L’avanzamento nel campo della nutrizione clinica è in continuo miglioramento e l’intensivista deve essere in grado di prendersi cura di ogni paziente attualmente e/o potenzialmente affetto da deficit nutrizionali, da malattie critiche e/o da patologie gastro-intestinali che richiedono l’intervento di una nutrizione artificiale. La malnutrizione proteica severa è uno dei problemi più importanti in ICU, in parte per un incrementato catabolismo acuto, ed in parte per la presenza di condizioni croniche di malnutrizione. L’identificazione e la gestione tramite nutrizione artificiale (sia enterale che parenterale) sono fra gli elementi più importanti.
RISCHIO DI MALNUTRIZIONE:
Bisogna ricordarsi che tutti i pazienti in ICU sono a rischio di malnutrizione, soprattutto i pazienti con degenza oltre 3 giorni e pazienti con ventilazione meccanica. Una malnutrizione porta ad aumento della mortalità, durata della ventilazione, degenza in ICU e degenza ospedaliera. Il Nutrition Risk Score (NRS) è un punteggio che viene utilizzato per valutare il rischio che un paziente ospedalizzato sia a rischio di malnutrizione (non è nato per le ICU). Se si ha un punteggio uguale o superiore a 3 il paziente è a rischio di malnutrizione; gli elementi sono:
-status nutrizionale attuale (0-3)
-presenza di un calo ponderale in 3 mesi;
-riduzione dell’appetito negli ultimi 7 giorni;
-BMI inferiore a 20.5 Kg/mq;
-età superiore a 70 anni (+1)
-severità della malattia acuta(0-3)
Inoltre, se un paziente presenta un APACHE II score all’ingresso in ICU superiore a 10 punti, il paziente viene considerato ad alto rischio di malnutrizione. Se si applicano tali criteri, quasi tutti i pazienti che sono ricoverati in urgenza in ICU presentano le caratteristiche per essere a rischio di malnutrizione.
Per quello che concerne le alterazioni metaboliche che si hanno in ICU, la risposta metabolica al danno acuto o alla sepsi è teoricamente caratterizzata da una fase acuta chiamata “fase di ebb” seguita entro 24 ore da una fase florida ad alta gittata; le caratteristiche metaboliche sono un aumento del metabolismo di grado moderato-severo, un incremento della gluconeogenesi con resistenza insulinica, un incremento della lipogenolisi endogena ed una perdita netta della massa corporea. Le citochine agiscono sinergisticamente con gli ormoni dello stress mediando molte delle alterazioni metaboliche che si identificano dopo un danno, un trama o durante la sepsi. Gli elementi chiave sono le citochine, i mediatori lipidici, gli oppiodi ed i neuromediatori, il complemento ed i radicali dell’ossigeno. La reazione del corpo allo stress è associata ad un incremento della temperatura, della produzione di CO2 e con un alto tasso di turnover richiedente un incremento nelle richieste generali di energia. L’entità della spesa energetica è direttamente proporzionale alla estensione e tipologia di danno: una infezione localizzata ha pochi effetti sulla spesa energetica generale (5-15%), mentre in ICU si può arrivare ad oltre il 20-30%. Ovviamente il fabbisogno energetico di ogni paziente non rimane costante durante tutta la degenza in ICU, ma varia con il variare delle condizioni cliniche; la febbre porta ad un incremento del 10% del fabbisogno energetico per ogni 1°C di temperatura aggiunta, mentre la sedazione profonda (con/senza paralisi) può controbilanciare il l’eccessivo aumento del metabolismo.
E’ importante ricordarsi che il digiuno a livello gastroenterico ha effetti deleteri dato che porta ad una riduzione delle funzioni di barriera intestinale, alterazioni della flora locale e riduzione del funzionamento del sistema immunitario. Questi tre elementi portano ad una perdita di funzione delle tight junction, maggiore rischio di traslocazione batterica, infiammazione sistemica.
Con il digiuno inoltre viene alterato il rilascio di alcuni ormoni a partenza gastro-intestinale come il PYY (il cui effetto è quello di rallentare lo svuotamento gastrico, soprattutto in caso di digiuno) e la Ghrelin che stimola l’effetto dell’appetito e se aumentato rallenta anch’essa lo svuotamento gastrico. E’ importante ricordarsi che si ha un aumento della resistenza periferica all’insulina; è stato dimostrato che la somministrazione di glucosio IV nei primi giorni di ICU non porta alla soppressione della produzione endogena di glucosio, con un rischio di caloric overload.
Il razionale della nutrizione é che con il progredire delle evoluzioni in tecniche e scientifiche in ICU si assiste ad un aumento della sopravvivenza dei pazienti, con gestione a lungo termine delle patologie richiedenti pertanto un adeguato apporto nutrizionale. Se nella prima fase è fondamentale dare priorità allo status cardiovascolare, respiratorio e neurologico (prime 24-48 ore) ed il paziente sopravvive, si deve poi impostare un supporto nutrizionale adeguato, anche con lo scopo di evitare un MOF, dato che segue un’importante fase catabolica che porta alla deplezione delle sostanze intracellulari (si può avere perdita di azoto di oltre 20 g al giorno, che rappresentano circa 600 g di muscoli).
VALUTAZIONE TEORICA DELLO STATUS NUTRIZIONALE:
In ICU i due elementi fondamentali sono quelli di detettare i segni carenziali (o i pazienti a rischio) e monitorizzare e modificare il supporto nutrizionale in relazione ai bisogni del paziente. Non esiste un marker ideale per lo status nutrizionale, ma bisogna mettere assieme più elementi.
- Valutazione clinica: il peso è un elemento importante e sicuramente un confronto fra il IBW (Ideal Body Weight), il peso attuale ed il BMI sono importanti; ma poter interpretare le variazioni di peso in confronto allo status nutrizionale appare estremamente difficile. E’ importante identificare segni di deficit nutritivo come edemi, cachessia, atrofia muscolare e lesioni mucose (glossiti, aftosi, ecc…) così come i fattori di rischio quali storia di iponutrizione, alcolismo, perdita recente di peso corporeo, diarrea cronica, abuso, ecc…).
- Markers biologici: esistono diverse sostanze che sono utilizzate in Medicina Interna come markers di malnutrizione; purtroppo in ICU le concentrazioni intravascolari riflettono un equilibrio fra sintesi epatica, distribuzione e degradazione, tre elementi che appaiono spesso contemporaneamente alterati, per cui di difficile interpretazione. L’albumina spesso correla con una prognosi scarsa nei pazienti ospedalizzati, ma è un marker debole nella fase acuta, avendo una lunga emivita (20 giorni); la transferrina, la transtiretina e la fibronectina sono molto sensibili e cambiano rapidamente (7 giorni, 2 giorni e 4 ore rispettivamente) ma i valori sierici cambiano anche in base alla fase acuta, alla permeabilità capillare e la risposta infiammatoria.
- Indici nutrizionali: sono valori numerici che prendono in considerazione numerosi parametri, in grado di dare un indice di rischio attuale per la malnutrizione, ma non sempre sono applicabili in ICU. Due esempi sono il Nutrizional Index e l’Instant Nutritional Assessment and Prognostic Inflammatory index.
