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Shock vasoplegico - (Capitolo 6.1.0-3)



La vasoplegia è una condizione fisiopatologica caratterizzata da resistenze vascolari sistemiche estremamente basse (SVR) che si manifestano come ipotensione profonda o il bisogno di terapie per evitarle, in presenza di una gittata cardiaca normale o aumentata. In questo capitolo andremo a trattare della vasoplegia legata ai pattern molecolari associati ai patogeni (PAMPS) ed ai pattern molecolari associati al danno vascolare (DAMPS).




Fisiologicamente, le SVR basse sono definite come un basso rapporto tra la differenza di pressione sanguigna tra pressione arteriosa (MAP) e venosa (RAP) e la gittata cardiaca [secondo la nota equazione di Bernoulli: SVR = (MAP - RAP) / CO]. Clinicamente, la vasoplegia è spesso riconosciuta anche in assenza di misurazioni emodinamiche complete. Le cause della vasoplegia sono differenti, ma tutte queste cause determinano la definizione di shock vasodilatatorio o shock vasoplegico: la maggior parte dei casi é da ricondurre allo shock settico, seguito da shock anafilattico, shock iatrogeno (da farmaci quali Propofol, agenti vasodilatatori, sedativi, ecc…), shock spinale, ecc… La risposta a questi stimoli genera una combinazione di vasodilatazione e aumento della permeabilità capillare; tale capillary-leak associato ad una maggiore capacità vascolare mediata dalla vasoplegia, può determinare episodi di ipovolemia assoluta o più comunemente relativa. La resuscitazione con liquidi é il trattamento standard, anche se tale terapia con tratta la patologia sottostante ed aumenta il danno da sovraccarico idrico. 
Sono quindi due i concetti da ritenere durante uno shock vasoplegico: la vasodilatazione vascolare (facilmente trattabile mediante riempimento volemico e somministrazione di farmaci vasoattivi) e la permeabilizzazione capillare (o capillary-leak) verso il quale al momento non esiste una soluzione reale. Pertanto lo shock vasoplegico, sinonimo di shock distributivo, è una perturbazione circolatoria più complessa che è meglio descritta come una vasopatia con evidenza di ipoperfusione tissutale che può essere accompagnata da iperlattatemia. La presenza di un lattato aumentato comporta una prognosi particolarmente grave in presenza di shock o addirittura di shock settico; i meccanismi chiave coinvolti nello sviluppo di tale shock vasoplegico sono una serie di processi mediati da una serie diversificata di percorsi che si combinano e contribuiscono all'evoluzione dello stato di shock. Migliorare la nostra comprensione di questi percorsi e il loro ruolo nella transizione dalla risposta patologica adattativa fisiologica a quella maladattativa può fornire nuovi strumenti diagnostici, intuizioni prognostiche e obiettivi terapeutici per guidare la gestione della vasoplegia.
Ad oggi, gli strumenti a disposizione dei medici per monitorare la gravità e l'impatto della vasoplegia sono limitati e gli obiettivi di trattamento esistenti potrebbero non produrre gli effetti desiderati a livello del tessuto sul flusso microvascolare. Una migliore comprensione della fisiopatologia della vasoplegia combinata con nuovi strumenti per monitorare l'impatto degli interventi sulla funzione vascolare potrebbe portare allo sviluppo della prossima generazione di terapie vasoattive. La misurazione della gittata cardiaca, della pressione arteriosa sistemica e della pressione venosa centrale consentono la derivazione della SVR, sebbene il targeting di valori "normali" con considerazione insufficiente dei loro componenti possa essere pericoloso perché ci si basa su un calcolo e non su una misura diretta.




CAUSE DI VASOPLEGIA:
La causa più comune di vasoplegia in ICU è la sepsi/shock settico; l’incidenza dipende dalla definizione utilizzata e dalla popolazione di pazienti in esame. La ricezione di vasopressori, se del caso, è ora riconosciuta come una caratteristica cardine dello shock settico e in effetti la definizione più recente di shock settico non richiede la presenza di ipotensione persistente; tuttavia, include la somministrazione di vasopressori per mantenere una pressione arteriosa media (MAP) di 65 mmHg in assenza di ipovolemia ed un livello elevato di lattato nel sangue in presenza di sepsi. 

