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Pressioni Capillari Polmonari (Capitolo 2.9.3)



Continuando a trattare sugli elementi fisiologici e fisiopatologici fondamentali per la conoscenza della fisiologia cardiovascolare della piccola circolazione, terminiamo infine la trattazione parlando della pressione capillare polmonare, che é uno dei principali determinanti del flusso di fluidi attraverso la parete del capillare polmonare; un aumento della pressione infatti porta ad un aumento dell’uscita di fluido a livello del capillare, con sviluppo di edema interstiziale. I determinanti della pressione capillare polmonare sono la PAPm, le PVR su cui abbiamo già ampiamente discusso (si vedano gli appositi capitoli in cui abbiamo discusso delle resistenze vascolari polmonari, Capitolo 2.9.1 e Capitolo 2.9.2) ed il flusso ematico totale. Mantenendo la gittata cardiaca costante, la pressione idrostatica nei capillari polmonari dipende dal magnitudo della resistenza al flusso ematico attraverso la circolazione polmonare e dalla sua distribuzione tra i vasi pre/post-capillari. In questo capitolo affronteremo brevemente alcuni principi di fisiologia e fisiopatologia riguardante la pressione capillare polmonare.


FISIOLOGIA PRESSIONE CAPILLARE:
Le resistenze del flusso attraverso la circolazione polmonare risultano in una caduta di pressione dalle grandi arterie polmonari fino all’atrio sinistro; le resistenze possono essere schematicamente divise in resistenze arteriose e venose poste in serie fra loro, con una piccola resistenza intermedia dove si hanno i vasi capillari, che rappresenta soprattutto un sistema di capacitanza. Se in maniera semplicistica si può rappresentare come si vede in figura, il vero modello é composto da tre comparti, dove si hanno tre sistemi complianti la compliance arteriosa, capillare e venosa cui sono interposte 4 resistenze (grandi e piccole arterie, grandi e piccole vene), ma questo modello non migliora l’accuratezza di misurazione della pressione capillare polmonare.




Se prendiamo il modello semplificato, possiamo comprendere come la pressione capillare polmonare possa essere misurata in base al profilo del decadimento pressorio misurato tramite catetere polmonare. All’occlusione del pallone, si ha una rapida riduzione del flusso ematico a valle del catetere, quindi con un’ultima, importante quantità di sangue che scende dalle arterie alle arteriole, e dalle arteriole ai capillari, per poi passare dai capillari ai vasi venosi. Circa i due terzi della caduta pressoria che si vede riflette il decadimento pressorio nell’arteria polmonare.

Se si analizza il decadimento pressorio alla manovra di occlusione, la curva prima scende in maniera brusca, riflettendo le resistenze arteriolari che portano il sangue fino ai capillari, e successivamente si ha un cambio di pendenza, quando le resistenze si modificano a valle del sistema capillare, per arrivare poi all’equilibrio con la PAPO. Tenendo conto di eseguire la migliore misurazione durante l’espirazione, é proprio il punto in cui si ha il cambio di pendenza che é un buon punto per stimare la pressione capillare polmonare. Un metodo più preciso sarebbe quello di prendere le pressioni 0.3-2 secondi prima/dopo l’occlusione e di tracciare in base alla pressione media, una curva esponenziale che unisca i due tracciati, per poi interpolare la retta della pendenza che abbiamo visto prima. Nonostante questo metodo sia più accurato rispetto al primo metodo, ad oggi generalmente si esegue una valutazione visuale durante la manovra di occlusione.





FISIOPATOLOGIA PRESSIONE CAPILLARE:
Dopo che abbiamo visto come poter misurare e stimare la pressione capillare polmonare, ci concentriamo sulla sua utilità fisiopatologica, dato che come abbiamo accennato all’inizio tale pressione é il maggior determinante del flusso di liquidi che può uscire dal capillare ed arrivare a livello interstiziale. Dalla fisiologia di base conosciamo che esistono due forze che si contrappongono per il determinismo del fluido totale attraverso i capillari, quali la pressione idrostatica (che porta da un flusso in uscita dai capillari) e la pressione oncotica principalmente determinata dall’albumina, che determina e regola il flusso in entrata dei liquidi per effetto osmotico. Se questo rapporto fra i due componenti viene analizzato in maniera più approfondita tramite l’equazione di Starling si ha che:

Efflusso del fluido = Kfc * [(Pcap - Pinterst)] - Kd * [(πcap - πinter)]

L’equazione di Starling vuol dire che il fluido d’efflusso finale é pari al prodotto fra il coefficiente di filtrazione capillare Kfc (che é il prodotto della conduttività idraulica della prete capillare e la superficie capillare) e la differenza fra la pressione oncotica e la pressione interstiziale, cui va sottratto il prodotto fra il coefficiente di riflessione Kd (valore che va da 0 - capillare completamente permeabile a 1 - capillare impermeabile alle proteine). Bisogna ricordarsi che quando il flusso di liquidi in uscita dal capillare aumenta, aumenta anche il drenaggio linfatico totale, che porta ad una riduzione della pressione oncotica dell’interstizio (che appare più diluito) ed aumenta la pressione dell’interstizio, cercando di controbilanciare l’uscita del fluido. Questa equazione spiega inoltre l’importanza della permeabilità dei capillari polmonari, in quando a bassa/nulla permeabilità, la pressione idrostatica può essere anche molto elevata senza che si abbia un efflusso di fluido.

Tutto questo non é misurabile in vivo, mentre la sola misurazione di questa equazione che possiamo fare é la misurazione della PAPO e soprattutto la misurazione della pressione capillare, che ci aiuta a riflettere se siamo di fronte ad un sovraccarico idrico polmonare legato ad un aumento della pressione idrostatica (problema cardiogeno o di sovraccarico) piuttosto che ad un problema di permeabilità. È chiaro che possono concomitare i due problemi e ad oggi la sola misurazione con Swann-Ganz non é sufficiente per discriminare i due elementi. Di contro, tramite metodiche di termodiluizione sistemica (PiCCO) é possibile eseguire una stima dell’acqua polmonare extravascolare e -  ancora - eseguire un’ulteriore stima sulla permeabilità vascolare polmonare (PVP) come percentuale della permeabilità data dai capillari vascolari polmonari.

PRESSIONI CAPILLARI POLMONARI E RIEMPIMENTO:
A livello capillare un altro dato estremamente importante riguarda l’interazione con la responsività ai fluidi (si veda il capitolo dedicato, Capitolo 2.2), dato che é ben noto come ad oggi esistano una serie di parametri dinamici che permettono di prevedere le modifiche della pressione in risposta alla somministrazione di fluidi (PPV, SVV, ecc…). Durante le fasi di capillary-leak e/o di vasoplegia sistemica (soprattutto in caso di shock settico), il ruolo della pressione idrostatica a livello capillare polmonare gioca un ruolo chiave per lo sviluppo di ARDS. Come si può vedere in figura, anche se esiste una correlazione diretta fra l’aumento delle pressioni idrostatiche polmonari ed il rischio di aumentare l’acqua extravascolare polmonare (EVLWi), la permeabilità capillare polmonare (calcolato dal PVPi del sistema PiCCO) gioca un ruolo altrettanto fondamentale nel determinare le modificazioni della curva. 



Allo stesso tempo però, le modificazioni della curva permettono di comprendere in maniera indiretta la forma della curva, analizzando la risposta delle modifiche dell’EVLWi in risposta alle modifiche della pressione capillare polmonare. Anche se bisogna ricordarsi che le misurazioni riguardanti l’EVLWi ed il PVPi sono calcoli estremamente indiretti (pertanto soggetti a facili modifiche), é stato dimostrato che valori anormali di EVLWi (al di sopra di 10 ml/Kg) sono un fattore indipendente di mortalità in caso di ARDS, ancora di più se si confrontano i valori basali di EVLWi rispetto ai valori basali del rapporto PaO2/FiO2






Il punto chiave é quello di integrare questi valori nel sistema cardiovascolare quando si parla di somministrazione di fluidi, perché tali misurazioni permettono di prevedere o di analizzare il rischio più o meno reale di generare o peggiorare un edema polmonare alla somministrazione di fluidi.

(continua…)


REFERENCES:
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8. Cecconi M, De Backer D, Antonelli M et al. (2014) Consensus on circulatory shock and hemodynamic monitoring. Task force of the European Society of Intensive Care Medicine. Intensive Care Med, 40(12): 1795-815.
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