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Tachiaritmie (Capitolo 2.5.2b)




Per aritmie ipercinetiche si intendono una serie eterogenea di condizioni clinico-patologiche caratterizzate da una frequenza cardiaca superiore a 100 bpm; sono condizioni che possono coinvolgere sia forme benigne e transitorie che forme life-threatening. Va ricordato che in ICU si hanno circa dal 4% al 32% di episodi di tachiaritmia sopraventricolare fra i pazienti ricoverati, e tale condizione probabilmente é sottodiagnosticata. Sono condizioni che si associano ad una maggiore degenza in ICU e ad una maggiore mortalità intraospedaliera ed alla dimissione, per cui é importante poterle adeguatamente riconoscere e trattare.



FISIOPATOLOGIA:
Le cause che possono portare allo sviluppo di tali aritmie sono differenti e non sempre sono individuate; spesso si ha un fenomeno di cronotropismo positivo, con aumento della frequenza del nodo seno-atriale (non sempre di significato patologico, va inserito nel contesto del quadro clinico). Un altro meccanismo é quello dell’automatismo, con aumento spontaneo o indotto della frequenza dei pace-maker latenti, prendendo il sopravvento sul nodo seno-atriale; si genera pertanto un focus ectopico ipereccitabile che agisce in maniera regolare o irregolare. L’attivazione può essere spontanea, degenerativa o indotta (spesso da situazioni pro-infiammatorie o da farmaci). Un ultimo meccanismo é quello del rientro, inteso come disturbo della propagazione dell’impulso, che comporta l’instaurarsi di un cortocircuito; per avere un rientro deve esistere un circuito con 2 vie comuni con uno sdoppiamento, un blocco patologico unidirezionale ed un rallentamento della branca non bloccata. E’ una condizione che può essere secondaria alla presenza di fasci aberranti o a seguito di fibrosi miocardiche (tipicamente post-ischemia o idiopatiche) che portano alla generazione di micro/macro-rientri.



EXTRASISTOLIE:
Le extrasistoli (Ex) sono impulsi singoli che episodicamente nascono in sedi differenti dal nodo seno-atriale; sono impulsi che si sovrappongono al ritmo di base e ne interrompono la normale sequenza ritmica, potendo svilupparsi in qualsiasi punto del sistema di conduzione cardiaco. Le extrasistoli atriali possono comparire nel paziente sano (per stress fisico, uso di sostanze eccitanti, ecc…) o malato (in questo caso é spesso legato alla distensione eccessiva della parete atriale con effetto batmotropo positivo). All’ECG si caratterizza per alterazioni dell’onda P ed alterazioni intervallo PR; si ottiene poi una pausa non compensatoria, dato che il nodo seno-atriale viene “scaricato” anticipatamente da parte della extrasistole. A livello clinico una extrasistole atriale non viene condotta in periferia; inoltre possono decorrere come sintomatiche o asintomatiche; sono forme benigne e non richiedono terapia.

Le extrasistoli giunzionali sono rare, nascono dal nodo atrio-ventricolare, diffondendo agli atri ed ai ventricoli (spesso con una differente sincronia); all’ECG si caratterizzano per un QRS normale (dato che la conduzione intraventricolare è mantenuta), un’onda P che può essere invertita, oppure può decadere con il QRS (in questo caso é nascosta) oppure con l’onda T. Solitamente é una forma benigna, che generalmente non necessita di terapia. Le extrasistoli ventricolari sono fra le extrasistoli più frequenti, sia nei pazienti sani che malati. Possono essere forme isolate, che si manifestano ogni 2-3 sec. ecc… e che sono stratificate in base ad un criterio di severità secondo la classificazione di Lown, classificazione di tipo prognostico, in cui basta la presenza del segno più grave per classificare il paziente nella categoria più avanzata: nella classe 0 non si hanno extrasistoli ventricolari, nella classe 1 si hanno un numero di extrasistoli ventricolari inferiori a 30 in un’ora; nella classe 2 si hanno extrasistoli ventricolari superiori a 30 all’ora, nella classe 3 si hanno complessi multifocali (polimorfi), nella classe  4a si ha bigeminismo e nella classe 4b episodi di tachicardia ventricolare ed infine nella classe 5 si può avere il fenomeno R/T che si sviluppa quando sul picco dell’onda T (periodo di massima vulnerabilità ventricolare, in cui il ventricolo sinistro é ripolarizzato al 50% in maniera patchy, a chiazze) si sviluppa un’extrasistole ventricolare (onda R); un QT lungo facilità il rischio di extrasistoli ventricolari e pertanto viene considerato un fattore di rischio. Le extrasistoli ventricolari all’ECG si caratterizzano per un QRS superiore a 120 msec, senza l’onda P e ravvicinata rispetto al battito precedente. Dato che extrasistole ventricolare non “scarica” il nodo seno-atriale (per la copertura da parte del nodo atrio-ventricolare che funge da filtro), il battito ventricolare successivo non è anticipato rispetto allo stesso battito in assenza di extrasistole (si parla di pausa compensatoria). Le extrasistoli ventricolari sono molto pericolose se precoci (per il rischio di sviluppare il fenomeno R/T), ripetitive, polimorfiche e frequenti. Generalmente non richiedono terapia; vanno trattate nel caso di extrasistoli ventricolari in pazienti con cardiopatia ischemica e/o in pazienti molto sintomatici ed in questi casi si utilizza una terapia B-bloccante e - nei pazienti refrattari alla terapia medica - una radiofrequenza con ablazione.