- Bioimpedenziometria: le analisi bioimpedenzometriche sono utilizzate come metodo in grado di valutare la composizione corporea, ma in ICU il loro utilizzo è limitato, sia per la rapidità con cui certe sostanze cambiano (elettroliti, fluidi, ecc…), sia per i rapidi cambiamenti della severità della patologia.
- Bilancio dell’azoto: nel paziente in ICU la maggiore perdita non urinaria avviene tramite l’intestino, ustioni severe, RRT e/o dai drenaggi addominali; il bilancio azotato diviene negativo (da -5 a -30 g die) riflettendo l’importante catabolismo proteico. Il bilancio azotato si calcola come differenza fra l’intake di azoto e la parte espulsa secondo l’equazione seguente (N sta per azoto): N balance = [protein intake (g)/day/6.25] - [urinary nitrogen (g die) + skin/stool losses] dove le perdite cutanee/fecali sono di circa 2-4 g die mentre la perdita di azoto urinaria può essere registrata nelle urine per 24 ore (oppure tramite campionamento per almeno 4 ore). L’equivalenza fra urea in mmol/l e g avviene tramite due parametri: urea (g) = urea (mmol)/20.36 e poi tramite il fatto che 6.25 grammi di proteine contengono 1 g di azoto.
- Elettroliti: durante le fasi di malnutrizione e le fasi acute di malattia si hanno modifiche in quello che riguarda l’omeostasi dei diversi elettroliti, sia tramite una ipernatremia con bilanci idrici positivi, sia per deficit di fosfati, magnesio e potassio, anche se inizialmente questi elementi appaiono normali nel sangue.
- Elementi tracce: le sostanze “tracce” come vitamine, ormoni ed enzimi riflettono poco la loro concentrazione intracellulare; la determinazione di questi parametri è utilizzata solamente con scopi di ricerca o per confermare ipotesi diagnostiche.
VALUTAZIONE PRATICA DELLO STATUS NUTRIZIONALE:
Secondo alcuni studi di Jolliet nel 1999 un approccio pratico per detettare episodi carenziali in ICU deve prendere in considerazioni parametri anamnestici, clinici e biologici. Per la valutazione anamnestica si prendono in considerazione la presenza di patologie croniche e dei rischi conseguenti di malnutrizione, la presenza di iponutrizione, d’abuso di sostanze o d’alcolismo e la presenza delle patologie associate ad un ipermetabolismo (come la sepsi o la BPCO). Per la valutazione clinica si prendono in considerazione segni clinici di malnutrizione (cachessia, atrofia muscolare, edema), recenti cali ponderali severi (considerati tali quando superano il 5% dei peso usuale) ed un BMI inferiore a 18.5 Kg/mq. Infine per la valutazione biologica si può prendere in considerazione la presenza di ipoalbuminemia (inferiore a 35 g/l), degli elettroliti plasmatici ed un bilancio azotato negativo.
Esistono diverse tecniche per valutare il bisogno energetico, ma tutte queste non sono state ritenute valide in ICU; il concetto è quello di poter valutare quante energie spende il corpo nella fase acuta per poi determinare le richieste minime. La formula più utilizzata è quella di Harris-Benedict:
Uomo: EE (kcal die) = 66 + (13.7 * weight) + (5*height) - (6.8*age)
Donna: EE (kcal die) = 65 + (9.6*weight) + (1.7*height) - (4.7*age)
Per i pazienti attaccati al respiratore è stata ritenuta più valida la seguente equazione di Faisy, dove MV sta per ventilazione minuto e BT per temperatura corporea (in °C), con l’equivalenta di 1 kcal = 4.184 kJ:
EE (kJ die) = 8 * weight + 15*height + 32*MV + 94*BT - 4834
Nella realtà pratica in ICU non è sempre possibile utilizzare il peso del paziente come marker valido ed in ICU l’equazione di Harris-Benedict non è stata completamente validata; generalmente si utilizza una valutazione base di circa 25-35 kcal/Kg die per femmine/maschi rispettivamente, dove si aggiunge un 10% per ogni °C oltre 37°C, mentre per quello che riguarda gli altri bilanci il bilancio proteico non deve andare oltre 1.2-1.5 g/Kg die, il bilancio glicidico deve essere inferiore a 6 g/Kg die ed il bilancio lipidico totale (comprendendo i lipidi delle sacche di nutrizione ed il propofol o altri medicamenti ricchi di lipidi) deve essere fra 0.5-2 g/Kg die. Quando si somministrano nutrizioni per via enterale la richiesta di carboidrati non deve superare il 50-55% del fabbisogno quotidiano ed i lipidi non oltre il 30-35%.
Per quello che riguarda i micronutrienti (vitamine ed elementi tracce) che sono elementi fondamentali nel funzionamento enzimatico di certe reazioni, alcuni di essi hanno anche un ruolo anti-infiammatorio importante e molte patologie croniche (diarrea, ustioni estese, emodialisi, ecc…) possono portare alla loro riduzione. Per questo è importante somministrare Vitamina K (10 mg die), Vitamina B1 [Benerva], Vitamina B6 (100 mg die) [Becozym], Vitamina B12 [Benexol B12], le Vitamine A, C, E, le soluzioni standard di elementi tracce, zinco (15-20 mg die) e selenio (120 mg die), questi ultimi due soprattutto in caso di emodiafiltrazione.
Per quello che concerne la vitamina B1, chiamata anche tiamina, è un componente della tiamina pirofosfati, un co-fattore essenziale nel metabolismo dei carboidrati; le riserve corporee di tiamina sono di appena 28 grammi, con un bisogno quotidiano di 3 mg die. In ICU (dove il consumo può anche essere aumentato) dopo 10 giorni di ricovero si ha già un deficit se non viene supplito dalla somministrazione esogena. Bisogna ricordarsi quattro possibili patologie da carenza di vitamina B1 quali l’encefalopatia di Wernicke, una disfunzione cardiaca (cardiopatia da beri-beri), un’importante acidosi lattica (nel beri-beri) e la neuropatia periferica. In particolare si deve stare attenti alla somministrazione di glucosio a pazienti severamente malnutriti e/o con alcolismo cronico.
CALORIMETRIA INDIRETTA:
L’equazione di Harris-Benedict tiene conto solamente del bilancio energetico basale (BEE), senza previsione nelle modificazioni del peso corporeo (obesità, edema); è pertanto una valutazione grossolana. Bisogna tenere conto dell’effetto termico dovuto all’apporto di cibo, per cui generalmente si moltiplica il BEE per un fattore di 1.2 per ottenere il consumo energetico a riposo (REE), che rappresenta il consumo energetico del metabolismo basale in condizioni di riposo, ma non di digiuno.
Esistono ulteriori adattamenti del REE, quali la febbre, dove il BEE viene moltiplicato per 1.1 per ogni °C oltre la normale temperatura, lo stress lieve (BEE * 1.2), lo stress moderato (BEE * 1.4) e lo stress severo (BEE * 1.6). In caso di malattia severa (come in ICU) o di gravi obesi, gravi malnutriti i calcoli possono variare in maniera notevole e spesso imprevedibile; diversi studi hanno messo a confronto il consumo energetico calcolato e misurato ed hanno mostrato variabilità fra il 20-60%. Dato che è impossibile misurare la produzione del calore metabolico nella pratica clinica, il consumo energetico metabolico viene misurato indirettamente tramite la misurazione di VO2 e VCO2 dell’intero organismo; tale tecnica prende il nome di calorimetria indiretta.
