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Cateteri venosi centrali (Capitolo 12.2.1)



Dopo aver accennato alla posa dei cateteri arteriosi ci concentreremo sulla posa dei cateteri venosi centrali e sulla posa di altri devices ad accesso venoso centrale. Abbiamo già parlato precedentemente delle indicazioni alla posa di un catetere venoso centrale - CVC (si veda il capitolo dedicato al monitoraggio emodinamico, Capitolo 2.2) che qui andremo ad accennarne brevemente: necessità di somministrare sostanze vasoattive/iperosmolari, misurazione della PVC, impossibilità di ottenere accessi venosi periferici, necessità di eseguire una emodialisi/plasmaferesi, posa di pace-maker intravenoso; sono tutte caratteristiche che la maggior parte dei pazienti ricoverati in ICU presentano. Pertanto la metodologia per la posa corretta di vie di accesso venoso centrale devono essere conosciute in maniera adeguata.


Quando appare indicata la posa di una via venosa centrale, appare estremamente importante considerare quelle che sono le controindicazioni alla scelta della sede della posa del CVC: sebbene la vena giugulare interna sia più facile da posizionare, il tasso di infezione appare decisamente elevato (dopo la sede femorale) e non é scevra da rischi, soprattutto pneumotorace oppure una riduzione del deflusso venoso giugulare (particolarmente importante in pazienti con trauma cranico o ipertensione endocranica). La vena succlavia appare tecnicamente più complessa ed é gravata dal rischio di sviluppare uno pneumotorace (rischio ridotto nel caso che il paziente abbia già un drenaggio pleurico in sede) e soprattutto trombosi ed occlusione venosa (rischio che appare decisamente elevato in alcuni studi). La vena femorale infine é associata ad un alto rischio di infezione e non permette al paziente di sedersi per il rischio di compressione del catetere stesso; inoltre non permette una misurazione accurata della PVC né della saturazione venosa centrale. Pertanto, una volta indicata la posa di un CVC bisogna scegliere la via migliore per la tipologia di paziente.



COMPLICAZIONI INFETTIVE:
Le infezioni del catetere avvengono mediante uno di questi tre meccanismi: infezione del sito di inserzione locale, che quindi viaggia lungo il catetere esterno; colonizzazione del condotto seguito dal contagio per via intra-luminale o tramite diffusione ematogena del battere che aderisce poi al catetere. Le linee guida attuali raccomandano cinque steps per ridurre le infezioni dei CVC:
  • igiene delle mani, 
  • uso corretto delle precauzioni di barriera, 
  • uso di antisepsi della pelle con clorexidina, 
  • selezione di un sito ottimale per la posa del catetere,
  • controllo quotidiano della necessità del catetere, con pronta rimozione se non è più necessario,
L'attuazione di queste misure è stato definitivamente dimostrato diminuire il tasso di infezione correlata ai cateteri; il cambio pianificato di un catetere sul filo guida o lo spostamento di un catetere in un altro sito senza alcuna indicazione può aumentare il tasso di complicazioni meccaniche ed infettive, pertanto non è raccomandato.

TECNICA DI POSIZIONE DEL CVC:
Dopo che si posta l’indicazione alla posa di un CVC e si é scelto il sito più adeguato per tale posa (si veda prima), bisogna preparare tutto il materiale necessario, vale a dire un set per disinfezione adeguata con della Chlorexidina (generalmente colorata per poter ben identificare la superficie disinfettata), il necessario per eseguire un’anestesia locale (aghi, siringa da 10 ml, Lidocaina 1% 10 ml), il materiale per la sterilità (mascherina, cappello, camice sterile, guanti sterili, campo sterile di avvicinamento, campo sterile forato adeguatamente grande per formare un ampio campo sterile), il set per la punzione (ago per filo-guida, siringa per filo-guida, filo-guida, dilatatori, bisturi), il catetere centrale che si vuole posizionare ed il materiale per sutura (filo con ago e portaghi)

A) Preparazione della sterilità:
Dopo aver adeguatamente controllata la presenza di tutto il materiale, si procede all’apertura del materiale sterile facendo attenzione a non toccare le superfici sterili (nel caso questo risulti difficile per poca esperienza, é meglio farsi aiutare da una seconda persona che aiuta nel preparare il materiale). Si procede con la vestizione tramite posa di cappello e mascherina, all’apertura dei guanti sterili, all’indossare il camice sterile ed infine a mettere i guanti sterili.