La seconda causa più comune sono la vasoplegia e lo shock distributivo che si verificano in pazienti sottoposti a chirurgia cardiaca. La diagnosi è più complessa in quanto vi è un rischio sempre presente di riduzione della gittata cardiaca che contribuisce all'ipotensione arteriosa, la cui causa deve essere accertata differenziando precocemente tra ridotto precarico da sanguinamento, compromissione della contrattilità miocardica o comparsa di tamponamento cardiaco. Generalmente questi pazienti possono beneficiare della posa di monitoraggi più invasivi (come sistemi PiCCO o Swann-Ganz) o esecuzioni seriali di ecocardiografie. Il secondo principale fattore complicante è l'uso frequente di inotropi vasodilatatori che influenzano direttamente il tono vascolare. Pertanto, sebbene non esista una definizione concomitante, esistono diverse definizioni di lavoro che combinano 1. ipotensione in assenza di uno stato di gittata cardiaca bassa e 2. assenza di infezione. Ulteriori criteri possono anche includere l'assenza di inotropi vasodilatatori come la dobutamina o milrinone o la presenza di evidenze di ipoperfusione tissutale. Sono stati descritti fattori clinici che predispongono allo sviluppo di vasoplegia dopo chirurgia cardiaca e vari regimi di trattamento considerati, compreso l'uso di vasocostrittori alternativi. Sebbene la vasoplegia conseguente all'intervento cardiochirurgico sia spesso attribuita all'esposizione a un circuito extracorporeo, le prove a sostegno di ciò rimangono ancora non chiare.

L'ipotensione arteriosa dovuta alla vasodilatazione nei pazienti che seguono un intervento chirurgico non cardiaco maggiore si manifesta solitamente come richiesta per i vasopressori di mantenere una MAP adeguata dopo una rianimazione adeguata per ripristinare l'euvolemia; l’incidenza di tale condizione clinica è raramente riportata in letteratura, pur essendo molto frequente. I fattori di rischio includono la chirurgia prolungata e la richiesta di trasfusione importante di sangue. Laddove l'ammissione postoperatoria in un ambiente di terapia intensiva è di routine, l'uso di vasopressori nel periodo postoperatorio per sostenere la pressione arteriosa dopo l'ottimizzazione dello stato dei liquidi è abbastanza comune. Sebbene possano essere necessari vasopressori per contrastare gli effetti sistemici vasodilatatori del blocco neuroassiale, come l'analgesia epidurale, dove i requisiti sono significativi in ​​un paziente adeguatamente rianimato, allora anche in questo caso si dovrebbe parlare di vasoplegia, anche se non appare così completa e corredata da capillary-leak come nei due casi precedenti.

A seguire si hanno episodi di ustioni, traumi e pancreatiti; queste sono condizioni unite ad una lesione tissutale significativa, con conseguente ipermetabolismo, infiammazione sistemica e predisposizione allo sviluppo della disfunzione d'organo, portano a vasoplegia, considerata come una complicazione del politraumatismo, delle ustioni e, anche in assenza di infezioni, di pancreatite grave, in cui la vasoplegia è spesso associata ad esiti avversi.




FISIOLOGIA:
Le resistenze vascolari sistemiche (SVR) sono determinate dai cambiamenti nel diametro arteriolare, controllati dall'attività contrattile delle cellule muscolari lisce vascolari della tonaca vascolare media. Lo stato contrattile della tonaca vascolare media è indicato come tono vascolare ed è regolato attraverso la concentrazione intracellulare di calcio. La contrazione del tono vascolare è guidata da un aumento della concentrazione di calcio citosolico attraverso il rilascio di calcio immagazzinato dal reticolo sarcoplasmatico e dall'afflusso di calcio extracellulare attraverso i canali sensibili alla pressione. Il rilassamento del tono vascolare è guidato da una diminuzione del calcio citosolico, a causa dell'assorbimento di calcio dal reticolo sarcoplasmatico e dell'espulsione di potassio o del calcio (tramite canali K+ e pompe Ca2+-ATPasi) nello spazio extracellulare, con conseguente iperpolarizzazione cellulare e vasodilatazione. Il tono vascolare dipende quindi dalla velocità dell'afflusso di calcio rispetto alla sua rimozione, che a sua volta è regolata da meccanismi intrinseci ed estrinseci. I regolatori intrinseci includono:
  • secrezioni endoteliali (ossido nitrico, prostaciclina, endotelina)
  • metaboliti vasoattivi (acidosi, ipossia, perossido di idrogeno)
  • autacoidi (serotonina, prostaglandine, trombossano A2)
La regolazione estrinseca è ampiamente mediata dal controllo neurale simpatico e dagli ormoni vasoattivi, che includono fra i principali, l’adrenalina, l’angiotensina II e la vasopressina.