REE (kcal die) = [(3.9 * VO2) + (1.1 * VCO2) - 61] * 1440
La metodica si esegue con strumenti specializzati (chiamati carrelli metabolici) che misurano lo scambio di O2 e CO2 al letto del paziente per circa 15-30 minuti; da qua poi si estrapola il calcolo su 24 ore tramite una formula analoga a quella proposta sopra. In casi severi bisogna tenere conto che il consumo energetico totale (TEE) può essere maggiore del REE fino al 40%. I limiti sono che i carrelli metabolici sono abbastanza costosi e richiedono che il personale conosca il funzionamento della macchina; inoltre se il paziente necessita di una FiO2 superiore al 50% la misurazione appare poco attendibile. Per questo spesso viene utilizzata la formula di Harris-Benedict, mentre la calorimetria indiretta viene riservata solamente a situazioni particolari.
INDICAZIONI ALLA NUTRIZIONE:
Diversi trials clinici e l’esperienza pratica hanno permesso di identificare quali tipologie di pazienti beneficino di un trattamento con la nutrizione enterale; anche l’AGA (America Gastroenterology Association) ha stilato delle linee guida sull’utilizzo della nutrizione artificiale (http://www.gastro.org/wmspage.cfm?parm1=4453). Attualmente sono tre le categorie di pazienti che ne beneficiano:
- Deprivazione nutrizionale preesistente: sono pazienti i cui criteri clinici e di laboratorio dimostrano la presenza di uno stato di malnutrizione, condizione che spesso si riscontra in pazienti ospedalizzati e/o malnutriti anche per cause iatrogene. Per l’identificazione di tali pazienti esistono diversi formulari di screening che valutano i recenti cali ponderali, le alterazioni dietetiche, la presenza di sintomi gastro-intestinali, la capacità funzionale dell’individuo, la presenza di patologie peculiari e la forma fisica, dando un punteggio (A, B, C) che identifica i pazienti a rischio ed i pazienti chiaramente malnutriti.
- Intake inadeguato di cibo per os: un organismo può far fronte ad un intake inadeguato di nutrienti forniti tramite la dieta, intervenendo sulle riserve di glicogeno, incrementando la lipolisi periferica e l’ossidazione degli aminoacidi dai depositi muscolari. Per persone sane si può tollerare un digiuno continuo di massimo 7-14 giorni prima di un intervento medico esterno, condizione che si riduce a 3-7 giorni nei bambini, per una minore scorta di nutrienti. L’intake inadeguato può essere assoluto o relativo: é difatti altrettanto importante identificare le situazioni di stress catabolico (sia acute che croniche) che possono ridurre il tempo di digiuno prolungato tollerato per ogni paziente.
- Patologie multiorgano: in questa categoria di pazienti sono compresi i pazienti che presentano anomalie gastroenteriche medico/chirurgiche e/o patologie di una certa severità a livello renale, epatico, cardiaco, polmonare e/o ematologico (compresi i trapiantati di midollo) che possono precludere un intake adeguato di nutrienti per via enterale. Bisogna ricordarsi che pazienti sottoposti alla chemioterapia e/o alla radioterapia bisognerebbe NON trattarli con nutrizione parenterale in maniera standard per il maggiore rischio di trombosi e/o infezioni di catetere.
La nutrizione artificiale (entrale/parenterale) è riservata ai pazienti che non devono, non possono e/o non vogliono alimentarsi. Con la nutrizione entrale si somministrano al paziente miscele polimeriche standard (con acidi grassi, vitamine, oligoelementi, glucidi, ecc…), con un equivalente calorico di 1 kcal/ml. Dette le indicazioni generali per l’uso della nutrizione artificiale (vedi sopra), le indicazioni evidence-based sono indicazioni spesso basati su studi multicentrici randomizzati su un grosso numero di pazienti e con evidenze scientifiche, come: a) in pazienti ben nutriti in cui l’intake orale si prevede non possa coprire le energie utilizzate per i tre giorni successivi alla ammissione in ICU (compresi pazienti a digiuno e/o con diete leggere), b) in pazienti malnutriti incapaci di coprire il proprio fabbisogno energetico tramite assunzione orale di cibo. Le Indicazioni pragmatiche sono indicazioni basate su indicazioni di esperti e non ancora supportate da studi in grado di garantirne l’evidenza scientifica, come per
- a) pazienti severamente stressati incapaci di mangiare per 5-7 giorni;
- b) pazienti con politrauma ed ustioni estese;
- c) pazienti con resezione intestinale;
- d) pazienti con blocco dell’attività gastrointestinale;
La nutrizione enterale come abbiamo detto favorisce l’integrità dei villi intestinali e la loro funzione, riducendo l’iperpermeabilità intestinale, mantenendo intatta la morfologia e la funzione dei GALT e MALT, promuovendo la motilità intestinale e riducendo la traslocazione batterica con minor rischio di complicanze infettive. La nutrizione parenterale (NPT) è facile da eseguire nelle prime fasi di malattia, permette di somministrare tutti gli elementi nutrizionali necessari ed evita il rischio di broncoaspirazioni e/o problematiche gastroenteriche (come in caso di occlusioni, ischemie intestinali, fistole enteriche ad alta portata, ecc…). Nonostante studi animali indichino una associazione fra l’atrofia mucosale ed il rischio di un aumento della permeabilità intestinale con il rischio di traslocazione, attualmente non esistono prove umane che questo sia clinicamente rilevante.
CONTROINDICAZIONI:
Per quello che concerne la nutrizione enterale, le controindicazioni possono essere assolute come un adeguato intake orale (80% del target energetico), un intestino non funzionante (in caso di ostruzione, ischemia intestinale, necrosi), in caso di peritonite generalizzata o di shock settico severo. La sola vera controindicazione alla nutrizione artificiale (sia per via enterale che parenterale) rimane uno shock non controllato. Fra le controindicazioni relative si ha un digiuno previsto inferiore a 5 giorni (tranne per le situazioni severe), una diarrea protratta, peritonite localizzata, ascessi intra-addominali, coma con rischio di broncoaspirazione, intestino molto breve (inferiore a 70 cm), presenza di gravi anomalie elettrolitiche, malattia terminale o di delirium.
Per quello che riguarda la nutrizione parenterale, le controindicazioni possono essere assolute come un adeguato intake orale, una nutrizione enterale fattibile ed in grado di coprire oltre il 60% del target energetico, uno stato di shock severo non controllato (che rappresenta l’unica vera controindicazione). Per le controindicazioni relative si annoverano l’assenza di CVC per le formulazioni dense, un elevato rischio di scompenso (cardiaco, renale, epatico), l’incompatibilità con i farmaci IV e la presenza di agitazione, delirium o confusione.
VIE DI SOMMINISTRAZIONE:
Diversi studi hanno confermato il detto “se l’intestino funziona, usalo!”; la via enterale è difatti la via di somministrazione principale per i nutrienti; numerosi studi hanno dimostrato che la nutrizione enterale é in grado di mantenere il trofismo dell’epitelio intestinale, migliorare l’immunità mucosale e ridurre il rischio di traslocazione batterica, rappresentando inoltre la via di somministrazione di cibo più economica, per cui viene sempre preferita nel caso di nutrizione artificiale. Se possibile si utilizzano sonde naso-gastriche di tipo Freka, di piccole dimensioni (6-12 Fr) dato che sono più tollerate, più comode, in grado di generare meno traumi naso-faringei; il posizionamento “a priori” è variabile in base alla sede gastrica (90 cm), duodenale (110 cm) o digiunale (120 cm), ma per il corretto posizionamento generalmente si utilizza la radiografia, dato che le sonde sono radiopache e possono essere facilmente identificate.
