L’endocardite infettiva é una condizione clinica caratterizzata da una colonizzazione ed invasione da parte di microrganismi (generalmente batteri o funghi) delle valvole cardiache. L’intensivista deve spesso affrontare in questo ambito le decisioni di trattamento complesse, come l'indicazione e la tempistica della cardiochirurgia e la gestione delle complicanze emodinamiche e neurologiche. Pertanto, il trattamento di pazienti con endocardite infettiva complicata richiede una stretta collaborazione tra intensivisti, specialisti di malattie infettive, cardiologi e cardiochirurghi.
L’endocardite è spesso associata ad una miriade di complicanze, sia cardiache che extracardiache che possono richiedere il ricovero in ICU, spesso per una progressione locale del infezione con la distruzione delle cuspidi valvolari o dei lembi/corde, condizione che può estendersi alle strutture paravalvolari. Il deterioramento emodinamico progressivo conduce allo sviluppo di scompenso cardiaco ed insufficienza d'organo secondaria. Infine poi, l'embolizzazione ai tessuti infetti può arrivare a danneggiare gli organi vitali, provocando anche ascessi periferici.
EPIDEMIOLOGIA:
L'incidenza dell’endocardite infettiva é stimato pari a 3-10 episodi/100.000 persone annue; l’endocardite infettiva delle valvole native sul lato sinistro si verifica tradizionalmente nei pazienti con malattia cardiaca sottostante, ma può interessare anche pazienti senza pre-esistente malattia valvolare, soprattutto quando l’endocardite è provocata da batteri altamente virulenti, come S. aureus o S. pneumoniae. La maggior parte delle infezioni sono acquisite in comunità, ma i casi nosocomiali stanno diventando più comuni. Le endocarditi infettive delle valvole native del lato destro sono di solito associate per l’uso di droghe per via endovenosa e rappresenta ancora il 10% di tutti gli episodi infettivi di endocardite. I casi nosocomiali sono spesso una conseguenza di infezioni da catetere, da pacemaker e ICD.
L’endocardite della valvola protesica avviene nell’1-6% dei pazienti con protesi valvolare, con un'incidenza del 0.3% al 1.2% annuo. L’endocardite valvolare protesica precoce è classicamente definita come l’infezione di una valvola impiantata che si verifica entro un anno di un intervento chirurgico, e l’endocardite valvolare protesica tardiva si verifica ad oltre un anno dall’impianto valvolare.
EZIOLOGIA:
L'eziologia deve essere valutata tenendo conto della epidemiologia microbiologica, dato che nel contesto di endocarditi si ha una popolazione batterica più frequentemente coinvolta ed una popolazione meno frequente. Nel complesso, stafilococchi, streptococchi, e conto enterococchi per oltre l'80% dei microrganismi responsabili di endocardite infettiva. Questo permette di impostare inizialmente una terapia empirica che possa adeguatamente coprire i germi più frequentemente coinvolti.
GERMI FREQUENTI:
Gli Streptococchi sono tradizionalmente l'agente eziologico più comune di endocardite infettiva, ma risultati epidemiologici mostrano come gli streptococchi siano secondi agli stafilococchi come causa principale. Gli Streptococcus che abbondano nella bocca e nel rinofaringe (principalmente S. mitis, S. sanguis, S. mutans) sono associati con le procedure dentarie o malattie dentali (uno scarso igiene dentale può essere fonte di endocardite da S. viridans. S. gallolyticus - in precedenza chiamato S. bovis). Inoltre é nota l'associazione fra lo S. gallolyticus con il carcinoma del colon o più raramente con diverticolite o polipi. Gli streptococchi beta-emolitici (gruppi A, B, C e G) e lo S. milleri sono isolati nel 6% dei pazienti con endocardite infettiva; la maggior parte dei pazienti non in gravidanza che presenta le forme del gruppo B spesso ha come condizione di base malattie come il diabete mellito, il cancro al seno, le ulcere da decubito o la cirrosi.
Gli Enterococchi, soprattutto E. faecalis e E. faecium, rappresentano solo il 10% dei casi di endocardite infettiva; questi patogeni colpiscono soprattutto i pazienti più anziani (come dimostrato da alcuni studi di prevalenza). Le porte d'ingresso sono il tratto gastrointestinale e genito-urinario, attraverso una lesione o durante una procedura (come ad esempio la sclerosi di varici esofagee, la resezione transuretrale della prostata, la dilatazione dell'uretra, ecc...) con conseguente batteriemia transitoria, nel qual caso l'infezione è di natura iatrogena.
Lo S. aureus è coinvolto in circa il 30% di tutti i casi di endocardite infettiva su valvola nativa del lato sinistro, nel 23% delle infezioni di protesi valvolari ed è la causa più comune di infezioni nosocomiali. S. aureus è anche l'agente eziologico nelle infezioni più acute, con circa la metà dei pazienti che non presentano malattie cardiache precedentemente, proprio perché il battere é dotata di un'elevata virulenza. Generalmente si riscontra un focus clinicamente identificabile di infezione primaria, anche se tuttavia nel 50-60% dei casi non viene rilevato alcuna porta di ingresso (anche se la pelle è probabilmente la fonte d'entrata della maggior parte di questi casi). I fattori di rischio per essere portatori di S. aureus (e quindi a rischio di endocardite) sono soprattutto i tossicodipendenti, i pazienti affetti da diabete mellito, i pazienti in emodialisi. Alcuni ceppi meticillino-resistenti (MRSA) sono stati isolati in corso di endocarditi nosocomiali, anche se sono stati segnalati rari casi di endocardite da MRSA acquisite in comunità.