La sterilità procede in senso centrifugo: dopo che l’operatore é divenuto sterile inizia ad estendere la sterilità: prende possesso del carrello con il primo campo sterile (contenente tutto il materiale) e mette in ordine il materiale secondo l’ordine necessario per la corretta posa di un CVC. A questo punto si approccia al paziente con il campo sterile di avvicinamento, poi procede con cautela alla disinfezione della cute (di cui non trattiamo) ed infine posa il campo sterile forato, comprendo adeguatamente tutte le superfici che non sono sterili. Si termina tramite posa di una copertura sterile dell’ecografo che viene a trovarsi sul campo sterile.

La posizione deve essere comoda ed il più possibile standardizzata, con il campo sterile del paziente davanti a se ed il campo sterile del carrello con il catetere da inserire a lato; fra i due campi sterili non deve trovarsi alcuna area non sterile, permettendo all’operatore di trovarsi in un ambiente completamente asettico. Soprattutto se non appare necessario posare un CVC in estrema emergenza, questa operazione deve essere eseguita adeguatamente per ridurre il rischio di complicanze infettive successive, con maggiori costi di gestione del paziente e rischio di aumentare i giorni di degenza in ICU.

B) Anestesia
Con l’aiuto di un operatore esterno si preleva la quantità di liquido anestetico necessaria per il gesto (vedremo poi che la quantità può cambiare in funzione del sito di punzione); segue l’anestesia della cute (ed eventualmente del sottocute) tramite controllo ecografico per la corretta posizione del punto di entrata. Eventualmente si possono cambiare gli aghi in funzione della profondità d’azione dell’anestesia.

A tale proposito appare utile ricordare che dopo la punzione con anestetico, la Lidocaina provoca un effetto locale simil-bruciatura o pizzicorio che può portare il paziente ad agitarsi, a muoversi ed eventualmente con le mani a toccare il campo sterile. Bisogna pertanto informare adeguatamente il paziente per tempo di questa evenienza e prepararsi (anche con il personale infermieristico) a gestire un’eventuale agitazione del paziente. Dopo 30-40 secondi tale effetto scompare, generalmente con ripresa della calma da parte del paziente.

C) Prima punzione
Dopo aver individuato la sede adeguata per la punzione (sia con metodo classico che con ecografia) si entra con l’ago/siringa adeguata per il passaggio del filo-guida; il metodo di entrata e le direzioni da prendere dipendono dalla sede della punzione e dalla tipologia di ecografia che si esegue (in-plane oppure out-of-plane). Si entra sempre con una siringa in aspirazione (per poter identificare rapidamente una punzione venosa) e senza acqua all’interno della siringa, per poter identificare correttamente il colore del sangue che esce dal vaso che viene punto.

Un consiglio pratico, spesso poco segnalato. Uno dei rischi maggiori nella punzione venosa é quello di avere a che fare o con una vena che scivola lateralmente al sito di punzione, oppure con una vena che collabisce progressivamente sotto pressione, fino a quando si distende improvvisamente, avendo l’ago che trapassa da parte a parte la vena. Il meccanismo é legato alla elasticità del vaso. Per poter ridurre notevolmente questa complicanza nella punzione bisogna «eliminare» tale elasticità: quando si usa la guida ecografica, con lo stesso ecografo dopo che si é identificato il sito di punzione e tenendo sotto controllo la sede di punzione, si deve gentilmente « trazionare » il vaso in direzione distale a dove si punge, in modo da renderlo trazionato e più rigido. Il contatto dell’ago con una struttura più rigida rende più facile la sua penetrazione senza che la vena si sposti o si pieghi eccessivamente.