Le formule enterali si somministrano PO, tramite sondino (naso-gastrico, naso-duodenale, naso-digiunale) oppure tramite stomie (gastrostomie, digiunostomie), sapendo che la somministrazione di formulazioni adatte allo stomaco sono le formulazioni più naturali, le meno costose e le più facili da somministrare. E’ fondamentale determinare la tipologia di formula artificiale che si va a somministrare al paziente, tendendo conto dell’età del soggetto, la funzione del tratto gastro-enterico (compresa la disaccaridasi) e lo status proteico. Esistono in commercio diverse formule polimeriche iso-osmotiche (circa 300 mOsm/Kg) che contengono soluzioni di circa 1.0-1.5 kcal/ml, di cui il 45-60% sono carboidrati, 20-35% lipidi e 15-20% proteine; sono prive di glutine e lattosio. Generalmente sono parzialmente digerite, nel senso che la somministrazione gastrica permette un’ulteriore digestione tramite gli enzimi gastrici (ed inoltre stimolano il funzionamento della mucosa gastrica), ma esistono nutrizioni entrali con semi-elementi che possono essere somministrati a pazienti con problemi di malassorbimento. Esistono anche soluzioni anti-infiammatorie con arginina, glutamina, omega-3, nucleotidi (Oxepa®) che vengono utilizzati in caso di ARDS. Le soluzioni sono da 500 ml e permettono di essere utilizzate comodamente, riducendo l’entità della nutrizione da eliminare in caso di intolleranza e riducendo il rischio di infezioni batteriche. Generalmente si parte a bassa dose (10-40 ml/h) per poi incrementare fino ad un totale di 1.000-1.200 ml die (che possono arrivare a coprire circa 1.850 kcal die). A velocità eccessive si può avere rigurgito, aspirazione, diarrea ed ischemia intestinale. La somministrazione precoce della NE si è dimostrata in grado di ridurre la mortalità, la morbidità e di ridurre la lunghezza della degenza ed i costi; la NE si è quindi dimostrata superiore alla NPT soprattutto in caso di politraumi e chirurgia gastro-enterica. Una nutrizione aggressiva con calorie oltre il 40% del necessario si è dimostrata pericolosa, con un aumento della mortalità legato ad eccesso di lipidi e steatosi epatica; è sempre preferibile la nutrizione enterale che quella parenterale, ma nel caso quella enterale non sia sufficiente è importante integrarla con la nutrizione parenterale; per i pazienti ustionati è importante un elevato apporto proteico (1-2 g/Kg die).
Le formule parenterali invece hanno una composizione che si basa sulla tolleranza del paziente al glusosio (per i pazienti diabetici o con intolleranza glucidica le formulazioni sono differenti, ecc….), agli aminoacidi (i pazienti con patologie epatiche e/o renali possono tollerare male un eccessivo carico proteico) e agli grassi (patologie critiche e/o sepsi portano ad ipertrigliceridemia, per cui si può preferire una nutrizione con pochi grassi aggiunti); gli elettroliti, minerali, gli elementi in tracce e le vitamine vengono generalmente aggiunti alla soluzione parenterale. Generalmente esistono due possibili sedi di infusione parenterale: centrale e periferico; i Cateteri centrali vengono chiamati tali quando la punta del catetere viene a localizzarsi a livello della vena cava superiore, della vena cava inferiore o dell’atrio destro, offrendo il vantaggio di permettere la somministrazione di soluzioni ipertoniche all’interno del lume superiore a 900 mOsm/l (che non danneggiano la vena dato l’alto flusso di sangue che porta ad una rapida diluizione del contenuto); tutti gli altri cateteri posizionati in altre sedi vengono chiamati periferici e non permettono alti flusso ed ipertonicità di soluto per il rischio elevato di tromboflebiti e/o rotture di parete.
Per quello che concerne i nutrienti, l’azoto viene somministrato tramite aminoacidi misti (mentre non vi sono evidenze che la somministrazione di aminoacidi ramificati sia migliore); appare importante rispettare i limiti di nutrizione giornaliera impostati. Un esempio sono i lipidi che fino a 0.5-1 g/Kg die possono essere somministrati, ma che se superano 2 g/Kg die possono generare danni epatici e tissutali. In caso di alte dosi di propofol (miscela di lipidi) si evita la loro somministrazione IV nella parenterale. Sembra inoltre che i macrofagi alveolari vengano attivati dai lipidi, il che spiegherebbe episodi di desaturazione durante la somministrazione intermittente di lipidi. Generalmente si preferisce una infusione a dosi più basse ma costante; rimane ancora aperta la controversia su un possibile effetto immunomodulatore dei lipidi nelle fasi acute (effetto 10-100 volte meno importante sull’attivazione dei trombociti). Esistono diverse sacche di nutrizione parenterale chiamate ternarie o binarie; le prime contengono proteine, carboidrati e lipidi (separati ma emulsionabili), mentre le seconde non hanno i lipidi. Entrambe posseggono vitamine, elettroliti e sono consigliate data la loro buona tolleranza metabolica.
AMMINOACIDI ED IMMUNONUTRIZIONE:
Gli aminoacidi Glutamina ed Arginina sono generalmente considerati come aminoacidi non essenziali, dato che il corpo è in grado di produrli mediante meccanismi biochimici secondari; sotto particolari condizioni cliniche tali aminoacidi divengono “condizionatamente esseziali”, in quando il corpo non è in grado di produrli. Si pensa che abbiano anche una azione “immuno-modulatrice” dato che riducono drasticamente il rischio e la durata delle infezioni, anche se non tutti i meccanismi sono stati completamente compresi.
La glutamina è fondamentale in caso di traumi/ustioni, dove in due studi si è dimostrata efficace nel ridurre il tasso di infezione ematica (di circa 3 volte rispetto allo standard), il rischio di sepsi, di batteriemia e di polmoniti. E’ richiesta anche in caso di trapianto di midollo osseo, dove si è dimostrata efficace nel ridurre il rischio di infezioni, di mucositi e la durata della degenza ospedaliera; si è dimostrata necessaria anche nei nati prematuri. L’arginina invece è un aminoacido importante nel metabolismo dell’ammonio e nella generazione dell’Ossido Nitrico; si è dimostrata efficace nel migliorare la guarigione delle ferite e delle fratture, facilitando la produzione delle proteine di fase acuta in caso di sepsi.
L’alluminio somministrato per via parenterale può accumularsi e provocare tossicità in pazienti suscettibili (insufficienza renale, deficit marziale, anziani/gravide); nonostante sia stato drasticamente ridotto negli ultimi 30 anni, alcune formulazioni come il Calcio gluconato ed i sali di fosfato contengono quantità significative di alluminio. I sintomi sono alterazioni mentali, dolori ossei, osteoporosi e fratture. Le dosi standard parenterali (calcolati su pazienti oltre i 50 Kg) devono essere inferiori a 4-5 ug/Kg die, spesso difficile da valutare in quanto quantità piccole ma evidenti si trovano anche in altri preparati, come albumina, eparina, ranitidina ed insulina.