TACHICARDIE: 
Le tachicardie sono un gruppo di patologie caratterizzate da un’accelerazione del battito cardiaco oltre i 100 bpm, ma con un ritmo che si mantiene regolare; sono classificate in forme sinusali, atriale parossistica, giunzionale e ventricolare. Le tachicardie sopraventricolari sono un gruppo eterogeneo di condizioni clinico-patologiche che si caratterizzano per la presenza di una tachicardia (quindi con un battito oltre 100 bpm); sono principalmente 7 (qui ne accenneremo qualcuna) e si suddividono in base a diverse caratteristiche (ritmicità, QRS, ecc…). La condizione clinica si stratifica a partire dalla risposta ventricolare e solo successivamente si passa all’analisi diagnostica per stabilire il trattamento appropriato.

TACHICARDIA SINUSALE (35%): 
La tachicardia sinusale rappresenta il 35% delle tachicardie e si caratterizza per una sequenza ritmica di battiti oltre 100 bpm a conduzione normale; si ha la presenza dell’onda P verso la fine dell’onda T del ciclo cardiaco precedente. La frequenza cardiaca massima è tipicamente pari a 220 - età del paziente; con il massaggio del glomo carotideo, la manovra di Valsalva o l’applicazione di freddo sulla faccia può scomparire. Le cause tipicamente sono da ricercare nell’uso di beta-agonisti, dolore/ansia, ipovolemia/anemia, disfunzione ventricolare sinistra, sepsi e/o vasoplegia periferica, febbre e/o tirotossicosi. La terapia generalmente è quella di trattare la causa soggiacente, ed eventualmente somministrare una terapia B-bloccante a dipendenza della causa.

FIBRILLAZIONE ATRIALE: 
Sulla fibrillazione atriale é stato dedicato un capitolo apposito (si veda il capitolo 2.5.3); é la forma più frequente di aritmia sopraventricolare e si caratterizza per la presenza di differenti foci ectopici atriali che scaricano a frequenza differente ed in maniera scoordinata. La frequenza atriale può raggiungere i 400-600 bpm, e gli impulsi sono bloccati a livello giunzionale, con una frequenza cardiaca variabile dai 55-60 bpm fino ai 200-220 bpm. La sintomatologia è legata soprattutto all’aritmia ed alle conseguenze emodinamiche (soprattutto se è ad alta frequenza); all’ECG si caratterizza per un’aritmia a complessi QRS stretti ed irregolari, senza onde P. Dei parametri prognostici, predittivi di recupero del ritmo sinusale e del management terapeutico ne parleremo nel capitolo dedicato (si veda il Capitolo 2.5.3).