Gli stafilococchi coagulasi negativi si sono dimostrare provocare il 16% dei 537 casi di endocardite su valvola protesica; quasi il 50% dei pazienti con presentava infezione fra 60-365 giorni dall'impianto della valvola. La resistenza alla meticillina era presente nel 68% di tali ceppi. In un sottoinsieme consistente di tali infezioni è stato identificato come causa lo S. lugdunensis, in grado di provocare lesioni cardiache distruttive; la sua differenziazione da altre specie contro in laboratorio può essere difficile.
Le Enterobacteriaceae ed i germi del gruppo HACEK, nonostante l'alta frequenza di batteriemie da Enterobacteriaceae (anche con sepsi grave o shock settico), é raro trovare un'endocardite infettiva provocata da questi agenti patogeni, probabilmente perché i bacilli gram-negativi aderiscono meno avidamente all'endotelio rispetto ai cocchi gram-positivi. La maggior parte dei casi le infezioni si sviluppano su una valvola già malata o in pazienti con comorbidità gravi, tra cui la cirrosi o l'immunosoppressione. I bacilli gram-negativi generalmente si incontrano per infezioni di materiale protesico (sia precoce che tardivamente), ma rappresentano solo il 2% dei casi. I batteri del gruppo HACEK provenienti dalla flora orofaringea o urogenitale, comprendono specie di Haemophilus o paraphrophilus (H), Actinobacillus actinomycetemcomitans (A), Cardiobacterium hominis (C), Eikenella corrodens (E) e Kingella aphrophilus (K). Anche questi agenti patogeni sono implicati nel 2% dei casi di endocardite infettiva su entrambi valvole native o protesiche.
Le endocarditi da S. pneumoniae si verificano più frequentemente in pazienti con comorbidità come alcolismo, diabete mellito, neoplasie, BPCO; nel 65-80% dei casi il paziente non presenta co-morbidità cardiache precedenti all'infezione. Il sito primario d'infezione generalmente é il polmone, in secondo luogo le strutture meningee.
I funghi sono una causa relativamente rara di endocardite, isolati nel 2% delle endocarditi totali (4% nelle endocarditi su valvole protesiche); il fattore di rischio principale é l'iniezione IV di droghe, ma recentemente si é scoperto che anche batteriemie da Candida spp, o la colonizzazione di cateteri da parte di questo fungo, sono fattori di rischio importanti per lo sviluppo di endocardite fungina.
Esistono infine situazioni in cui le emocolture rimangono negative ed in questi casi, se la diagnosi é altamente probabile, si possono eseguire le opportune ricerche tramite PCR dirette contro germi come la Bartonella spp, l'Abiotrophia spp, C. burnetii, ecc.. Un'altra quota di endocarditi (1-2%) sono i origine polimicrobica (generalmente di derivazione dal tubo gastroenterico).
FISIOPATOLOGIA:
L’endocardite infettiva è caratterizzata da un'infezione microbica della superficie endocardica del cuore; il processo viene iniziato dai microrganismi presenti nel sangue che aderiscono direttamente all’endotelio della valvola. I fattori più importanti che facilitano l’impianto sono delle lesioni biologiche valvolari con associata perturbazione del flusso sanguigno, le protesi valvolari e la virulenza dei microrganismi che spiega il motivo per cui alcuni pazienti con endocardite infettiva non sono precedentemente conosciuti per anomalia valvolare.
In caso di una endocardite infettiva definita come “semplice”, l’infezione è limitata alle cuspidi valvolari, ai lembi e alle corde e consiste in una vegetazione formata da patogeni, piastrine, fibrina e cellule infiammatorie. In caso di un’endocardite infettiva avanzata, l'invasione dei tessuti profondi provoca la distruzione o l'invasione di valvolare e delle strutture perivalvolari; l’infezione può diffondersi come cellulite, con la formazione di un ascesso o di pseudoaneurismi che possono rompersi a un'altra camera cardiaca o addirittura nel pericardio.
Nelle endocarditi delle protesi valvolari, le lesioni possono essere diverse a seconda del tipo di protesi: con le protesi biologiche o homograft l'infezione può essere limitata alle cuspidi, mentre con le protesi meccaniche il coinvolgimento infettivo avviene generalmente fra l’anello naturale su cui cucire e l'anello della valvola regola. L’adesione batterica alle protesi risulta da un rapporto complesso fra il biomateriale, le proteine plasmatiche (ad esempio, la fibronectina, la laminina, la trombospondina ed il fibrinogeno) e le proteine di adesione batterica. Gli Staphylococcus spp esprimono numerosi fattori di superficie: fattori di aggregazione A e B (che promuovono la loro adesione al fibrinogeno e la fibrina) e le proteine fibronectina-binding A e B (che permettono l'adesione alla fibronectina). Inoltre gli stafilococchi - sfuggiti agli effetti microbicidi dei peptidi piastrinici - possono legarsi alla superficie delle piastrine tramite una serie di steps patogenetici (come il legame diretto alla superficie delle piastrine, l’up-regolazione dei recettori di superficie delle piastrine e del fibrinogeno, ecc…).
CLINICA:
Nel 1994 sono stati presentati da Duke una nuova serie di criteri diagnostici per la diagnosi di endocardite infettiva, tra cui due maggiori e sei minori criteri, noti come criteri di Duke. Le modifiche di questi criteri sono stati proposti nel 2000 per prendere in considerazione l'ecocardiografia transesofagea e per prendere in considerazione tutte le batteriemie S. aureus e la sierologia positiva per la febbre Q come criteri principali. Rimane valido il concetto che i due criteri maggiori sono il riscontro di emocolture positive ed il riscontro all'ecocardiografia di possibili vegetazioni valvolari (criteri classici) cui si aggiungono il riscontro di un nuovo soffio cardiaco e l'infezione da C. burnetii.