FISIOPATOLOGIA: REGOLATORI INTRINSECI
a) Monossido di azoto
L'ossido nitrico (NO), identificato per la prima volta come fattore di rilassamento derivato dall'endotelio (EDRF), è un regolatore critico della funzione vascolare in condizioni fisiologiche e fisiopatologiche. L’NO si diffonde liberamente dall'endotelio nel vicino muscolo liscio vascolare e nel flusso sanguigno, provocando vasodilatazione, inibizione della proliferazione delle cellule muscolari lisce, attivazione piastrinica ed adesione vascolare dei leucociti. È generato a partire dalla L-arginina da parte dell'ossido-nitrico sintetasi endoteliale (eNOS). Tale enzima porta alla produzione di NO in concentrazioni picomolari, portando a vasodilatazione mediata dal cGMP-PKG. Gli autacoidi infiammatori, incluse le bradichinine e la trombina, aumentano la produzione di NO e la vasodilatazione attivando eNOS. Inoltre, citochine infiammatorie e PAMP come il lipopolisaccaride (LPS) inducono la sintesi della isoforma inducibile dal calcio (chiamata iNOS). Ciò si traduce in un aumento del NO di due o tre ordini di grandezza al di sopra del livello basale e rappresenta un importante fattore di disfunzione vascolare acuta in stato di shock, forse uno dei più importanti. La somministrazione di inibitori non selettivi delle NOS ha dimostrato di essere associata ad un miglioramento della emodinamica in pazienti con shock settico ma, nonostante ciò si é assistito ad un aumento della mortalità, probabilmente attraverso l'impatto dell'inibizione della NOS sulle cellule immunitarie e sulla produzione di NO a livello cardiaco. Le terapie che mirano alla vasocostruzione e regolano, ma non del tutto aboliscono, l'aumento della sintesi di NO possono offrire un profilo più favorevole a quelli precedentemente testati fino ad oggi nelle sperimentazioni cliniche.

b) Prostanoidi
La prostaciclina (PGI2) è prodotta dall'endotelio in modo costitutivo e provoca l'aggregazione piastrinica, inducendo la vasodilatazione mediata da cAMP-PKA. La produzione di prostaciclina è notevolmente aumentata nell'infiammazione e contribuisce alla vasodilatazione in caso di shock. Un'ampia gamma di fattori di stress e PAMP infiammatori, tra cui la IL1, il (TNFα, l'ipossia ed il LPS provocano l'induzione dell'isoforma COX-2 e l'aumento della sintasi di PGI2 da parte della prostaciclina sintasi (PGIS), che determina infine la vasoplegia. Purtroppo, anche se un buon target terapeutico, gli studi terapeutici di inibizione non selettiva della COX in corso i sepsi si sono rivelati inconcludenti, con effetti benefici sul grado di vasoplegia mediata da PGI2 probabilmente compensata da altre azioni mediate dalla stessa prostaglandina.
Un prostainoide a breve durata, il trombossano A2 (TXA2) si oppone alle azioni della PGI2, promuovendo la vasocostrizione e l'aggregazione piastrinica. Pertanto il TXA2 è stato implicato come potenziale fattore causale nell'aumentato rischio di ischemia cardiaca in pazienti che assumevano inibitori di COX2. Il TXA2 difatti regola il tono vascolare attraverso il legame con i recettori trombossano-prostanoide (TP) nella muscolatura liscia vascolare e, in accordo con altri agenti, promuove l'afflusso di calcio e la vasculo-gradazione. Studi su animali hanno suggerito che il knock-out del recettore TP è associato ad una ridotta espressione di iNOS ed una ridotta protezione contro l'ipertensione vascolare, suggerendo un ruolo per TXA2 come regolatore della vasoplegia. Negli esseri umani, prove limitate suggeriscono che l'equilibrio tra TXA2 e PGI2 possa essere importante in tal senso, con elevati livelli relativi di TXA2 associati a risultati clinico-fisiologici peggiori in caso di pazienti con sepsi.