D) Inserimento del filo-guida:
Una volta correttamente punta la vena, si deve tenere l’ago immobile (sia come posizione che come inclinazione); la mancanza di immobilità é uno degli errori più frequenti per la corretta procedura. Si inserisce il filo guida nell’ago, facendo attenzione che entri nel corpo per una lunghezza sufficiente per essere ben posizionato ma non troppo per poter essere sempre tenuto in mano. Se si tratta di una posa di CVC giugulare o succlavia appare necessario il controllo del QRS per essere certi della buona direzione del filo guida (generalmente si sviluppano aritmie sopra-ventricolari quando il filo guida tocca le pareti cardiache). L’inserimento del filo guida deve dare la sensazione di poter scorrere senza alcun intoppo ed adeguatamente in tutte e due le direzioni sull’ago (avanti-indietro). 

Lasciando il filo guida in posizione, si rimuove l’ago e si tampona il punto di inserzione con una garza; questo passaggio, spesso dimenticato, é importante sia per evitare inutili sanguinamenti (anti-estetici, che sporcano il campo sterile e potenzialmente pericolosi per il paziente) e poi per evitare (soprattutto dopo la dilatazione) una possibile entrata di aria nelle strutture venose.

E) Dilatazione e catetere:
Si prende il dilatatore e si inserisce sul filo guida fino all’entrata della cute; a questo punto con un bisturi si incide la cute allargando il foro di entrata che verrà occupato dal dilatatore. Per l’incisione con il bisturi é sufficiente l’inserzione del bisturi nella cute: l’allargamento naturale del bisturi é tale da portare di per sé all’allargamento della cute. L’introduttore si deve inserire del tutto; se la procedura appare difficile per la resistenza della cute si deve allargare il foro di entrata con il bisturi, altrimenti se é legato al sottocute si deve inserire il dilatatore con un movimento di pressione e di rotazione, così da facilitarne il passaggio nei tessuti molli. Il paziente può percepire il senso di pressione, per cui va adeguatamente informato per evitare agitazione.

Dopo che il dilatatore é entrato completamente ci si prepara con il catetere (già adeguatamente riempito di acqua); lasciando il filo-guida in sede si rimuove il dilatatore e si mette una garza a comprimere il punto di entrata (fondamentale per gli elementi che abbiamo visto prima). Si prende il catetere e si mette sul filo-guida fino ad entrare per tutto il tragitto necessario (generalmente a livello giugulare/succlavio non oltre i 15 cm, ma dipende anche dal sito di punzione de dalle caratteristiche del paziente, mentre a livello femorale si inserisce totalmente.


Si termina rimuovendo il filo guida dal catetere (attenzione a chiudere il punto di entrata del catetere, evitando il rischio di embolia gassosa) e si termina fissando con tre punti il catetere.

COMPLICAZIONI MECCANICHE:
Le complicanze meccaniche includono la puntura arteriosa, la formazione di ematomi, pneumotorace, emotorace, aritmie e la posizione non corretta del catetere, sia in vene accessorie che in altri vasi del sistema vascolare superiore. L'inserimento di un catetere nella vena femorale mostra il più alto rischio di complicazioni meccaniche, anche se i tassi di gravi complicazioni meccaniche per via femorale e  sottoclaveare sono simili. Se un'arteria viene perforata, ulteriori tentativi sul quel sito dovrebbero essere abbandonate, pensando un accesso ad un sito alternativo. Generalmente la Vena giugulare interna e la succlavia sono preferiti a causa del loro tasso complessivamente inferiore di complicanze meccaniche. Tuttavia, questi siti portano un piccolo rischio di emotorace e pneumotorace. L'uso dell'ecografia per l'incannulazione giugulare interna riduce significativamente il numero di tentativi necessari e il rischio di complicanze; inoltre la curva di apprendimento appare decisamente rapida.