Nei pazienti in terapia intensiva, la presentazione clinica dell’endocardite infettiva spesso include manifestazioni extracardiache o risultati associati a complicanze cardiache; i pazienti vengono generalmente ricoverati in ICU per shock cardiogeno o shock settico, edema polmonare su disfunzione valvolare, eventi neurologici, insufficienza renale acuta, insufficienza respiratoria o in un quadro di embolia polmonare su endocardite infettiva del lato destro. Sono due le caratteristiche salienti, di solito associate alla febbre elevata, che suggeriscono fortemente la diagnosi di endocardite infettiva: (1) un soffio al cuore (più comunemente preesistente) o di una protesi valvolare e (2) il riscontro di petecchie sulla pelle (soprattutto alle estremità; si vedano le figure) e nella congiuntiva. Un paziente tipo con endocardite che viene ricoverato per tale motivazione in ICU presenta una malattia febbrile acuta con soffio al cuore, petecchie o segni meningei; l’esame del liquido cerebrospinale mostra pleocitosi e cocchi gram-positivi. Nei pazienti con batteriemia da catetere, la diagnosi di endocardite infettiva può essere suggerita da persistenti emocolture positive da 3-5 giorni dopo l'inizio del trattamento antimicrobico e la rimozione del catetere.
ECOCARDIOGRAFIA:
Gli obiettivi dell’esame ecocardiografico sono: 1) diagnosticare l’endocardite; 2) stimare il rischio embolico; 3) visualizzare e quantificare il grado di coinvolgimento valvolare; 4) stabilire la necessità di intervento chirurgico e la possibilità di un intervento riparativo 5) diagnosticare l’estensione extra-anulare (ascessi e fistole); 6) valutare le ripercussioni emodinamiche sui ventricoli; 7) seguire l’evoluzione della vegetazione e del danno valvolare nei pazienti trattati con la terapia medica.
1) DIAGNOSI DI ENDOCARDITE:
La diagnosi di endocardite viene fatta in modo diverso nelle valvole native, nei devices o nelle protesi valvolari. Nelle valvole native e nei devices la vegetazione è adesa ai lembi, alle cuspidi o al catetere. Nelle protesi, soprattutto meccaniche, la vegetazione è localizzata sull’anello e più frequentemente sono presenti gli ascessi. L’ecocardiografia trans-toracica ha un’alta specificità (intorno al 95%) ma la sensibilità è subottimale (intorno al 75%); tale sensibilità è ancora minore in presenza di protesi valvolari meccaniche. E’ quindi spesso necessario l’esame trans-esofageo. Il trans-toracico è sufficiente solo nei casi a bassa probabilità (emocolture negative), con un’ottima finestra ecocardiografica, nel paziente con valvole native. Il valore predittivo negativo del trans-esofageo è alto, intorno al 95%; un eco trans-esofageo negativo esclude quindi con un’elevata probabilità il processo endocarditico. Il trans-esofageo può essere falsamente negativo nei casi di vegetazioni troppo piccole, al di sotto dei limiti di risoluzione, nei casi in cui tutta la vegetazione abbia embolizzato, nei punti in cui i riverberi delle protesi meccaniche impediscono la visualizzazione. In presenza di un forte sospetto clinico è indicato comunque ripetere l’esame dopo 1 settimana. La diagnosi di endocardite su protesi valvolare a causa della scarsa risposta alla terapia medica ed alla evolutività verso complicanze extra-anulari è spesso indicazione alla terapia chirurgica.
2) STIMARE IL RISCHIO EMBOLICO:
L’ecografia identifica i pazienti ad alto rischio di eventi embolici. In presenza di una vegetazione molto mobile, delle dimensioni maggiori di 1 cm, soprattutto nella fase iniziale della malattia, quando non è stato ancora iniziato il trattamento antibiotico, il rischio embolico è più alto. La presenza di una vegetazione ad alto rischio embolico può condizionare il timing della chirurgia.
3) L’ENTITÀ DEL RIGURGITO:
L’entità del rigurgito viene quantificata come abitualmente (i vedano i capitoli dedicati alla patologia valvolare, Capitolo 2.12); la presenza di un rigurgito severo accompagnata dai segni di scompenso cardiaco è indicazione alla chirurgia.
4) SCELTA DEGLI APPROCCI TERAPEUTICI:
Lo studio ecocardiografico della morfologia della valvola interessata dal processo endocarditico consente di identificare i casi in cui sia ancora possibile un intervento riparativo. La possibilità di riparare la valvola è dipendente dal tipo di lesione e dall’abilità dell’operatore. In genere l’intervento riparativo è ancora possibile nella perforazione isolata, nell’interessamento del solo scallop P2, nella rottura di corde in una valvola con lembi ancora conservati. La riparazione è poco probabile in presenza di grave erosione dei margini liberi, di retrazione cicatriziale dei lembi/cuspidi, di localizzazione extra-anulare. Poter riparare la valvola è importante. La riparazione infatti riduce i rischi di una recidiva di endocardite ed è associata con una minore mortalità ospedaliera ed una migliore prognosi a distanza.
5) DIAGNOSTICARE L’ESTENSIONE EXTRA-ANULARE:
L’ecografia trans-esofagea visualizza con precisione le complicanze extra-anulari: gli ascessi e le fistole. Gli ascessi sono più frequenti nell’endocardite su valvola aortica e nelle protesi. La presenza di una localizzazione extra-anulare raddoppia la morbilità e la mortalità in terapia medica a causa dello scompenso acuto (fistole) ed all’estensione dello stato settico ed è un’indicazione urgente alla chirurgia. L’intervento chirurgico viene spesso condotto in condizioni di scompenso acuto, è tecnicamente più complesso e più lungo, quindi presenta un rischio maggiore.
6) VALUTAZIONE DELLE RIPERCUSSIONI EMODINAMICHE:
Le ripercussioni emodinamiche del rigurgito valvolare/protesico vengono quantificate con lo studio dei volumi e della funzione ventricolare. La presenza di dilatazione ventricolare ed iniziale riduzione della EF sono segni di cattiva tolleranza emodinamica e spingono verso una soluzione chirurgica.