c) Endotelina 1:
L'endotelina 1 (ET1) è l'isoforma predominante della famiglia dell'endotelina ed è un piccolo peptide che agisce come un vasocostrittore. ET1 attiva i recettori dell'endotelina A (ETA) nella tonaca media muscolare liscia che guidano nuovamente l'elevazione del calcio intracellulare e della contrazione vascolare. I sottotipi di recettori dell'endotelina B (ETB), presenti nell'endotelio e nella muscolatura liscia vascolare, agiscono come un meccanismo autoregolativo per il controllo del tono basale attraverso la vasodilatazione e la contrazione della muscolatura liscia. In condizioni di stress infiammatorio, tuttavia, l’endotelina ha effetti potenzialmente deleteri attraverso l'attivazione di un numero di vie di segnalazione, fra cui l’aumento della sintesi di IL1, TNFa e di IL6. È stato dimostrato che il blocco selettivo e non selettivo dei sottotipi del recettore ET appare essere promettente in una serie di modelli animali, anche se non si é ancora arrivati ad una sperimentazione sull’uomo.

d) Radicali liberi dall'ossigeno:
Il disaccoppiamento degli enzimi NOS endoteliali può causare un aumento delle specie reattive dell'ossigeno e della disfunzione mitocondriale. L'anione superossido può ridurre l’NO per formare il perossinitrito (ONOO-), che agisce come un potente agente ossidante che provoca disfunzione cellulare e vasoplegia. In condizioni fisiologiche, l'anione radicale superossido viene metabolizzato dal superossido dismutoso (SOD). I meccanismi non enzimatici per il metabolismo del superossido sono mediati dall'acido ascorbico e dall'acido urico. Negli stati di shock, la produzione di NO in eccesso comporta una produzione di ONOO eccessiva, che può essere attenuata dagli antiossidanti, e le specie reattive dell'ossigeno (ROS) possono anche causare la disattivazione delle catecolamine, un fenomeno che può essere invertito dall'amministrazione di una forma sintetica della superossido dismutasi.

Solfuro d'idrogeno:
L'idrogeno solforato (H2S) viene sintetizzato dall'amminoacido L-cisteina attraverso la cistationina-beta-sintasi B-dipendente dalla vitamina B6 o la cistationina-γ-liasi. L'H2S si diffonde facilmente nella muscolatura liscia vascolare e a basse concentrazioni può avere effetti citoprotettivi, sebbene le concentrazioni di sepsi siano significativamente elevate. A concentrazioni più elevate, l'H2S contribuisce allo sviluppo di shock vasodilatatori attraverso una serie di azioni dipendenti dall'ossigeno, compresa l'inibizione della citocromo C ossidasi con compromissione della funzione mitocondriale, attivazione dei canali del potassio ATP e inibizione dell'attività dell'enzima di conversione dell'angiotensina endoteliale. Inoltre, l'H2S interagisce con l’NO, che può attenuare le azioni dello stesso NO. L'H2S è stato anche suggerito come potenziale agente terapeutico per portare allo sviluppo di uno stato di ibernazione citoprotettiva. Gli animali trattati con H2S sono protetti sia dall'ipossia letale sia dall'emorragia. Questo risultato ha portato allo studio pre-clinico del trattamento con H2S nella modulazione degli effetti deleteri della lesione da ischemia-riperfusione in modelli sperimentali, tra cui il danno miocardico suino e gli studi sono attualmente in corso.