COMPLICANZE TROMBOTICHE:
L'incannulamento venoso centrale aumenta il rischio di trombosi di una venosa centrale, con il potenziale rischio concomitante di tromboembolia venosa; la trombosi può verificarsi già a partire dal primo giorno dopo l'incannulamento. Il sito con il minor rischio di complicanze trombotiche è la vena succlavia; la pronta rimozione del catetere quando non è più necessario si é dimostrato diminuire il rischio di trombosi collegate al catetere. Dall'altro lato esiste anche il rischio di emorragie, soprattutto per punzioni erronee nel sito di punzione o nella tecnica; se il paziente appare trombocitopenico in maniera severa ed é elevato il rischio di sanguinamento, qualora sia possibile bisognerebbe somministrare dei trombociti prima della posa del catetere stesso. sapendo che alcuni studi hanno dimostrato una persistenza di trombociti nel sangue per circa 1-4 ore dopo la trasfusione.



VENA GIUGULARE INTERNA:
La vena giugulare interna viene classicamente descritta come in uscita dal forame giugulare esterno alla base del cranio, che si localizza posteriormente alla carotide interna e che scorre verso una posizione antero-laterale (rispetto alla carotide) mentre viaggia caudalmente. Alcuni studi anatomici hanno dimostrato come la vena giugulare interna si trovi anterolaterale alla carotide nel 92% dei casi, mentre può disporsi 1 cm lateralmente alla carotide (nel 1% dei casi) oppure mediale alla carotide nel 2% dei casi e al di fuori del percorso previsto da punti di riferimento nel 5.5% dei pazienti. L'anatomia del vena giugulare interna è sufficientemente diversa tra i singoli pazienti da complicare l'accesso vascolare con un metodo di riferimento classico, tramite l’utilizzo di reperti anatomici. Per questo ed altri motivi, uno dei vantaggi nell’utilizzare l’ecografia statica per la marcatura della pelle è la capacità di identificare i pazienti in cui la tecnica di riferimento non è probabile che abbia successo. È stato ampiamente dimostrato che l’uso dell’ecografia nella posa di cateteri venosi centrali giugulari (sia in maniera statica che dinamica) sia in grado di ridurre la comparsa di complicanze meccaniche (ematomi, pneumotoraci, punture arteriose, ecc…) di oltre i 2/3 dei casi.

APPROCCIO TRADIZIONALE:
L'approccio tradizionale all’incannulamento della vena vena giugulare interna utilizza dei reperi anatomici per individuare la vena: un approccio comune identifica un triangolo sotteso dai due capi del muscolo sternocleidomastoideo e la clavicola (triangolo di Sedillot), ed un ago posto al vertice di questo triangolo e diretto verso il capezzolo omolaterale dovrebbe incontrare la vena giugulare interna a circa 1.0 a 1.5 cm sotto la superficie della pelle. L'utilizzo di punti di riferimento esterni per accedere al sistema venoso centrale è considerata una tecnica sicura in mani esperte, pur presentando un tasso di fallimento fra il 7.0% ed il 19.4%, in parte dovuto alla incapacità di avere adeguati punti di repere esterni da correlare con la posizione del vaso. Inoltre, quando i tentativi di punto di riferimento a guida iniziali sono senza successo, il tasso di successo si riduce al 􏰁25% per ogni successivo tentativo. Inoltre, esiste una forte correlazione diretta tra il numero di tentativi e l'incidenza delle complicanze, aumentando l'ansia e il disagio del paziente, e potenzialmente ritardando il monitoraggio e l’infusione di fluidi o farmaci necessari per la cura definitiva. Questi problemi sono fra i principali problemi di qualità di cura che devono essere considerati quando si sceglie la tecnica migliore per l'accesso venoso centrale.




