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Allergia ed anafilassi (Capitolo 7.3.6)




Le reazioni allergiche e le anafilassi sono condizioni cliniche potenzialmente mortali che si presentano con differenti sintomi clinici; si parla di reazione allergica quando l’organismo acquisisce una ipersensibilità verso un antigene estraneo (del non-self) che generalmente é innocua per l’organismo. Lo scopo della Medicina Intensiva in questi casi é quello di riconoscere e trattare rapidamente il problema, garantendo un’adeguata stabilità emodinamica ed una adeguata pervietà delle vie aeree. In questo capitolo andremo brevemente a trattare i concetti chiave dell’allergia e dell’anafilassi.



Prima di analizzare i diversi quadri allergici e di anafilassi é importante dare qualche definizione. L’allergia (che dal greco significa alterata reattività) è un tipo di reazione immunitaria scatenata da sostanze normalmente presenti nell’ambiente (chiamate allergeni), che generalmente risultano innocue per i soggetti non allergici. L’allergia fa si che il sistema immunitario sia specificamente diretto verso un determinato antigene verso cui il corpo si è sensibilizzato precedentemente (dal punto di vista patogenetico in merito ai 5 meccanismi immuno-mediati, é una risposta di tipo I). L’atopia invece viene definita come la tendenza del singolo individuo a produrre IgE in risposta basse dosi di allergene, con lo sviluppo di un quadro clinico che appare tipico e caratteristico per ogni  organo interessato (spasmo muscolare a livello bronchiale, prurito a livello cutaneo, ecc…); la sola atopia non é sufficiente per generare un’allergia, perché é necessario anche una meiopragia locale, vale a dire un’ipersensibilità del tessuto. Quando si parla di anafilassi invece, si intende una reazione potenzialmente letale generata da una grave ipersensibilità ad un antigene, che si caratterizza di volta in volta per una manifestazione clinica differente, ma principalmente con ipotensione arteriosa (per vasodilatazione periferica) ed edema della glottide.


EZIOLOGIA:
Sicuramente esiste una componente genetica, una predisposizione nell’individuo, spesso a matrice ereditaria (sia dominante che recessiva), associato a diversi geni (come MHC, FCεR, IL4, RANTES, ecc…) che controllano la produzione di IgE, la risposta dei mastociti e/o la reattività d’organo. I cluster genici più importanti sono quelli delle IgE/IgE-r (11q13) e β2-r (5q31-33). Anche l’ambiente gioca un ruolo importante: alterazioni nelle IgA, che provocano un accumulo di antigeni sulle superfici mucose, aumentano il rischio di sensibilizzazione; anche la clearance muco-ciliare gioca un ruolo importante, perché una ridotta clearance aumenta il rischio di accumulo e di pinocitosi di antigeni potenzialmente allergenici. 

Alcuni fattori scatenanti sono la dieta (oli vegetali e grassi polinstaturi possono aumentare la produzione di PGE2, con deviazione immune TH1 verso TH2 e maggior rischio di allergia), la flora intestinale (ad esempio chi é cronicamente colonizzato da Clostridium spp e Staphylococcus spp é a maggior rischio di sviluppare atopia, mentre chi é colonizzato dai Lattobacilli e dai Gram negativi mostra una deviazione immune verso delle risposte principalmente di tipo TH1), il fumo (dato che porta ad un incremento di IL4) e le infezioni, soprattutto al tubo gastroenterico (che proteggono dalle allergie) e nelle vie aeree (che invece aumentano il maggiore rischio di allergie). Un’analisi del 2011 sulle cause di anafilassi in pazienti adulti ha dimostrato che il 34% delle reazioni era provocato da farmaci, il 31% da cibi, il 20% da punture di insetti, il 7.5% da allergeni ambientali, il 2.6% dal lattice, l’1.2% dall’esercizio fisico e l’11% da fattori ignoti.



Le forme di allergie da cibo sono estremamente frequenti nei bambini/giovani adulti, in particolare verso la frutta a guscio, i pesci ed i crostacei e sono responsabili del 94% delle morti per anafilassi da cibo. La reazione é spesso contro gli oli della frutta a guscio o dei crostacei. Per quello che invece riguarda l’allergia all’esercizio fisico (più frequente nelle donne che nell’uomo), in realtà l’allergia é spesso provocata da alcuni cibi che vengono ingeriti (generalmente entro le 4 ore precedenti all’esercizio, in particolare farine, mais, aglio, sedano, frutti di mare) e l’interazione con il lattato, le endorfine, il pH sferico e le CPK (tutti fattori che si modificano con l’esercizio fisico) facilita l’innesco dell’allergia. La prevenzione consiste nel non mangiare determinati cibi poco prima dell’esercizio fisico.