FLUTTER ATRIALE:
Il fletter atriale si caratterizza per un disordine del ritmo atriale, dovuto ad un rientro cronico locale a livello dell’atrio, generato da un tessuto di conduzione che si trova attorno all’ostio tricuspidale (nella forma “classica” avviene in senso antiorario). Tipicamente é una malattia associata a situazioni patologiche come atriomegalia, ipertensione polmonare, diabete, obesità, distiroidismi, chirurgia cardiotoracica, infiammazione atriale; pertanto nella maggior parte dei casi in un paziente con flutter atriale va sospettata una cardiopatia soggiacente. All’ECG si hanno onde F a “denti di sega” a frequenza di 240-300 bpm, costanti fra i diversi QRS che si presentano a conduzione fissa 2:1, 3:1, 4:1, ecc… La frequenza ventricolare pertanto è tipicamente una divisione di 300 (tipicamente 150 o 75 bpm). La terapia della fase acuta (se il paziente é stabile) si basa sull’utilizzo di Amiodarone (eventualmente anche sull’uso di B-bloccanti). Nelle forme croniche si esegue una radiofrequenza ablativa che si è dimostrata efficace in oltre il 90% dei pazienti, con un rischio operatorio basso (attorno all’1-2%). Anche in caso di flutter si ha rischio di embolizzazione da formazione di trombi locali. La cardioversione elettrica risulta spesso efficace con l’uso di bassa energia (50 J), ma proprio per valori così bassi e l’alta probabilità di successo si preferisce utilizzare una singola scarica attorno a 100 J. Dopo il terzo tentativo fallito, la cardioversione elettrica non risulta più efficace, pertanto non deve essere utilizzata, sviluppando un’altra scelta terapeutica.



TACHICARDIA GIUNZIONALE:
La tachicardia giunzionale rappresenta il 20% delle tachicardie; il nome più appropriato è tachicardia nodale da rientro AV (AVNRT): è una aritmia da rientro, dove si hanno due vie separate nel nodo AV con due periodi refrattari e due velocità di conduzione differente; tali vie sono collegate fra loro prossimalmente verso l’atrio e distalmente verso il fascio di His; in caso di un impulso ectopico atriale precoce, si ha la formazione di un rientro nodale che genera la tachicardia. Tipicamente si manifesta con una tachicardia (con frequenza cardiaca oltre 150 bpm) con un QRS stretto, senza onde P o con la rilevazione di onde P fuse con il QRS o con P negative.

In questi casi la terapia è tramite Adenosina (che allunga il periodo refrattario del nodo AV) che può portare anche a ripristino del ritmo sinusale, ma anche con B-bloccanti o flecainide (la flecainide va somministrata dopo il B-bloccante perché in caso di fascio accessorio c’è il rischio di avere una tachicardia ventricolare). A lungo termine può essere necessaria l’ablazione del nodo AV (sulla base della valutazione clinica in termini di frequenza degli episodi, tolleranza clinica delle tachicardie ecompliance medicamentosa). Fra i B-bloccanti che possono essere utilizzati vanno ricordati il metoprololo somministrato a 1 mg IV ogni 2 min (massimo 5 mg x 3 volte) e l’esmololo [Brevibloc] somministrato a 0.5 mg/Kg in 1 min, seguito da 0.05-2 mg/Kg/min per 4 minuti.

TACHICARDIA ATRIALE PAROSSISTICA:
E’ una tachicardia che rappresenta il 4% delle tachicardie cardiache e che può avere origine sulla base di automatismi focali (8-10% delle volte) o derivare da un semplice rientro AV (60% dei casi) o per la presenza di un rientro atrio-ventricolare con fascio accessorio annesso (nel 30% dei casi). Tipicamente é una tachicardia legata alla presenza di fattori pro-aritmici e/o cardiopatie strutturali soggiacenti e tipica è la tossicità provocata dalla digoxina e/o dall’ipokaliemia; in questo caso si ha la presenza di un blocco AV associato. La terapia è quella di sospendere la digoxina (e/o trattare la causa) e somministrare Adenosina; a volte è anche efficace una terapia B-bloccante o il Diltiazem IV, da usare con cautela in pazienti con BPCO.

TACHICARDIE VENTRICOLARI:
Il RIVA (Ritmo Idio-Ventricolare Accelerato) é un’aritmia caratterizzata dalla presenza di un automatismo distale al fascio di His di circa 60-120 bpm ed è tipico dei pazienti con infarto del miocardio o subito dopo una rivascolarizzazione, un’intossicazione digitalica e/o episodi di ipokaliemia severa. È un ritmo tipicamente asintomatico ad evoluzione favorevole; in casi di persistenza si può eventualmente usare dell’adenosina per spegnere il focus ectopico. 