Molti studi hanno dimostrato un chiaro vantaggio in termini di orientamento anatomico tramite l'utilizzo sistematico di ultrasuoni per la vena giugulare interna, arrivando anche a dimostrare che il tasso di successo globale di incannulamento venoso centrale potrebbe essere migliorato dal 96% al 100% con l'uso di ultrasuoni. Questo può non sembrare significativo se non si considera che la migliore percentuale di successo al primo tentativo era dal 54% al 73%, diminuendo inoltre il tempo di incannulamento (da 117 a 61 sec) e riducendo il tasso di punture arteriose (dal 8.43% al 1.39%).



Diversi studi ecografici hanno chiarito la relazione anatomica tra l'vena giugulare interna e la carotide, soprattutto in termini di sovrapposizione; uno studio prospettico ha esaminato l'effetto della posizione della testa sulla posizione relativa della carotide e la vena giugulare interna. La percentuale di sovrapposizione tra la vena giugulare interna e la carotide aumenta con la testa ruotata controlateralmente da neutra (0°) a 40° a 80°. Inoltre due terzi dei pazienti più anziani (di età oltre i 60 anni) presenta un 􏰀75% di sovrapposizione della vena giugulare interna e della carotide. La penetrazione accidentale della parete del vaso posteriore può verificare nonostante l'uso di ultrasuoni quando la visualizzazione di immagini viene utilizzato tramite proiezione SAX: tipicamente, la parete anteriore della vena è compressa come l'ago si avvicina alla vena (si veda la figura sottostante); l'effetto compressivo termina quando l'ago entra nella vena (annunciata dalla aspirazione di sangue nella siringa) ed il vaso assume la sua forma normale. Una bassa pressione vena giugulare interna può portare ad una compressione parziale o totale della vena durante l'avanzamento dell'ago, causando la puntura delle parete posteriore.



Alcuni autori hanno descritto il "margine di sicurezza", come la distanza tra il punto medio della vena giugulare interna e il bordo laterale della carotide interna; questa zona rappresenta la zona di non sovrapposizione tra la vena giugulare interna e la carotide interna. Il margine di sicurezza diminuisce, e la percentuale di sovrapposizione aumenta dal 29% al 42% a 72%, come la testa è girata verso il lato controlaterale da 0° (neutro) a 45° a 90°, rispettivamente. La sovrapposizione crescente con la rotazione della testa è più evidente tra i pazienti con un aumento della superficie corporea (oltre 􏰀1.87 mq) e un aumento dei indici di massa corporea (􏰀oltre 25 kg/mq). L'ecografia può essere quindi utilizzata per modificare l'angolo di attacco per evitare questo meccanismo di foratura della carotide, dirigendo l'avanzamento l'ago lontano dalla carotide (si veda l'esempio sopra).




COMPLICAZIONI:
Diversi fattori contribuiscono al tasso di successo, al rischio ed alle complicazioni associate con l'incannulamento venoso centrale, comprese le caratteristiche del paziente, le comorbidità ed il sito di accesso. Sebbene il metodo di riferimento è associato ad un rischio di puntura arteriosa fra il 6.3% ed il 9.4% per la vena giugulare interna, fra il 3.1% al 4.9% per la vena succlavia e fra il 9.0% 15.0% per la vena femorale, é stato dimostrata una maggiore incidenza di puntura arteriosa durante tentato di posa della vena giugulare interna contro vena succlavia. Condizioni ad alto rischio comprendono disturbi dell'emostasi, pazienti non collaborativi o inconsapevoli, pazienti critici che possono essere ipovolemici e pazienti che hanno avuto più catetere precedente.

KEY-MESSAGE VENA GIUGULARE INTERNA:
Si raccomanda che i medici in ICU (sia in formazione che già adeguatamente formati) utilizzino l'ecografia real-time durante la posa di un CVC nella vena giugulare interna ogniqualvolta sia possibile, per migliorare il tasso di cannulazione e ridurre l'incidenza di complicazioni associate con l'inserimento di cateteri di grosso calibro; tale raccomandazione appare come evidenza scientifica di categoria A, livello 1.