PATOGENESI:
Il meccanismo di una reazione allergica immuno-mediata é stata classificata da Gell & Coombs in 4 tipologie (a cui negli ultimi anni si é aggiunta una quinta tipologia); le reazioni di ipersensibilità sono le più frequenti in caso di anafilassi e sono di tipo 1 (IgE-mediate ed immediate) e di tipo 4 (legate alla risposta tardiva da parte dei linfociti T).



Le IgE (dette anche reagine), generalmente sono in basse concentrazioni plasmatiche (inferiori a 250 ng/ml) e sono omocitotrope (perché permettono di legare la porzione FcεR sui basofili); dopo il legame con l’antigene vanno incontro a modificazioni conformazionali con attivazione dei mastociti. I mastociti a loro volta sono ubiquitari nell’organismo, e prevalgono nelle sedi dove esiste una maggiore capacità di ingresso dei microrganismi. Sotto diversi stimoli (quali anafilotossine, proteina cationica dei polimorfonucleati, farmaci, ecc…) si ha l’attivazione dell’adeninato ciclasi (con incremento intracellulare di cAMP), maggiore ingresso di calcio intracellulare e degranulazione mastocitaria.



I mediatori che vengono rilasciati sono numerosi; i principali sono l’istamina (che rappresenta fino al 10% peso dei mastociti) i cui effetti principali sono la contrazione della muscolatura liscia, una maggiore permeabilità vascolare, una stimolazione della sensibilità periferica ed una maggiore produzione di HCl gastrico. Le proteasi sono altre sostanze emesse che vengono attivate a pH neutro, portando a digestione della membrana basale vascolare e del connettivo, facilitando l’arrivo delle cellule infiammatorie secondarie nel luogo del danno. Fra le citochine secrete ci sono soprattutto IL4, IL5, IL6 ed il TNFα, che portano ad un incremento dell’infiammazione ed una deviazione immune verso le TH2 (che a loro volta sono in grado di automantenere l’infiammazione). Altre sostanze secrete sono poi i derivati dell’acido arachidonico come i leucotrieni (LTC4, LTD4, LTE4), che mostrano una potenza di 30-1000 volte maggiore rispetto all’istamina, prostaglandine locali ed il fattore PAF.

Gli eosinofili vengono richiamati per chemotassi dall’IL5 (eotassina), dalla IL3 e dal GM-CSF; arrivati in sede, rilasciano diverse sostanze locali come MBP (Main Basic Protein), ECP (Eosinophil Cationic Protein), EPO (Eosinophil Peroxidase) ed EDN (Eosinophil Derived-Neurotoxin) che a loro volta aumentano l’infiammazione locale.

IPERSENSIBILITÀ NON IMMUNO-MEDIATA:
La fisiopatologia all’anafilassi idiomatica, diagnosi formulata per esclusione, é clinicamente simile all’anafilassi provocata da un allergene estrinseco, tranne per il fatto che i mastociti sono attivati in modo non immunologico e che la reazione non é antigene-dipendente. Questi pazienti dovrebbero accedere ad uno stretto follow-up con un allergologo e, data l’imprevedibilità della risposta e le possibili reazioni fatali, si dovrebbero munire di penna all’adrenalina. Alcuni di questi pazienti, soprattutto se soffrono spesso di anafilassi idiomatiche, potrebbero soffrire di mastocitosi, che é caratterizzato da un accumulo anomalo di mastociti nella cute o negli organi, con rilascio eccessivo di istamina endogena e, di consegna, prurito, dolori addominali, diarrea, dispnea, tachicardia o ipotensione. 

L’intensivista NON deve porre una diagnostica differenziale fra le forme di ipersensibilità immuno-mediata e non immuno-mediata, in quanto il meccanismo fisiopatologico ed il trattamento sono del tutto identici. Spetterà poi all’internista in collaborazione con l’allergologo lo studio e la determinazione del meccanismo patogenetico.