7) FOLLOW-UP:
Dopo avere iniziato la terapia antibiotica è indicata la ripetizione dell’esame dopo 1 settimana per valutare l’evoluzione della vegetazione. La riduzione/regressione della vegetazione è un segno prognostico favorevole. Al contrario la persistenza, l’incremento delle dimensioni o peggio l’interessamento di altre valvole si associa con un tasso elevato di complicanze (embolie, ascessi) e rende l’intervento chirurgico non procrastinabile.
APPROCCIO PRATICO:
L’algoritmo più consigliato nell’approccio ecocardiografico al paziente con sospetta endocardite è il seguente: si inizia sempre con l’esame trans-toracico. Un esame trans-toracico negativo, con una buona finestra ecocardiografica, in un paziente con bassa probabilità di malattia è sufficiente. Sempre un esame negativo ma in presenza di immagini inadeguate, o di un elevato sospetto, in un paziente con protesi valvolare o devices intracardiaci non ha una sensibilità sufficiente ed è quindi consigliabile passare al trans-esofageo, spesso impiegato per completare le informazioni necessarie o per fare diagnosi differenziali anche nei casi di trans-toracico positivo.
Nell’esame trans-toracico le due proiezioni principali per definire le problematiche dell’endocardite sono la parasternale asse lungo (PSLAX) e le apicali (A4C, A2C).
PARASTERNALE ASSE LUNGO (PSLAX):
Nella proiezione parasternale asse lungo gli obiettivi da raggiungere sono 3: a) la diagnosi di endocardite in presenza di vegetazioni valvolari; b) la quantificazione dell’eventuale insufficienza valvolare, soprattutto aortica e c) la valutazione del sovraccarico emodinamico imposto dal rigurgito. La diagnosi di endocardite viene fatta in base al riscontro di vegetazioni all’ecocardiografia bidimensionale. Le vegetazioni si presentano come masserelle discretamente ecogeniche, di forma irregolare, solitamente mobili e dotate di un movimento oscillatorio, indipendente da quello dei lembi o delle cuspidi, caratteristicamente adese al versante atriale della valvola mitrale e al ventricolare della valvola aortica (le zone ad elevato stress emodinamico). Le masserelle hanno un’eco-intensità variabile, solitamente simile a quella del miocardio comune, talvolta con aree più o meno dense. Il movimento oscillatorio è di supporto ma non è mandatorio per la diagnosi. A volte lesioni da jet per insufficienza aortica possono portare all’impianto di vegetazioni sulle corde. In presenza di una protesi meccanica mitralica la parasternale asse lungo può essere l’unica proiezione trans-toracica dove si evidenzia la vegetazione.
Per la diagnostica differenziale, nell’endocardite di Libman-Sacks le lesioni solitamente sono di dimensioni inferiori ad 1 cm, hanno una base di impianto più ampia e non vibrano; nei pazienti con neoplasie in fase avanzata possono essere presenti vegetazioni sterili (chiamata anche endocardite trombotica non batterica o endocardite marantica) che sono più grosse, tipicamente sui margini liberi dei lembi mitralici, spesso simmetriche, con un aspetto verrucoide. Una valvola mitrale mixomatosa può causare un effetto massa che simula una vegetazione, in particolare in presenza di una rottura di corde. I fibroelastomi solitamente si localizzano di preferenza sulle corde tendinee. I corpi di Lambl sulla valvola aortica ed il tessuto accessorio sulla mitrale possono simulare le vegetazioni. Sono piccole escrescenze filamentose che sull’aorta possono essere anche sul lato aortico. Non si associano mai a rigurgito.
Visualizzata la vegetazione si congela l’immagine e si misurano le dimensioni. Il rischio embolico è correlato alle dimensioni, alla mobilità ed alla sede ed aumenta per una lunghezza superiore ad 1 cm, nelle vegetazioni molto mobili e sul lembo anteriore mitralico (anche se quest’ultimo é un dato controverso). Allo studio della vegetazione fa seguito una valutazione ispettiva della valvola per diagnosticare un’eventuale valvulopatia pre-esistente e il tipo di danno apportato dall’endocardite; la presenza di prolasso dei lembi, di una mitrale reumatica o di un’apertura di una cuspide aortica a doming, sospetta per bicuspidia, fanno pensare ad una patologia pre-esistente sulla quale si è impiantata l’endocardite.
Terminato lo studio bidimensionale si accende il colore per visualizzare e quantificare l’eventuale rigurgito; utilizzando il B-mode ed il color comparati è importante cercare di definire anche il meccanismo dell’insufficienza. Un rigurgito nel contesto del lembo o della cuspide in prossimità della vegetazione fa pensare ad una perforazione. La presenza di una corda libera in atrio sinistra è indicativa di una vegetazione che ha eroso la connessione tra corda e lembo o di una patologia pre-esistente. Un rigurgito centrale è sospetto di una patologia preesistente o di un’erosione dei margini liberi. Un jet che parta dalla superficie di impianto dei lembi o delle cuspidi sull’anulus è segno di un pericoloso distacco della valvola dall’anello. Infine la misurazione dei diametri ventricolari sinistri con l’M-mode permette di avere un’idea del carico emodinamico o della cronicità della malattia valvolare.