PROFILASSI ULCERE DA STRESS:
A partire dagli anni 80 è divenuto sempre più evidente come la ventilazione meccanica sia associata ad un rischio di ultore gastriche da stress (si veda il capitolo dedicato, Capitolo 4.3.1) e come questo fattore rappresenti un indicatore di qualità della cura del paziente ventilato meccanicamente. E' però vero che la soppressione continua e costante dell'acidità gastrica porta ad una maggiore colonizzazione da parte di patogeni che possono aumentare i casi di HAP/VAP e le diarree da C. difficile. È da ricordare che i maggiori rischi di ulcere da stress in ICU si sono dimostrati essere la ventilazione meccanica oltre 48 ore e la presenza di coagulopatia (situazioni che pertanto richiedono la profilassi gastrica); altri fattori sono le ustioni, i politraumi, l'insufficienza renale e l'insufficienza epatica (il diabete mellito non è stato riconosciuto come fattore di rischio). Recenti evidenze mostrano come una nutrizione enterale precoce si associ ad un basso tasso di ulcere da stress (1%), facendo supporto che il paziente nutrito venga esposto ad un rischio minore di tali ulcere. Sono stati pertanto analizzati 17 studi randomizzati (oltre 1836 pazienti) da Medicine Intensive miste.
Se ne evince che la profilassi delle ulcere da stress (con inibitori H2 o PPI) non riduce il rischio di sanguinamento gastroenterico nei pazienti nutriti per via enterale e che l'assunzione di inibitori H2 possa aumentare il rischio di HAP e la mortalità. La nutrizione enterale migliora il flusso ematico e l'immunità dell'intestino, probabilmente riducendo l'entità delle ulcere da stress a livello gastrico (forse per stimolo vagale). L'utilizzo di altri soppressori acidi (PPI o sucralfato) non mostra una differenza nell'incidenza di sanguinamenti.
Al momento il trattamento preventivo con PPI in caso di pazienti ventilati meccanicamente entra a far parte del setting care (assieme al posizionamento del paziente, al weaning ventilatorio, alla prevenzione della TVP ed all'igiene orale con Chlorexidine). E' verò che tali linee guida sono basate su standard prima degli anni '90. Il sucralfato forma una barriera protettiva sulla superficie dello stomaco riducendo l'esposizione all'acidità gastrica, ma non ha effetto sul pH gastrico; i PPI rispetto agli inibitori anti-H2 sembrano essere più effettivi nel ridurre l'acidità gastrica, ma non si sono dimostrati superiori nel prevenire sanguinamenti clinicamente significativi.
NUTRIZIONE ENTERALE:
La nutrizione enterale è solitamente la metodologia di nutrizione artificiale preferita per la sua facilità d’uso, sicurezza ed economicità, oltre all’azione trofica svolta sulla mucosa intestinale. Generalmente il tubo gastro-enterico rappresenta il primo approccio che si utilizza nella maggior parte dei pazienti (sondino oro-gastrico nei neonati per la loro respirazione nasale obbligata), che va considerato a permanenza se si superano le 4-5 settimane di utilizzo. Generalmente viene utilizzato come prima scelta nutritiva, in pazienti incapaci di mantenere un adeguato apporto nutritivo; non viene utilizzato come controindicazione assoluta in caso di ostruzione intestinale (si può usare come decongestionante), ed anche in caso di anomalie anatomiche, tumori, traumi, paziente incosciente, ecc…
NUTRIZIONE GASTRICA:
Molti pazienti tollerano bene la nutrizione gastrica, dato che lo stomaco è strutturato anatomicamente/funzionalmente per agire come organo di reservoir, propulsivo e digestivo; generalmente la tolleranza a tale nutrizione si calibra sulla base della diarrea (generalmente è la velocità di infusione, ma può anche essere la tipologia di miscela e/o il volume totale).
I vantaggi della nutrizione pre-pilorica sono fondamentalmente 3: un vantaggio fisiologico dato che la nutrizione gastrica prevede una somministrazione più fisiologica del cibo, con una migliore digestione ed una migliore attivazione di ormoni quali gastrina, pancreozimina, ecc… Il bolo gastrico mima la normale fisiologia digestiva, permettendo una regolare attivazione di meccanismi digestivi complessi. Si associa anche un vantaggio in termini di facilità dato che il posizionamento di un sondino naso-gastrico (SNG) è una procedura relativamente sicura, che richiede un training minimo e che si può eseguire al letto del paziente; in media viene tollerato per 10 giorni, per cui si utilizza in pazienti in cui si prevede un breve utilizzo. Infine si ha un vantaggio di convenienza dato che lo stomaco è in grado di agire come reservoir per il cibo, tollerando un maggior carico osmotico rispetto all’intestino; permette la somministrazione continua del cibo, anche grandi quantità, con diete che possono essere simili al cibo quotidiano frullato.
Gli svantaggi della nutrizione pre-pilorica sono soprattutto uno svuotamento gastrico ritardato per cui vanno valutati tutti i fattori che possono contribuire ad un rallentamento dello svuotamento gastrico (fattori meccanici e/o metabolici); la comparsa di nausea/vomito, pirosi, sazietà precoce, peso epigastrico possono essere segni di un rallentato svuotamento gastrico e vanno trattati con procinetici (Metoclopramide, Domperidone, Eritromicina, ecc…). Inoltre altri svantaggi da prendere in considerazione sono il reflusso e l’aspirazione dato che uno sfintere esofageo inferiore poco funzionante può divenire ancora meno competente in caso di stomaco particolarmente pieno; per prevenire tutto questo si deve posizionare la testa del paziente sopraelevata di 30°, ridurre il volume/velocità di flusso ed utilizzare una appropriata terapia farmacologica procinetica.
NUTRIZIONE POST-PILORICA:
Esistono alcune situazioni che comportano l’utilizzo di una nutrizione enterale post-pilorica, soprattutto polmonite ab ingestis, MRGE severa/esofagite, emesi frequente, stato post-trauma/chirurgico, ileo gastrico, ecc… I pazienti in ICU generalmente trattati con nutrizione parenterale, sempre di più utilizzano tale via, dato che si è dimostrata meno incline a complicazioni.
I vantaggi della nutrizione post-pilorica sono il minimo rischio di aspirazione, ed è il principale vantaggio di tale nutrizione, dato che permette la somministrazione di elevate quantità di calorie giornaliere, mantenendo elevati livelli di prealbumina, senza alcun rischio di aspirazione. Per quello che concerne l’ileo gastrico numerosi pazienti critici spesso mostrano una paralisi della motilità gastrica, con elevato rischio di aspirazioni; la somministrazione post-pilorica riduce tali rischio, eliminando l’espansione gastrica e permettendo una migliore cinetica di escursione diaframmatica, quindi di ventilazione polmonare. Infine in merito a forme severe di pancreatite acuta, se la nutrizione avviene a livello digiunale, si riduce drasticamente la stimolazione esocrina del pancreas; diverse evidenze hanno dimostrato che tale via di somministrazione riduce notevolmente il tasso di complicanze legate alla nutrizione parenterale ed alla pancreatite.