Non endoteliale: iperpolarizzazione del canale del potassio
Come indicato, l'efflusso di potassio attraverso i canali del potassio di ATP è un meccanismo importante per la regolazione del potenziale di membrana della tonaca vascolare. La sovra-attivazione dei canali del potassio provoca l'iperpolarizzazione della cellula, con conseguente inattivazione dei canali del calcio voltaggio-dipendenti. La successiva vasodilatazione è un importante fattore di disfunzione vascolare. Oltre ai mediatori derivati ​​da endotelio, un numero di fattori circolanti può guidare la disfunzione vascolare mediata dal canale del potassio, compresa l'ipossia, il pH ridotto e l'aumento del lattice circolante. La disfunzione vascolare indotta da stress infiammatorio come l'endotossina ha portato all'ipotesi che l'inibizione dei canali del potassio possa offrire una nuova strategia terapeutica. Modelli animali hanno mostrato miglioramenti emodinamici in seguito all'inibizione con la glibenclamide, bloccante del canale del potassio, sensibile alla ATP. Tuttavia, gli studi randomizzati controllati di fase 2 in soggetti umani non hanno mostrato alcun beneficio e le preoccupazioni relative agli effetti non vascolari ne limitano la potenziale utilità.




FISIOPATOLOGIA: REGOLATORI ESTRINSECI
a) Resistenza alle catecolamine
Lo sviluppo della vasoplegia può anche essere guidato da cambiamenti nell'efficacia delle catecolamine circolanti nella generazione della contrazione vascolare muscolare. Modelli animali suggeriscono che negli stadi successivi della sepsi, l'espressione di adrenorecettori alfa-1 diminuisca, causando una resistenza periferica alla noadrenalina. Negli studi sull'uomo, l'espressione dei recettori periferici sembra essere correlata alla gravità della malattia, con maggiore espressione nella malattia lieve e ridotta espressione osservata nella sepsi grave, suggerendo che nei pazienti con vasoplegia possa verificarsi un pattern simile a quello osservato nei modelli di roditori.

b) Risposta ai corticosteroidi:
I glucocorticoidi determinano diverse risposte tissutali in corso di infiammazione, tra cui la funzione circolante delle cellule immunitarie e il rilascio di citochine. Questi processi sono guidati dalla regolazione di un certo numero di vie intermedie, tra cui la sintesi di NO inducibile dall'associazione di NOS e dall'attività delle COX2. Nel sistema vascolare, i recettori steroidei sono presenti sia nella muscolatura liscia endoteliale che vascolare e, in condizioni fisiologiche, potenziano la risposta alle catecolamine circolanti e all'angiotensina II. Inoltre, le rapide azioni cellulari degli steroidi possono favorire l'aumento delle concentrazioni di secondi messaggeri, come l'inositolo-3-fosfato e il cAMP. Prove limitate suggeriscono che l'insufficienza dei corticosteroidi dovuta a malattie gravi possa svilupparsi in numerosi stati di shock. Le cause di questa insufficienza includono l'insufficienza relativa dell'asse HPA, l'insufficienza surrenalica o la necrosi surrenalica; più raramente la resistenza periferica ai corticosteroidi. Questi fattori possono combinarsi per esacerbare la disfunzione vascolare in stato di shock e fornire un meccanismo per il beneficio proposto dalla somministrazione di steroidi esogeni per ridurre la gravità o la durata della dipendenza da vasopressore nello shock settico.

Vasopressina endogena
La vasopressina agisce tramite specifici recettori V1 sulla superficie del muscolo liscio della tonaca media per promuovere l'aumento del calcio intracellulare attraverso i recettori accoppiati alle proteine ​​G e la fosfolipasi C, che a sua volta guida la contrazione. Nello shock settico, le concentrazioni plasmatiche di vasopressina aumentano nelle prime fasi dello shock; tuttavia, dopo 24 ore i livelli scendono a livelli sub-normali, che possono essere un meccanismo per la perdita del tono vascolare. Questo può essere associato a una riduzione dei numeri dei recettori periferici, un fenomeno osservato nei modelli animali. Inoltre, i recettori V2 sulle cellule endoteliali possono provocare vasodilatazione attraverso l'aumento della sintesi di NO.


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