PROIEZIONI APICALI:
Le proiezioni apicali offrono informazioni complementari alle precedenti per quanto riguarda la presenza di vegetazioni, entità del rigurgito e sovraccarico emodinamico. Sono di prima scelta per lo studio dell’endocardite sulla tricuspide. Si incomincia con un’attenta ispezione con l’ecocardiografia bidimensionale, utilizzando anche lo zoom; nell’endocardite aortica le vegetazioni si vedono bene nel tratto di efflusso sinistro; nella mitralica in atrio sinistro. Nell’endocardite mitralica si valuta l’eventuale presenza di una rottura di corde o di un prolasso pre-esistente. Poi si accende il colore per visualizzare e quantificare la gravità del rigurgito ed infine si misurano i volumi e l’EF per verificare il danno emodinamico. In presenza di una protesi mitralica meccanica i riverberi impediscono una visione accurata e conviene passare direttamente al trans-esofageo. Nei pazienti tossicodipendenti e nei portatori di devices intracardiaci (pacemaker, defibrillatori, cateteri centrali) la valvola più frequentemente colpita dall’endocardite è la tricuspide. Con il B-mode si visualizzano bene i lembi settale ed anteriore; vegetazioni di grosse dimensioni sono sospette per un’infezione fungina. L’endocardite sulla tricuspide ha una prognosi migliore rispetto alle infezioni delle valvole sx: la risposta agli antibiotici è più pronta e la mortalità è inferiore al 5%. La presenza di vegetazioni di ampie dimensioni superiori a 2 cm, dilatazione del ventricolo dx ed embolie polmonari ricorrenti in terapia è comunque indicazione alla chirurgia. I devices non sono completamente visibili in questa proiezione. Nel sospetto di endocardite sul devices è quindi necessario ricorrere all’eco trans-esofageo.
PARASTERNALE ASSE CORTO (PSSAX):
Nella parasternale asse corto si valuta: a) l’occorrenza di ascessi perivalvolari; b) la sede del rigurgito; c) la presenza di patologia valvolare pre-esistente. La sensibilità dell’ecocardiografia trans-toracica per valutare gli ascessi valvolari è subottimale; la diagnosi viene fatta con l’analoga proiezione per via trans-esofagea. Sempre con il B-mode si identifica una valvulopatia pre-esistente: la presenza di valvola bicuspide o di malattia degenerativa o reumatica della valvola mitrale. Accendendo il colore si localizza la sede del rigurgito: a livello delle zone di coaptazione, nel contesto del lembo o della cuspide, nell’inserzione anulare. Il rigurgito centrale è sospetto di erosione, nel contesto dei lembi di perforazione.
ECOCARDIOGRAFIA TRANS-ESOFAGEA:
Con l’ecocardiografia trans-esofagea le due proiezioni (complementari fra loro) sono la medio-esofagea asse corto e l’asse lungo della valvola aortica. Per fare la diagnosi è opportuno iniziare dalla medio-esofagea asse lungo, intorno ai 120°. L’asse lungo è la proiezione ideale per visualizzare il tratto di efflusso sinistro dove sono visibili le vegetazioni e si può quantificare con precisione l’entità del rigurgito; poi si passa all’asse corto che permette di diagnosticare le complicanze extra-anulari. Nella medio-esofagea asse lungo si inizia con il B-mode, si visualizzano le vegetazioni adese al bordo ventricolare delle cuspidi, con le caratteristiche ecografiche viste in precedenza, si ferma l’immagine, si misurano le dimensioni della vegetazione, si attiva il colore e si quantifica l’entità del rigurgito con la misurazione della vena contracta.
La medio-esofagea asse corto è la proiezione ideale per diagnosticare gli ascessi e le fistole nell’endocardite della valvola nativa ed in particolare delle protesi aortiche; all’ecografia B-mode l’ascesso appare come una cavità a contenuto disomogeneo nel tessuto perianulare o nel miocardio comune. Spesso, ma non sempre, la cavità è ecopriva per la colliquazione del materiale, ed è comunicante: il colore entra ed esce dalla cavità. La sede più frequente è solitamente posteriore nella zona dei trigoni. Nei pazienti con pregresso intervento di graft composito bisogna fare attenzione a distinguere l’ascesso da un vecchio ematoma non riassorbito o dallo spazio cavo tra la protesi vascolare aortica e l’aorta nativa ribattuta sulla protesi oppure da uno pseudoaneurisma. Nei primi due casi accendendo il colore non si visualizza flusso all’interno della cavità. Le fistole sono molto più rare. Si evidenziano accendendo il colore e visualizzandone il tramite turbolento con la cavità vicina: l’atrio sinistro posteriormente, l’atrio destro lateralmente e la polmonare anteriormente. Nell’asse corto si visualizza la patologia valvolare di base, soprattutto l’aorta bicuspide. La proiezione asse corto presenta una minore sensibilità rispetto all’asse lungo per identificare le vegetazioni a causa della localizzazione sottovalvolare. Nel caso in cui siano visibili viene descritta la/le cuspide/i interessata/e e l’estensione del coinvolgimento valvolare. Con l’aiuto del colore si cerca di definire il meccanismo del rigurgito per valutare la riparabilità della valvola. Nella perforazione il jet di colore parte dal contesto della cuspide in prossimità della base della vegetazione. Nell’erosione il jet è centrale, lungo il margine libero. In presenza di una protesi meccanica la presenza del flow masking può interferire con la visualizzazione delle vegetazioni che si trovano lungo lo stent protesico ed è necessario un esame ancora più accurato. Una vegetazione di grosse dimensioni può interferire con l’apertura degli elementi mobili. La diagnosi viene fatta accendendo l’M-mode, posizionandolo sugli elementi mobili, rallentando la velocità di scorrimento dell’immagine. In presenza dell’interferenza ad alcuni QRS non seguirà il movimento di apertura degli elementi mobili.
La valvola/protesi mitralica viene studiata lungo tutte le proiezioni medio-esofagee partendo dalla 4 camere fino all’asse lungo; le vegetazioni con le caratteristiche tipiche sono ben visibili all’ecografia B-mode sul versante atriale (nel caso della valvola nativa o della bioprotesi invece sono ben visibili sui lembi). Nella protesi meccanica le vegetazioni partono dall’annulus. L’approccio trans-esofageo è fondamentale per differenziare l’effetto massa della rottura di corde di una valvola mixomatosa dalla vegetazione ed a sua volta dalla rottura di corde indotta dall’endocardite. Nelle protesi meccaniche la diagnosi differenziale si pone con formazioni trombotiche o punti di sutura tagliati troppo lunghi. Il trombo oltre ad insorgere in un contesto clinico differente è di maggiori dimensioni e si accompagna alla presenza di ecocontrasto spontaneo in atrio sinistro. Durante lo scanner delle varie proiezioni si identifica il segmento interessato dalla vegetazione.