Allo stesso tempo gli svantaggi della nutrizione post-pilorica sono la difficoltà di posizionamento della sonda (che rappresenta la difficoltà principale), dato che il tubo è facilmente prono a dislocarsi; si utilizza un sondino con un peso legato all’estremità, così da essere “catturato” dalla peristalsi e posizionato nel punto richiesto (generalmente dopo il legamento del Treitz) a volte anche con il supporto dei farmaci procinetici, oppure sempre più frequentemente viene utilizzata una metodica endoscopica per superare la barriera pilorica. L’occlusione del sondino é un’altra possibile complicanza: il sondino generalmente è più piccolo di quello gastrico, e facilmente può andare incontro ad occlusione; in tal caso è utile disostruirlo immediatamente (le pompe di infusione attuali segnalano immediatamente tramite suoni una occlusione) tramite infusione di minime dosi di Coca-Cola, che si è dimostrata efficace nello sciogliere l’occlusione. La perforazione intestinale è infrequente ed in progressiva riduzione, grazie all’utilizzo di sonde con materiali più flessibili; oltre alla perforazione, in alcuni casi si sono riscontrate delle fistole, ma sempre in percentuali minime di paienti. La dumping syndrome è legata alla infusione rapida digiunale dell’infusione (oppure al rapido svuotamento gastrico): il paziente presenta sintomi di malessere generale, palpitazioni, sudorazione, spesso accompagnati da tachicardia, pallore, ipoglicemia compensatoria e diarrea. E’ una condizione che richiede un rallentamento della velocità di infusione e l’aggiunta di carboidrati complessi, che rallentano il rapido assorbimento di zuccheri.
NUTRIZIONE ENTERALE A LUNGO TERMINE:
Esistono situazioni cliniche in cui la nutrizione enterale (pre/post-pilorica) deve essere applicata e mantenuta a lungo termine (oltre 4-5 settimane), situazione in cui si preferisce applicare una stomia percutanea che arrivi direttamente nella sede di infusione, piuttosto che lasciare una sonda a decorso lungo (e con notevoli rischi) per parecchio tempo. Generalmente si può utilizzare un approccio chirurgico oppure percutaneo (PEG Percutaneous Endoscopic Gastrostomy) che, dopo aver ancorato la parete del viscere alla parete addominale, permette l’introduzione a permanenza di una sonda (ancorata internamente grazie ad un palloncino a pressione, esternamente mediante punti chirurgici) grazie ad un doppio approccio (mini-invasivo ed endoscopico). Nel caso in cui la nutrizione gastrica non sia tollerata e/o ci siano numerose controindicazioni (similmente alla somministrazione per via nasale), si può spingere il tubo della gastrostomia fino al digiuno (PEG-J), oppure eseguire direttamente una digiunostomia (PEJ) che si dimostra più efficace e tollerata a lungo termine rispetto alla PEG-J.
COMPLICANZE NUTRIZIONE ENTERALE:
Il controllo ed il monitoraggio delle complicanze alla nutrizione artificiale è mandatorio nei pazienti in ICU, dato che disordini metabolici e nutrizionali sono frequenti e possono modificare l’outcome del paziente.
- Complicanze meccaniche: i controlli radiologici per il corretto posizionamento della sonda dovrebbero essere eseguiti di routine per tutte le sonde di piccole dimensioni (6-8 Fr) ed eventualmente ripetute ogni settimana, soprattutto nei pazienti comatosi. E’ importante ricordarsi che possono capitare complicanze serie se si ha un malposizionamento della sonda, condizione in parte ridotta se la testa viene posizionata a 30-45° sulla sponda del letto. Per quello che concerne la sonda naso-gastrica si può avere rimozione accidentale o deposizionamento, angolature e ostruzioni, emorragie, perforazioni o ulcere da decubito. Per quello che riguarda la stomia si può avere un’infezione o decubito della cute, la comparsa di peritoniti precoci o ostruzioni meccaniche.
- Complicanze metaboliche: si parla di Sindrome da Rialimentazione (refeeding syndrome), soprattutto per nutrizione aggressiva in pazienti a lungo digiuni/malnutriti; a seguito della riesposizione a sostanze nutritive le cellule riassumono le molecole di cui erano carenti, comportando modifiche ulteriori e spesso impreviste nelle sostanze che si misurano nel sangue (soprattutto fosfati, Na, K, Mg, Ca, ecc…). I rischi sono soprattutto lo scompenso cardiaco, la comparsa di edema periferico, lo sviluppo di convulsioni, importanti alterazioni glicemiche che possono anche portare al coma.
- Complicanze gastrointestinali: quando si somministra la nutrizione enterale si deve misurare il residuo gastrico che, se oltre 500 ml, richiede una riduzione della velocità di infusione per circa 1-4 ore, con somministrazione di procinetici. In caso di eccessiva velocità si può avere crampi, diarrea e dolore addominale (soprattutto se le soluzioni sono fredde). In caso di somministrazione di antibiotici il paziente è a rischio di colite da C. difficile, che deve entrare nella diagnosi differenziale delle diarree.
NUTRIZIONE PARENTERALE:
Per nutrizione parenterale si intende una tipologia di nutrizione artificiale che prevede la somministrazione di sostanze energetiche fornite per via venosa, senza l’azione del tubo gastro-enterico. E’ una nutrizione efficace, ma che va interrotta non appena il paziente può iniziare ad utilizzare il tubo gastro-enterico (soprattutto l’intestino) per tutti gli effetti benefici indicati precedentemente. I componenti della nutrizione parenterale totale generalmente si compongono di una miscela omogenea di macronutrienti (acqua, proteine, destrosio e lipidi) e micronutrienti (elettroliti, elementi tracce e vitamine) che permettono di soddisfare le esigenze nutritive del paziente. Generalmente si utilizza l’accesso venoso centrale in 24 ore e/o a cicli ogni 12/24 ore, soprattutto all’inizio/fine di ogni terapia, per evitare iper/ipoglicemia.
DOSAGGIO FARMACOLOGICO (ADULTI):
Le calorie totali che vanno somministrare al paziente vengono calcolate secondo l’equazione di Harris-Benedict (BEE), sapendo che si devono aggiungere due fattori semi-quantitativi chiamati activity factor (1.2 sedentario, 1.3 normale, 1.4 attivo, 1.5 molto attivo) e stress factor (1.5 in caso di traumi, stress estremi, pazienti chirurgici e pazienti sottopeso, 2.0 per pazienti gravemente ustionati). Il BEE viene calcolato come segue:
Femmine: 655,1 + [(9,56 * weight) + (1,85 * height) – (4,68 * age)]
Maschi: 66,47 + [(13,75 * weight) + (5 * height) – (6,76 * age)]
Successivamente si moltiplica il BEE per l’activity factor e per lo stress factor (BEE * AF * SF) e si ottiene il dosaggio totale di calorie da somministrare giornalmente al paziente. Può anche essere misurato il quantitativo sulla base del livello di stress (stress level), che stratifica il paziente in tre sottocategorie, sapendo che le donne gravide al II-III trimestre richiedono 300 kcal die in aggiunta. Quando lo stress é nei limiti o di grado lieve si somministrano 20-25 kcal/Kg die; quando lo stress é moderato si somministrano 25-30 kcal/Kg die, mentre quando lo stress é severo si può arrivare a 30-40 kcal/Kg die.