VENA SUCCLAVIA:
La posa classica della vena succlavia (con i reperi anatomici) prevede di prendere i due terzi della clavicola nella porzione laterale (circa 2 cm lateralmente e 2 cm caudalmente all’angolo convesso della clavicola), inserendo l’ago per circa 1 cm inferiormente alla clavicola stessa in direzione mediale sotto alla prima costa, con un angolo di incisione non superiore a 30° (quasi parallelo alla superficie toracica). Si posiziona la mano non dominante sull’angolo della clavicola, proprio per mantenere il contatto fisico con il punto di repere. Dopo che con l’ago si é entrati nella cute, si deve andare in direzione della clavicola (parallelo alla porzione prossimale della stessa clavicola, si veda l’immagine) ma posteriormente alla clavicola stessa. Le caratteristiche tipiche di questa punzione rispetto alla punzione classica sono: a) l’uso di una maggiore quantità di anestetico locale (Lidocaina 1% 10 ml) per poter adeguatamente anestetizzare tutto il percorso dell’ago e del catetere, b) la necessità di entrare con l’ago in maniera quasi parallela alla cute e sempre in aspirazione per controllare l’eventuale formazione di pneumotorace, c) l’importanza di inserire adeguatamente il dilatatore per evitare che la posa del catetere sia successivamente complicata, con un maggiore rischio di sanguinamento.




Sicuramente la posa di un CVC in questa sede deve richiedere una conoscenza da parte del medico su una posa senza l’uso dell’ecografia, perché fra tutte le sedi di posa di accessi venosi centrali, é la sede dove ci sono numerose strutture rigide, per cui la posizione delle strutture vascolari é meno influenzata da varianti anatomiche; in questo caso la variante più importante é l’esperienza del medico per la posa classica di un CVC succlavia.



In caso si utilizzino gli ultrasuoni, generalmente si usa la posa infraclaveare, con un punto di punzione che é certamente più laterale rispetto al punto di punzione classico, dove la struttura venosa é più superficiale e facilmente accessibile agli ultrasuoni. Tramite un paziente in posizione neutra con il braccio leggermente tirato verso il basso, si ha un allineamento delle strutture vascolari che rende più facile la posa del catetere (soprattutto l’inserzione del filo guida). Anche sotto guida ecografica, l’angolo di introduzione del catetere deve essere ben controllato, per evitare di provocare uno pneumotorace, entrando pertanto in maniera quasi parallela alla parete toracica. Tramite ecografo (meglio piccolo per poter visualizzare la vena anche in toraci di piccole dimensioni) si seguono le strutture venose dalla loro emergenza dalla cassa toracica fino alla spalla, prendendole in proiezione trasversale (SAX), in modo da identificare la struttura vasculo-nervosa, con i rami nervosi che si dispongono progressivamente attorno all’arteria succlavia (poi arteria omerale), lasciando più libera la vena succlavia. Bisogna fare attenzione alla pulsatilità, perché in questo caso una respirazione profonda, piuttosto che un rigurgito tricuspidalico importante possono portare falsamente alla pulsazione della vena. In caso di dubbio l’uso del Doppler rappresenta un valido aiuto per identificare la curva arteriosa o venosa. 



Uno studio prospettico ha dimostrato un maggior tasso di successo (92% vs 44%) della posa di un CVC in una vena succlavia tramite ecografia rispetto al metodo classico, con minori complicazioni (1% vs 11%) e meno funzioni arteriose. Uno studio più recente condotto su oltre 1.200 pazienti (con 354 vene succlavie) non mostra tali netti miglioramenti, anche se si conferma una trend verso un minore tasso di complicanze con l’ecografia. Come detto, probabilmente la presenza di strutture più rigide portano ad un minore tasso di varianti anatomiche che rendono più facile l’identificazione delle strutture anatomiche.