Fatta la diagnosi, identificato il lembo colpito e stabilito il rischio embolico, l’obiettivo successivo è la quantificazione ed il meccanismo del rigurgito per stabilire l’opportunità dell’indicazione chirurgica e la possibilità di riparazione della valvola. L’analisi viene fatta con l’ecografia B-mode ed il colore. Il rigurgito viene quantificato secondo le tecniche standard. L’endocardite può causare un rigurgito con diversi meccanismi: la perforazione, la distruzione del tessuto valvolare con erosione e retrazione dei lembi, la rottura di una corda principale; molto più raramente e solo in caso di grosse vegetazioni erniando all’interno dei lembi, come un mixoma. La perforazione si evidenzia come la presenza di una soluzione di continuo nel lembo, nei pressi della vegetazione, attraverso la quale passa il jet di rigurgito al color. La distruzione del tessuto si deduce quando il processo è esteso, il rigurgito severo ed i jet sono multipli. Le corde rotte si visualizzano in atrio sinistro; il lembo perde l’abituale convessità verso il ventricolo e si everte in atrio sinistro. A volte è visibile il prolasso pre-esistente. Unendo tutti questi dati si stabilisce l’indicazione chirurgica e la possibilità di riparazione della valvola.
Nelle protesi le vegetazioni sono solitamente situate nel punto di sutura tra anello protesico ed anulus. L’endocardite abitualmente provoca un distacco periprotesico che si diagnostica visualizzando un jet di rigurgito colorato a partenza dall’anello. Invariabilmente il distacco è severo e rapidamente evolutivo, associato a compromissione emodinamica. La protesi in questi casi al B-mode ha un movimento basculante (rocking motion) dovuto all’ampio distacco dei punti. L’indicazione chirurgica è spesso urgente. Raramente le vegetazioni possono essere di tali dimensioni da ostruire il movimento degli elementi mobili. In questo caso all’M-mode un elemento appare bloccato, al color è presente insufficienza all’interno della protesi – intraprotesica – per il blocco dell’elemento mobile ed al doppler continuo si rileva un gradiente elevato. Gli ascessi mitralici sono più rari degli aortici e sono visualizzabili nel tessuto perianulare.
Le proiezioni bicavale ed inflow-outflow del ventricolo destro sono ideali per studiare l’endocardite sui devices in quanto permettono di seguire il catetere lungo tutto il percorso intracardiaco e di individuare l’eventuale coinvolgimento per contiguità della tricuspide. Il coinvolgimento della tricuspide da parte dell’endocardite è già ben visibile con l’approccio trans-toracico 4 cavità ma la visualizzazione dei cateteri nella cava superiore è possibile solo con l’approccio trans-esofageo.
COMPLICANZE:
La comparsa di una complicanza d’endocardite a volte non è ben diagnosticabile con i soli parametri clinici; l’estensione del processo endocarditico può venire suggerita dalla persistenza della febbre e della batteriemia, da embolizzazioni ricorrenti, dallo sviluppo di un blocco AV, dalla comparsa di un soffio cardiaco, ecc…; l’esame ecocardiografico è quindi fondamentale per la diagnosi di alcune complicanze.
La presenza di un versamento pericardico di modeste dimensioni è un riscontro frequente che non ha importanza prognostica; nei casi in cui l’entità del versamento sia maggiore va sospettata una pericardite purulenta dovuta all’estensione diretta di un ascesso paravalvolare. Gli ascessi complicano circa il 10-40% delle endocarditi sulle valvole native ed oltre il 50% sulle protesi valvolari; solitamente si localizzano nella parte di anulus contigua alla vegetazione. Sono più frequenti in sede aortica (33-50% vs 10-20% mitrale e inferiori al 5% nella tricuspide). All’ecocardiogramma l’ascesso si visualizza come un area di solito con l’aspetto di una cavità ecolucente oppure più raramente iperecogena. L’ascesso può essere aperto, quindi conservare un flusso di sangue visibile al color doppler ed al pulsato, oppure più raramente chiuso; in questo caso non si visualizza il colore. L’ascesso aortico solitamente si infiltra nella zona a minore resistenza rappresentata dal setto membranoso vicino al nodo AV. Gli ascessi dell’anulus mitralico frequentemente appaiono come zone di inspessimento e maggiore ecogenicità dell’anulus posteriore. Oltre alla diagnosi di ascesso è importante definirne l’estensione. Gli ascessi che interessano 2 cuspidi o tutta la circonferenza anulare comportano più frequentemente una deconnessione aortoventricolare, richiedono tecniche chirurgiche di ricostruzione e portano ad una mortalità operatoria più alta che può arrivare fino al 60%. L’infezione può estendersi nei segmenti basali del ventricolo sinistro oppure nello spazio pericardico. Uno studio adeguato richiede l’approccio trans-esofageo, in quanto la sensibilità e la specificità del trans-toracico sono troppo basse. Al contrario il trans-esofageo innalza la sensibilità a valori compresi tra il 76 ed il 100%, mantenendo un’eccellente specificità, intorno al 95%, ed un elevato valore predittivo positivo, 87%, e negativo, 89%. Spinto dalla pressione intravascolare l’ascesso può farsi strada e causare un tragitto fistoloso intracardiaco o verso il pericardio.