Per quello che concerne gli altri elementi, per i fluidi si somministrano attorno ai 30-40 ml/Kg die (comprendendo fra i fluidi anche la quota idrica della nutrizione); i carboidrati vanno somministrati a dosi di 5 g/Kg die (o 3.5 mg/Kg/min) con un apporto minimo di 100 g die. Le proteine sono prevalentemente aminoacidi e si richiede un fabbisogno giornaliero di circa 0.8-1 g/Kg die, che in base alla severità dello stress va incontro a progressivo incremento (per stress lieve 1-1:2 g/Kg die, stress moderato 1.2-1.5 g/Kg die, stress severo 1.5-2 g/Kg die), incremento che é da mantenere elevato in caso di pazienti grandi ustionati, dove l’adeguato apporto proteico si è dimostrato efficace nell’accelerare la guarigione delle ferite; le donne gravide richiedono un aggiunta di 10-14 g die di proteine. In caso di insufficienza renale acuta in pazienti ipercatabolici sono richiesti 1.5-1.8 g/Kg die; in caso di insufficienza renale cronica senza dialisi sono richiesti 0.6-0.8 g/Kg die, mentre in corso di dialisi l’apporto richiesto è maggiore (1.2-1.3 g/Kg die). Nel caso di cirrosi epatica senza encefalopatia si richiedono 1-1.5 g/Kg die, mentre in caso di encefalopatia epatica sono richiesti 0.6-1 g/Kg die; discorso a parte viene fatto per forme di encefalopatia epatica cronica di difficile controllo farmacologico, dove l’utilizzo di aminoacidi ramificati incrementa la possibilità di risposta terapeutica. Per quello che concerne i grassi, inizialmente viene richiesto un apporto pari al 20-40% delle calorie totali (con un massimo 2.5 g/Kg die), monitorando l’entità dei trigliceridi sierici, che potrebbero diventare pericolosi nel generare una pancreatite acuta se superano il livello di 400 mg/dl.
CONTROINDICAZIONI:
Le formule con lipidi sono controindicate in pazienti con ipersensibilità alle emulsioni grasse, allergie a uova/legumi, iperlipidemia patologica, nefrosi lipoidea e pancreatite con iperlipidemia. Le formule con destrosio sono controindicate in pazienti con ipersensibilità al granoturco, emorragia intracranica/intraspinale e/o sindrome da malassorbimento di glucosio/galattosio. Infine le formule con aminoacidi sono controindicate in pazienti con ipersensibilità a un aminoacido (fenilchetonuria), epatopatia severa e/o coma epatico.
Bisogna sempre porre estrema attenzione alla sindrome da ri-alimentazione, che rappresenta una urgenza medica; si verifica generalmente in pazienti con malnutrizione severa e/o prolungata e si caratterizza per la comparsa di disordini elettrolitici, distress respiratorio ed aritmie cardiache, anche fatali. Per evitare tutto ciò si deve ri-alimentare il paziente molto lentamente, senza sovraccaricare il paziente.
COMPLICANZE NUTRIZIONE PARENTERALE:
Le complicanze della nutrizione parenterale rappresentano il maggiore limite all’utilizzo di tale nutrizione, che sono sia di tipo metabolico che legate al catetere stesso.
- Sepsi da catetere: in caso di stato sub-febbrile ed in assenza di una fonte evidente di infezione o con segni chiari di infezione locale, va sospettata una sepsi a partenza dal catetere. Se si sospetta o conferma il catetere deve essere rimosso e la nutrizione parenterale momentaneamente interrotta. Bisogna sempre pensare ad una possibile infezione fungina.
- Complicanze da catetere: la posa di un CVC pone il paziente a rischio di trombosi (direttamente proporzionale alla lunghezza del caterere), perforazione vascolare, aritmia, embolia gassosa.
- Complicanze metaboliche: l’iperglicemia è frequentemente osservata nei pazienti con nutrizione parenterale, soprattutto se ricevono corticosteroidi o cefalosporine (farmaci pro-diabetogeni); si deve pertanto monitorizzare la glicemia e la chetonuria, con controllo insulinico in perfusione continua per goals fra 6.5-10 mmol/l (se sono troppo stretti aumentano il rischio di ipoglicemie con aumento della mortalità).
- Epatopatie: dopo 48 ore dall’inizio della nutrizione parenterale si può avere un rialzo delle transaminasi come danno epatocitico da parte della nutrizione parenterale (va in diagnosi differenziale con la sepsi, ischemia, ecc…); inoltre un completo digiuno può portare a colecistiti da disuso, condizione prevenibile con una nutrizione enterale a basso flusso (100-200 ml die).
- Pancreatopatie: in ICU la pancreatite è spesso secondaria a tossicità da farmaci; proprio per questo dopo la somministrazione di un nuovo farmaco, a 48 ore sarebbe importante monitorizzare il livello plasmatico di amilasi/lipasi e l’introito di trigliceridi non deve superiore i 4 mmol/l.
NUTRIZIONE ARTIFICIALE IN SITUAZIONI PARTICOLARI:
Esistono numerosi condizioni cliniche di comorbidità e/o presenza di numerosi fattori di rischio per più patologie, in cui l’utilizzo ed il supporto della nutrizione artificiale diviene ancora più necessaria, attenta e fondamentale nel determinismo prognostico positivo dell’outcome del paziente.
PAZIENTE CHIRURGICO:
Lo stress della chirurgia e/o del trauma comporta un incremento del consumo proteico, comportando la generazione di uno stato ipercatabolico; conseguentemente si ha una redistribuzione dei macronutrienti (grasso, proteine e glicogeno) dalle labili riserve del tessuto adiposo e scheletrico ai tessuti metabolicamente più attivi (fegato, osso ed organi viscerali). Il tutto comporta una malnutrizione di tipo proteico (con un bilancio negativo di 100 g di nitrogeno e 10.000 kcal) nel giro di pochi giorni, in dipendenza dal grado di criticità pre-trauma e del proprio stato metabolico.
I pazienti a maggior rischio sono i pazienti operati a livello del tubo gastro-enterico per la loro incapacità di poter utilizzare l’intestino nel periodo acuto post-operatorio; generalmente questo avviene nel giro di pochi giorni, ma va impostata precocemente una terapia parenterale ove si preveda la possibilità di un digiuno di 10-14 giorni. Altri pazienti a rischio sono pazienti con malattie infiammatorie croniche (malattie infiammatorie intestinali, neoplasie, ecc…) e pazienti precedentemente mal/iponutriti.
- Anamnesi: è fondamentale eseguire una valutazione nutrizionale pre-operatoria al fine di valutare il rischio di sviluppare malnutrizione nel periodo post-intervento; si deve valutare la presenza di patologie croniche (diabete, malattie infiammatorie intestinali, infezioni, chirurgie pregresse, allettamento, ecc…). E’ estremamente importante valutare anche le abitudini nutritive quotidiane e l’eventuale assunzione di micronutrienti quotidiani; è inoltre importante valutare l’assunzione di tutti i farmaci, così come di valutare l’andamento ponderale negli ultimi mesi.
- Esame obiettivo: oltre alla valutazione generale e specialistica, si deve valutare il peso e l’altezza (per calcolare il BMI), edemi diffusi, trofismo muscolare, ulcere da decubito, cheilite/stomatite, dentizione.