FISIOPATOLOGIA:
La manifestazione clinica più severa dell’anafilassi é lo shock anafilattico, che si caratterizza per la presenza di numerosi mediatori infiammatori che, localmente ed in maniera sistemica, provocano una risposta infiammatoria estremamente veloce ed importante. L’istamina ha un effetto di venodilatazione rapida ed importante che provoca una riduzione del ritorno venoso al cuore, con riduzione delle pressioni di riempimento e riduzione dello Stroke Volume, meccanismo che cerca di essere compensato da una tachicardia riflessa. Si assiste ad uno shock distribuito, caldo in periferia, ad alta gittata, con un quadro misto ipovolemico/distributivo. A questo possono associarsi reazioni locali con rossore/prurito/edema cutaneo, broncospasmo polmonare, diarrea/vomito profusi, ecc…

Il grado della reazione dipende dalla concentrazione delle IgE, dal numero di mastociti e basofili, dalla vie di esposizione dell’antigene, dalla sensibilità degli organi colpiti (si parla di meiopragia) e dalla velocità di insorgenza dei sintomi. 

Pertanto il paziente con shock anafilattico, dal punto di vista intensivistico, si presenta con due problemi principali: instabilità emodinamica e instabilità delle vie aeree. Per quello che concerne l'instabilità emodinamica ci si trova di fronte ad uno shock di tipo distributivo, caldo in periferia per la presenza di vasodilatazione periferica, con eventualmente associata un'aumentata permeabilità vascolare e - qualora il paziente sia in terapia con B-bloccanti o presenti una pre-esistente cardiopatia - una concomitante disfunzione cardiaca. Per quello che concerne l'instabilità respiratoria, i punti chiave sono: 1) la sicurezza delle vie aeree per il rischio di edema della glottide e 2) un eventuale broncospasmo ostruttivo delle vie aeree distali.


CLINICA:
Appena il paziente si presenta in Pronto Soccorso occorre eseguire un rapido triage e la rilevazione dei parametri volati; l’obiettivo é controllare le vie respiratorie e l’emodinamica del paziente, collegando poi il paziente ad un monitor per l’ECG e la pulsimetria in continuo. Deve essere rivalutata frequentemente la possibilità di intubazione (o di intubazione a fibre ottiche con paziente sveglio), anche in pazienti che inizialmente sembrano stabili, tenendo a portata la terapia per gestire l’instabilità emodinamica e l’intubazione tracheale. L’American Adacemy of Allergy, Asthma and Immunology Joint Task Force ha aggiornato le linee guida per la diagnosi ed il trattamento dell’anafilassi ed ha determinato come l’anamnesi rappresenti lo strumento più attendibile per determinare se il paziente abbia avuto un episodio anafilattico. È importante riconoscere le varie reazioni allergiche e come l’anafilassi si verifichi per una serie di reazioni, con una variabilità di segni e sintomi clinici che possono rendere difficile la diagnosi.





Una volta che si stabilizzata l’emodinamica e si abbia un controllo delle vie respiratorie (che non vuol dire che il paziente sia intubato, ma che sia stata stimato il rischio di intubazione ed il paziente sia sotto stretto controllo) si deve procedere con l’anamnesi per ottenere dal paziente, dai familiari e/o dai testimoni delle informazioni a riguardo dell’accaduto, in particolare al timing d’insorgenza dei sintomi, all’ordine di comparsa della sintomatologia, all’assunzione di sostanze esogene (farmaci, cibi, ecc…) e su eventuali punture d’insetto. All’esame obiettivo é necessario monitorizzare i parametri vitali, per le vie aeree controllare la pervietà delle stesse ed eventuali sintomi di pericolosità (cornage, tirage, sibili, dispnea, ecc…), sintomi cutanei (come rash ed edema), sintomi gastrointestinali (come nausea/vomito e diarrea), ecc…



Gli esami di laboratorio sono di scarsa/nulla utilità per la gestione precoce della malattia; in alcuni centri si procede con un prelievo rapido della triptasi, da eseguire a 3-6 ore di distanza. La triptasi é un enzima che viene spesso richiesto dagli allergologi per i casi acuti di anafilassi, dato che l’enzima é rilasciato dai mastociti, raggiunge un picco a 90 minuti e può essere testato nel siero fino a 3 ore dopo l’insorgenza dei sintomi. Normali livelli di triptasi non escludono l’anafilassi: é stato anche dimostrato come l’allergia da fattori assunti per via alimentare aumenti le triptasi in misura minore rispetto ad altre vie di assunzione.


TERAPIA:
Il trattamento definitivo delle vie aeree ha la precedenza, perché in caso di edema della glottide non sarà possibile intubare il paziente per via oro/naso-tracheale, dovendo ricorrere a cricotomie d’urgenza, con elevati rischi di mortalità e morbidità per il paziente. Segni come cornage, tirage, utilizzo della muscolatura accessoria, disfonia, ipossia, ecc… sono segni di severità dell’anafilassi, che richiede una pronta intubazione; anche il riscontro di angioedema del volto/delle labbra é un importante fattore di rischio per lo sviluppo di edema della glottide.