Le fistole possono rompersi nelle cavità viciniore all’ascesso. Nei casi di coinvolgimento del seno di Valsalva non coronarico la perforazione può avvenire nell’efflusso ventricolare destro oppure tramite la formazione di un difetto settale nell’efflusso sinistro. L’interessamento del seno coronarico destro porta alla perforazione verso il ventricolo o l’atrio destro. Il coinvolgimento del seno sinistro può portare ad una comunicazione con gli atri o l’infezione può estendersi lungo il setto interatriale. L’estensione extravalvolare del processo endocarditico è predittiva di una maggiore mortalità, un più frequente sviluppo di scompenso cardiaco e di un più frequente ricorso al trattamento chirurgico. La presenza di un ascesso o di una fistola rendono impossibile la chirurgia riparativa. Nei casi in cui vi sia un’estesa distruzione della radice aortica è indicato l’impianto di un homograft.
PROGNOSI:
Nell’era attuale le informazioni riguardanti la funzione ventricolare sinistra e l’entità dell’ipertensione polmonare hanno perso gran parte dell’importanza prognostica nel contesto di una chirurgia precoce dell’endocardite infettiva. Lo scompenso cardiaco avviene più frequentemente nel coinvolgimento della valvola aortica (29% dei casi) rispetto alla mitrale (20% dei casi) o alla tricuspide (8% dei casi); l’ecocardiogramma deve individuare la causa dello scompenso per guidare il trattamento chirurgico o medico più opportuno. Le più frequenti possibilità sono: la perforazione di un lembo, la deiscenza della protesi, la rottura di una corda infetta, l’ostruzione da parte di una grossa vegetazione, lo shunt intracardiaco da fistolizzazione ascessuale e la disfunzione contrattile (condizione decisamente rara). La comparsa dello scompenso incrementa drammaticamente la mortalità operatoria: dal 6-11% al 17-33%.
Un’embolia sistemica complica circa il 25-50% dei casi di endocardite infettiva; circa il 65% degli emboli colpiscono il sistema nervoso centrale e più del 90% interessano il territorio di distribuzione dell’arteria cerebrale media. I periodi di massimo rischio sono le prime 2 settimane e tra la quindicesima e la trentesima settimana, nei casi in cui la vegetazione non guarisca. L’embolia cerebrale comporta un importante incremento di mortalità. La previsione del rischio tromboembolico è estremamente difficile. I fattori di rischio finora individuati sono la dimensione delle vegetazioni, l’endocardite da Staphylococcus spp o l’endocardite fungina e l’interessamento del lembo anteriore della valvola mitrale.
L’importanza delle dimensioni delle vegetazioni come fattore predittivo di rischio embolico è controversa. Alcuni autori riportano un trend di maggior rischio nelle vegetazioni di dimensioni maggiori di 1 cm, altri non confermano questi risultati e correlano il rischio embolico solo all’attività del processo endocarditico. Secondo altri autori, le dimensioni della vegetazione sarebbero importanti solo nei casi di infezione da Streptococcus spp, mentre le endocarditi da Staphylococcus o da funghi presentano un elevato rischio intrinseco non ulteriormente aumentato dalla grandezza della massa. Il riscontro di un incremento delle dimensioni della vegetazione durante trattamento antibiotico si associa ad un aumentato rischio di complicanze tromboemboliche, ascessualizzazioni e mortalità. Non esiste invece una correlazione tra le dimensioni della vegetazione ed il rischio di estensione. Il coinvolgimento mitralico comporta un rischio maggiore rispetto all’aortico (25% vs 10%), soprattutto nei casi di impianto della vegetazione sul lembo anteriore (37%), probabilmente a causa dell’effetto meccanico della doppia rapida chiusura del lembo ad ogni sistole.
Volendo riassumere, i dati ecocardiografici suggestivi per la necessità di un trattamento chirurgico sono le vegetazioni persistenti dopo embolizzazione sistemica, sul lembo anteriore mitralico, (soprattutto se di dimensioni superiori ad 1 cm), uno o più episodi embolici durante le prime due settimane di terapia antibiotica, due o più episodi embolici durante o al termine della terapia antibiotica o un aumento delle dimensioni delle vegetazioni dopo quattro settimane di terapia antibiotica. Un altro segno prognostico negativo é la presenza di disfunzione valvolare con insufficienza aortica o mitralica acuta con segni di scompenso, uno scompenso cardiaco refrattario alla terapia medica e/o una perforazione/rottura valvolare. Infine l’estensione peri-valvolare é un altro parametro prognostico importante, che permette di identificare la presenza di una deiscenza, di una rottura o di una fistola, di un blocco atrio-ventricolare o di un grosso ascesso o di una progressiva estensione di un ascesso durante una terapia antibiotica appropriata.
CENNI DI TERAPIA:
In assenza di grandi studi prospettici randomizzati, che presentano una grande sfida etica per poter essere eseguiti, la strategia complessiva per il trattamento dell'endocardite infettiva è derivato principalmente da studi retrospettivi, giudizio clinico e tramite le raccomandazioni degli esperti. Qui accenniamo ad alcuni principi generali alla base delle attuali linee guida per il trattamento dell'endocardite infettiva. Chiaramente per l'intensivista la terapia fondamentale é la terapia di supporto del quadro emodinamico, respiratorio e neurologico (si vedano i capitoli dedicati alla gestione dello shock settico, dello shock cardiogeno, dell'edema polmonare e della insufficienza valvolare aortica/mitralica acuta), cui va associata la discussione con i colleghi infettivologi e cardiochirurghi per una corretta presa a carico medico-chirurgica.