- Laboratorio: è estremamente importante valutare lo stato proteico del paziente chirurgico, data la stretta relazione esistente fra lo status proteico e la guarigione delle ferite, guarigione che può essere influenzata dal precedente intake proteico, massa muscolare, durata della patologia, perdita di sangue, entità della ferita, infezione e capacità di assorbimento. Generalmente si valuta l’Albumina, la Transferrina e la Pre-Albumina (a lunga, media e breve emivita) come indice dello stato nutrizionale proteico medio, pur sapendo le condizioni in cui tali parametri possono essere alterati. Si devono cmq valutare anche gli elettroliti, il glucosio, urea/creatinina e l’emocromo.
PAZIENTI CRITICI:
La malnutrizione proteica è una condizione estremamente frequente nell’ambito ospedaliero, che può arrivare a prevalenze del 20-40% nella popolazione dei pazienti critici; è una condizione la cui incidenza peggiora progressivamente nel tempo, nei pazienti che vedono una ospedalizzazione prolungata.
- Fase catabolica: i pazienti critici si caratterizzato per un’iperattivazione del sistema nervoso autonomo e l’asse ipotalamo-ipofisario, per cui lo stato catabolico eccede quello anabolico, con effetto di un bilancio azotato negativo ed il consumo delle sostanze nutritive; il supporto mediante nutrizione artificiale è in grado di minimizzare la perdita proteica, ma mai di revertire da solo il processo. C’è un eccesso di ormoni controregolatori (cortisolo, catecolamine, glucagone, ecc…), citochine pro-infiammatorie (IL1, IL6, IL8, TNF, ecc..) ed una resistenza periferica agli ormoni endogeni metabolici che facilitano la glicogenolisi e la gluconeogenesi, comportando un consumo aumentato della massa muscolare ed un incremento della lipolisi.
- Fase anabolica: durante la fase di recupero l’anabolismo supera il catabolismo, per cui il supporto nutritivo permette di supplire al deficit nutrizionale precedentemente instaurato, mantenendo un bilancio azotato positivo e ricreando lo store proteico.
Oltretutto, molti pazienti critici spesso presentano un quadro di malnutrizione antecedente al ricovero ospedaliero, la loro assunzione di cibo può essere ristretta per motivi medici (esecuzione di esami, controindicazioni, ecc…), si ha un allettamento prolungato e/o ventilazione meccanica (che facilita uno stato catabolico); in alcuni casi certe terapie farmacologiche comportano l’instaurarsi di uno stato catabolico. E’ quindi fondamentale eseguire una valutazione dello status nutrizionale in tutti questi pazienti, al fine di individuare quali pazienti potrebbero beneficiare della terapia nutrizionale artificiale. Fra gli indici calorimetrici, il più utilizzato è quello della Equazione di Harris-Benedict, che incorpora alcuni dati del paziente quali età, sesso, peso ed altezza. Tutto questo è valido come consumo basale, sapendo che spesso il paziente ha bisogno un apporto superiore di energia.
Esiste un largo consenso che il supporto nutrizionale migliori l’outcome nutritivo (come il peso corporeo e la massa muscolare), anche se attualmente non c’è accordo comune se la nutrizione sia in grado di migliorare outcome più importanti, come la durata della ventilazione meccanica e la mortalità. Non esistono attualmente dati certi: numerosi trials randomizzati dimostrano che la nutrizione supplementare versus nessun intervento nei pazienti critici non mostra un miglioramento statisticamente significativo, anche se mancano grossi volumi di pazienti per poter essere completamente certi di tale risultato. Sicuramente il timing d’inizio della nutrizione artificiale va iniziata il prima possibile appena è chiaro che il suo utilizzo può portare ad un netto miglioramento clinico e migliorare l’outcome clinico; va iniziato anche qualora diventi chiaro che l’apporto nutrizionale standard non è sufficiente per il paziente.
- Indicazioni: non esistono chiare linee guida per il supporto nutrizionale in tale tipologia di pazienti; la Nutrizione Enterale viene riservata per pazienti con un intake orale attuale/previsto (5-7 giorni) come inadeguato rispetto alle esigenze dell’organismo; l’inizio precoce di tale terapia (24-48 ore) comporta una riduzione della mortalità (rischio relativo di 0.52 volte) e del tasso di infezioni (rischio relativo di 0.66 volte); la Nutrizione Parenterale viene riservata a quei pazienti che non possono utilizzare il tubo gastro-enterico.
- Controindicazioni: la nutrizione enterale non deve essere utilizzata in pazienti con ostruzione intestinale (anche sospetta), sanguinamento gastro-enterico maggiore, vomito/diarrea intrattabile, fistole ad alta portata; la nutrizione parenterale è da ponderare adeguatamente in corso di iperglicemia severa, iperosmolarità e/o squilibri idro-elettrolitici.
- Aspetti pratici: uno studio su 82 pazienti ha dimostrato che iniziare la nutrizione artificiale fin da subito al target previsto comporta una riduzione del tasso di infezione, anche se non ci sono ripercussioni sulla mortalità dei pazienti; esistono diversi goals che devono essere assicurati. Il goal calorico da raggiungere è di 25 kcal/Kg (eventualmente utilizzando l’equazione di Herris-Benedict); il goal proteico, generalmente elevato in questi pazienti sottoposti a notevole stress psico-fisico, è di 1-2 g/Kg die; sono da aggiungere anche i supplementi come glutamina, arginina, acidi grassi omega-3 (riduce il danno ossidativo e riduce la durata della ventilazione meccanica).
- Elevazione della testa: la testata del letto va elevata di 45° al fine di facilitare lo svuotamento gastrico e ridurre il rischio di aspirazione (5% vs 23%); è una metodica che si è dimostrata estremamente efficace.
Il beneficio di un controllo glicemico stretto in ICU è stato validato nei pazienti cardiochirurgici degenti per oltre 5 giorni, con livelli di glicemia fra 4.6-6.1 mmol/l (80-110 mg/dl), sapendo che sono soprattutto i livelli di glicemia a correlare con la prognosi piuttosto che la quantità di insulina utilizzata per raggiungere tale obiettivo. A controlli molto stretti rischiano di comparire fenomeni di ipoglicemia, soprattutto se non viene adattata la dose di insulina all'interruzione della nutrizione.
PAZIENTE CIRROTICO:
Stati mal nutritivi a carico dei pazienti con epatopatie croniche viene descritto nel 60-100% dei pazienti con cirrosi scompensata e un 20% dei pazienti con cirrosi compensata e si manifesta a livello proteico (deficit proteico), glucidico (squilibri diabetici) e dei micronutrienti (deficit). Il meccanismo patogenetico è una condizione multifattoriale che vede alterazioni sia a livello di un intake inadeguato di sostanze (per anoressia, nausea, encefalopatia, gastrite, ascite, ecc…), malassorbimento di sostanze (deficit di sali biliari, sovraccrescita batterica intestinale, alterata motilità intestinale, ipertensione portale, danno mucoso, ecc…), stato catabolico (la cirrosi altera il metabolismo generale con maggior consumo di sostanze e bassa produzione proteica) ed anomalie metaboliche (insulino-resistenza, stato ipercatabolico, ecc…). La terapia sostitutiva è fondamentale e richiede di restituire i macronutrienti nella giusta misura, ma anche in micronutrienti (elettroliti, vitamine, minerali, elementi traccia) valutando di caso in caso lo status nutritivo del paziente ed i suoi bisogni fisici al fine di mantenere un buono introito globale di sostanze.
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