L’intubazione a sequenza rapida (RSI) é la manovra più utilizzata, anche se richiede un certo grado di esperienza per evitare di stimolare troppo la laringe del paziente ed aumentare il rischio di edema della glottide. Inoltre bisogna cercare di preferire, sulla base della situazione clinica del paziente, farmaci con effetto ipotensivo e vasodilatatori, dato che il paziente é ad alto rischio di presentare un’instabilità emodinamica. In alcuni casi viene preferita la tecnica ad intubazione con paziente sveglio (si veda il Capitolo 12.6 per le tecniche d’intubazione avanzate).




I pazienti con anafilassi sono ad altissimo rischio di instabilità emodinamica, richiedono pertanto una stretta sorveglianza del profilo pressorio e della frequenza cardiaca, informandosi inoltre se il paziente assuma cronicamente una terapia B-bloccante. È necessario posizionare 2 accessi venosi di grosso calibro e somministrare 500-1000 ml di cristalloidi il prima possibile. L’adrenalina é il farmaco di prima linea per il trattamento dell’anafilassi, dato che con i suoi effetti alfa-agonisti permette di aumentare notevolmente il tono vascolare, mentre con l’attività beta-agonista svolge un ruolo importante nell’aumento dell’inotropismo cardiaco e della broncodilatazione. In situazione d’urgenza/emergenza può essere utilizzata anche per via intra-muscolare, nella regione antera-laterale della coscia, in modo da raggiungere rapidamente il circolo, a dosi di 0.3-0.5 mg di una soluzione di Adrenalina 1:1000, corrispondente a 0.3-0.5 ml, potendola ripetere ogni 5-10 minuti secondo necessità. Dopo aver posizionato un accesso venoso, può essere somministrata direttamente in circolo per via intravascolare con 100 ug (0.1 mg) di soluzione 1:10.000 nell’arco di 5-10 minuti o secondo necessità clinica, in attesa di una stabilizzazione emodinamica o l’impostazione di una pompa IV di perfusione continua, generalmente a dose di 5-15 ug/min.

Gli antistaminici sono farmaci di seconda linea per il trattamento dello shock anafilattico, dopo la somministrazione di adrenalina, anche se non esistono studi randomizzati in tal senso; l’unico studio al momento disponibile ha mostrato come l’uso di antagonisti anti-H1/H2 rispetto all’uso di soli inibitori anti-H1, si é dimostrato più efficace. In corso di shock anafilattico, vengono somministrati IV, in aggiunta all’adrenalina, ma mai in sostituzione. Per quello che riguarda l’uso degli steroidi, una revisione della Cochrane del 2012 non ha mostrato evidenza nel vantaggio d’uso di steroidi nella fase acuta, ma vengono comunque utilizzati e somministrati acutamente per ridurre l’effetto infiammatorio, la produzione di acido-arachidonico e ridurre la risposta tardiva dell’anafilassi, quella legata ad un meccanismo secondo Gells & Coombs di tipo IV.

I fluidi vanno somministrati a tutti i pazienti con shock anafilattico, dato che il meccanismo dello shock é di tipo vasodilatativo, quindi distributivo ed ipovolemico, per la riduzione relativa della quota di ritorno venoso al cuore. Generalmente si somministrano cristalloidi attorno a 500-1000 ml come bolus iniziale, andando ad adattare la terapia in funzione della risposta emodinamica e - con eventualmente l’instaurarsi di misure di monitoraggio più avanzate - secondo gli indici di responsività ai fluidi.

Nei casi di anafilassi refrattaria, che risponde scarsamente all’adrenalina, é possibile che il paziente sia sotto terapia con B-bloccanti, che rende la reazione anafilattica più severa, per l’impossibilità di avere attivi i meccanismi di compenso o di rispondere alla somministrazione di adrenalina. In questi casi é possibile somministrare del glucagone, che aumenta il cAMP intracellulare con percorsi differenti da quelli del sistema adrenergico, andando a provocare effetti analoghi a quelli della stimolazione dei recettori b-adrenergici. Generalmente si somministrano 1-2 mg IV da ripetere ogni 5 minuti secondo le necessità (ed eventualmente in pompa continua a 1-5 mg/ora). Gli effetti collaterali (da controllare e correggere) sono l’iperglicemia, nausea/vomito.



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