La tachicardia ventricolare (TV) é definita come una sequenza di oltre 3 extrasistoli ventricolari a frequenza superiore a 120 bpm, che può essere sostenuta (se perdura per oltre 30 sec) o non sostenuta (se inferiore ai 30 sec); il QRS presenta una morfologia differente a seconda del differente focus ectopico. Non esistono in questi casi onde P. E’ una emergenza cardiologica, dato che si ha un ridotto flusso periferico e d una minore performance cardiaca che può precede la fibrillazione ventricolare e richiede un corretto approccio terapeutico. Una TV non sostenuta è più frequente nell’età anziana, associato a disfunzione ventricolare sinistra e/o a cardiomiopatia; se insorge su un cuore sano e/o entro le 48 ore da un infarto non si associa ad un incrementato rischio di morte. Generalmente si tratta con B-bloccanti e/o antiaritmici di classe III per ridurre la frequenza cardiaca e l’iper-eccitabilità cellulare. La TV sostenuta tipicamente nasce su un circuito di rientro secondario ad un quadro post-ischemico; se il paziente ha un polso si tratta con amiodarone 300 mg IV, altrimenti se non ha polso si tratta mediante l’algoritmo ACLS dell’arresto cardiaco con defibrillazione. Ci sono alcune situazioni cliniche dove può essere difficile porre una corretta diagnostica differenziale fra la tachicardia ventricolare ed una tachicardia sopraventricolare con complessi larghi (per conduzione aberrante): in caso di instabilità emodinamica l’aritmia va considerata come una tachicardia ventricolare e si procede con la cardioversione elettrica. Altrimenti si esegue un ECG per studiare meglio il paziente e porre una corretta diagnostica differenziale; la presenza di una frequenza cardiaca superiore a 170 bpm o di un QRS superiore a 140 msec è più indicativo di una tachicardia ventricolare.




PRE-ECCITAZIONE VENTRICOLARE:
Si parla di pre-eccitazione ventricolare se esistono delle vie accessorie come il fascio di Kent (fra atrio e ventricolo destro), il fascio di James (fra l’atrio e le strutture distali al nodo atrio-ventricolare) o il fascio di Mahaim (fra l’atrio ed il ventricolo sinistro). L’esempio più frequente è la sindrome di Wolf-Parkinson-White dove si genera un macrorientro fra il fascio di His e quello di Kent; all’ECG si ha un’onda P normale, un PR più corto (per la presenza del fascio accessorio che accelera l’eccitazione ventricolare) ed un QRS superiore ai 120 msec, con la presenza di un’onda che si chiama onda δ. Esistono poi le forme ortodromiche (con QRS stretto) dove si ha una conduzione classica ed un utilizzo del fascio accessorio in direzione ventricolo —> atrio, ma esistono anche le forme antidromiche (a QRS allargato) dove il fascio accessorio è utilizzato in senso contrario atrio —> ventricolo. Il trattamento dei pazienti con WPW classico è come la terapia standard delle tachicardie, mentre bisogna porre particolare attenzione ai casi di malattia con complessi QRS larghi, dato che l’utilizzo di bloccanti del nodo AV (come i B-bloccanti o i Calcio-antagonisti) può determinare il passaggio dell’impulso a livello del fascio accessorio, con rischio di formazione di tachicardia ventricolare; questi casi vanno invece trattati con Procainide e radiofrequenza ablativa. Non va somministrata Digoxina in caso di un fascio accessorio per il rischio di rallentare ulteriormente il nodo AV con maggiore trasporto di impulsi al ventricolo tramite il fascio accessorio. Quando si ha il sospetto di una malattia di Wolf-Parkinson-White é sempre meglio coinvolgere i colleghi cardiologi nella discussione per una corretta presa a carico farmacologica.




TORSADE DE POINT:
La torsade de point è simile alla tachicardia ventricolare ma presenta foci ectopici ventricolari sempre differenti; tipicamente é secondario al fenomeno R/T ed é favorito dalla presenza di QT lungo. Viene così definito perché il QRS continua a mutare forma e, se si volesse calcolare l’asse cardiaco, questo continuerebbe a ruotare su se stesso. Le cause sono più facilmente da ricercare in diselettrolitemie (soprattutto in deficit di magnesio), nell’uso di terapie anti-aritmiche, di sindrome del QT-lungo, per bradiaritmie, ischemie cardiache, uso/abuso di neurolettici, assunzione di antibiotici (soprattutto i macrolidi ed i fluorochinoloni) ed intossicazioni (come da arsenico). La terapia é sia di tipo eziologico (quindi si instaura un trattamento dell’ipokaliemia, dell’ipomagnesiemia, si sospendono i farmaci pericolosi, ecc…) che mediante la rapida e pronta somministrazione di magnesio 300 mg IV.