TERAPIA MEDICA
Nei casi di endocardite infettiva streptococcica, é necessario determinare la MIC (minima concentrazione inibente) della penicillina per poter adeguatamente scegliere il miglior regime antibiotico. Gli antibiotici parenterali sono raccomandati rispetto ai farmaci orali per l'importanza della loro attività antibatterica sostenuta che richiede dosaggi elevati (per esempio, 150 a 200 mg/kg di amoxicillina per l’endocardite infettiva streptococcica). Tuttavia, alcuni antibiotici per via orale possono essere considerati per l’endocardite da S. aureus del cuore destro, dopo alcuni giorni di antibiotici per via parenterale, quando la somministrazione per via endovenosa non è possibile a causa della difficoltà dell’accesso venoso. In tal caso una combinazione di un fluorochinolone e rifampicina è un regime accettabile. Molti esperti consigliano di utilizzare una combinazione di agenti con attività contro la parete cellulare (beta-lattamici o glicopeptidi) più un aminoglicoside (gentamicina) per la maggior parte dei casi di endocardite infettiva, casi particolarmente complessi come quelli in pazienti in terapia intensiva. La Gentamicina può essere somministrata in una o due somministrazioni giornaliere, tranne per il caso di endocardite infettiva da enterococchi, in cui sono raccomandate due dosi. L'uso e la durata degli aminoglicosidi dipendono dal germe patogeno e, per gli streptococchi, la loro sensibilità alla penicillina G ed alla presenza di una valvola protesica. Sebbene una durata più breve per l’uso degli aminoglicosidi sia stato proposta per l’endocardite da enterococchi, nessuno studio randomizzato controllato ha confermato la sicurezza di questa strategia. Per l’endocardite da Staphylococcus spp, si raccomanda un regime di tripla combinazione compreso la Rifampicina, in particolare per i pazienti con protesi valvolari meccaniche. La terapia a breve termine (15 giorni) si é dimostrata essere efficace in casi selezionati di endocardite infettiva semplice del cuore destro da S. aureus o in caso di endocardite infettiva della valvola nativa del lato sinistro per streptococchi altamente sensibili. Tuttavia, la maggior parte delle attuali raccomandazioni sottolineano la somministrazione prolungata di antibiotici (dalle 4 alle 6 settimane o anche 8 settimane dalla negativizzazione dell'ultima emocoltura, che pertanto deve essere eseguita tutti i giorni) per le forme da S. aureus, soprattutto se su valvole meccaniche. La coltura della valvola infetta, dovrebbe essere presa in considerazione per decidere per quanto tempo continuare la terapia antimicrobica dopo la soo,stituzione della valvola.
TERAPIA CHIRURGICA:
In serie recente, dal 48% al 50% dei pazienti (fino al 75% in centri medico-chirurgici specializzati) subiscono la sostituzione valvolare durante la fase acuta dell’endocardite infettiva prima del completamento del trattamento antibiotico. Per quello che concerne le indicazioni per la tempistica della Cardiochirurgia, le indicazioni assolute sono lo scompenso cardiaco provocato da un’insufficienza valvolare, occlusione della protesi o deiscenza della stessa, ascesso periannulare o perforazione da S. aureus o infezioni fungine. Questi microrganismi difatti non possono essere eliminati senza rimozione della protesi. Lo sviluppo di scompenso cardiaco nel contesto dell’endocardite generalmente richiede la sostituzione della valvola cardiaca, indipendentemente dal numero di giorni di antibiotici. La cardiochirurgia di emergenza è raccomandata per le seguenti situazioni: (1) endocardite infettiva aortica o mitralica con grave rigurgito acuto o ostruzione della valvola, provocando un edema polmonare refrattario o shock cardiogeno e (2) endocardite infettiva aortica o mitralica con una fistola in una camera cardiaca o nel pericardio, provocando edema polmonare.
Le indicazioni relative necessitano di una valutazione caso per caso, come in caso di batteriemia persistente al di là di 7 giorni nonostante un'appropriata terapia antibiotica, un’infezione della protesti valvolare non da S. aureus e/o il riscontro di microrganismi difficili da trattare come la C. burnetii, la Bartonella spp., gli enterococchi multiresistenti o lo P. aeruginosa, specialmente nei pazienti con protesi valvolari meccaniche. Per quanto riguarda le altre indicazioni potenziali, controindicazioni, e tempi di sostituzione della valvola, i seguenti fattori devono essere sottolineati: (1) Anche se il rischio di embolizzazione sistemica è maggiore nei pazienti con grandi vegetazioni sulla valvola mitrale, le caratteristiche della vegetazione solo raramente può giustificare una chirurgia valvolare. Il rischio di embolizzazione decresce nel tempo, specialmente dopo la prima settimana di terapia antibiotica efficace. (2) Nei pazienti con complicanze neurologiche, un approccio conservativo è quello di ritardare la chirurgia cardiaca per 2 o 3 settimane dopo un evento embolico e per almeno un mese in caso di emorragia cerebrale. Tuttavia, nel caso di scompenso cardiaco, la valvola può essere sostituita entro 7 giorni o meno dopo un infarto embolico, soprattutto quando è di dimensioni limitate ed il paziente presenta un buono stato mentale. In questo caso, vi è un'alta probabilità di completo recupero neurologico.
Invece le controindicazioni alla chirurgia valvolare sono rare ed includono uno stato settico incontrollato , un’infezione della ferita sternale non cicatrizzata e gravi disturbi della coagulazione. L'angiografia coronarica è raccomandato nei pazienti di età superiore ai 40 anni e quelli con almeno un fattore di rischio, tranne quando è necessario un intervento chirurgico d'urgenza.
Per quello che concerne la tecnica chirurgica, la chirurgia include la rimozione completa di tutto il tessuto infetto e necrotico, seguita dalla ricostruzione della valvola. In casi selezionati, sono stati ottenuti buoni risultati tramite valvuloplastica mitralica conservativa. Nella maggior parte dei pazienti poi, é necessaria la sostituzione della valvola con una protesi meccanica o biologica. L'uso di homograft crioconservati è stato inoltre suggerito per ridurre il rischio di infezione persistente o ricorrente.
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