per poter misurare la Pplat; la compliance dinamica è pari a Cd = TVe/(Ppeak-PEEP). Dato che Ppeak è sempre maggiore di Pplat per definizione (Pplat si misura a 0.5 sec dopo blocco inspiratorio), la compliance statica è sempre maggiore della compliance dinamica.



RESISTENZA:
La resistenza rappresenta le forze di frizione che si oppongono al passaggio dell’aria nelle strutture conduttive delle vie aeree (dalla trachea ai bronchioli, ma anche il tubo endotracheale), ma anche dalla viscosità del fluido che attraversa le vie aeree. Quando si arriva a fine espirio non c’è flusso d’aria e la PA e Paw sono da considerarsi uguali; in quel momento non si ha resistenza.

Con l’intubazione oro-tracheale si ha la presenza di un tubo endotracheale che aumenta le resistenze, ma anche l’irritazione del tubo e/o la malattia possono generare broncospasmo, per cui si ha un “fisiologico” incremento delle resistenze.  Per un paziente ventilato si ottiene il calcolo delle resistenze tramite la formula R = dP/Q (le resistenze sono uguali al cambio di pressione diviso il flusso d’aria) che praticamente si misura come:
Raw = (Ppi - Ppl) / Q
dove per Raw si intendono le resistenze misurate all’ingresso delle vie aeree, per Ppi si intende la pressione di picco, per Ppl si intende la pressione di plateau e per Q si intende il flusso d’aria (misurato in l/min o l/sec).

COSTANTE DI TEMPO:
Differenti compliance e resistenze possono esistere in ogni parte del polmone, dato che per morfologia, patologia ed altri motivi ogni alveolo può avere determinate caratteristiche (si misura quindi il polmone “in toto” anche se ogni unità ventilatoria è differente dall’altra). Se l’unità alveolare presenta bassa compliance tenderà ad avere una piccola crescita con la stessa differenza di pressione (PCV), oppure elevate pressioni di picco per lo stesso volume (VCV). Se l’unità alveolare presenta elevata resistenza tenderà a richiedere più tempo per riempirsi, con differenze di pressione notevoli e/o riduzione del flusso d’aria.

Si parla di costante di tempo come il prodotto della resistenza per la compliance, che viene espressa in secondi; all’interno di una costante di tempo si ha il ricambio del 63% del gas, in due costanti di tempo 86.5%, in tre costanti di tempo 98.2% ed in quattro costanti di tempo il 99.3%. Esistono quindi unità alveolari rapide (se presentano bassa compliance e basse resistenze) in grado di avere basse costanti di tempo e poter rapidamente modificare gli scambi gassosi ed unità alveolari lente (se presentano elevata compliance e/o elevate resistenze) che hanno costanti di tempo elevate. La costante di tempo è fondamentale perché permette di settare adeguatamente il ventilatore in termini di temporalità di ventilazione (il tempo espiratorio non deve essere inferiore a 3 volte la costante di tempo).




REFERENCES:
1.



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