MANAGEMENT TERAPEUTICO:
Clinicamente i sintomi che il paziente manifesta sono sintomi riconducibili ad una bassa portata periferica (un aumento patologico del ritmo comporta uno scompenso funzionale) e da accumulo di sangue a monte (dispnea, astenia, sincope/lipotimie), con una concomitante riduzione del tempo di ripolarizzazione (angina) e palpitazioni. ll management generale stratifica le tachiaritmie in forme a QRS stretto e largo. Nelle forme a QRS stretto come prima opzione si possono utilizzare le manovre vagali con lo scopo di aumentare il tono vagale ed aumentare il blocco AV; il rallentamento permette di porre la diagnosi. L’adenosina è una seconda opzione, che permette di cardiovertire il paziente e/o porre la diagnosi in termini di aritmia sopraventricolare; va utilizzata cautamente in caso di trapianto cardiaco (1 mg) per una ipersensibilità locale. Può inoltre provocare gravi broncospasmi e fibrillazione ventricolare. La cardioversione elettrica può essere di aiuto per l’instabilità emodinamica. Nelle forme a QRS largo l’adenosina è di aiuto diagnostico perché non ha alcun effetto e permette di porre una diagnostica differenziale fra le forme di tachicardia sopraventricolare a complessi larghi e le tachicardie ventricolari; la cardioversione elettrica ha un ruolo maggiore dato che spesso possono essere presenti instabilità emodinamiche. Eventualmente l’amiodarone ed altri antiaritmici specifici (sotalolo, procainamide, ecc…) hanno un ruolo nella prevenzione o trattamento di tali aritmie.

MANOVRE VAGALI:
Le manovre vagali hanno effetto stimolante sul sistema parasimpatico, con liberazione di acetilcolina che agisce con ottimo effetto sui nodi seno-atriale ed atrio-ventricolare; in generale tutte le tachicardie che seguono il nodo atrio-ventricoalre come substrato possono beneficiare delle manovre vagali. Le manovre vagali sono controindicate in caso di QRS allargato (compreso la sindrome di Wolf-Parkinson-White) ed inoltre la stimolazione bilaterale dei globi oculari appare vecchia e pericolosa (con rischio distacco retinico) pertanto non é da eseguire. 



Per la manovra di Valsalva esistono diverse metodiche: la metodica più intensa ed efficace risulta quella con inspirazione profonda, seguita da contrazione intensa della muscolatura addominale espiratoria per 10 secondi, con la glottide chiusa (come per spingere per andare di corpo). Chiaramente é una manovra che richiede una buona collaborazione ed una buona comprensione da parte del paziente. Il massaggio del seno carotideo può incrementare il blocco AV e permette di distinguere alcune tachicardie; bisogna spiegare al paziente che non è doloroso, che verrà eseguito per poco tempo e che lo scopo è quello di vedere se si può generare un ipertono parasimpatico tale da portare a riduzione/scomparsa della tachicardia. Va ricordato che non bisogna eseguire mai il massaggio del seno in pazienti con stenosi carotidea nota o soffi vascolari, così come in pazienti con malattia arteriosclerotica certa o sospetta, che non va mai eseguito bilateralmente e che bisogna preferire il massaggio sul lato dell’emisfero non dominante, proseguendo per un massimo di 5-10 secondi. Il rischio é quello di portare al distacco di placche carotide con embolizzazioni cerebrali.

La posizione Trendelemburg induce una lieve stimolazione vagale per riempimento rapido dell’atrio destro da un aumentato ritorno venoso; può essere un’ulteriore manovra che si può eseguire rapidamente. Anche il riflesso oro-faringeo può essere buono per portare a bradicardizzazione: si può eseguire o evocando il vomito toccando la parte posteriore del faringe con l’abbassalingua oppure stimolando il riflesso tussigeno (chiedendo al paziente di tossire un po’ di volte). Il test dell’acqua fredda è poco utilizzato perché poco pratico; sicuramente immergere la testa o gli avambracci nell’acqua fredda stimola il riflesso vagale. L’adenosina a dosi incrementali di 6 mg IV bolus, poi 12 mg IV bolus e la terza volta a 18 mg IV bolus, incrementa il blocco AV, permettendo di valutare il ritmo atriale soggiacente. In caso di circuiti di macrorientro può anche arrestare l’aritmia.

I pazienti che rispondono bene alla stimolazione cardiaca, anche se per brevi periodi, possono beneficiare di una farmaco ad azione sul nodo atrio-ventricolare come il Verapamil, il Diltiazem ed i B-bloccanti.

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