COMPLICAZIONI:
Il tasso di complicazioni per la posa di vene succlavie con il metodo classico oscilla fra lo 0.3% ed il 12%, comprendendo pneumotorace, ematomi, punture arteriose, emotoraci, embolie gassose, aritmie o lesioni del dotto toracico (per punzioni eseguite a sinistra), ecc… Uno studio ha dimostrato che il maggior fattore determinante uno scarso tasso di successo sia la lettura sbagliata dei reperti anatomici (generalmente da parte di medici in formazione). Altri fattori sono una pregressa radioterapia locale, una pregressa cateterizzazione, un elevato BMI (oltre 30 Kg/mq), la presenza di fratture costali ed un training medico inferiore ad un anno di attività in ICU. Se fallisce il primo tentativo, il tasso di fallimento successivo é del 1.6%, se si fallisce al secondo tentativo il tasso di insuccesso arriva al 10.2%, se si supera il secondo tentativo si arriva ad un tasso di insuccesso del 43%. 



Un corretto posizionamento del catetere (con una buona identificazione dei reperti anatomici) si associa nella maggior parte dei casi con un basso tasso di complicanze meccaniche, trombotiche ed infettive. Appare comunque corretto il controllo dopo posa di CVC (soprattutto a livello succlavio) di una radiografia del torace, per escludere l’eventuale comparsa di pneumotorace o di emotorace.

KEY-MESSAGE:
Ad oggi la letteratura non supporta l’uso di routine dell’ecografia per la posa di CVC nelle vene succlavie in pazienti che non presentano particolari fattori di rischio; ogni operatore non dovrebbe eseguire un tentativo con reperti anatomici oltre due volte. Appare pertanto indicata la posa di CVC succlavi con controllo ecografico sicuramente dopo il secondo tentativo andato a vuoto. L’uso dell’ecografia in questi casi é basato su evidenze di categoria A, livello 3.


VENA FEMORALE:
La vena femorale generalmente viene usata come accesso venoso per procedure cardiache sul lato destro del cuore oppure come posa di emergenza, perché appare più sicura in merito a complicanze meccaniche e la sua posizione é facilmente prevedibile anche senza l’uso dell’ecografia. Generalmente si localizza nel triangolo di Scarpa (superiore: legamento inguinale, mediale: muscolo adduttore, laterale: muscolo sartorio) nella regione mediale all’arteria femorale, che viene palpata con la mano non dominante. La punzione anatomica prevede di mantenere una mano sull’arteria femorale e pungere in direzione mediale al punto di percezione del polso, fino a trovare il flusso venoso femorale. Per evitare complicanze di punzione, l’angolo dell’articolazione coxo-femorale deve essere il più possibile piatto, per evitare che l’addome possa premere sulle strutture venose.



COMPLICAZIONI:
La complicanza più frequente é l’infezione del catetere, che correla sia con il numero di tentativi nella sua posa che con una degenza prolungata; alcuni studi più recenti sembrano dimostrare che non si ha una incidenza più elevata di infezioni se si correla con il sito giugulare. Un altra complicanza é la punzione arteriosa, con rischio di ematomi che possono anche estendersi in maniera estremamente importante. Più raramente si possono avere lesioni nervose, con comparsa di parestesie oppure ancora più raramente perforazioni della vescica.

In questi casi l’uso di ultrasuoni si é dimostrata utile per ridurre il rischio di complicante meccaniche, perché il triangolo di Scarpa appare comunque troppo largo per poter correttamente identificare al primo tentativo la sede della Vena Femorale. L’uso dell’ecografia riduce il rischio di complicanze meccaniche in maniera chiara.

KEY-MESSAGE:

Ad oggi le evidenze scientifiche per l’uso dell’ecografia real-time per la posa di CVC in sede femorale é di categoria C, livello 2 (cioè equivoca con insufficienti evidenze scientifiche) ed inoltre le complicanze con la posa errata di un CVC femorale sono meno importanti rispetto alla posa giugulare o succlavia. Appare pertanto consigliato il suo utilizzo per lo meno prima della posa del device, per controllare l’anatomia e la corretta posizione della vena; l’uso real-time non é indicato e viene riservato a situazioni particolarmente complesse o per teaching.



(continua...)

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